BOLIVIA

Storia
 

Fino ad un secolo e mezzo fa la Bolivia apparteneva alla Spagna col nome di Alto Perù.

Nel 1535 l'avventuriero spagnolo Diego de Almagro fu il primo europeo che mise piede sul territorio attualmente chiamato Bolivia. Lo trovò già abitato da tribù Indios tra le quali quelle più progredite dei Qhueciua erano nella parte nord-occidentale del paese e gli Aymarà si erano stabiliti intorno al Lago Titicaca. A sud di questo lago si trovavano gli Uru, giunti nel paese in epoche antichissime. Nella parte nord-orientale del territorio si trovava invece la tribù dei Guarayu. Altre tribù antichissime, quelle dei Tapiete, dei Mataco, dei Choroti, occupavano il bassopiano del Chaco. Ancora oggi si trovano discendenti di queste tribù.

Nel 1530 l'imperatore di Spagna Carlo V aveva dato incarico a tre fratelli, i Pizarro, di occupare per suo conto dei territori dell'America del Sud.

Essi decisero di iniziare la conquista del Perù che allora comprendeva anche le province settentrionali del Cile e dell'Argentina, tutta l'attuale Bolivia e l'Ecuador. L'impresa risultò ben presto irta di difficoltà perché gli Indios sin dall'inizio opposero una strenua resistenza.

Due dei fratelli Pizarro, Francesco e Fernando, furono impegnati per lungo tempo nel Basso Perù a fronteggiare una ribellione di indigeni. Gonzalo, il terzo, nel frattempo raggiunse la vallata del Cochabamba al centro del territorio.

Fernando Pizarro, partendo dal Basso Perù, nel 1538 occupò la terra su cui era approdato Diego de Almagro; lo fece decapitare, sterminò gli Incas, antichi re peruviani, e fondò la città di Lima. (A sua volta Fernando Pizarro fu poi ucciso dal figlio di Diego de Almagro, che volle così vendicare suo padre).

Egli si rese conto delle enormi ricchezze di quella terra e nella sua iniziativa di conquista fu aiutato dal fratello Gonzalo che dovette sostenere aspre battaglie prima di riuscire a fissare il suo centro in Charcas. Ivi ricostruì la città indigena di Chuquisaca che poi assunse il nome di La Plata (oggi Sucre). Tutta la zona rimase unita al Vicereame del Perù fino al 1776.

Nel 1563 era stata creata la Real Audiencia de Charcas, con capitale Chuquisaca, che estendeva i suoi poteri giurisdizionali fino al Tucuman, sul Paraguay, e su Pugno, provincia peruviana.

Per molto tempo la Spagna sfruttò le ricchissime miniere di argento di Oruro e Potosì, pretendendo un quinto della produzione, e quelle di mercurio di Huancavelica, talmente estese da occupare cinquantamila operai.

Sebbene le guerre di conquista fossero portatrici di orrori e di morte, diedero poi anche il via ad una umana colonizzazione degli indigeni con la costituzione di enti umanitari quali la Obra Pia di Paria. Dal 1571 al 1825 questa istituzione protesse ed istruì le popolazioni e, sotto il Vicerè Don Francisco de Toledo, soprannominato il "Solone Peruviano" (1569-1582), si ebbe la completa ripopolazione della zona di Cuzco che, a causa del movimento migratorio verso le miniere, era rimasta vuota, una città fantasma. Si riunirono gli Aymarà, che da ribelli indiani peruviani divennero i più leali collaboratori di quegli spagnoli che in precedenza li avevano sottratti alla tirannia degli Incas. In questo periodo cominciarono a sorgere le prime città fra cui Potosì (1545), La Paz (1548), Cochabamba (1570), Tarija (1574) ed infine Oruro (1604).

E mentre gli indigeni si proponevano in maniera pacifica a sfruttare le ricchezze dei possedimenti, gli spagnoli erano invece continuamente a condurre lotte anche in virtù delle rivalità sorte fra Pizarro e Diego de Almagro e queste guerre si susseguirono per un secolo e mezzo, interrotte solo dal decennio 1626/1636, seguito poi dalla sollevazione dei "Cholos" di La Paz del 1661, che degenerò in brigantaggio.

Eppure, nonostante questi sanguinosi avvenimenti il Paese aveva raggiunto una certa positiva sistemazione. Dal lato religioso erano stati istituiti importanti Vescovati come a La Plata (1535), Santa Cruz de la Sierra (1605) e La Paz (1609) che dipendevano tutti dall'Arcivescovato di Charcas, elevato a tale titolo da papa Paolo V, ma sottomesso ai dettami del Santo Uffizio dell'Inquisizione, che si poteva considerare un ente più politico che religioso.
 
 Dal lato economico furono fatti grandi progressi che portarono nel 1572 alla costruzione della "Casa della moneta", sotto il governo del Viceré Francisco de Toledo; nel 1627 a Lima si istituirono il "Consolato dei Mercanti" e la "Universidad de la Caridad", con compiti amministrativi e giurisdizionali.

Nel 1621 era stata già fondata L'Università letteraria e scientifica di San Francesco Saverio di Chuquisaca, sullo stesso modello statuario della già famosa Università di Salamanca.

Parallelamente al fiorire della ricchezza del territorio, proliferavano però varie fonti di miseria e di morte sotto forma di pesti, allagamenti e terremoti; ma le desolazioni più devastanti erano sempre le conseguenze delle lotte intestine ricorrenti.

Nel 1730, quando il Viceré Marchese di Castelfuerte ordinò una revisione dei tributi, i meticci di La Paz fecero una nuova sollevazione, che andò a buon fine perché essi ottennero che gli indigeni occupassero gli uffici pubblici con l'estromissione totale degli spagnoli.

Nel 1776 fu creato il Vicereame del Rio de la Plata i cui territori furono divisi in "Corregimientos". Sempre in quell'anno si sollevarono gli indiani di Cochabamba e Charcas al comando dei fratelli Tommaso, Damaso e Nicola Catari (del "Corregimientos di Potosì), seguiti dai meticci di Oruro, che saccheggiarono tutto il territorio e decapitarono intere popolazioni di Bianchi.

Tutto ciò mise in grave pericolo la sopravvivenza dell'intera città di Chuquisaca; intanto a Cuzco, Tupac Amaru, un discendente degli Incas, approfittando del tragico momento, tentava di restaurare il dominio già dei suoi avi peruviani. Cosicché si ebbero guerre di razze in tutto il territorio, talmente feroci che nei tre anni di durata si ebbero centomila morti nelle due fazioni. Tupac Amaru fu giustiziato. Ma questo avvenimento servì a dimostrare che il ricordo dell'Impero Incas era tutt'altro che morto. Era, comunque, iniziato il periodo delle ribellioni in tutta l'America Latina.

Nel 1808, dopo che Carlo IV, re di Spagna, aveva abdicato in favore del figlio Ferdinando VII. costretto poi da Napoleone I ad abbandonare il trono nello stesso anno, si ebbero le prime avvisaglie del crollo dell'impero spagnolo. A Chuquisaca, però, nonostante che nella importante Università Carolina si ospitassero riunioni letterarie di gran pregio per discutere le idee liberiste di Montesquieu, la maggior parte dell'ambiente intellettuale era sicuramente conservatrice. Quindi non fu a Chuquisaca che ebbero origine le discordie politiche. Nel novembre del 1808 giunse all'Accademia di Charcas Don Josè Manuel Goyeneche, portando istruzioni impartite dalla Giunta di Siviglia. Tra l'altro, aveva il compito di far conoscere, e difendere, le pretese di proprietà sulle colonie spagnole da parte di Carlotta Gioacchina di Borbone, regina del Portogallo. Ciò suscitò dapprima una discordia tra il Governatore e l'Audencia, discordia che ben presto divenne pubblica. Gli studenti universitari, sotto l'apparente intenzione di difendere i diritti degli spagnoli, avevano invece radicate mire nazionalistiche e fondarono un partito detto "Partito Patriottico". Il Governatore, don Ramon Garcia Pizarro (discendente del conquistatore Francesco) tentò di sedare  i tumulti ma venne fatto prigioniero nella sua stessa casa.

Si dice che in questa circostanza pronunciò una frase poi passata alla storia, ossia: "Col primo Pizarro cominciò qui la dominazione spagnola e con l'ultimo finirà" . Era il 25 maggio 1809.

Un mese dopo si costituì la "Giunta Protettrice dei Diritti del Re e del Popolo" con l'intento di aderire alla monarchia; solo più tardi si sentì la necessità di liberarsi dal dominio spagnolo. Ebbero così inizio nell'Alto Perù le lotte per l'indipendenza che durarono quindici anni e che ebbero fasi alterne.

Animati da questo spirito di libertà tutti i cittadini insorsero, compresi gli Indiani, comandati da Pomakaua, che nel maggio del 1815 a Secuani sconfisse il colonnello Benavente e poi si unì all'esercito regolare. Ma gli spagnoli riuscirono a domare l'insurrezione e a riprendere il sopravvento.

Le popolazioni dell'Alto Perù non si persero d'animo; le rivolte si fecero sempre più frequenti e sanguinose. Fu in questo periodo che entrò in scena Simon Bolivar, un venezuelano che dopo essere stato educato in Spagna ed aver fatto un lungo viaggio attraverso l'Europa, arrivò a Roma. Qui, sui ruderi dell'Aventino, giurò di liberare la sua patria e le altre terre dell'America Meridionale dalla dominazione spagnola. Tornato in America, intraprese le guerre al Nord (infatti tutte le guerre ebbero come fulcro il Perù) e il 6 agosto del 1824 riportò subito una vittoria importante nella battaglia di Junin ed il suo luogotenente Sucre il 9 dicembre 1824 vinse sulle Ande, ad Ayacucho.

Bolivar, in quindici strepitose battaglie, riuscì a cacciare gli spagnoli dal Venezuela, dalla Colombia, dall'Ecuador e dalla regione che, in suo onore, fu chiamata Bolivia. Passando di vittoria in vittoria, entrò trionfalmente a La Paz il 9 marzo del 1825.

Questi avvenimenti posero fine alla dominazione spagnola poiché anche nelle province governate dalla "Audiencia de Charcas", inizialmente realiste, si erano sviluppate molte simpatie per la rivoluzione; la città di Cochabamba aveva dato origine alle ostilità. Gli spagnoli abbandonarono tutte le loro posizioni e si trasferirono al sud.

Il 10 luglio del 1825 a Chuquisaca, nell'antica sede della Audiencia de Charcas, fu inaugurata la "Assemblea Generale dell'Alto Perù Indipendente". Il 6 agosto del 1825 si proclamò anche l'indipendenza delle Repubbliche Argentina e Peruviana e il 13 dello stesso mese si stabilì che la forma di governo sarebbe stata una Repubblica Unitaria a sistema rappresentativo, con la separazione dei tre poteri: Legislativo, Esecutivo e Giudiziario. Si volle nominare presidente Simon Bolivar, ma egli rifiutò l'incarico e designò al suo posto il suo luogotenente Sucre, che era stato il suo più valente collaboratore nella guerra contro gli spagnoli.

Dalla prima Costituzione che si discusse nell'Assemblea nel 1826 si ebbe l'istituzione di tre Camere: la prima, quella dei Censori, che doveva nominare gli altri rappresentanti del governo, controllare l'amministrazione e garantire il rispetto della Costituzione e dei Trattati; la seconda, quella dei Senatori, che redigevano i codici e controllavano i tribunali; la terza, quella dei Tribuni, che emanavano leggi, gestivano le situazioni di pace e di guerra e controllavano il potere esecutivo.

Dal momento della proclamazione della Repubblica di Bolivia, fra i presidenti che si sono susseguiti molti sono stati dimessi a causa delle continue ribellioni e otto sono stati quelli assassinati.

Il primo presidente, Sucre, nominato in ancora troppo giovane età, come uomo politico si dimostrò piuttosto scarso. Non sopportando di non essere all'altezza di svolgere proficuamente il suo mandato si dimise e propose alla candidatura due generali; Andres Santa Cruz e Josè Miguel de Velazco.

Questa designazione rimase senza seguito perché nel frattempo Magarra, Presidente del Perù, invase col suo esercito la Bolivia, che dovette soccombere ed accettare, con il Trattato di Piquiza del 6 luglio del 1828, tra l'altro, anche l'imposizione del suo candidato alla Presidenza nella persona di Pedro Blanco. Dopo cinque giorni egli però fu deposto e messo in prigione dove morì il primo di gennaio del 1829.

Nell'intento di  porre fine alle ribellioni fu nominato presidente Andres Santa Cruz, il quale si affrettò a riformare la costituzione decretando la soppressione della Camera dei Tribuni e cambiando il nome alle altre due che furono dette dei "Deputati" e dei "Senatori" (1821). Santa Cruz si occupò anche di modificare codici e leggi, curò molto l'amministrazione, mise in ordine le finanze pubbliche, promosse le attività industriali e l'agricoltura, quest'ultima facendo notevoli concessioni agli immigranti e stipulò un Trattato commerciale con il Perù. Governò per un decennio (1829-1839) durante il quale la Bolivia raggiunse potenza, prestigio e prosperità.

Tutto ciò però accrebbe la sua ambizione di conquista del Perù; si mise alla testa di un poderoso esercito d'invasione; sconfisse i peruviani nel Cuzco (1835) e spodestò il presidente Magarra. Il suo scopo era quello di ricostruire l'antico Vicereame di Lima e con questa mira unificò le leggi principali dei due paesi, che però dovevano rispettare per ciascuno la propria amministrazione e autonomia della politica interna.

Creò, insomma, una Confederazione Peruviana-Boliviana che capeggiò col soprannome di "Protettore" (1836).

Tutto ciò provocò le sollevazioni sia di Magarra in Perù che di Velazco in Bolivia e quando il primo lo sconfisse a Jungay (1839) ritornò in Bolivia ma troppo tardi perché, nel frattempo, seppure in forma temporanea, Velazco lo aveva sostituito nella presidenza del paese.

Più tardi si ebbe presidente Josè Ballivian, detto "El Grande" che nel 1841 ad Ingavi aveva sconfitto Magarra, che aveva di nuovo invaso la provincia di La Paz.

Ballivian continuò la guerra contro il Perù e alla morte di Magarra, sconfitto a Viacha nel 1842, venne firmata la pace col ripristino dello stato anteguerra. Poi promulgò la Quarta Costituzione Repubblicana che si chiamò "Ordinanza Militare" (1843).

 Ballivian imperante, la Bolivia conobbe un altro periodo di prosperità: si iniziò lo sfruttamento del letto del fiume Pilcomayo, nel Chaco Boreal e si esplorarono gli affluenti del Rio delle Amazzoni al fine di poter stabilire una rete fluviale di comunicazioni.

Ma la pace non durò a lungo e Ballivian nel 1848 fu spodestato dall'ex presidente provvisorio Josè Miguel de Velazco, che a sua volta fu spodestato da Manuel Isidoro Belzù, che rimase al potere sei anni. Durante questo tempo ci furono almeno cinquanta ribellioni alle quali seguirono persecuzioni e rappresaglie sotto i governi successivi: il primo del genero di Belzù, Jorge Cordova (1855/57) e poi del dittatore José Maria de Linares e poi ancora José Maria de Acha, continuarono lotte funeste che durarono dal 1861 al 1864. Sotto il governo di quest'ultimo, nonostante tutto, si riorganizzarono i servizi pubblici, si dette nuova vita all'industria mineraria e all'agricoltura, ridotte in misero stato sotto i presidenti precedenti; vennero stipulati importanti trattati internazionali per gli scambi commerciali.

Nel 1866 il Cile minacciò di dichiarare guerra alla Bolivia per conquistare la provincia di Antofagasta. In questa zona, lungo il litorale del Pacifico, vi sono ricchissimi giacimenti di argento, rame e salnitro. Il presidente boliviano, per evitare la guerra, concesse ai cileni di sfruttare le miniere nonché grandi depositi di guano.

Nel 1868, presidente Mariano Melgarejo, dittatore senza limiti, la Bolivia fruì di una serie di sfavorevoli avvenimenti ma le cose migliorarono nel 1871/72 sotto la presidenza di Agustin Morales che costruì la rete ferroviaria, riorganizzò i distretti di Mamorè e il Gran Chaco, sfruttandone le enormi ricchezze naturali.

Nel 1873, dopo il brevissimo governo di Tomas Frias, fu eletto Adolfo Ballivian, figlio di José, il quale nello stesso anno, firmando un'alleanza difensiva col Perù, dette inizio al conflitto col Cile. Questo conflitto, però, non trovò subito la via delle armi poiché Tomas Frias, che era ritornato al potere nel 1874, aveva ratificato i privilegi concessi al Cile nel 1866.

Nel 1876, però, presidente Hilarion Daza, forte del suo potere quasi sovrano e sobillato dall'alleato Perù, revocò il trattato del 1866 e decise di riprendersi i ricchissimi giacimenti. La reazione del Cile non si fece attendere e nel 1879 ebbe inizio la guerra che durò due anni e che fu combattuta duramente dai boliviani che, alla fine, furono costretti a chiedere un armistizio e a cedere il territorio conteso. La Bolivia perdeva così l'unico sbocco sull'Oceano Pacifico, il porto di Antofagasta. E questo si stabilì definitivamente con la ratifica dell'armistizio nel 1884.

Poco dopo la guerra contro il Cile, la Bolivia si trovò in lotta anche col Paraguay che pretendeva il bassopiano del Chaco boreal, di grande ricchezza agricola.

Quando nel 1810 Simon Bolivar aveva stabilito le frontiere degli stati allora nascenti, concordati con l'Audiencia de Charcas, il Chaco Boreal era entrato nei limiti dei territori boliviani. La Bolivia ora rivendicava questo diritto per non perdere una comunicazione diretta con l'Atlantico, dopo aver persa quella col Pacifico cedendo al Cile Antofagasta. Sull'altra sponda si invocava l'appartenenza del Chaco Boreal al Vescovato e all'Intendenza del Paraguay che sosteneva essere solo giudiziaria l'appartenenza alla Bolivia, secondo quanto stabilito dall'Audiencia e che invece sia per le questioni ecclesiastiche che amministrative era naturale proprietà del Paraguay.

Nel 1887, dopo tre anni di lotte, il Chaco Boreal fu diviso in tre parti: una per ciascuno dei due contendenti e la terza, quella centrale, veniva sottoposta all'arbitrato del Re del Belgio. Ed anche allora, nonostante le vicissitudini belliche, la Bolivia conobbe altri periodi di prosperità, specialmente sotto la presidenza di Narciso Campero, il quale fece costruire reti telegrafiche; vennero concessi privilegi per lo sfruttamento del Chaco, si elargirono crediti e ricompense all'agricoltura, si costruirono importanti opere pubbliche, come la ferrovia tra Oruro e Antofagasta, dal cui porto si diramano tutti gli scambi commerciali esteri della Bolivia.

Nei primi anni del secolo ventesimo (1903) si ebbero altre contese per il possesso di Acre, sulla frontiera brasiliana, sull'Alto Amazzoni. Ne scaturì una guerra di breve durata che assegnò al Brasile 70000 miglia di territorio minerario che in cambio dava una indennità pecuniaria ed altri compensi territoriali.

I successivi due presidenti Ismael Montes (1904/09, 1913/15) ed Eliodoro Villazon (1909/13), intensificarono la costruzione della rete ferroviaria per incoraggiare lo sfruttamento delle miniere, svilupparono la pastorizia e l'agricoltura. Villazon istituì pure il matrimonio civile, riorganizzò le pubbliche finanze fondando la "Banca della Nazione Boliviana".

Durante la Prima Guerra Mondiale, la Bolivia dapprima si dichiarò neutrale ma nel 1917, il 13 aprile, ruppe le relazioni diplomatiche con la Germania e partecipò al conflitto. Ma sempre nel 1917 ancora una rivoluzione impose alla presidenza José Gutierrez Guerra che rimase al governo fino al 1920, quando gli successe Battista Saavedra. Egli organizzò l'Aviazione Militare, costruì strade e ferrovie molto importanti come quella da Atocha a Villazon che è la prima comunicazione con l'Argentina; fece rifiorire le industrie e stabilì le prime leggi sociali della Bolivia.

Sul finire del 1928 tornò di attualità la questione del possesso del Gran Chaco fra la Bolivia ed il Paraguay. Nel dicembre di quell'anno scoppiarono i primi conflitti armati sulla frontiera; i due stati si mobilitarono e poco mancò che tra loro scoppiasse una guerra. Ma il 17 e il 18 dicembre Paraguay e Bolivia accettarono la mediazione della Conferenza Internazionale degli Stati Americani, tenuta a Washington, chiudendo definitivamente la controversia.

Negli ultimi anni la Bolivia fu sconvolta da numerose insurrezioni, fatte scoppiare dal popolo il quale voleva partecipare liberamente al governo. La più importante fu quella del 1952, capeggiata da Hernan Siles Suazo.

Ma la situazione economica rimase precaria ed anche quella politica non migliorò. Dal 1960 al 1964 fu presidente Paz Estenssoro che, mentre da un lato tentava di produrre miglioramenti, dall’altro non ammetteva opposizioni di alcun genere e faceva arrestare tutti coloro che lo contrastavano, creando il vuoto intorno a sé. Vice-presidente era Juan Lechin che, invece, difendeva strenuamente gli interessi sindacali dei lavoratori. Questo dualismo non arrecò certamente la tranquillità tanto necessaria ed anzi, com’era prevedibile, nel 1963 portò proprio ad una rottura.

Estenssoro, con la connivenza  dell’esercito, decretò tante misure di stampo dittatoriale e vinse le elezioni del giugno 1964. I militari pretesero l’insediamento alla vice-presidenza  di un loro candidato, l’abile quanto spericolato aviatore, generale Renè Barrientos.

L’economia della Bolivia, un po’ per gli alti costi di produzione dello stagno, principale risorsa del paese, un po’ per il crollo del suo prezzo sui mercati mondiali, entrò in fortissima crisi. Si ebbero sanguinosi disordini che obbligarono i militari ad intervenire e ad  appropriarsi del potere, con l’estromissione di Estenssoro, che fu sostituito dal generale  Alfredo Ovando Candìa, nel novembre 1964.  Di fatto, chi governò fu Barrientos che nel maggio 1965 esiliò il sindacalista Lechin, insieme ai suoi collaboratori.

Nel luglio del 1966 Barrientos fu eletto presidente della repubblica. L’economia però non migliorò, si ebbero nuovi disordini con gli studenti ed i minatori in prima linea. Essi subirono molte e dure repressioni ad opera dei militari che, però, dovettero subire contraccolpi dalla guerriglia insediatasi sulle montagne. In una di queste azioni nel 1967 morì il famoso Che Guevara. Il 27 aprile 1969 in un incidente aereo trovò la morte anche Barrientos. Gli successe il suo vice Adolfo Siles. Da qui al 1972 si susseguirono vari colpi di stato e dopo alterne vicende arrivò al potere il colonnello Hugo Banzer Suarez, il quale, un anno dopo la sua nomina, proclamò, il 23 novembre 1972, lo stato d’assedio, data l’insistenza delle contestazioni e degli scioperi, dovuti all’indigenza del popolo ed alla sempre crescente svalutazione della moneta.

Il governo, nel tentativo di risolvere i problemi, almeno quelli più impellenti, strinse un accordo commerciale col Brasile nel maggio 1974. Con questo accordo la Bolivia si impegnava a fornire per 20 anni 7 milioni di metri cubi di gas, in cambio di aiuti finanziari e tecnici. Questi ultimi  furono utilizzati per la costruzione di uno stabilimento petrolchimico ed un complesso siderurgico. Incredibilmente, proprio a causa di  questo accordo, i militari accusarono Banzer di voler appoggiare le mire egemoniche del Brasile.

Nel 1977 in Bolivia si registrò una mobilitazione generale del movimento operaio. Banzer fu costretto a far tornare in patria i sindacati e poi ad indire le elezioni per il successivo giugno 1978. Qui si verificarono dei brogli che portarono all’annullamento delle consultazioni e poiché si prospettava difficile  la sua nomina con mezzi legali, il 21 luglio, il generale J. Pereda Asbun, diventò presidente con un  golpe. Dopo circa 4 mesi fu esautorato dal generale D. Padilla, ma nel luglio 1979, dopo regolari elezioni, fu incaricato Siles  Zuazo. Altri personaggi si alternarono al potere, ciascuno per pochissimo tempo, finchè nel luglio 1980 le elezioni evidenziarono un forte aumento delle sinistre.

Continui  sanguinosi avvenimenti, golpe e repressioni, violenze e aumento del debito con l’estero, convinsero i militari al rispetto di quelle elezioni che avevano designato  Suazo. Egli si trovò subito stretto in una morsa di difficoltà comprendenti, oltre alla galoppante inflazione, anche l’evasione fiscale, la corruzione e l’inefficienza della pubblica amministrazione, le calamità naturali, l’ostilità del sistema finanziario internazionale. Tutto concorse a far sì che il governo in brevissimo tempo si ritrovasse in mezzo ad agitazioni sociali intense.

Nel dicembre 1984 fu indetto uno sciopero generale che durò 18 giorni. Siles  decurtò di un anno il suo mandato ed elaborò per il giugno 1985 nuove elezioni. Le sinistre furono sconfitte. Banzer tornò al governo con il maggior numero di voti e Paz fu il presidente. Il sindacato quasi scomparve, accompagnandosi alle sfortune del settore minerario, ormai di nessuna importanza.

Ciò che invece procurò dei redditi superiori al normale a circa 200.000 contadini, da quel momento divennero gli immensi campi dedicati alla coltivazione della coca. Enormi diatribe per questo si ebbero con gli Stati Uniti che, contenendo i maggiori  punti di arrivo della droga,  chiesero l’immediata distruzione di queste piantagioni.

Il governo boliviano tentò nel 1986 di varare un piano per sradicare la coltivazione della coca in 50.000 ettari. Il piano fallì per l’ostruzionismo dei contadini poveri  e di forze politiche antiamericane presenti nel paese.

Nel maggio 1989 si ebbero nuove elezioni presidenziali. I candidati furono tre: Banzer, Sanchez de Lozada e J. Paz Zamora.

Nessuno dei tre ebbe la maggioranza ma fu prescelto Zamora, col minor numero di voti, dopo essere stato carcerato e poi clandestino per la sua attività in seno al socialismo. Tuttavia si percepì nettamente la presenza di  Banzer nell’effettiva guida del paese.

Con una politica di austerità e di privatizzazioni, come del resto era per altri paesi dell’America Latina,  si conseguì una certa diminuzione dell’inflazione ma aumentò la disoccupazione, in particolar modo nell’ormai quasi spento settore minerario. Zamora poi intensificò i suoi programmi contro la coltivazione della droga che tanti conflitti provocava con gli Stati Uniti. Propose ai contadini incentivi economici e la promessa di non estradizione negli Stati Uniti, come richiesto, ma senza risultati. Anzi, nei primi anni novanta, si ebbero inconfutabili prove dell’appartenenza al  narcotraffico persino di esponenti governativi.

Le elezioni generali del 1993 assegnarono il potere al moderato “Movimento Nazionalista Rivoluzionario”, che portò alla presidenza il suo leader G. Sanchez de Lozada. Egli apportò subito tagli alla spesa pubblica ed accelerò le privatizzazioni fra le quali  quella del sistema scolastico, proposta nel 1995, fece insorgere sindacati ed insegnanti tanto che il governo fu costretto a proclamare lo stato d’assedio. Analoghe opposizioni si ebbero in altri settori, dalla sanità ai trasporti, ed infine nel settembre-ottobre 1996 si ebbero marce di protesta da parte dei contadini, contrari soprattutto all’introduzione  di una nuova legge agraria.

Nel giugno 1997 le elezioni generali, con questo clima, portarono alla sconfitta del partito fino ad allora di maggioranza e l’affermazione dell’Alleanza Democratica Nazionalista.

Nel successivo agosto Banzer Suarez fu eletto presidente della repubblica e si dichiarò subito impegnato nella lotta al narcotraffico. E questo provocò nel corso del 1998 alcuni scontri tra forze armate di polizia e coltivatori di coca, con diversi  scioperi generali.

Ma contro la politica governativa in generale, anche per tutto il 1999 si dovettero verificare forti tensioni sociali con dimostrazioni e continui scioperi.