Storia
L’Angola fu scoperta nel 1486 da Diego Cao, scudiere del re Giovanni II del Portogallo, durante il suo secondo viaggio alla foce del Congo. I portoghesi ne presero possesso nel 1574 ma solo nel 1591 il Congo e l’Angola furono rappresentati in una carta geografica, disegnata dal vicentino Filippo Pigafetta, ingegnere, scrittore e diplomatico del papa Sisto V, e pubblicata a Roma.
Nel 1663 un altro portoghese, Manuel Godinho, partito da Loanda, distretto dell’Angola settentrionale, attraversò la parte del continente africano dall’Angola al Mozambico, anch’esso colonia portoghese, scoperto da Vasco de Gama nel 1498.
Sulla costa angolana nel 1682 fu fondata la città di Nuovo Redondo.
Nel 1795 lo stesso itinerario di Godinho fu percorso da Josè Assumpçao e da Mello. Nel 1807 lo statista portoghese, duca di Saldanha, iniziò i suoi viaggi verso l’interno per estendere il dominio portoghese sulle popolazioni ivi residenti. Nel 1816/17 ci furono altre esplorazioni compiute da Cardozo e da altri fra i quali due ufficiali portoghesi, Gamitto e Monteiro che, partendo da Tete (Mozambico) risalirono lo Zambesi, allora quasi sconosciuto e raggiunsero il regno di Loanda.
Poi dal 1842 al 1887 si verificarono numerosissime esplorazioni quasi esclusivamente da parte di navigatori ed esploratori portoghesi. Quasi, perché in mezzo a loro vi fu un viaggio dell’ungherese Ladislao Magyar nel Benguella ad occidente, ed una spedizione del tenente inglese L. Cameron, che nel 1875/76 attraversò il Casongo, il Baluba, il Lunda ed arrivò anch’egli nel Benguella.
Nel 1887 l’Inghilterra, favorita da questa spedizione, si assicurò quel territorio che prese nome di Rhodesia e che da sempre ha separato l’Angola dal Mozambico.
Intanto, già dalla metà del secolo XIX i movimenti migratori provenienti dal Brasile, dall’Olanda e da altri paesi, diedero l’avvìo alla colonizzazione del territorio. Bisognò allora stabilire i confini di ogni regione conquistata dai nuovi venuti ed i portoghesi firmarono diversi accordi: con la Germania e la Francia nel 1886, con il Congo Belga e l’Inghilterra nel 1891 e poi, la delimitazione fra l’Angola e la Rhodesia, fu risolta nel 1905 con la mediazione del re d’Italia.
Nel corso della colonizzazione si registrò un notevole aumento della popolazione bianca, a causa delle immigrazioni degli europei, pur rimanendo la maggioranza alla gente di colore. Si ebbero molte iniziative industriali specialmente in quella dell’estrazione dei diamanti e del petrolio, e per quest’ultimo sorsero numerosi impianti per la raffineria del prezioso “oro nero”; furono installati cementifici, fabbriche di laterizi, zuccherifici, birrifici, oleifici, manifatture tabacchi e lavorazione di latticini. E data la presenza di imponenti fiumi, Danele e Catumbeca, si potè contare anche su una grande produzione di energia.
Nel 1935 l’Angola fu dichiarata parte integrante del Portogallo ma nel 1951 assunse proprio la denominazione di “provincia d’oltremare portoghese”.
In base ad una legge entrata in vigore dal 1955, l’autorità massima in Angola divenne un Governatore Generale, naturalmente portoghese, non soggetto a controlli locali ma strettamente alle dipendenze del Ministero per l’Oltremare, specialmente in materia finanziaria. Però potè legiferare per tutte le materie che non rientrassero nelle competenze dell’Assemblea Nazionale Portoghese e del Ministero. Nelle sue mansioni potè anche contare su un locale Consiglio legislativo ed un Consiglio di governo.
Nel 1946 l’Angola fu divisa in 5 distretti ma non ebbe amministratori indigeni. .Difficilissimo fu l’ottenimento della cittadinanza portoghese da parte dei nativi, salvo possedere rigorosi requisiti. Nonostante ciò, in tutti i possedimenti portoghesi d’oltremare la differenza di razza non fu mai un ostacolo all’andamento della società.
Dal 1945 al 1951 il Portogallo elaborò vasti piani per incrementare l’immigrazione portoghese in Angola, stanziando anche i relativi fondi. Una piccola parte di cittadini portoghesi, emigrati in Angola, riuscirono a viverci, moltissimi se ne tornarono in patria. Per poter ovviare a questo inconveniente il Portogallo elaborò altri due piani sessennali dal 1952 al 1964, assicurando notevoli fondi per lo sviluppo ed il progresso della colonia.
Ma già nel 1961, quando al dittatore portoghese Salazar successe Marcelo Caetano, alcuni gruppi indipendentisti angolani iniziarono a farsi sentire.
Ed allora Caetano concesse una maggiore autonomia al paese, operò una apertura al capitale internazionale per accelerare lo sviluppo economico e sociale con il proposito di veder diminuire il desiderio di libertà degli indigeni, e con questa politica ottenne subito dei buoni risultati, specialmente nell’industria estrattiva, in quella tessile ed in quella delle trasformazioni alimentari.
Nel 1969 fece iniziare i lavori per la costruzione di un bacino idroelettrico sul fiume Cunene; fu migliorata la situazione della gente di colore, anche col divieto di ogni pur piccolo segno di discriminazione razziale; la situazione scolastica conobbe tempi migliori anche con la particolare attenzione data alle lingue indigene; la popolazione dell’università di Luanda, capitale, si moltiplicò; si ebbe un netto miglioramento dei servizi sanitari ed anche i salari furono aumentati.
Nel 1972 l’Angola, da territorio d’oltremare divenne “stato”. Questo fu diviso in 16 distretti, il governatore fu sempre portoghese, coadiuvato da una Assemblea Legislativa e da una Giunta Consultiva. La cittadinanza fu concessa a tutti quei cittadini che poterono dimostrare una discreta conoscenza della lingua portoghese, ma sempre esiguo rimase il numero dei rappresentanti di colore eletti nelle consultazioni del 1973. L’Angola entrò a far parte della NATO e strinse alleanze con la Rhodesia ed il Sudafrica.
Nonostante ciò l’opposizione di colore andò via via ingrandendosi ed a quel punto alcune organizzazioni già si contrastavano fra loro. Erano: il "Movimento Popular de Libertaçao de Angola" (MPLA) guidato dal dott. Agostinho Neto, il FLNA, guidato da Holden Roberto e l'Unità, cioè "Uniao Nacional Para a Independencia Total de Angola" di J. Savimbi.
La rivoluzione scoppiata in Portogallo il 25 aprile del 1974 diede l’avvìo
alle organizzazioni angolane per l’autonomia del paese.
Il nuovo presidente portoghese generale Costa Gomes comunicò
che l’indipendenza dell'Angola sarebbe stata proclamata l'11 novembre 1975.
Ed in questa fase di transizione fu nominata in carica una amministraziore
mista i cui componenti, per grandi differenze etniche, tribali, religiose
e politiche, nell’aprile 1975 causarono la guerra civile che ebbe moltissime
vittime.
Il Kenia fu chiamato ad elaborare un piano di pacificazione ed intanto iniziò l’esodo della popolazione portoghese bianca a seguito di rifiuto da parte del Portogallo di intervenire in forma attiva . La guerra continuò anche perchè stati stranieri inviarono armamenti ai belligeranti. L’11 novembre 1975 si ebbero contemporaneamente due dichiarazioni di indipendenza: sia da parte del MPLA, da Luanda, sia dal FNLA, da Huambo (ex Nova Lisboa)
Nei primi mesi del 1976 l’MPLA, grazie agli aiuti avuti dall’URSS e da Cuba, prevalse sugli altri ed ottenne il riconoscimento di unico e legittimo governo di Angola, da parte dell’Organizzazione dell’Unità Africana. Nel maggio 1976 il governo di Neto interruppe le relazioni col Portogallo, ma dovette iniziare il suo mandato subito in mezzo a grandi difficoltà economiche, conseguenza dei vuoti lasciati nelle infrastrutture dall’esodo di circa 400.000 portoghesi.
In più il partito di governo, l’MPLA, evidenziò una mancanza
di unità attraverso la contestazione di una propria fazione capeggiata
da N. Alves, l’Africanista del Movimento. Egli nel 1977 tentò un
colpo di stato, represso da Neto con perdite gravi. Si operò una
sostanziale epurazione in seno al MPLA che si proclamò, intanto,
marxista-leninista e si chiamò MPLA-PT con l’aggiunta, appunto,
di “Partido de Trabalho”, cioè “Partito del Lavoro’.
L’11 novembre 1980, 5° anniversario dell’indipendenza, si inaugurò
la prima Assemblea Popolare.
Nel 1979 in un ospedale di Mosca, intanto, era morto Neto ed il suo successore J.E. Dos Santos, si trovò subito a dover fronteggiare l’UNITA, appoggiato dagli S.U. i quali cercavano di ottenere il ritiro delle truppe cubane dal territorio.
Con una ripresa delle ostilità nel 1986, l’esercito angolano e quello cubano, nel momento in cui stavano per sconfiggere Savimbi, si videro togliere il trofeo per l’intervento dell’aviazione del Sudafrica che già da qualche anno teneva alcuni reparti del suo esercito in territorio angolano.
Così l’Angola, pur confermando le sue tendenze marxiste, dovette ridimensionare la sua politica economica affidando la sua rinascita e la sua ricostruzione a capitali occidentali, specialmente a quelli statunitensi.
Nel 1988, proprio con la mediazione degli Stati Uniti, si firmò un accordo fra Angola, Cuba e Sudafrica. Il Sudafrica ritirò le sue truppe, Cuba dichiarò che avrebbe completato il ritiro di tutte le sue truppe entro il 1991 e la Namibia sarebbe stata indipendente.
L’Angola, oltre ad aver aderito alla Convenzione di Lomè con la CEE, nel Congresso del 1990 annunciò un vasto progetto di democratizzazione sia in politica che in economia, basato sul pluripartitismo e sulla liberalizzazione dei mercati. Inoltre la pace interna fu ristabilita con l’UNITA, anche con la mediazione del Portogallo.
Il 29/30 settembre 1992 si svolsero le elezioni: nelle legislative prevalse il Movimento Popolare della Libertà dell’Angola, e nelle presidenziali fu confermato il presidente già in carica J. E. Dos Santos.
Ma l’Unione Nazionale per l’Indipendenza Totale dell’Angola, che in quelle elezioni si era affermata nei territori del Sud-Est e dell’Est, le contestò e disertò l’inaugurazione dell’Assemblea Nazionale e con le armi conquistò il 65% del territorio. Le forze di governo riuscirono a riprendere alcune zone ma non la città di Soyo, al confine con lo Zaire, sede di vasti giacimenti petroliferi.
A questo punto sia gli Stati Uniti che la Gran Bretagna intervennero per riconoscere ufficialmente il governo costituito dell’Angola ma anche per annullare l’embargo di armi verso il Movimento. Anche le Nazioni Unite si interposero praticando un embargo di armi ed altro all’Unione per ottenere il cessate il fuoco dei combattenti oppositori. Confermarono pure la presenza delle truppe speciali in precedenza inviate per tutelare il regolare svolgimento delle elezioni. Nel novembre del 1993 si ripresero i negoziati di pace in virtù dell’intervento del presidente sudafricano Nelson Mandela, e furono firmati a Lusaka nel novembre 1994. Oltre al cessate il fuoco, si concordò pure l’ingresso degli attivisti dell’Unione nelle forze militari regolari, la liberazione dei prigionieri e l’esonero di tutti i mercenari che avevano combattuto per ambedue le parti.
Solo nel maggio 1995 si ebbe la vera e propria fine delle ostilità con il riconoscimento da parte di J. Malheiro Savimbi, capo dell’Unione, del presidente Dos Santos. Insieme essi concordarono un governo di unità nazionale. Fu praticato un emendamento alla Costituzione per mezzo del quale furono istituite “ex novo” due cariche di vice-presidente, di cui una fu assegnata a Savimbi. Poi il governo e l’Unità si trovarono in sintonia con la sistemazione delle Forze Armate Angolane che si videro attribuire un ulteriore contingente di 90.000 unità ed infine, constatata la regolarità della situazione e l’abbattimento di una altissima percentuale delle violenze e delle irregolarità, l’Angola riuscì ad ottenere un cospicuo prestito internazionale per il risanamento della sua disastrata economia.
Nell’agosto del 1996 Savimbi rinunciò alla carica di vice-presidente e nel novembre dello stesso anno fu prorogata al 2000 la durata in carica dell’Assemblea Nazionale. Intanto nel settembre l’Unione aveva dichiarato la completa smobilitazione del suo contingente e le Nazioni Unite confermarono la fine della loro presenza per il febbraio del 1997. Ma avendo constatato che circa 15.000 unità non avevano aderito alla resa delle armi, le Nazioni Unite prorogarono il loro mandato di missione di pace.
Il fatto che però riuscì a sbloccare questa situazione fu proprio la guerra civile scoppiata nello Zaire. Qui l’Unione, alleata del dittatore Mobutu, esportava diamanti in cambio di armi. Il governo angolano, invece, sostenitore dei ribelli zairesi, comandati da L. D. Kabila, lo aiutò nel marzo 1997 a conquistare la città di Kamina, roccaforte degli uomini dell’Unione. Questa, indebolita da questo conflitto, dovette arrendersi ed accettare le condizioni proposte a suo tempo a Lusaka. Savimbi però continuò a rifiutare la carica di vice-presidente ma accettò quella di “capo dell’opposizione”. Così nell’aprile del 1997 si arrivò alla formazione di un “governo di unità nazionale e di riconciliazione” con l’apertura anche agli esponenti di altri dieci partiti minori.
Le Nazioni Unite decisero a questo punto di sostituire le presenti forze di pace con una missione meno impegnativa, fino alla completa smobilitazione dell’esercito di Savimbi. Ma persistendo questa situazione ancora nell’ottobre del 1997, si trovarono costrette a ricostituire nuove sanzioni contro di lui.
Nel corso del 1998 le ostilità si riacutizzarono e ricominciò
la guerra civile. Nel gennaio del 1999, dopo aver abbattuto due aerei delle
Nazioni Unite, il governo di Luanda chiese loro di ritirare definitivamente
le forze militari impegnate nel paese.