Storia
Afghanistan vuol dire paese degli Afghani ma gli abitanti lo chiamano “Roh” che significa paese montuoso.
I primi antichi abitatori del paese furono i Pacti, di cui ci sono pervenute
notizie attraverso gli scritti dello storico greco Erodoto.
Essi vi furono fino all’epoca delle conquiste di Alessandro Magno in
Asia, fra il 334 ed il 327 avanti Cristo. Vi furono i Traci ed i Macedoni
e poi arrivarono i Mongoli. Nel 645 dopo Cristo il paese fu invaso dai
musulmani ma si ribellò, sotto la guida di Abu Muslim, e riconquistò
la sua indipendenza nel 751.
Per un lunghissimo periodo poi si succedettero varie dinastie fra le quali la più importante fu quella dei Ghaznavidi, alla corte dei quali convennero dotti e studiosi di tutto il continente asiatico.
Agli inizi del XIII secolo, però, questa civiltà fu abbattuta dal mongolo Gengis Khan ed i suoi discendenti continuarono a reprimere tutte le rivolte scoppiate in varie regioni. Finché arrivò al potere l’imperatore Rukh, dal 1429 al 1472, e quello fu un periodo di pace e di indipendenza.
Verso il 1500 le pianure del paese vennero divise fra la Persia e l’India.
Nel 1747 lo scià Amhed fu incoronato re di Candahar e fondò
la dinastia dei Sedzai, la quale governò fino alla morte dello scià
Timur, nel 1793, anno in cui scoppiarono tremende guerre civili, che provocarono
la rovina dell’impero con l’invasione del 1818 e con le vittorie di Bunjet-Sing,
re di Lahore.
Ma sin dall’inizio del XIX secolo cominciarono ad arrivare i Russi
al Caucaso e gli inglesi all’Himalaya. Il lento ma costante avanzarsi dei
Russi verso l’India, attraverso l’Afghanistan, ingelosì talmente
la Gran Bretagna che questa risolvette di opporvisi occupando l’altopiano,
nel 1839.
Dinanzi alla crescente influenza russa, il Regno Unito non esitò a mandare nel 1878 35000 uomini nell’Afghanistan, per difendere i confini occidentali dell’India. E dopo una lotta alquanto incerta, nel 1879 le truppe britanniche ebbero la meglio ed occuparono Kabul, detronizzando l’emiro Yakub, e riconoscendo come re dell’Afghanistan l’emiro Abdur Rahman. Negli anni successivi (1881, 1884, 1885) riuscì, con l’aiuto britannico a rendersi padrone assoluto di tutto il territorio. Così il Regno Unito poté consolidare la propria influenza ed arrestare l’avanzata della Russia.
Nel 1887 fu stipulato un accordo russo-britannico con il quale i russi divennero padroni del Pendscedeh ed una parte del Badghis. Nel 1893 venne fatto un accordo afghano-britannico per la frontiera meridionale. Mediante la “Linea Durand”, il cui nome fu dato dal negoziatore, si tagliò a mezzo la cosiddetta “Terra di nessuno”, lasciando tribù di Pathan un po’ di qua e un po’ di là da questa linea. Un nuovo accordo russo-britannico del 1895 stabilì che il confine russo-afghano fosse costituito da una linea che andava a Dschisa sull’Amu-Daria.
Ad Abdur Rahman, nel 1901, succedette sul trono il figlio anglofilo Habib Ullà Can che nel 1919 fu assassinato. A lui successe il figlio Aman Ullà Can, il quale dichiarò l’indipendenza del paese da qualsiasi ingerenza straniera.E nel 1946 l’emiro assunse il titolo di Re. I tentativi di modernizzare i costumi e le consuetudini, dopo un lungo viaggio di Aman in Europa, ebbero un effetto disastroso.
Contrastanti interessi russo-germanici e britannici si posero in urto fra loro ed il paese cadde nel 1928/29, in una caotica guerra civile. Il sovrano abdicò e lasciò il paese per stabilirsi a Roma.
Il capo dei ribelli, Basciai Sacao, divenne sovrano col nome di Abib Ullà. Ma il 6 ottobre del 1929 venne detronizzato ed in seguito, il 2 novembre, venne fucilato. Ma già fin dal 18 ottobre il popolo aveva proclamato re Maometto Nadir Can, della stessa casa regnante di Aman Ullà.
Nel 1946/48 l’Afghanistan regolò la demarcazione dei confini con l’Unione Sovietica. Nel 1951 concluse un accordo di assistenza tecnica con gli Stati Uniti ed a Kabul furono stretti patti di amicizia con la Giordania, la Siria ed il Libano.
Nel 1952, la costruzione di strade ed altre opere alla frontiera con l’Unione Sovietica, finanziate dagli Stati Uniti, nel settembre, provocarono scambi di note fra Washington e Mosca.
Nel dicembre 1953 si ampliò un trattato commerciale già esistente con l’Unione Sovietica che così fornì vistosi capitali per opere pubbliche, ricerche petrolifere, macchinari, manufatti, petrolio ed assistenza tecnica.
Dopo un viaggio a Kabul intrapreso dai due massimi capi sovietici Bulganin e Kruscev, altri importanti patti furono firmati fino al maggio 1959 per svariati milioni di dollari.
Poi l’Afghanistan si rivolse per aiuti anche alle Nazioni Unite ed incamerò considerevoli capitali stranieri dalla Cecoslovacchia, dall’India, dal Giappone e dalla Germania occidentale.
Nel 1955 una forte tensione si sviluppò col Pakistan per i confini meridionali; si fu sul punto di dare l’avvìo ad una guerra ma alcune nazioni intervennero ed il pericolo fu scongiurato, ma il problema rimase.
In quanto alla politica estera l’Afghanistan curò sempre molto i rapporti con l’Unione Sovietica ma mai desiderò essere dipendente e perciò strinse relazioni anche con gli Stati Uniti ed altri paesi occidentali. Però si dichiarò paese “non-allineato” e quindi equidistante dai due blocchi.
Per tutto l’arco degli anni cinquanta e l’inizio dei sessanta, grazie al governo energico del Primo Ministro generale Muhammad Daud Khan, zio del re Zahir Shah, si ebbe un notevole progresso in campo sociale; per esempio fu abolito il velo delle donne e le loro condizioni furono molto migliorate.
Però la spina nel fianco di questo paese, che cercava in tutti i modi di progredire, rimase la questione del Pakhtunistan, cioè quella zona dei confini meridionali col Pakistan. E quando nel 1961 alcuni afghani sconfinarono e furono severamente respinti, i due paesi interruppero le relazioni e non successe di peggio per la mediazione condotta dall’Iran.
Nel 1963 Muhammad Daud si dimise e gran parte del potere politico passò nelle mani del re. Egli il primo ottobre 1964 promulgò una nuova Costituzione con la quale si stabiliva che i membri della famiglia reale non dovessero svolgere incarichi politici, contrariamente a quello che era stato fino ad allora.
Nel 1965 si tennero le prime elezioni alla maniera dell’occidente, anche se non erano mai esistiti partiti organizzati. Si costituì un governo conservatore e ciò fu anche dopo le elezioni del 1969.
Ma nel quadro del graduale sviluppo del paese, si ebbero anche dei risultati
negativi, soprattutto per l’impreparazione legislativa del re, che non
riuscì nemmeno ad applicare la Costituzione, specialmente nel campo
delle autonomie locali.
Venne così a crearsi una situazione piuttosto difficile con
scioperi che costarono anche vite umane.
Finché Muhammad Daud il 17 luglio 1973, senza spargimento di sangue, operò un colpo di stato, rovesciò la monarchia e proclamò la repubblica. Il re in quel momento era in Italia per curarsi; non accennò a resistenze e poco dopo fece ufficialmente la rinuncia al trono.
Il nuovo regime andò sempre più rinforzandosi e sempre più saldi furono i rapporti con l’Unione Sovietica e la Cina. Nello stesso tempo tornava ad acutizzarsi la tensione per il Pakhtunistan.
Nel 1978 il presidente M. Daud cercò di ridimensionare la presenza sovietica nel paese, sia militare che economica, in quanto stava assumendo carattere di aggressività. E per questo ebbe bisogno dell’aiuto dell’Iran e la questione col Pakistan dovette essere ancora una volta accantonata.
Poi furono arrestati alcuni leader comunisti e ciò provocò, il 27 aprile, un colpo di stato portato avanti da unità blindate e forze aeree i cui quadri avevano avuto l’addestramento completo in Unione Sovietica. Daud fu trucidato insieme a 18 membri della sua famiglia.
Si istituì un Consiglio Rivoluzionario il cui presidente fu N.M. Taraki, composto da due diverse fazioni comuniste: i Khalq (il popolo) e i Parcham (la bandiera).
L’Unione Sovietica riconobbe per prima il nuovo governo ma Taraki rimase in carica poco tempo perché il suo vice H. Amin, con il colpo di stato del 14 febbraio 1979, lo depose ed assunse il potere.
Egli applicò dure repressioni, fece uccidere tutti gli oppositori, cercò di sradicare completamente tutte le istituzioni tradizionali e volle coinvolgere il mondo rurale in una riforma agraria che in pratica lo danneggiava. Cosicché si ebbero delle rivolte anche nelle città di Herat, Qandahar, Kabul. In particolare Herat, centro culturale di grande rinomanza, fu quasi distrutta e perdette 25000 abitanti.
Ed il 27 dicembre 1979 le truppe sovietiche invasero l’Afghanistan. Amin fu deposto ed ucciso ed il suo successore fu B. Karmal.
Tutti gli stati occidentali condannarono l’invasione presentando le rimostranze attraverso le Nazioni Unite.
Nel 1980 le truppe sovietiche occuparono il Wakhan, cioè uno stretto passaggio fra il Pamir e la Cina. All’interno si sviluppò quella che gli islamici chiamarono guerra santa contro i sovietici infedeli.
I sovietici bombardarono e distrussero interi villaggi costringendo gli abitanti a fuggire, specialmente in Iran, dove rimasero mescolandosi ed uniformandosi alla popolazione locale. Nel 1980 si contarono 5 milioni e mezzo di profughi di cui 2 milioni in Iran ed il resto nel Pakistan.
A seconda delle ideologie, il paese si stava radicalizzando su due diverse essenziali posizioni: una comunista che tendeva a distruggere l’altra, musulmana fondamentalista.
Con questa situazione veniva però sviluppato il sistema di alfabetizzazione, si ripristinavano le scuole coraniche, si ammainava la bandiera rossa e tornava quella verde islamica, e sul piano della militarizzazione, si portò la coscrizione obbligatoria a tre anni. Molti furono i casi di diserzione. Ed i “Mujiahidin”, cioè i capi della resistenza afghana, furono sempre spalleggiati dal Pakistan. Mentre gli islamisti si sentivano più vicini ai marxisti-leninisti.
Il 16 maggio 1985 l’Alleanza Islamica si trovò unita a Peshawar, in Pakistan, per ribadire la propria contrarietà all’occupazione sovietica.
Nel 1986 R. Reagan, allora presidente degli Stati Uniti, inviò dei missili antiaerei tipo Stinger, con i quali impedire i bombardamenti sovietici. Il tutto avveniva sotto l’egida dei servizi segreti pakistani.
Ma l’avvenimento che doveva portare un netto cambio alla situazione, fu la nomina al vertice politico sovietico di M. Gorbacev. Egli mise in opera una strategia di distensione ed il nuovo capo del governo afghano, Najibullah, operò una ampia apertura all’Islam.
Con la Costituzione del 30 novembre 1987 l’Islam fu proclamata religione ufficiale.
L’occupazione sovietica durò fino al 1989 quando per effetto della strategia politica di Gorbacev, la famosa “perestroika”, tutti i popoli fino ad allora sottomessi poterono gestire il proprio paese e godere delle loro libertà.
Economicamente l’Afghanistan, dipendente in larga misura dall’URSS, risentì della interruzione di talune grandiose opere pubbliche iniziate al nord, in territorio sovietico, come il gasdotto, le strutture industriali, energetiche e di comunicazione.
Nel 1991 un accordo stipulato fra l’URSS e gli Stati Uniti interruppe
pure la fornitura all’ l’Afghanistan di materiale bellico.
Nel maggio 1991 le Nazioni Unite proposero all’Afghanistan un governo
di autodeterminazione del popolo. Finita l’occupazione sovietica già
nel febbraio 1989, era continuata la guerra civile fra le fazioni opposte
degli integralisti islamici e dei filosovietici.
Nell’aprile del 1992 Kabul cadde nelle mani degli islamici. Ed in questo contesto politico caratterizzato dall’assenza di un potere centrale, nacque alla fine nel 1994 un nuovo gruppo armato, chiamato dei “Taleban”, formato in maggioranza da giovani studenti provenienti dalle scuole coraniche del Pakistan. Non venne considerato subito degno di nota questo gruppo che, invece, in poco tempo conquistò numerose province del sud. Le popolazioni locali, anche al fine di evitare spargimenti di sangue, non opposero resistenza, quindi il Taleban potè procedere verso il nord finchè non si scontrò con l’esercito del presidente Rabban. Dapprima ebbe qualche difficoltà ma poi passò agevolmente alla conquista di Herat e quindi marciò verso la capitale Kabul nell’ottobre 1995.
La difesa di Kabul fu strenua ma il 25/09/1996 cadde. Nel maggio 1997 il Taleban, arrivato al nord, controllava il 90% del territorio nazionale.
Tra la fine del 1997 e l’inizio del 1998, il presidente Rabban, ancora ritenuto capo responsabile del paese, chiese aiuto alle diplomazie dell’Iran e del Pakistan perché operassero una moralizzazione allo scopo di far cessare la guerra civile. Ma ormai il Taleban lanciato nella guerra di liberazione del paese, nell’agosto del 1998 conquistava Hazar-i-Sherif il caposaldo della resistenza e decimava completamente la popolazione.
Tra le vittime furono rinvenuti anche i cadaveri di alcuni diplomatici iraniani, per cui l’Iran, dopo infuocate dichiarazioni dell’Ayatollah Hene’i, fece posizionare la sua truppa ai confini con l'Afghanistan.
Nello stesso tempo gli Stati Uniti, in risposta alle stragi compiute
in alcune sue ambasciate, come quella di Nairobi in Kenya e quella di Dar-al-Salam
in Tanzania, fecero bombardare la zona di Khost, al confine col Pakistan,
dove si nascondeva il miliardario saudita Osama Bin Laden, sospettato di
essere il finanziatore di tutti gli attacchi fondamentalisti nel mondo.
Il Taleban non concesse mai agli Stati Uniti la sua estradizione.