MYANMAR  (ex BIRMANIA)

Storia

La scoperta della Birmania si fa risalire a Marco Polo che, anche se non arrivò fino a Pagan, a quell’epoca capitale, aveva soggiornato alla corte mongola nel 1275. Polo rivelò all’Europa non solo l’esistenza della regione ma anche i suoi magnifici monumenti.

Un secolo e mezzo dopo un altro italiano, Nicolo’ de’ Conti, giunse nel territorio mentre seguiva altre imprese esplorative, e ci descrisse i tatuaggi dei birmani ed il famoso elefante bianco.

Fra il 1496 ed il 1499 altri due italiani approdarono in Birmania. Essi furono Girolamo di Santo Stefano e Girolamo Adorno, genovesi. Arrivarono per mare in Birmania, raggiunsero Pegu e, siccome qui Adorno morì, l’altro proseguì il suo viaggio verso Sumatra. Nel 1502/1508 ancora un italiano, un bolognese, Ludovico di Varthema, fu ospitato alla corte birmana mentre si recava dall’India verso Malacca e Sumatra.

Nel 1567 Cesare Federici, proveniente da Malacca, giunse a Martaban, alle foci del fiume Salun, dove rimase per quasi due anni. E poi durante un’altra sua lunga permanenza a Pegu, ci descrisse la magnificenza di tutto ciò che vide: la corte, i palazzi, le pagode e la cattura degli elefanti selvatici. Ed infine un altro veneziano, Gasparo Balbi, completò, con dovizia di particolari, una relazione sulla Birmania, ricalcando le orme delle descrizioni del Federici.

Altri particolari ci giunsero dall’inglese R. Ficht e poi nel secolo XVII ci giunse la descrizione della traversata dell’Arakan Yoma, dovuta a Sebastian Manrique, sul posto nel 1612 insieme ad altri tre missionari agostiniani.

Molti altri reperti birmani furono importanti perché ampliarono gli orizzonti della cultura europea in relazione alla storia di questa antica terra.

In effetti nell’antichità non si seppe gran che della Birmania, anzi fu spesso confusa con l’India. All’incirca verso il 1750 un contadino birmano diede il via ad una rivoluzione, il cui risultato fu che dal 1762 al 1771 una unica monarchia regnò nel Pegu, sulla Birmania ed altre terre limitrofe, compreso il Siam.

Questo monarca, della dinastia degli Alompra, risiedette a Rangoon, dopo aver accantonato la capitale antica di Ava.
Ben presto egli si trovò in conflitto con la inglese Compagnia delle Indie Orientali, poiché molti profughi delle provincie sottomesse facevano spesso incursioni e scorrerie nel nuovo stato.

Nel 1818 i birmani, approfittando del fatto che la Compagnia era impegnata a domare insurrezioni di altri popoli, vollero avanzare verso Assam e minacciarono la zona di Chittanong, ceduta alla Compagnia dal Nababbo del Bengala. Ma furono battuti dai siamesi e dovettero ritirarsi dall’impresa. Nel 1822 i birmani ripresero le ostilità contro gli inglesi; due anni dopo il generale Campbell conquistò Rangoon, e con alterne vicende, condusse una guerra, alla fine vittoriosa, e nel 1826 costrinse il re birmano alla pace.

Non solo, dovette pure cedere agli inglesi due provincie, quella di Tenasserim e quella dell’Arakan e dovette anche accettare ad Ava un residente della Compagnia delle Indie Orientali.

Il possesso di Tenasserim fu molto importante per gli inglesi poiché, sviluppata su tutta la costa occidentale della lunga penisola, consentiva agli inglesi di svolgere un attivo e fiorente commercio.

Ciò non soddisfece per niente i birmani che, invece, organizzarono una insurrezione. E quando nel 1851 il generale Dalhouse inviò una nave da guerra a Rangoon, per proteggere i suoi connazionali, fu accolto a cannonate. La Compagnia intraprese immediatamente un conflitto alla fine del quale grandissima parte del territorio birmano si trovò in possesso degli inglesi, compresi tutti i porti. E gli inglesi, nel 1852, proclamarono l’annessione della Bassa Birmania, o Pegu, ed il sultano sconfitto dovette rassegnarsi a non avere più sbocchi sul mare; ma non tralasciò mai di procurare guai ai vincitori.

Quando la Compagnia delle Indie Orientali fu soppressa, la Bassa Birmania divenne una provincia dell’Impero anglo-indiano.
Il re di Birmania, visto che la Francia nel frattempo aveva conquistato una parte dell’Indocina, nel 1884 aprì il suo paese ai commerci francesi.

A questo punto Lord Dufferin, rappresentante di Sua Maestà Britannica, ingiunse al re di sopprimere tutti i rapporti stipulati con altre potenze poiché ciò, non essendo stato autorizzato dalla Corona, era da considerarsi arbitrario. Il re di Birmania non ubbidì e quindi scoppiò un’altra sanguinosa guerra in cui le perdite umane inglesi furono rilevanti. Ma i birmani dovettero arrendersi e nel 1919, per effetto dell’India Act, e di una successiva delibera del 1924, la Birmania fu dichiarata provincia dell’Impero. Fu sottoposta ad un governatore, assistito da due Consigli, uno esecutivo ed uno legislativo. Quest’ultimo composto da 103 membri, dei quali solo 24 nominati d’ufficio dal governo e gli altri elettivi.

Il primo aprile 1937 entrò in vigore la nuova Costituzione che dichiarava la Birmania Colonia della Corona.

Nel 1939 iniziarono scioperi e manifestazioni di malcontento contro il governo di U. Pu, che molto lentamente procedeva nelle riforme e nell’applicazione dell’autogoverno previsto dalla Costituzione.

Nello stesso anno cominciarono a deteriorarsi i rapporti internazionali, specialmente quelli col Giappone, anche in conseguenza della crescente tensione tra quest’ultimo stato e la Gran Bretagna. Ed in previsione che la Birmania sarebbe stata teatro di guerra, si pensò a rafforzare la difesa territoriale creando subito una marina militare ed un corpo di aviazione.

Ma le difese birmane nulla poterono contro le preponderanti forze giapponesi che nel maggio 1942 avevano occupato tutto il paese.

Gran parte della popolazione accolse bene i giapponesi e questi promossero nel paese l’insegnamento della loro lingua, allo scopo di inviare i giovani a studiare nelle università del Giappone. Poi dichiararono apertamente di voler fare della Birmania uno stato indipendente e quindi tolsero il governo d’occupazione militare ed accreditarono in Giappone persino dei rappresentanti diplomatici birmani.

Questa tattica conquistò la Birmania a tal punto che finì col firmare un trattato di alleanza col Giappone e di conseguenza dichiarò guerra alla Gran Bretagna ed agli Stati Uniti.

Ma l’occupazione giapponese c’era ed in alcuni settori si dimostrò pure abbastanza opprimente, tanto che la popolazione birmana, all’inizio favorevole all’alleanza, si limitò a subire passivamente le “reprimenda” nipponiche ed infine, verso il 1945, avvicinandosi la conclusione della guerra, a ribellarsi e ad opporre una tenace resistenza fino alla liberazione, al comando del generale U. Aung San, già ministro della guerra.

Nel 1946 Aung San divenne Consigliere per la difesa e gli affari esteri e nel 1947 una delegazione birmana si recò a Londra per discutere i punti essenziali della formazione dello stato costituzionale.

E con la Gran Bretagna  si arrivò ad un accordo: il futuro del paese sarebbe stato stabilito dalle elezioni di prossima applicazione. Queste si ebbero il 9 aprile 1947 ed assegnarono la vittoria alla “Lega Popolare Antifascista per la Libertà” (AFPFL).

Il 19 luglio 1947 U. Aung San fu assassinato a Rangoon; la sua opera fu continuata ed infatti il 24 settembre 1947 fu  promulgata la nuova Costituzione.

Il 17 ottobre 1947 Takin Nu, successore di U. Aung San, continuò il dialogo con la Gran Bretagna; scelse di rimanere nel Commonwealth.

Gruppi di estremisti di destra e di sinistra crearono continue crisi nell’economia e nelle riforme sociali: fu chiesta l’abolizione della proprietà terriera, la nazionalizzazione delle industrie e si optò per la ripresa dei rapporti economici e sociali con l’Unione Sovietica.

Il 4 gennaio 1948 fu proclamata l’indipendenza: i poteri di governo passarono dal rappresentante britannico al Presidente dell’Unione Birmana.

La nuova repubblica si trovò subito a dover fronteggiare difficoltà gravi ed urgenti. Nell’agosto 1948 due battaglioni del primo Reggimento Burma Rifles si ammutinarono iniziando una insurrezione predisposta dai comunisti, ai quali si unirono anche le etnìe dei Karen, anche se anticomunisti dichiarati. Così uniti combatterono contro le truppe governative.  La guerra civile portò la Birmania nel caos, in mezzo al quale trovarono posto anche formazioni di briganti che taglieggiarono le popolazioni e saccheggiarono interi villaggi.

Nel 1950 truppe nazionaliste cinesi entrarono in Birmania per aiutare i ribelli, ma, nonostante il loro preponderante numero, Takin Nu riportò diversi successi e nel 1951 poté tranquillizzare l’India sull’ormai conclusa rivolta.

Nel mese di ottobre, in accoglimento delle richieste dei Karen, la Costituzione fu emendata, ed essi ebbero il loro stato autonomo, sempre però nell’ambito dell’Unione Birmana.

Nel settembre del 1958 il Primo Ministro si dimise ed il suo successore, il generale Ne Win, contrario a qualsiasi forma di amnistia, continuò la lotta contro alcuni gruppi di ribelli che non intendevano ancora chiudere definitivamente la lotta.

La conseguenza di tutto ciò fu una profonda crisi economica che poté avere una discreta soluzione quando si costituì il Piano Colombo, per lo sviluppo economico dell’Asia meridionale e sud-orientale, organizzato tra i paesi del Commonwealth.

Nel gennaio 1960 furono indette nuove elezioni. L’AFPFL vinse di nuovo. Il Partito Comunista uscì dalla scena politica. La situazione economica interna, pur con il ripristino di un governo democratico, non migliorò gran che. La Birmania rimaneva uno dei paesi più arretrati. Il 2 marzo 1962 i militari ripresero il governo, arrestarono il Primo Ministro, sciolsero il Parlamento e le Assemblee elettive.

Fu istituito un Consiglio Rivoluzionario che decretò l’uscita del paese dal sistema valutario britannico, portando così una leggera ripresa.

Nel 1967 ci furono a Rangoon dimostrazioni anticinesi. Pechino passò ad appoggiare apertamente i guerriglieri comunisti. I rapporti si deteriorano ed ai confini fra i due paesi si verificarono diversi scontri armati.

L’ex primo ministro U Nu rientrò in Birmania dall’esilio thailandese e riprese le redini del governo. Con opportune nazionalizzazioni e piani quadriennali si migliorò notevolmente la situazione economica, specialmente nell’agricoltura. La tensione con la Cina poi scomparve quando Ne Win si incontrò nel 1971 con Mao Tse Tung.

Il 4 gennaio 1974 entrava in vigore una nuova Costituzione che definiva la Birmania una Repubblica Socialista, con Parlamento unicamerale operante con liste di Partito Unico. Ed in occasione del dodicesimo anniversario del colpo di stato il generale Ne Win fu eletto Presidente della Repubblica.

Nel 1975 sorsero due gruppi di opposizione: il Partito Comunista Birmano, filocinese, ed il Partito Popolare Progressista, ideologicamente alla destra del regime.

Nel maggio 1976, perdurando le difficoltà economiche, la Birmania aprì ai mercati internazionali e chiese aiuti finanziari alla Banca Mondiale.

Fra la fine degli anni settanta e l’inizio degli ottanta fu attuata quella che si chiamò la “rivoluzione verde” per il miglioramento soprattutto dell’agricoltura. Questa però non portò un esito favorevole tanto è vero che, nel 1983,  l’enorme scarsità di riso, alimento basilare, fece diminuire drasticamente anche le importazioni e molti piani di sviluppo fallirono. E la situazione non migliorò neppure nel 1986 quando si fecero accordi commerciali particolari e privilegiati con la Cina.

In politica estera la Birmania, pur adottando il “non-allineamento”, non volle rischiare l’isolazionismo. Così Ne Win, presidente del partito unico, nel 1987  si recò in visita negli Stati Uniti e nella Germania Federale e San Yu, capo dello stato, visitò la Romania e la Yugoslavia.

Nel 1988 varie proteste di popolo ed anche da parte di monaci buddisti, che volevano un governo più democratico, obbligarono Ne Win a dimettersi e la sua carica passò a Sein Lwin, ex capo della polizia segreta. Perdurando le manifestazioni, furono messe in atto repressioni talmente dure da provocare veri e propri bagni di sangue.

Il 18 settembre 1988 i militari tornarono ad impadronirsi del governo ed il potere passò nelle mani del generale Saw Maung.
Nacquero dei partiti di opposizione, ma ebbero vita dura. L’unico che registrò qualche possibilità di sopravvivenza fu la Lega Nazionale della Democrazia che, invece, ebbe successo nelle elezioni del maggio 1990. I militari, allora, non permisero la convocazione dell’Assemblea del Popolo per l’istituzione di un governo civile, ma promisero l’elaborazione di una nuova Costituzione, più democratica, la cui approvazione sarebbe stata sottoposta al popolo mediante referendum.

Invece nei mesi successivi il governo continuò con le sue repressioni e per prima cosa furono arrestati i capi delle opposizioni, poi furono chiuse le università e fu istituito il coprifuoco.

Nell’ottobre del 1991 il Premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi, mobilitò l’opinione pubblica internazionale; ciò fece accrescere l’isolamento della Birmania che, per contro, intensificò i suoi rapporti con la Repubblica Popolare Cinese.

Poi si giunse ad una apertura verso le opposizioni quando,  nell’aprile 1992 Saw Haung si dimise ed al suo posto arrivò il generale Than Shwe. Egli convocò subito una Convenzione Nazionale che ebbe il compito di redigere la nuova Costituzione; poi concesse l’amnistia a più di 500 prigionieri politici. La Convenzione iniziò i lavori nel gennaio 1993. Molte furono le interruzioni perché le opposizioni contestavano soprattutto il ruolo guida del governo affidato ai militari.

Nel novembre 1995 la Lega si ritirò dai lavori ed intanto,  con la ripresa degli scontri armati fra l’esercito regolare ed i ribelli,fra il 1996 ed il 1997 si contarono centinaia di migliaia  di profughi verso la Thailandia.

Nel 1997 la Birmania intensificò i rapporti con i paesi del sud-est asiatico, con i quali si integrò perfettamente in campo economico, mentre diminuirono notevolmente i legami con l’occidente.

Nello stesso anno fu sciolta la giunta militare  ma non avvennero grandi modifiche nella conduzione governativa, espletata dal nascente Consiglio di Stato per la Pace e lo Sviluppo (State Peace and Development Council, SPDC). Infatti non fu revocata la legge marziale e non furono ripristinate le istituzioni democratiche previste dalla Costituzione, vigente sin dal 1974. Ed anche verso le opposizioni si mantennero le repressioni che portarono a continui arresti e che, in particolare, colpirono, durante tutto l’arco del 1998, i membri del Movimento Studentesco.