Storia
L’Arabia Saudita è un regno di istituzione abbastanza recente, nonostante sia stato la culla ed il centro di diffusione di uno dei più grandi movimenti religiosi e politici della storia: l’islamismo, la religione fondata da Maometto.
Gli antichi ne conobbero a malapena l’esistenza. Essa rimase fuori dei confini dell’impero romano e per vari secoli continuò ad essere abitata da tribù nomadi, completamente indipendenti l’una dall’altra.
Solo alla Mecca ed a Medina, due città dell’interno, si erano formati due piccoli stati, un poco simili alle città-stato dell’antica Grecia.
I soli Stati che avessero contatto con la penisola araba furono l’Etiopia e la Persia, che cercarono per vari anni di sottomettere le popolazioni, ma senza riuscirvi. Rappresentava un compito arduo gestire popolazioni che, prive di ogni base statale, furono in continua migrazione, anche verso il deserto. Questa mancanza di organizzazione aiutò il paese a mantenersi indipendente.
Così era la situazione quando nell’anno 570 dopo Cristo alla Mecca nacque il profeta Maometto. La sua religione e la sua predicazione si mostrarono subito adatte alle doti del suo popolo. L’esaltazione della crudeltà, della capacità bellica di guerriglia e di rapina, finì per rafforzare tutte queste doti, per loro positive, tanto che divennero una forza inarrestabile che fece tremare molti stati del mondo.
Maometto predicò che l’islamismo doveva essere con ogni mezzo diffuso nel mondo; promise la gloria a chi fosse morto combattendo ed assicurò il paradiso, pieno di beni terreni, per chi avesse ucciso tanti “infedeli”, che erano i cristiani. Ed il suo popolo da allora si adoperò perché questo fosse fatto. Con questi principi Maometto era riuscito, comunque, ad unire spiritualmente tutti gli stati musulmani. E la Mecca somigliava ogni giorno di più ad una macchia d’olio che si andava allargando sulla Terra.
Dopo qualche tempo i califfi arabi trasferirono le loro residenze in due città meglio collegate dalle strade e furono quindi prima a Damasco, in Siria, poi a Baghdad, in Mesopotamia. La penisola araba andò via via perdendo la sua importanza politica, rimanendo però il centro religioso di tutto il mondo musulmano. La Mecca e Medina divennero città sante e, attraverso la penisola araba, passarono tutti coloro che si recavano in pellegrinaggio verso le due città. Esse divennero pure importanti centri di studi islamici; vi sorsero delle Università dove si studiavano la teologia musulmana ed il Corano. Anche l’arte araba ebbe in queste Università le sue scuole.
Oltre queste due città, del resto molto ben organizzate, negli altri territori della penisola continuò a regnare il caos e sorsero le prime eresie religiose, che però furono solo un alibi per poter creare degli staterelli indipendenti. Piano piano l’unità spirituale delle popolazioni si dissolse; tornarono le tribù e per di più sempre in lotta fra loro.
Nel 1492 gli arabi furono cacciati dalla Spagna, la potenza islamica cominciò a vacillare e nella penisola arabica si ritornò allo stato precedente alla venuta di Maometto. Ed arrivarono pure le dominazioni straniere. I primi ad arrivare furono i Mamelucchi, antica milizia turco-egiziana composta di schiavi arruolati nel Caucaso e nella Circassia. Dopo di loro entrarono i Turchi.
Nel frattempo, alcune potenze europee cominciarono ad interessarsi all’Arabia, posta sulla via delle Indie. E prima i portoghesi e poi gli inglesi vi stabilirono delle colonie ed intrecciarono rapporti commerciali. Fra i capi locali e gli inglesi nel XVIII secolo furono fatti molti patti commerciali e gli inglesi, nel secolo seguente, aiutarono gli arabi a scacciare i Turchi. Uno dei maggiori artefici della loro liberazione dal dominio turco fu la setta dei Wahabiti; essi predicarono il ritorno alla rigorosa osservanza della predicazione maomettana. Durante la prima guerra mondiale i Wahabiti capeggiarono la rivolta contro i Turchi e li costrinsero a lasciare la penisola. Le forze arabe erano comandate da un colonnello inglese, Lawrence, e questo fu un indizio evidente di quanto fosse importante per la Gran Bretagna che si costituisse uno Stato indipendente nella penisola arabica. Certamente l’interesse inglese principale fu per i bacini petroliferi esistenti sul territorio.
Ma appena finita la guerra mondiale, uno dei capi dell’Arabia interna iniziò un processo di indipendenza nazionale tendente ad eliminare le forti influenze britanniche nel paese. Ibn Saud, sultano del Neged, il 21 agosto 1922 pose fine alla sottomissione dell’Emirato del Gebel Sciammar. Il 5 maggio aveva già concluso un trattato delle frontiere dell’Iraq per la definizione del territorio neutro di Alì Tawal ed il 22 luglio aveva esteso il dominio sull’En Giuba, occupando il El Giuf. L’8 gennaio del 1926 completò la conquista dell’Hegiaz. Il 18 agosto dello stesso anno, a seguito di scontri sulla frontiera del Nagiran, stipulò il trattato delle frontiere con lo Yemen; il 21 ottobre sottomise l’Asir. Lo Stato il 18 settembre 1932 si chiamò “Arabia Saudita”, sotto il governo della famiglia Saud. Intorno a questo Stato rimasero alcuni staterelli minori, governati in genere da un sovrano assoluto, e furono: l’Oman, il Qatar e la Costa dei Pirati.
Il 3 aprile 1936 l’Arabia Saudita firmò un trattato di alleanza
e fraternità araba, nonché di amicizia musulmana con l’Iraq.
Il 7 maggio concluse un trattato di amicizia con l’Egitto. In seguito l’Arabia
non condivise la politica del Regno Unito nella Palestina ed intervenne
a convegni antibritannici. Nel 1946 trattò con società statunitensi
la progettata ferrovia dal distributore petrolifero di Hiyad (nell’Arabia
centrale) al Capo Tanura (nel Golfo Persico). Un nuovo oleodotto transarabico
entrò in servizio nel dicembre 1950, della lunghezza di 750 miglia,
con l’attraversamento della Giordania Hascemita, la Siria ed il Libano.
Lo Stato Saudiano rappresentava un modello perfetto di fusione fra
le tradizioni religiose islamiche più rigorose e la tecnica dell’economia
occidentale.
Alla morte del re Ibn Saud, avvenuta il 9 novembre 1953, dopo circa mezzo secolo di regno, il potere passò nelle mani del primogenito Sa’Ud. Questi, però, lungi dall’essere abile come il prestigiosissimo padre, ben presto si trovò a fronteggiare grandi difficoltà e nel 1958 preferì delegare la maggior parte delle incombenze al fratello Faisal.
Una profonda trasformazione della penisola era già in atto dal tempo del vecchio re Ibn Saud che aveva cercato in tutti i modi di limitare il nomadismo a favore dell’artigianato e dell’estendersi dell’istruzione.
E ciò si stava compiendo grazie anche alla presenza di una potente organizzazione petrolifera americana, l’ARAMCO, perché infatti l’Arabia è tuttora il paese col più vistoso sfruttamento delle risorse petrolifere di tutto il medio-oriente.
Nel 1960 Faisal rinunciò ai poteri delegatigli dal fratello Sa’Ud, ma poi ritornò sulle sue decisioni e fra il 1962 ed il 1963 li riassunse. Poi nel novembre 1964 Sa’Ud fu deposto (morì nel 1969 ad Atene) e Faisal fu riconosciuto re.
Nel 1969 si ebbero un paio di tentativi di colpi di stato a dimostrare
che esisteva una certa opposizione.
Faisal diede ampio sviluppo all’agricoltura, all’industrializzazione,
alle comunicazioni ed alla istruzione.
Si avvalse dell’opera e della competenza di tecnici stranieri e cercò
di creare nel paese altre fonti che assicurassero il progresso al di là
dei proventi diretti dal campo petrolifero.
In politica estera Faisal fu molto attivo; cercò intese con l’occidente pur conservando gelosamente le tradizioni all’interno del suo regno. Fu molto attento a fronteggiare tutti i movimenti sovversivi in atto nei paesi confinanti, come ad esempio nello Yemen.
Si adoperò molto anche per la solidarietà islamica condannando a Rabat, nella conferenza dell’agosto 1969, l’incendio appiccato alla Moschea Al-Aqsa’ di Gerusalemme. Questa fu, probabilmente, la scintilla che accese ancora di più i suoi sentimenti poiché aiutò con ogni mezzo gli islamici a liberare i loro luoghi santi dall’occupazione israeliana. Proprio verso Israele applicò l’embargo del petrolio nel 1973, dopo lunghe precedenti minacce. Collaborò, con tutti gli stati arabi, alla resistenza palestinese.
Ma il 25 marzo 1975 Faisal fu ucciso, ad opera di un suo nipote, e gli successe il fratello Khaled.
Per la questione palestinese, il principe ereditario Fahd elaborò un piano che prevedeva la formazione di uno Stato palestinese ed il riconoscimento di quello israeliano. Questo piano fu discusso a Fez nel novembre 1981 ma non furono prese decisioni definitive. Nel giugno 1982 re Khaled morì e Fahd arrivò al trono e con lui fu adottato il piano nel settembre 1982, mentre gli israeliani assediavano Beirut.
Poi sostenne l’Iraq contro l’Iran; firmò un contratto con gli Stati Uniti per l’approvvigionamento di aerei radar ultramoderni del tipo AWACS e promosse varie iniziative diplomatiche verso l’Unione Sovietica anche senza condividere il suo comportamento nell’Afghanistan.
Nel piano della politica economica entrarono vari avvicendamenti ai dicasteri dell’Industria e della Sanità ed il 29 ottobre 1986 si sostituì lo sceicco Z-al-Yamani, ministro del petrolio, con I. al-Nasir.
Il quarto piano quinquennale 1985/90, portò in carico anche il rafforzamento degli armamenti, visti i progressi di Israele e dato il perdurare delle ostilità Iraq-Iran.
Furono comperati anche 25 miliardi di dollari di missili balistici dalla Cina. Tutto ciò anche per fronteggiare nel 1987 rinnovati movimenti di destabilizzazione operati da alcuni pellegrini iraniani a la Mecca.
Nel luglio 1987 l’Arabia Saudita fu lieta di poter mediare la soluzione
di quel conflitto dopo le risoluzioni delle Nazioni Unite.
Nell’agosto 1988 l’Arabia Saudita riprese la questione palestinese
cercando di accelerare la nomina dello Stato. Poi nell’agosto del 1990,
l’Iraq mise in atto l’occupazione del Kuwait. Allora l’Arabia Saudita,
temendo per una intesa ai suoi danni fra Iraq, Yemen e Giordania, rafforzò
l’intesa con gli Stati Uniti e nel 1991 prese parte attiva alla Guerra
del Golfo.
Da questa guerra l’Arabia Saudita uscì impoverita economicamente,
indebolita politicamente per l’incapacità manifesta dei capi e socialmente
depressa poiché fu evidente che l’arabismo moderato tradizionale
non poteva esplicare il ruolo guida nel paese.
Comunque, alla fine della guerra, su proposta degli Stati Uniti, nel
Golfo rimase in permanenza una presenza militare occidentale.
Il governo saudita si rivelò totalmente inadeguato in campo militare ma fu contestato soprattutto per la presenza sul territorio di eserciti stranieri.
Tra il 1991 ed il 1992 si ebbero due petizioni: una ad opera di uomini d’affari, scrittori e giornalisti che chiedevano la creazione di un Consiglio Consultivo, l’uguaglianza di tutti gli uomini dinanzi alla legge, un netto miglioramento delle condizioni delle donne e totale libertà di espressione. L’altra, invece, chiedeva il totale cambiamento del regime.
Re Fahd concesse il Consiglio Consultivo, nel dicembre 1993, composto inizialmente da 60 membri (nel 1997 aumentarono a 90); riordinò le amministrazioni provinciali; ripristinò una rigida censura; bloccò i primi tentativi di emancipazione femminile.
Nell’ottobre 1994 approvò la creazione di un Ministero per gli Affari Islamici. Nello stesso tempo applicò misure fortemente repressive, con aumento di esecuzioni capitali, specialmente per gli stranieri trafficanti di droga. Per questo, molte organizzazioni internazionali levarono la voce di protesta ma il risultato fu che l’opposizione islamica, anziché ridursi, si rafforzò e talvolta sfociò in azioni terroristiche. E proprio per queste nel 1995 morirono sette civili, di cui 5 americani, e nel 1996 le vittime furono 19 soldati americani.
Dopo la Guerra del Golfo, dopo 50 anni di interruzione, furono ripristinati i rapporti diplomatici con l’Unione Sovietica e poi quelli con l’Iran.
Re Fahd, inoltre, propiziò la distensione tra Israele e l’OLP (Organizzazione di Liberazione della Palestina) e a tale scopo nel gennaio 1994 si incontrò con Arafat a Riyad. Un altro incontro si ebbe poi a la Mecca nel gennaio 1995 e poi ancora, nell’aprile dello stesso anno, lo stato saudita fu il primo a riconoscere la validità dei passaporti emessi dalle autorità palestinesi nei territori occupati.
Con lo Yemen continuarono le dispute per i confini, che qualche volta provocarono scontri armati alla frontiera. Nel 1996 furono finalmente stabiliti i limiti di confine sia terrestri che marittimi, ma l’Arabia Saudita continuò a bloccare l’immigrazione per i lavoratori yemeniti.
Un riavvicinamento all’Iraq, e ad altri paesi arabi con i quali non
era in troppo buoni rapporti, avvenne nel 1998 quando le Nazioni Unite
decretarono un controllo sul disarmo iracheno e l’Arabia Saudita negò
l’installazione di basi dalle quali potessero partire attacchi militari
contro Baghdad.