ARMENIA

Storia

Col nome di Armenia fu indicata nel passato, ma lo è tuttora, la zona montuosa di origine vulcanica tra l’Egeo e l’Asia centrale.

Ai tempi dei Romani si chiamò così solo una parte dell’Asia Minore Occidentale. Per differenziare queste due regioni, la prima fu chiamata Armenia Maggiore e l’altra Piccola Armenia. Però, prima ancora, con gli Assiri ed i Babilonesi, il paese ebbe il nome di Urartu da cui, per assonanza, si arrivò ad Ararat. I Greci, attraverso le opere di Erodoto, ci dissero che gli abitanti furono gli Alarodi.

Tutte queste denominazioni, però, sono posteriori al 1500 avanti Cristo perché prima la regione, chiamata Subartu, fu una delle quattro al mondo conosciute dai Sumeri-Accadiani. Era divisa in tanti distretti i cui nomi non sono pervenuti fino a noi.
L’Armenia entrò nell’orbita romana nel 66 avanti Cristo.

Nel II secolo il Cristianesimo entrò in Armenia e vi fiorì rigogliosamente; i cristiani armeni sopportarono dai turchi innumerevoli persecuzioni religiose.

Nel V secolo l’Armenia passò nelle mani dei Persiani e nel VII secolo in quelle degli Arabi. Il paese fu amministrato da un governatore musulmano ma nel 744 il califfo Marwan affidò la carica ad un armeno di nome Asot, della famiglia dei Bagratidi.

Aggravati da imposte troppo alte gli armeni, anziché rimanere uniti e solidali fra loro per rendersi più forti, incolparono Asot della loro situazione; lo contestarono e si ribellarono. Marwan fu costretto a ripristinare un governatore musulmano.

Un altro armeno nel 780 innescò una rivolta popolare; egli fu il Bagratida Muset Mamikonian; insieme a suo figlio,anche questo di nome Asot, fece costruire grandi fortificazioni intorno alla città di Ani, rendendola quasi inespugnabile ed entro questa fortezza gli armeni mantennero una loro indipendenza.

Questo avvenimento aprì gli occhi al califfo Mutawakkil che nell’859, valutati meglio gli armeni, nominò governatore generale  proprio Asot col titolo di “principe dei principi”.

Fu in questo periodo che i signorotti armeni cominciarono a costruirsi solidi castelli ove rimanere al sicuro, con le loro genti, in caso di incursioni nemiche. Così nacque la feudalità armena prima ancora di quella delle Crociate.

Nell’885 vescovi e principi armeni chiesero a Bisanzio ed a Baghdad la Corona reale per Asot, ed ecco sorgere la dinastia dei Bagratidi.

Asot I e quattro successivi sovrani dovettero sostenere delle lotte non solo con i governatori musulmani limitrofi, troppo ambiziosi ed intraprendenti, ma anche con gli stessi signori armeni.

L’Armenia si divise ben presto in sette reami, più i possedimenti dei signorotti minori. Si indebolì e ciò suggerì ai turchi l’invasione. Il 1079 fu l’anno che decretò la fine della dinastia dei Bagratidi. La bella città di Ani, tartassata da lunghissime guerre  ed incursioni dei Curdi, Georgiani, Tartari e Persiani, fu grandemente danneggiata e nel 1230 fu completamente distrutta da un terremoto. Gli abitanti si dispersero nel Caucaso, in Crimea, in Moldavia e giunsero persino in Polonia.

La Grande Armenia, paese montagnoso, diviso da tante discordie interne e sottoposta a continue incursioni musulmane, andò in rovina. Al momento dell’invasione turca, l’ultimo re armeno Cagik II abbandonò il paese con alcuni seguaci e relative famiglie, diretto nella regione della Cilicia, con la speranza di ricostruirsi lì un regno.

Ma anche qui lotte su lotte ne impedirono la realizzazione.  Il paese fu frequentato persino dai Cavalieri delle Crociate. Vi  passò pure Goffredo di Buglione nonché, nel 1187, Federico Barbarossa dopo che Saladino, sultano d’Egitto, ebbe conquistato Gerusalemme.

Nel 1199 ebbe inizio il regno della Nuova Armenia, o di Cilicia. Leone II fu il primo sovrano di questo nuovo stato: egli si prodigò molto per portarlo ad un buon livello economico, perciò favorì il commercio, del che approfittarono subito Genovesi e Veneziani.

Negli anni 1307/1308 si celebrò l’unione della Chiesa armena con quella romana. Ciò provocò le guerre religiose e queste, in massima parte, furono la causa della rovina del regno di Cilicia. L’Armenia perse la sua indipendenza. Il popolo armeno non ebbe più una esistenza politica se non attraverso la sua Chiesa. E quindi la sua storia civile potè identificarsi solo con quella religiosa.

In questa terra vennero a conflitto Gengis Khan, Tamerlano e Maometto II. Durante tutto il XVII secolo il paese fu disputato fra turchi e persiani. Nel 1605 Shah-Abbas di Persia fondò, vicino a Ispahan, un sobborgo abitato esclusivamente da armeni, che erano stati portati lì con la forza. Il sobborgo si chiamava “Nuova Giulfa”. Ma i successori di Shah-Abbas non furono tanto magnanimi con gli armeni fra i quali, intanto, cominciò a serpeggiare il desiderio di libertà, di indipendenza. Questo, attraverso numerose vicissitudini negative, andò man mano ingigantendo; negli anni 1887/1890 si cominciarono a fondare i primi comitati rivoluzionari modellati su comitati Nihilisti russi. Iniziarono le prime violenze alle quali il sultano Abd-ul Hamid rispose facendo operare un massacro degli armeni per mano dei curdi. Intervennero Francia, Inghilterra e Russia per chiedere riforme e miglioramenti per il popolo armeno. Il sultano non aderì a queste richieste. Il suo diniego procurò una rivolta ed ancora un massacro e per due anni (1895/96) si ebbero continue stragi.

Durante le guerre balcaniche gli armeni rimasero tranquilli. Allo scoppio della prima guerra mondiale l’Armenia, sobillata da alcune grandi  potenze europee, cominciò a lottare per l’indipendenza. Chiese uno sbocco sul  Mediterraneo, oltre quelli sul Mar Nero e sul Mar Caspio.

Il Trattato di Sevres, mai applicato, creò libera una Armenia assai ridotta che fu mutilata ed addirittura soppressa nelle convenzioni fra Turchia ed Unione Sovietica.

Alla prima dichiarazione di indipendenza del 22 aprile 1918, seguì l’unione provvisoria con la Georgia e l’Azerbaigian.
Nel 1922  entrò afar parte della  grande Federazione Sovietica della Russia Interna.

Fino al 1936, in unione con la Georgia e l’Azerbaigian, l’Armenia formò una Repubblica Federativa; dopo fu Repubblica Socialista Sovietica dell’Armenia, alle dirette dipendenze di Mosca.

Sotto la tutela della Russia l’Armenia conobbe un grande progresso in tutti i settori, sia agricolo che industriale. Grandiose opere pubbliche facilitarono molto l’esistenza della popolazione che potè godere anche di un buon sistema sanitario e culturale. La capitale Erivan fu abbellita da grandi costruzioni monumentali. Grande sviluppo e progresso ci fu nelle arti figurative, musicali, teatrali e librarie. Ed anche l’attività politica, sebbene influenzata da quella sovietica, potè esporre opinioni di forte carattere nazionalistico.

Durante la seconda guerra mondiale l’Armenia fornì un valido aiuto per lo sforzo bellico compiuto dalla Russia. Le autorità sovietiche a loro volta trattarono con particolare riguardo la Chiesa ortodossa armena allorchè nel 1946 si rese necessaria l’elezione del nuovo Patriarca, che fu l’arcivescovo Cheorekgian, cioè Giorgio VI. Infatti, consentirono che tutti i delegati armeni arrivassero ad Erivan da tutti i continenti viaggiando a spese dell’Unione Sovietica. Tutto ciò fu molto apprezzato dalle migliaia di cittadini armeni rifugiatisi all’estero per incompatibilità con il comunismo sovietico. E nel 1947 si verificò un grande rientro in patria di moltissimi cittadini armeni, specialmente delle classi meno elevate.

In politica estera l’Armenia fu protetta dalla tutela russa in particolar modo nelle rivendicazioni di alcuni territori di confine, come le provincie anatoliche di Trebisonda, Van ed Erzerum, detenute dai turchi.

Intanto la situazione economica continuò a progredire principalmente con le industrie dell’alluminio e del caucciù sintetico e per effetto delle otto centrali idroelettriche impiantate dopo il prosciugamento di buona parte degli acquitrini del lago Savan. Grande incremento si registrò anche nel settore delle industrie tessili e conserviere.

Pur continuando ad affluire in patria in numero considerevole fino al 1948, i  profughi armeni rimasero in buona quantità anche nella Georgia, nell’Azerbaigian ed in alcune provincie russe.

Dopo anni di stabilità politica insieme alle altre repubbliche dell’Unione Sovietica, l’Armenia si proclamò semplicemente Repubblica di Armenia il 23 settembre 1991. Dopo alcuni contrasti interni fu redatta la Costituzione e fu nominato capo dello stato L. Ter-Petrossian, leader del Movimento Nazionale Armeno.

Subito fu posta sul tappeto la questione del Nagorno-Karabah, territorio armeno in suolo azero (di Azerbaigian). Ne nacque un breve conflitto nel 1994. Nel corso del 1995 ci fu lo scambio dei prigionieri e l’anno successivo si firmò un preliminare accordo di pace, per cui la regione, pur non essendo riconosciuta ufficialmente dal governo di Erivan, ottenne la piena autonomia amministrativa.

Ma il conflitto, seppur breve, aveva richiesto uno sforzo finanziario enorme; inoltre molti immigrati armeni erano rientrati dall’Azerbaigian, aggravando la già precaria situazione economica. Nacquero quindi delle dimostrazioni di malcontento anche perché le forze di opposizione non si trovarono d’accordo con Ter-Petrossian riguardo alla privatizzazione delle aziende ed alla liberalizzazione dei commerci.

Col crescere delle opposizioni Ter-Petrossian ritenne opportuno applicare delle misure restrittive ed infatti abolì nove partiti, fra cui la Federazione Rivoluzionaria Armena, principale oppositore, accusata anche di fomentare il terrorismo.

Le prime elezioni postsovietiche si ebbero nel 1995 e fecero registrare la vittoria del Blocco Repubblicano. Fu promulgata una nuova Costituzione che assegnò maggiori poteri al presidente. Nel 1996 le elezioni presidenziali riconfermarono Ter-Petrossian e nel marzo del 1997 fu nominato capo del governo R. Kocharian, già presidente della autoproclamatasi Repubblica del Nagorno-Karabah. Il governo azero protestò ed interruppe i negoziati di pace che Ter-Petrossian stava portanto avanti sulla base di un accordo di compromesso.

Ciò provocò una forte opposizione dei nazionalisti armeni che costrinsero Ter-Petrossian a dimettersi nel febbraio 1998 dalla carica di presidente. E nel marzo del 1998 le nuove elezioni presidenziali assegnarono la vittoria a Kocharian, che sviluppò la sua politica sulla base di una rinnovata e rafforzata spinta nazionalistica.