BRASILE

Storia
 

Il 24 aprile 1500, giorno di Pasqua, il comandante portoghese Pedro Alvarez Cabral stava navigando nelle acque dell'Atlantico con l'intento di raggiungere le Indie, da dove avrebbe portato ricchezze nel suo paese. Ma non si era accorto che stava percorrendo una rotta sbagliata, cosicché quando scorse terra pensò di essere giunto a destinazione e sbarcò. In segno di consacrazione e di conquista fece impiantare subito una croce e, credendo di essere approdato in un'isola, la chiamò Isola della Vera Croce, ovverosia Vera Cruz. Dopo pochi giorni riprese il viaggio per le Indie.

L'anno successivo, sempre al servizio del Portogallo, altre tre navi portoghesi, comandate dall'italiano Amerigo Vespucci, salparono per andare ad approfondire la conoscenza di quella nuova terra. Ben presto Vespucci capì di non avere a che fare con un'isola ma con un territorio immenso, ricchissimo, soprattutto di uno speciale legno rosso che, appunto per il suo colore, come quello della bragia, fu chiamato "BRAXIL", o "BRASIL". Da questo legno poi quella terra fu chiamata il "Paese del Brasil" e poi ancora più semplicemente "Il Brasil".

Il Brasil divenne possedimento portoghese in virtù del Trattato di Tordesillas del 1494 che stabiliva una precisa distribuzione dei territori fra la Spagna ed il Portogallo.

Divenute subito note le sue ricchezze il Brasil fu meta di scorrerie di navi francesi e di pirati. Si individuarono nei paraggi anche navi castigliane e ciò sollecitò Giovanni III, re del Portogallo, ad inviare nel 1526 una flotta ben equipaggiata comandata dall'Ammiraglio Cristoforo Jaques. Egli fondò e fortificò delle fattorie a Itamaraca e Pernambuco (nell'attuale regione del Recife che vuol dire "scogliera"); combatté e sconfisse alcuni equipaggi Bretoni in quella che si chiamò la "Baia di Tutti i Santi" (attuale Bahia).

Jaques tornò a Lisbona, portò a conoscenza del re le enormi ricchezze e le potenzialità del Brasil e propose la sua persona come primo colonizzatore.

Nulla si decise fino al 1530 quando Giovanni III, invogliato dalle ricorrenti voci che ponevano nel Brasil immense miniere d'argento, organizzò una nuova spedizione, comandata da Martino Alfonso de Souza, seguito dal fratello Pero Lopez de Souza, per merito del quale ci è pervenuta una dettagliata relazione sull'impresa. A Martino Alfonso furono affidati poteri straordinari civili, militari, legislativi e territoriali, finanche a praticare la pena di morte, salvo che per i gentiluomini. Stabilì i confini, assegnò le terre (sesmarias), per una sola generazione, come aveva fatto già la Spagna; fondò la città di Sao Vincentes e cominciò la colonizzazione iniziando anche la coltivazione della canna da zucchero.

Nel 1534 il Brasil venne diviso in "Capitanerie", o province, che furono assegnate ad alcune famiglie nobili portoghesi.
Le prime zone soggette alla colonizzazione furono quelle costiere. I capitani ebbero delle concessioni importantissime; purché alleggerissero  all'erario della Corona gli oneri delle spese di popolamento e di civilizzazione dei nuovi possedimenti, potevano provvedere direttamente a catturare indigeni per il servizio sulle navi e per il lavoro; dare terre in concessione a coloni cattolici prelevando una decima; possedere una zona di dieci leghe lungo la costa; far pagare il passaggio sui fiumi; fondare nuove città concedendo privilegi; nominare pubblici ufficiali, incassando una pensione annua di 500 reis; potevano, inoltre, possedere dei mulini; ottenere mezza decima come tassa sulla pesca e sulla vendita del legno "brasil" che si mandava in Portogallo; giudicavano cause civili; emanavano pene capitali per i braccianti, gli schiavi, che importavano copiosi dall'Africa, e per gli indigeni liberi. Infine, anche il potere di veto nelle elezioni dei giudici e di altri ufficiali dei Consigli delle città. Ed anche i vassalli dei capitani ebbero molti privilegi e concessioni e, così, naturalmente, la Corona del Portogallo andò perdendo molti dei suoi diritti.

Nonostante queste facilitazioni, non tutti i capitani e i vassalli furono in grado di svolgere fruttuosamente il loro lavoro, che all'inizio si presentava sicuramente duro e non di facile attuazione. Primo perché era necessario molto tempo prima che il lavoro procurasse i primi veri guadagni, poi perché non tutti gli uomini preposti dimostravano tendenze caratteriali forti e precise per vivere in territori incolti ed incivili, agli albori della loro colonizzazione. Molti di questi eletti non arrivarono mai a destinazione perché dovettero soccombere a naufragi; altri mandarono in loro vece degli amministratori profittatori che sfruttavano gli indigeni fino a provocare fra loro delle ribellioni; altri ancora dovettero combattere contro gli indomabili indios e non ultimi quelli che furono uccisi da avventurieri di ogni specie che infestavano le capitanerie, nelle quali venivano inizialmente accolti per diritto di asilo.

Tutto il possedimento nel 1549 fu trasformato in un Governatorato Generale, con capitale Bahia, ed il primo Governatore fu Tomaso de Souza.

Dopo di lui veniva un "Uditore" maggiore, Pietro Borges che gestiva il potere giudiziario; un "Procuratore", Antonio Cardoso de Barros che si occupava delle esazioni per conto della Corona, ed un "Capitano Maggiore della Costa", Pietro Goes da Silveira, che curava la sorveglianza e la difesa militare delle coste. Sotto il governatorato di Tomaso de Souza e dei suoi collaboratori le capitanerie si fortificarono e prosperarono.

Nel 1551 Papa Giulio III emise una bolla con la quale riconosceva ai re portoghesi la proprietà perpetua sul Brasil e sempre in quell'anno nacque il Vescovato di Bahia e fu nominato Vescovo Pietro Fernandes Sardinha.

Nel 1553 assurse al Governatorato Duarte da Costa. Ben presto ci furono dei disordini perché egli si dimostrò impotente a debellare gli indiani ed i francesi che imperversavano, ed inoltre si trovava in una posizione di attrito col Vescovo Fernandes a causa di un conflitto generato dal proprio figlio Alvaro da Costa.

I coloni si divisero in due partigianerie. Il Vescovo, richiamato dal re, intraprese il viaggio ma naufragò e fu vittima del cannibalismo di alcuni indiani Cahetes. Questo episodio smorzò temporaneamente la ribellione dei coloni; ma non passò molto tempo. La pausa finì anche se nel frattempo Alvaro da Costa era riuscito a debellare gli indiani (1555).

Durante il terzo Governatorato retto dall'insigne giureconsulto Mem de Sà, parente del re, (1557-1572), si verificarono vari conflitti contro i francesi che si avvalevano anche dei feroci indiani. Mem de Sà espulse i francesi ed iniziò una grande opera in favore degli indiani, secondo i dettami dei gesuiti che ivi allora avevano moltiplicato le loro missioni.

Nel 1573 il Brasil fu diviso in due governi: quello del Nord, con capitale Bahia e governatore Luigi Brito d'Almeida; e quello del Sud con capitale Rio de Janeiro e governatore Antonio Salema.

Questa divisione non ebbe gli effetti sperati ("divide et impera" come dicevano i romani antichi) perciò nel 1577 si tornò al governo unico, governatore Lorenzo da Veiga, al quale nel 1583 successe Emanuele Telles Barreto.

Sotto il suo governo gran parte dei poteri venivano gestiti dai gesuiti, sempre più numerosi. Barreto volle effettuare delle verifiche in merito al bilancio del Tesoro di Bahia dalle quali risultò che su una rendita di 30.000 "cruzados", 6.500 di essi erano devoluti proprio al mantenimento delle missioni dei gesuiti. Sul finire del secolo molte altre discipline religiose si diffusero nel Brasil ad opera di benedettini, carmelitani e cappuccini, questi ultimi in misura di gran lunga superiore.

Nel 1580 il Portogallo aveva formato uno stato unico con la Spagna. Nonostante ciò, però, erano stati invitati nel Brasil sempre solo funzionari portoghesi. Sebbene essi godessero tutti i privilegi dovuti alle loro cariche, la Spagna nel 1609 ordinò che venissero limitati i poteri acquisiti da tutti i conventi presenti sul territorio e ne proibì tassativamente il sorgere di nuovi.

Quando nel 1587 Barreto morì gli successe una Giunta composta da tre persone: il terzo Vescovo Antonio Barrerios, un Provveditore della finanza ed un "Uditore" generale. Questa Giunta governò fino al 1591 quando arrivò Francesco de Souza che si occupò quasi esclusivamente della ricerca di nuove miniere.

Il successivo Governatore, Diogo Botelho (1602) entrò in aperta competizione con i gesuiti riguardo alla sistemazione degli Indiani. A questo proposito a Lisbona si costituì un "Consiglio per gli Indiani". Entrò in atto anche un "Codice Minerario" che permetteva lo sfruttamento delle miniere da parte dei privati che però dovevano pagare un tributo alla Corona.

Nel 1608, governatore Diogo de Meneses e Sequeria, si separarono dal governo centrale le capitanerie del sud: Espirito Santo, Rio de Janeiro e S. Vicente. Fu creata anche una Sovrintendenza alle Miniere con a capo l'ex governatore Francesco de Souza In campo economico i maggiori vantaggi scaturivano dalla canna da zucchero e dal legno rosso (brasil); l'oro nelle miniere era piuttosto scarso per gli oneri che comportava la sua estrazione. Negli anni successivi il Brasil fu oggetto di guerre di conquista fra olandesi e spagnoli, con alterne vicende, e nel 1640 si ebbe la restaurazione del Portogallo, che decretava quindi la fine di tutte le guerre. Il nuovo re, Giovanni IV, concesse al capo degli olandesi, Maurizio di Nassau, di continuare ad occuparsi dell'amministrazione del territorio.

Egli lo fece molto bene fornendo alla zona del Pernambuco notevoli opere architettoniche ed idrauliche; fece accorrere illustri scienziati europei per studiare la flora, la fauna ed i minerali del Brasil, ed allargò i suoi poteri a sud fino al fiume Sergipe e a nord fino al fiume Maranhao (così era chiamato allora il Rio delle Amazzoni).

Fin dal 1644 la politica di Giovanni IV, però, fu volta a fomentare contro gli olandesi le ribellioni degli indigeni e quando i funzionari olandesi, successori di Maurizio di Nassau si dimostrarono troppo fiscali, scoppiò la rivolta: era il 13 giugno 1645.

Seguirono nove anni di lotte durissime e nel 1654 gli olandesi lasciarono il Brasil, che tornò sotto la dominazione del Portogallo, a sua volta affrancato dalla Spagna.

Nel 1714 il Brasil divenne un Vicereame, con capitale Bahia. Nel 1763 la capitale fu spostata a Rio de Janeiro.

Nel 1808, quando il Portogallo fu invaso da Napoleone, i re portoghesi da Lisbona si trasferirono a Rio de Janeiro. Nel 1815 il Brasil divenne un Regno ed il primo re fu Giovanni VI, della dinastia dei Braganza (iniziata da Giovanni IV).

Nel 1820 Giovanni VI dovette raggiungere il Portogallo per sedare una rivolta e lasciò il reame nelle mani di suo figlio ventiduenne Pietro, incline al liberalismo.

Nacquero anche nel Brasil propositi conservatori e nazionalistici, alla realizzazione dei quali non poco contribuì l'Arciduchessa d'Austria Carolina Giuseppa Leopoldina, che aveva sposato Pietro nel 1817, e che aveva fomentato la simpatia del marito per una giusta causa di indipendentismo da parte dei nativi.

Alla fine del settembre del 1821 con un decreto ufficiale si dichiaravano indipendenti dal Portogallo tutti i governi provinciali del Brasil; si abolivano tutti i tribunali e gli altri enti creati da Giovanni VI; si rinviava Pietro a Lisbona per "completare la sua educazione", così fu detto. Ma quest'ultimo atto non ebbe seguito perché alcuni realisti portoghesi rimasti in Brasil, paventando l'instaurazione di un governo giacobino da parte dei separatisti, ottennero che il reggente rimanesse a capo del regno col nome di Pietro I: si era al 1822 e tra i più importanti uomini della Giunta provvisoria di S.Paolo che avevano operato a tal fine, si ricorda il Vicepresidente Giuseppe Bonifacio de Andrada e Silva, che in seguito si manifestò come una delle più forti personalità politiche del suo paese.

Nel 1831 Pietro I abdicò a favore del figlio, di cinque anni, Pietro II il quale, però, divenne sovrano effettivo solo nel 1840.

Sotto il suo governo, pur avendo dovuto sostenere due guerre, peraltro vittoriose, una con l'Argentina nel 1850/52, ed una col Paraguay nel 1865/70, il Brasil si sviluppò moltissimo sia dal lato economico che civile.

Più tardi, però, scoppiò una rivoluzione; Pietro II fu costretto a lasciare il trono e fu proclamata la Repubblica: era il 1889.

Nel 1891 l'Assemblea Costituente brasiliana votò la prima Costituzione Repubblicana che rimase in vigore fino al 1930. Poi ci fu un periodo di 25 anni in cui si susseguirono delle dittature, la più lunga delle quali durò 15 anni (1930/45) ed ebbe come capo Getulio Vargas. Egli fece partecipare il Brasil alla Seconda Guerra Mondiale a fianco delle truppe anglo-americane. Al termine della guerra fu costretto, per coerenza, a restituire al Brasil le libertà fondamentali e a dimettersi.

Nel 1950, però, tornò alla presidenza ma per un delitto commesso da una delle sue guardie del corpo, le forze armate si ribellarono e gli imposero di dimettersi. Getulio Vargas aveva fatto delle importanti riforme che avevano portato ad ottimi livelli le industrie e, comunque, l'economia dell'intero Brasil.

Nel 1956 ci furono libere elezioni e fu nominato Presidente Juscelino Kubitschek al quale, nel 1961 successe Joao Goulart. La carica di Presidente in Brasil è della durata di cinque anni. Il nome ufficiale dello stato è "ESTADOS UNIDOS DO BRASIL"; è suddiviso in "distretti", ciascuno dei quali si chiama "Vila" se la città è piccola e "Cidade" se la città è grande.

Il Brasil è lo stato più popolato dell'America meridionale; è abitato da popoli di diverse stirpi: indigeni, bianchi, negri, mulatti, meticci e gialli per la presenza di giapponesi. La razza più rappresentata è quella bianca. Tutti vivono in buona armonia tra loro e sono frequenti anche i matrimoni tra gente di razza diversa. In Brasil, quindi, non esiste la questione razziale; il cattolicesimo è la religione del 93% della popolazione e la lingua ufficiale è il portoghese.

Anche il Brasil, avendo sostenuto delle guerre per la propria indipendenza, ha i suoi martiri ed i suoi eroi nazionali. Uno dei primi fra essi fu certo Gioachino da Silva Xavier, noto col nome di Tiradentes (Spaccadenti).

Goulart, affiancato dal premier  Tancredo Neves, fu aiutato nel suo lavoro dal proprio cognato L. Brizola, governatore di una delle provincie più ricche del Brasile, il Rio Grande do Sul. Questi aveva anche fondato il “Fronte di Liberazione Nazionale” che si propose nel febbraio del 1962 un vasto piano di espropriazioni terriere a favore dei contadini  e la nazionalizzazione di molte imprese nordamericane di elettricità, telegrafi e telefoni, presenti nel paese. Naturalmente ciò provocò la drastica diminuzione di capitali esteri ma gli Stati Uniti non reagirono più di tanto perché Kennedy, allora presidente,  non volle aggiungere altri errori a quelli già commessi in passato nell’America Latina.

Invece nel nord-est, una delle zone più   povere del Brasile, si era sviluppato un movimento contadino, capeggiato dal deputato F. Juliao, che occupava illegalmente le terre e le distribuiva agli interessati. Per eliminare questo abuso il governo dovette intervenire con le forze armate.

Goulart il 6 gennaio 1963 indisse un referendum con il quale fu ripristinato il regime parlamentare poi iniziò la sua politica di risanamento dell’economia ma la sua diminuita popolarità ed autorità gli alienò l’opinione pubblica generale. Si vennero a creare due blocchi: da una parte coloro che lo contestavano in nome della “difesa della famiglia e di Dio”, dall’altra i sindacati tuttora a lui favorevoli. La conseguenza fu l’inizio di un pericoloso stato di  anarchia nel quale trovò spazio l’esercito per una rivolta contro il presidente. Egli dovette fuggire prima a Rio Grande do Sul e da lì verso l’Uruguay. Si era lasciato dietro una situazione  veramente tragica, con la svalutazione della moneta, il costo della vita aumentato del 300%, l’aumento enorme del debito estero e la mancanza di capitale straniero nel paese. Per poco non si arrivò ad  un regime analogo a quello castrista di Cuba.  Invece all’inizio si instaurò uno stretto regime militare che poi consegnò al Congresso la prerogativa di eleggere un nuovo presidente che fu nominato il 15 aprile nella persona di H. Castello Branco.

Subito furono adottate ferree misure di sicurezza, molte delle personalità del precedente governo finirono in carcere. Poi ci furono quelle molto gravose per il ceto medio, in particolar modo per risanare l’economia. E per la politica estera si rafforzarono i rapporti con gli Stati Uniti mentre si interrompevano quelli con Cuba. Al contrario, all’interno la situazione grave provocò alcune manifestazioni, come al solito patrocinate in prima fila dagli studenti.

Nell’ottobre 1965 alle elezioni regionali  in due di quelle più importanti, come Minas Geira e Guanabara, risultarono eletti due candidati delle opposizioni.  Tutto questo a sottolineare l’impopolarità dei governativi. A questo punto il governo decretò lo scioglimento di tutti i partiti politici.

Ne rimasero in piedi solo due: uno governativo, chiamato “Alleanza di Rinnovamento Nazionale” ed uno di opposizione detto “Movimento Democratico Brasiliano”.

Nel febbraio 1966 ancora un atto costituzionale stabilì che la nomina per tutte le cariche governative da quel momento sarebbe stata espletata esclusivamente dal governo. Il potere esecutivo risultò ancora di più rafforzato dopo la promulgazione della  nuova Costituzione, avvenuta il 21 gennaio 1967.

Il nuovo presidente eletto fu il maresciallo A. Da Costa e Silva. Egli lavorò alacremente per riportare il paese ad un livello economico migliore, favorì il ritorno alla democrazia  costituzionale, riconobbe una certa libertà politica e di stampa, bloccò l’aumento dei prezzi e concesse, anche se limitati, degli aumenti salariali.

Questa liberalità fece sì che i tre precedenti presidenti esautorati si riunissero nel formare un movimento chiamato “Frente Ampla” col quale riacquistarono le simpatìe del Congresso facendo naufragare tutti gli sforzi di Da Costa e Silva. Egli nel 1969, dopo aver tentato di riportare il paese nella normalità, fu colto in agosto da una trombosi ed il 17 dicembre morì.

Immediatamente, anziché il vice-presidente P. Aleixo, prese le redini del governo un triumvirato militare che promosse subito l’elezione di un nuovo presidente.

Il 30 ottobre 1969 fu eletto il generale E. Garrastazu Medici; vice-presidente fu l’ammiraglio Rademaker. Si instaurò nel paese, quindi, un governo militare avversato subito da tre elementi fondamentali: la contestazione studentesca, l’azione del clero e la guerriglia. Lo Stato e la Chiesa furono avversari ostinati e ciò provocò gravi ripercussioni internazionali. Verso la fine del 1970, però, si ebbe una forte attenuazione dei contrasti.

Ciò che invece imperversò ferocemente  fu la guerriglia sia rurale che urbana.  La prima fu debellata con relativa facilità ma la seconda fu molto dura e fece dei sequestri eccellenti, ad esempio quello dell’allora ambasciatore degli Stati Uniti, B. Elbrik, del Console Generale del Giappone a Sao Paulo, l’ambasciatore di Germania, Von Holleben e l’ambasciatore svizzero, E. Bucher. Tutte queste personalità furono rilasciate illese in cambio della liberazione di molti prigionieri politici.
Per eliminare questa guerriglia si adottarono misure repressive eccezionali e fu  reintrodotta la pena capitale.

Nel 1971, con la caduta nelle mani delle forze armate dei principali capi della guerriglia, questa lotta armata trovò la fine. Finalmente si potè iniziare una politica costruttiva in cui, specialmente nel 1974,  trovarono posto alcuni trattati commerciali importanti con tutti i paesi dell’America Latina.

Il 15 gennaio 1974 fu eletto presidente della repubblica il generale E. Geisel e suo vice il generale A. Pereira. Invece alle elezioni legislative del 15 novembre dello stesso anno risultò  vincente il “Movimento Democratico Brasiliano” ed anche le votazioni per il Senato espressero parere  favorevole all’opposizione con 16 stati su 22. Il governo fu di coalizione ed il presidente fu J. Sarney.

Molti accordi economici furono stipulati dal Brasile in campo internazionale. Importantissimo fu quello nucleare del 27 giugno del 1975 pattuito con la Germania la quale, in cambio della fornitura di uranio, si impegnò a costruire in Brasile otto centrali nucleari complete.

Fra il 1975 ed il 1978 la situazione economica fu particolarmente disastrata con una inflazione al 38% e l’indebitamento con l’estero a causa dei numerosi prestiti ottenuti.

Si ebbero proteste in tutti i settori del paese: il popolo per rivendicare i diritti umani, la stampa per la censura, gli avvocati che reclamavano uno stato di diritto, gli studenti che chiedevano maggiori impulsi all’istruzione pubblica, il movimento popolare  contro l’aumento del costo della vita e quello sindacale a tutela di tutti i lavoratori ed infine anche le rimostranze degli imprenditori che videro ridursi  al lumicino i loro redditi. Ad aggravare la situazione si aggiunse l’opposizione della Conferenza Nazionale dei Vescovi.

La caratteristica di quegli anni fu il continuo alternarsi della violenza, del terrorismo di destra e di quello dello stato, evidente soprattutto nelle caserme dove si contarono molte morti per tortura. Geisel, preso atto di questo che voleva essere un avvertimento, combattè duramente la situazione e per prima cosa allontanò dal governo il ministro dell’esercito, generale S. Frota. Poi iniziò una politica di ristabilizzazione dell’ordine e della democrazia e, temendo un successo del Movimento Democratico Brasiliano, sciolse il Parlamento dal 1° al 15 aprile 1977 ed emanò una nuova legge elettorale. Sotto il controllo dell’Alleanza Rinnovatrice Nazionale, i collegi elettorali nelle consultazioni di quell’anno per la Camera ed il Senato registrarono un risultato appena appena inferiore del Movimento nei confronti dell’Alleanza.

Alla fine del 1978, prima di passare lo scettro al suo successore generale J. B. Figueiredo, Geisel provvide a smantellare le sedi del suo potere, quasi dittatoriale, abolendo la pena di morte, la censura e facendo rientrare vari esiliati politici, nonché ripristinando la giustizia vera nei tribunali.

Il nuovo presidente lavorò molto per restituire al paese la democrazia  ed in questo senso fra il popolo assunse grande importanza  l’aumento del potere sindacale e quindi la maggiore forza e consapevolezza della classe operaia.
Egli concesse una amnistia per i reati politici ed approvò la riorganizzazione dei partiti, cercando di rendere più deboli le opposizioni già per le prossime elezioni del 1982.

Intanto, avvicinandosi queste consultazioni, il popolo chiese di poter eleggere direttamente il presidente, ma per fare questo  occorreva una modifica alla vigente Costituzione. Fu approvato un emendamento e le elezioni del gennaio 1985 furono vinte da T. Neves, candidato bene accetto sia dai  militari che dai civili.

Ma Neves morì nell’aprile successivo e l’incarico passò automaticamente al suo vice, J. Sarney. Questi avviò subito i lavori per migliorare l’economia e nel febbraio 1986 emanò il “Piano Cruzado” con lo scopo di combattere gli abusi di ogni tipo di amministrazione. Perciò invitò tutti i cittadini a segnalare qualsiasi aumento dei prezzi  che fosse avvenuto abusivamente. La risposta popolare fu immediata, il piano riscosse un enorme successo e l’inflazione in poco tempo scese al 3%. Questo suo lavoro fu premiato anche nelle consultazioni di novembre con la maggioranza assoluta ottenuta dal partito di governo sia alla Camera che al Senato.

Ma gli economisti, più propensi alla liberalizzazione dei prezzi, lavorarono per questo varando un piano apposito. La delusione popolare fu grande, il quadro democratico prospettato autorizzò lo scetticismo e la mancanza di fiducia. Diatribe varie sorsero fra i maggiori partiti ed il risultato fu che le elezioni successive slittarono al 1989 e Sarney rimase in carica.

La situazione del paese risultò alquanto precaria in quel periodo, con l’inflazione nel 1988 al 2500%, con l’antipartitismo diffuso fra il popolo, con i militari che non accettavano ruoli diversi da quelli  politici di governo.

Per le elezioni presidenziali del 1989 emersero tre personaggi: il populista L. Brizola, l’operaista  L. I. da Silva, detto Lula e lo sconosciuto F. Collor de Mello, spalleggiato dalla notissima rete televisiva Globo e portato da un partito che egli stesso aveva fondato nel febbraio di quell’anno, il “Partito  della Ricostruzione Nazionale”. Quest’ultimo vinse le elezioni con il 51,5% dei  suffragi.

Il nuovo presidente annunciò subito un piano di austerità con privatizzazioni, congelamento dei  prezzi e dei salari e blocco per un anno e mezzo dei conti bancari. Tutto ciò portò ad un repentino calo dell’inflazione.

Le elezioni dell’ottobre 1990 furono una aperta dichiarazione al presidente del favore popolare. Nel maggio 1991 la nuova ripresa dell’inflazione fu attribuita a mal governo del ministro dell’economia, signora Zelia Cardoso de Mello, che fu immediatamente esonerata dall’incarico.

Ancora una impennata dell’inflazione nel 1992 fece perdere a  de Mello i consensi popolari e poi, dietro la scoperta corruzione di alcuni governativi e di lui stesso, fu costretto a dimettersi nel dicembre 1992, sostituito dal vice-presidente I. Franco.

Con questo quadro fu difficile iniziare le riforme economiche ed intanto gli  investimenti stranieri avevano subìto uno spaventoso calo.

Nel maggio 1993 aveva  assunto l’incarico di Ministro delle Finanze F. H. Cardoso che nei primi mesi del 1994 riuscì a varare serie misure economiche  come l’incremento alle privatizzazioni, blocco degli stipendi per un anno, creazione di un fondo speciale di emergenza per le spese sociali. Nel marzo 1994 affiancò la valuta al dollaro in preparazione all’emissione di una nuova moneta, il “real”, sempre in parità col dollaro statunitense.

Con i successi ottenuti in campo finanziario si presentò candidato alle elezioni presidenziali dell’ottobre del 1994 e le vinse già al primo turno con il 54,3%. Suo intento principale fu sempre il miglioramento e lo sviluppo del paese  e cercò di portare avanti la riforma agraria con una più equa distribuzione delle terre ai contadini. Ma la forte presenza nel governo di molti  proprietari terrieri non gli permise di raggiungere in questo campo risultati apprezzabili.

Nel giugno 1995, però, con un emendamento alla Costituzione, riuscì ad  imporre la privatizzazione anche alle imprese petrolifere che da 40 anni erano retaggio statale.

Rimanevano sempre bloccate le riforme fiscale ed agraria ed a quest’ultimo capitolo si legò il movimento dei “senza terra” che, sorto nel 1985, stava sempre di più ingrossando le proprie fila. Per questo si verificarono scontri sanguinosi fra gli adepti del Movimento e le milizie private dei proprietari terrieri. Nell’aprile del 1996 un massacro di braccianti obbligò Cardoso a formare un Ministero per la Riforma Agraria che, però, fu del tutto incapace di cambiare lo stato delle cose. L’anno dopo, quindi, il Movimento dei Senza Terra organizzò una marcia su Brasilia con l’appoggio anche dei ceti urbani. Tutto ciò ebbe un disastroso risultato poiché si verificò un massiccio esodo delle popolazioni rurali dalle campagne verso le città che, così, videro crescere a dismisura i disagi, la violenza e la criminalità organizzata.

Intanto nella politica estera il Brasile fu molto attivo nel concordare trattati commerciali con gli altri paesi dell’America Latina. Cardoso poi continuò all’interno  nella sua opera riformatrice e si ricandidò alle elezioni del 1998.

Nonostante la difficilissima situazione in ogni settore economico e politico, Cardoso, nelle elezioni dell’ottobre 1998 rimase in carica e nel gennaio 1999 si potè formare un governo di coalizione, sotto la guida del “Partito del Fronte Liberale”.