Storia
Agli inizi dell’epoca storica l’odierna Algeria era popolata da genti di gruppi etnici diversi, tra cui quelli dei nomadi Berberi, di incerta origine, che si erano stabiliti in questa parte dell’Africa da tempi immemorabili.
Un primo embrione di organizzazione fu lo Stato Numidico, col re Massinissa,
che occupava all’incirca l’attuale Algeria a nord del Sahara.
Invece nella parte centrale del deserto, in una distesa desertica,
vivevano altre tribù, guerriere, di origine berbera: gli aristocratici
ed alteri Tuareg (o uomini blu) che tuttora disdegnano qualsiasi tipo di
lavoro e vivono in tende lussuose, solo di pastorizia. Ai primordi essi
furono predoni implacabili e feroci.
Lo Stato Numidico subì un lungo periodo di colonizzazione cartaginese e con la distruzione di Cartagine (ad opera dei Romani), avvenuta nel 146 a.C., divenne una provincia romana e tale rimase fino al V secolo, raggiungendo un alto grado di prosperità ed una certa unità.
Sotto Roma, in Algeria sorsero grandi città, centri di cultura e di traffici. A Tagaste (oggi Souk-Ahras) nel 354 nacque Sant'Agostino.
Poi, nel Medio Evo, verso il 430, l’Algeria fu invasa dai Vandali. Solo poche tribù berbere riuscirono a mantenere la loro indipendenza, rifugiandosi sulle montagne dell’Atlante e nella Cabilia, località in cui, anche nei secoli successivi, gli indigeni mantennero vivo ed operante il loro spirito di libertà.
Poi intervennero i Bizantini che però riuscirono ad attestarsi solo sulla costa algerina, contrastando per oltre cento anni la penetrazione islamica. Finchè nel 647 avvenne l’occupazione araba. Gli arabi incontrarono una forte resistenza da parte delle tribù berbere e solo nel 692, col crollo di quell'eroica resistenza, condotta dalla grande regina Khaina, poterono incorporare la regione al loro impero e finirono con l’affermarsi.
Continue ribellioni e scissioni portarono però alla formazione di Stati autonomi, con dinastie che si contesero il controllo della fascia costiera dal Mediterraneo all'Atlantico. A parte il periodo in cui gli Almohadi, setta islamica e dinastia di principi (1120-1270), realizzarono l’unificazione dell’Africa del Nord e l’unione con la Spagna musulmana; caos politico ed instabilità economica regnarono fino al 1500.
A partire dal 1500 l’Algeria fu poi dominata da Spagnoli e Turchi. Questi
ultimi fecero dei porti della costa le basi per le loro terribili imprese
piratesche, che gli spagnoli tentarono più volte di debellare. Ferdinando
di Castiglia, dopo aver occupato le roccheforti di Mers el Kebir, Bougia
ed Orano, fece capitolare Algeri nel 1515.
Gli algerini ricorsero allora all’aiuto dei corsari turchi: ma il loro
capo, Khair al Din, soprannominato Barbarossa, ricacciati gli spagnoli,
si proclamò Sultano e poi consolidò la sua posizione sottomettendo
parte dell’interno del territorio.
Questo avvenimento si considerò come il primo vero e proprio
passo verso la formazione di uno Stato algerino che, all’interno dell’Impero
turco, raggiunse la massima prosperità nel XVII secolo. Fu stabilito
un sodalizio in cui il potere politico fu in mano ai turchi mentre i berberi
si occupavano del commercio, compreso il traffico di schiavi, e della pirateria.
E per combattere quest’ultima, agli inizi del XIX secolo gli stati
europei decisero di intervenire. Nel 1816 la flotta inglese bombardò
Algeri e nel 1830 Carlo X, re di Francia, inviò una spedizione con
il compito di conquistare Algeri. Cosa che accadde il 5 luglio di quell'anno.
Da quel momento la storia dell’Algeria coincise con la progressiva occupazione militare francese. I turchi furono definitivamente sconfitti e cacciati nel 1847, mentre i berberi resistettero disperatamente fino alla completa caduta della Cabilia nel 1857.
I francesi cercarono di “parificare” la posizione degli europei e quella degli indigeni, dichiarando “metropolitano”, cioè vero territorio francese, il territorio algerino e nello spazio di 50 anni l’Algeria passò da condizioni di anarchia e dissoluzione sociale ad un discreto livello di prosperità e progresso economico.
Naturalmente a beneficiarne furono soprattutto i “coloni”, mentre la
popolazione musulmana non ebbe alcun peso politico.
E pur tuttavia quella popolazione musulmana, che rappresentava l’85%
del totale, acquistò lentamente una coscienza nazionale. E nel 1933
un congresso di capi nazionalisti chiese il ritiro di tutte le truppe francesi
ed in particolar modo della famosa “Legione Straniera”, volendo acquisire
la totale indipendenza.
I “coloni” cercarono subito di sedare le rivolte frustrando ogni anelito
di libertà degli algerini.
Durante la II Guerra Mondiale, quando l’Africa Settentrionale, nel
1942, fu occupata dagli Alleati, i capi nazionalisti ripresentarono le
loro richieste di autodeterminazione nello spirito della Carta Atlantica:
la Francia le respinse. Ciò originò un grave stato di tensione
da cui poi derivarono moti sporadici di ribellione, sempre soffocati nel
sangue, come successe nel maggio del 1945 a Setif con 15.000 europei morti.
Il 7 marzo 1944 era stato costituito un governo provvisorio algerino;
era nato il “Partito degli Amici del Manifesto”, capeggiato dall’autonomista
Ferhat Abbas, ed il Partito Nazionalista con a capo Messali Hadj.
Nel giugno 1946 furono indette le elezioni amministrative e Ferhat
Abbas ottenne uno strepitoso successo conquistando tutti i seggi del collegio
musulmano.
Il 20 settembre 1947 la Francia concesse all’Algeria uno statuto che regolamentava il voto ai musulmani e l’indipendenza del loro culto, oltre all’insegnamento della lingua araba. Però non seppe applicare le regole in modo da soddisfare le esigenze del popolo che, approfittando della situazione, accentuò la propaganda contro il dominio francese; e comprese, infine, la necessità di organizzare una insurrezione armata in tutto il paese.
I patrioti si raccolsero intorno al “Fronte di Liberazione Nazionale” (FLN) creato da Hadj e Abbas; il territorio fu diviso in 6 zone militari e la guerra incominciò il 1° novembre 1954.
La Francia rispose subito con l’arresto del segretario generale del
Partito del Popolo Algerino, e di altri esponenti politici; proibì
la pubblicazione del settimanale "Libertè", organo del partito comunista
algerino,ed iniziò vere e proprie azioni militari.
Per tutto il 1955 si ebbero, da parte dei nazionalisti, operazioni
di guerriglia, di terrorismo, di sabotaggio, attentati e colpi di mano,
che tennero in continuo allarme autorità e popolazione.
Nell’intento di mantenere il controllo della situazione la Francia nominò Governatore Generale J. Soustelle che elaborò un piano di riforme, compresa quella agraria. Però questo piano che prevedeva naturalmente l’integrazione dell’Algeria nella Francia, fu respinto dal FLN. Non solo, ma nei due anni seguenti le lotte si rafforzarono ed il governo francese, trovandosi a fronteggiare una situazione sempre più difficile, offrì negoziati di pace che ebbero inizio ad Evian, in Svizzera, mentre in territorio algerino continuavano combattimenti ed attentati.
Infine, fattasi strada anche in Francia la convinzione che l’Algeria era matura per decidere del suo futuro, si giunse prima ad una tregua e poi alla pace.
Gli algerini, chiamati ad un referendum, diedero il 91% dei voti per
l’indipendenza, che fu proclamata il 3 luglio 1962.
La Francia liberò subito dalla prigionia in cui si trovavano
i capi dell’ex governo provvisorio, tra i quali Ben Bella ed il capo delle
forze dell' FLN, Hawari Bu Midyan (Boumedienne) che si era trasferito in
Marocco.
Dopo la proclamazione dell’indipendenza essi tornarono in Algeria e
crearono a Tlemsen un ufficio politico che venne in conflitto con il governo
provvisorio in carica per arrivare quasi ad una guerra civile. Questa fu
evitata grazie ad un intervento dell’unione Generale dei Lavoratori Algerini;
poi il 20 settembre 1962 si ebbero le elezioni per l’Assemblea Costituente:
Ferhat Abbas fu eletto presidente e Ben Bella fu incaricato di formare
il nuovo governo. E fu il momento di riassestare la situazione economica
del paese, già precaria, ma aggravata anche dall’esodo degli europei
dall’Algeria, che così rimase senza amministratori, tecnici, imprenditori
e professionisti. Molte fattorie, stabilimenti e negozi furono chiusi ed
il 70% della popolazione risultò disoccupato. Nel marzo 1963 il
nuovo governo emise dei decreti per cui, attraverso la presa di possesso
legalizzata, dei beni abbandonati, si potè costituire il sistema
di “Autogestione” che fu la base del socialismo algerino.
Nel settembre dello stesso anno fu fatto un referendum che approvò
la costituzione di una repubblica presidenziale con un solo partito, il
Pli, e Ben Bella fu eletto presidente, ma oltre che capo dello stato e
di governo, divenne pure comandante in capo delle forze armate.
Questa presa di potere di tutti i settori nelle mani di una sola persona provocò varie reazioni. Ferhat Abbas si ribellò e fu espulso dal partito, i berberi della Cabilia entrarono in agitazione ed anche il capo del Fronte delle Forze Socialiste (FFS) cercò di osteggiare Ben Bella, ma poi si unì ad esso.
Poi Ben Bella iniziò i suoi lavori superando dapprima un conflitto di confine col Marocco; ottenendo aiuti dalla Unione Sovietica e dalla Banca Mondiale, ed eliminando dalla scena politica nel sud del paese molti capi storici della rivoluzione algerina.
Inoltre volle promuovere una Conferenza dei paesi afroasiatici, da tenersi in Algeri; ma il 19 giugno 1965 si verificò un colpo di stato, portato avanti dal suo vecchio alleato Boumedienne, che lo depose.
Il potere fu assunto da un Consiglio della Rivoluzione che si propose
di creare subito uno Stato veramente socialista. Boumedienne fu subito
Primo Ministro e Ministro della Difesa.
In campo internazionale operò una politica prudente e piano
piano fece riacquistare all’Algeria prestigio e credibilità. Poi
nazionalizzò diversi settori della produzione industriale, controllò
tutti gli interessi stranieri, eliminò i privilegi accordati alla
Francia e nel 1971 furono aboliti gli accordi di Evian e ne furono firmati
di nuovi.
All’interno del paese si era intanto creata una situazione di malcontento perchè il potere era stato appunto accentrato nelle sole mani di Boumedienne e di un gruppo di tecnocrati dei quali si era circondato, e questo provocò delle ribellioni, subito represse, anche perché egli, non essendo sicuro di avere la maggioranza nel governo, non volle riunire il Consiglio della Rivoluzione, come da più parti era stato richiesto.
Ci furono ribellioni e scioperi anche da parte di studenti ed il 25 aprile del 1968 ci fu anche un attentato a Boumedienne. Poi egli seppe riportare la calma nel paese e nel 1970 approvò dei provvedimenti di clemenza verso gli avversari del regime. Poiché però lo scontento degli studenti continuò a sconvolgere lo stato, fece istituire per loro un servizio civile obbligatorio in modo che essi, maturando, comprendessero meglio i loro doveri verso la comunità.
Boumedienne volle ricostituire il FLN con delle variazioni che lo rendessero più evoluto; propose la costituzione di una Carta Nazionale che rinnovasse la Costituzione ed il 27 luglio 1976, a questo scopo, si ebbe un referendum, con il quale la proposta divenne esecutiva.
Nel dicembre dello stesso anno ci furono le elezioni presidenziali e Boumedienne, candidato unico, fu eletto. Poi programmò un congresso del FLN ma non potè attuarlo perché verso la fine del 1978, colpito da una malattia, nel dicembre morì.
La successione fu laboriosa; due furono le tendenze che si confrontarono, una socialista radicale ed una più moderata. Nonostante la preponderanza dei primi, fu designato come candidato unico alle elezioni il colonnello Sadhili Ben Gadid che infatti le vinse, diventando presidente il 7 febbraio 1979.
La prima sua preoccupazione fu quella di decentrare i poteri, poi dovette occuparsi della completa arabizzazione del paese, tenacemente voluta da tutti, ma in particolar modo dagli studenti, che chiesero per prima cosa la eliminazione della lingua francese nella istruzione, nella giustizia e nell’amministrazione civile.
Ben Gadid fu rieletto sia nel 1984 che nel 1988. Dovette però allentare il rigido schema imposto dal socialismo, già applicato da Boumedienne, e dovette risanare la crisi economica grave, dovuta pure alla caduta internazionale del prezzo del petrolio.
Non fu tutto; all’interno del paese si andò avviando una grande protesta a carattere religioso. I musulmani chiesero più rispetto delle loro leggi e la formazione di una Repubblica Islamica. Ci furono rivolte sanguinose con centinaia di vittime. Ma vennero le riforme istituzionali a placare gli animi; fu introdotto il multipartitismo, fu costituito il “Fronte di Salvezza Islamico”, che stravinse le elezioni amministrative del 1990.
In politica estera si appianarono vecchi dissidi con la Mauritania ed
il Marocco e per ciò che attenne alla Guerra del Golfo, l’Algeria
dapprima disapprovò l’invasione del Kuwait da parte della nazione
irachena, ma in opposizione all’intervento dell’ONU, pur rimanendo neutrale,
si dispose a favore di Saddam Hussayn.
In seguito alla vittoria del Fronte di Salvezza Islamico si verificarono
numerosi scontri, con vittime, fra gli adepti e le forze dell’ordine. Ben
Gadid, nell’intento di ristabilire l’ordine, sospese le già programmate
elezioni politiche.
Queste si tennero, al primo turno, nel dicembre 1991, ed il Fronte colse un altro successo. Nel gennaio 1992 Ben Gadid fu costretto a dimettersi dal vertice militare ed inoltre dall’Alto Consiglio di Sicurezza dello Stato fu annullato il secondo turno delle elezioni.
Poi dall’esilio fu richiamato M. Budyaf al quale fu assegnato l’incarico di presidente e fu proclamato lo stato d’assedio.
Tutto questo per impedire che il Fronte Islamico assumesse i poteri di governo con una nuova vittoria elettorale. Un compito assolutamente importante ed influente lo svolse il generale K. Nezzar, Ministro della Difesa.
Egli represse gli islamici dichiarando fuori legge l’ala più estremista del Fronte. Esplose violenta l’opposizione degli attivisti più radicali che entrarono in clandestinità ed operarono tante e tali azioni terroristiche da far precipitare il paese in una vera profonda crisi, nella quale si perpetrò pure nel giugno 1992 l’assassinio del presidente Budyaf.
Nel corso del triennio 1992/95 si verificarono numerosi continui atti di terrorismo che comportarono l’uccisione di donne, cittadini stranieri, intellettuali di ogni tipo, esponenti politici di varie tendenze, e poi stragi di civili e militari ed attentati in Francia.
L’Alto Consiglio di Sicurezza nominò quale capo di stato nel gennaio 1994 il generale L. Zeroual. Egli cercò di allentare un poco la tensione praticando una politica più conciliante e favorendo il dialogo con l’opposizione. Tutto fu inutile poiché per contro gli attentati nel paese aumentarono. Allora il regime, notevolmente succube delle forze militari, si lanciò in una serie di contromisure violente al di fuori anche del più limitato rispetto dei diritti umani.
Bisognava trovare una soluzione urgente ed allora nel gennaio 1995 i principali partiti di opposizione, in clandestinità, si riunirono per concordare la formazione di un governo di unità nazionale. Ciò avvenne a Roma, ma le dichiarazioni ufficiali, sottoscritte nella sede della Comunità Cattolica di Sant’Egidio, non trovarono neppure la più piccola considerazione da parte del governo algerino che le respinse senza alcuna possibilità d’intesa.
Nel novembre 1995 si svolsero le elezioni presidenziali in cui prevalse Zeroual. Pur avendo i terroristi islamici minacciato in tutti i modi i possibili elettori, la partecipazione fu del 75%. Con ciò si voleva proclamare la legittimità del governo con conseguente desiderio di veder cessare l’illegalità ed il terrorismo.
Ancora un dato importante di queste elezioni fu la partecipazione delle donne che finalmente potevano farlo loro stesse anziché essere rappresentate dai loro padri o mariti, come era accaduto fino ad allora.
L’anno dopo, il 28 novembre 1996, furono apportate, mediante referendum, alcune riforme alla Costituzione, attraverso le quali l’islam fu riconosciuta come religione ufficiale dello stato; furono esclusi dalla politica i partiti fondati su basi religiose; furono rafforzati i poteri del Presidente con la creazione di una seconda Camera i cui rappresentanti erano per un terzo nominati proprio da lui.
Questo referendum fu contrastato da tutti gli oppositori e l’anno 1997 fu caratterizzato soprattutto dalle enormi stragi, avvenute specialmente in Algeri e dintorni. In questo stesso anno si svolsero sia le elezioni legislative che politiche; ambedue rafforzarono il partito del presidente.
Una nota strana di questo periodo, pur tra le violenze ed i disordini e le reiterate stragi degli islamici, fu il miglioramento della situazione economica, certamente dovuto all’aumento del prezzo del petrolio.
Nel 1998 la lotta al terrorismo registrò alcuni successi ma non
di grande rilevanza, e nel settembre Zeroual improvvisamente si dimise.
Furono, naturalmente, necessarie nuove elezioni presidenziali che si svolsero
il 15 aprile 1999 e che, sotto l’egida del vero protagonista della situazione,
cioè l’esercito, assegnarono le palme della vittoria ad Abdelaziz
Bouteflika, già braccio destro di Boumedienne nel 1970, con l’altissimo
consenso del 73% dei voti.