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A proposito della Via per l'Oxiana, che
amava come pochi altri libri e contribuì efficacemente a far riscoprire, Bruce
Chatwin annotò: "La mia copia personale - ormai priva della rilegatura e
tutta macchiata, dopo quattro viaggi nell'Asia centrale - mi accompagna da
quando avevo quindici anni": Che cosa aveva trovato in queste pagine?
Gentiluomo erudito, eccentrico ed esteta, Robert Byron scrisse opere innovative
sulla civiltà bizantina e sull'architettura islamica. Ma i suoi contributi di
storico dell'arte non sono il primo dei suoi passaporti per la memoria. Di fatto
Byron manifestò nel modo più pieno il suo talento idiosincratico, dispettoso e
pungente soprattutto come scrittore di viaggi. Così pur in un'epoca
particolarmente ricca e felice per la letteratura di viaggio come gli anni
Trenta, Byron riuscì agevolmente a scrivere il libro che spicca fra tutti come
"il capolavoro" (Chatwin): La via per l'Oxiana, appunto. Si sa
che per un vero viaggiatore esiste un epicentro dell'attrazione - e questo sta
in alcune migliaia di chilometri dell'Asia centrale tra l'Afghanistan,
l'altopiano iranico e quella terra di sogni per eccellenza che si chiamò Oxiana,
semideserta ma popolata dal ricordo di un antico, verdissimo paradiso. Verso l'Oxiana
si può procedere sulle orme di Alessandro o di Marco Polo, ma è più
divertente seguire quelle di Byron partendo da Venezia, porta di ogni Oriente, e
poi risalendo verso il cuore dell'Asia da Cipro alla Palestina alla Siria e
così via.
Che cosa ci incanta in lui? Soprattutto la sua immensa percettività
nell'osservare i relitti delle molte civiltà che attraversa e, con lo stesso
occhio prensile, ogni figura, ogni personaggio, ogni oggetto che gli viene
incontro durante il viaggio. Le sue annotazioni lasciano scorgere in filigrana
uno spirito asciutto, altamente angelico, di iperuranio snobismo, strumento
ideale per descrivere le intense incongruità della storia, che sembrano
accumularsi in molti episodi esilaranti "sulla via per l'Oxiana" come
in unparco naturale.
E infine, ciò che sprigionano le sue pagine è l'essenza stessa del viaggio - o
almeno del viaggio in quegli ultimi anni in cui, come diceva Evelyn Waugh,
"partire era un piacere".
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