Storia
Il nome è dei tempi attuali ma fino dalla prima metà del XIX secolo fece parte della vasta zona che, con altre tre colonie, formò l’Africa Equatoriale Francese.
Le esplorazioni, durate dal 1875 al 1884, furono portate a termine da Savorgnan di Brazzà che, giunto all’interno, fondò la colonia che si chiamò Congo Francese.
L’Africa Equatoriale Francese si chiamò così nel 1910 e fu guidata da un governatore generale, residente a Brazzaville, coadiuvato da un Consiglio Superiore di Governo.
Essa comprese quattro colonie: il Gabon, il Medio Congo, l’Ubanghi-Sciari ed il Ciad. Fu chiamata la “Cenerentola coloniale” in quanto sprovvista di mezzi di comunicazione e quindi poco valorizzata.
Si cercò di farla progredire operando delle concessioni, ma i concessionari abbandonarono ogni progetto e si contentarono solo dei profitti derivanti dall’avorio e dal caucciù.
L’Africa Equatoriale Francese si sviluppò con molta lentezza, ed i commerci progredirono ma senza procurare dei veri margini di guadagno fino al 1° gennaio 1935, quando le 4 colonie furono riunite in una sola amministrazione, per ragioni di bilancio. Il 7 gennaio 1935 fu firmato un accordo fra Benito Mussolini, capo del governo italiano, e Laval, ministro francese, e con esso la Francia cedeva all’Italia alcuni territori della zona del Tibesti. Ma questo accordo non fu mai ratificato e nel 1938, alla vigilia della seconda guerra mondiale, fu annullato.
Durante la seconda guerra mondiale, l’Africa Equatoriale Francese fu la prima ad entrare nel movimento di liberazione fondato da De Gaulle nell’agosto del 1940, con le adesioni dei governatori del Ciad e del Medio Congo.
De Gaulle nominò capo delle forze armate il generale De Larminat, che invase il Camerun, allora colonia tedesca, e riportò una netta vittoria il 12 novembre 1940. Poi, fra il 1941 ed il 1942, gli Stati Uniti riconobbero le autorità francesi costituitesi nell’Africa Equatoriale Francese, da dove partirono poi tutte le missioni alleate per la conquista del Fezzan e dell’Oasi di Cufra.
Il 28 settembre del 1958, approvando la nuova Costituzione francese, il territorio dell’Ubanghi-Sciari rimase a far parte della nuova comunità. Ed alla proposta di scelta fra lo stato di “territorio d’oltremare” e quello di “stato membro della Comunità”, l’Ubanghi-Sciari optò per quest’ultima risoluzione ed assunse la denominazione di “Repubblica Centroafricana”. Il capo del governo della Repubblica entrò a far parte del Consiglio Esecutivo della Comunità.
Intensa fu la partecipazione alla vita politica,in simbiosi con le altre Repubbliche, già colonie dell’Africa Equatoriale Francese. Infatti nel giugno 1959 a Brazzaville si riunì una Conferenza dei 4 Primi Ministri, nella quale fu proposto il coordinamento delle politiche dei 4 stati.
Il 12 luglio 1960 a Parigi si firmò un accordo con il quale la Repubblica Centroafricana ottenne l’indipendenza, sempre rimanendo nell’ambito della Comunità Francese, da proclamare ufficialmente alla mezzanotte fra il 12 ed il 13 agosto. Il 20 settembre dello stesso anno la nuova Repubblica fu ammessa alle Nazioni Unite.
E se il giovane stato potè avvalersi, già dal 1946 in poi, di molti miglioramenti, primi fra tutti quelli sanitari (scomparve del tutto la malattìa del sonno), fu certamente merito della Francia che continuò a svolgere opera di sviluppo economico, sociale e scolastico.
Nel 1959 fu eletto presidente David Dacko, successore del cugino Barthelemy Boganda, perito in un incidente aereo, e la sua politica procedette per un certo tempo senza scosse. La Costituzione del 1960 fu emendata più volte nel 1961, nel 1963 e nel 1964. Il partito unico al governo era il “Movimento per la Evoluzione Sociale dell’Africa Nera”.
Nel 1964 il presidente venne riconfermato, ma già nel paese cominciarono a sorgere i primi dissensi, specialmente fra i burocrati ai quali erano stati diminuiti gli stipendi; episodi di corruzione vennero in superficie e queste cose sollecitarono la già sostenuta ambizione del Capo di Stato Maggiore, e cugino di Boganda, il colonnello Jean Bedel Bokassa.
Egli mise in atto un colpo di stato militare, proprio nella notte di
capodanno del 1966. Depose Dacko, abrogò la Costituzione, sciolse
tutte le organizzazioni politiche, espulse i diplomatici della Cina popolare,
che già nel 1964 erano nel paese per gli intercorsi accordi di cooperazione
tecnica, e si pose a capo del governo, accentrando tutte le cariche nelle
sue mani.
Ma il potere autoritario e repressivo esercitato da Bokassa provocò
altri colpi di stato che furono duramente puniti.
Nel 1973 fu nominato presidente a vita; nel 1974 acquisì il titolo di “Maresciallo della Repubblica”, però nel 1975 ripristinò la carica di Primo Ministro, affidandola ad una donna, la vice-presidente del partito, Elisabeth Domicien.
Per il suo carattere strano e mutevole, Bokassa impresse anche al suo governo lo stampo della instabilità, firmando accordi e poi sconfessandoli, specialmente con la Francia. Assumendo modi sempre più dittatoriali, all’inizio del 1976 sfuggì a malapena ad un attentato.
Con l’andare del tempo Bokassa divenne sempre più feroce nelle sue manifestazioni; diffuse il terrore nell’amministrazione pubblica, peraltro sempre rea di corruzione. Ma a volte si pensò ad una vera e propria forma di follìa, quando il 4 dicembre 1977, con una messa in scena faraonica, si autoincoronò imperatore e fissò la sua corte nel suo villaggio natale di Berengo. In questo frangente meravigliò molto che un politico tanto raffinato come il Presidente Francese, Giscard d’Estaing, facesse visita allo squilibrato Bokassa e che contribuisse pure finanziariamente alla festa dell’incoronazione.
Il 20 settembre 1979, prendendo lo spunto dalle tante ignobili azioni di Bokassa, come quella di aver fatto sparare su alcuni bambini presenti in una manifestazione di piazza, la Francia, con una operazione militare, lo rovesciò liberandosi di un alleato che certamente non portava lustro alla nazione.
La presidenza tornò nelle mani di Dacko, che però non si dimostrò all’altezza della situazione e fu costretto nel 1981 a passare nuovamente la mano ai militari.
Il governo fu assunto dal generale A. Kolingba che commise subito l’errore di allontanare dal potere proprio coloro che avevano avuto il coraggio di combattere Bokassa. Ed anch’egli volle applicare al governo una sua impronta personale.
Nel novembre 1986 con la nuova Costituzione si rafforzarono i poteri del presidente; fu introdotto un sistema a partito unico, quello del “Rassemblement Democratique Centrafricain”.
Sorprendentemente Bokassa nel 1986 rientrò in patria ma fu subito arrestato, processato e condannato a morte. Poi, con un particolare intervento del presidente, la condanna a morte fu mutata in quella di carcere a vita.
Nel 1987 si svolsero le elezioni parlamentari e l’anno dopo quelle municipali. Nel 1991, nonostante le pressioni interne e quelle internazionali per l’adozione del multipartitismo, fu confermato il sistema a partito unico. Poi però furono apportate delle modifiche costituzionali, permesse dal presidente, ostile alle riforme, ma pressato dall’opinione mondiale e nel 1992 vide la luce il multipartitismo.
Le elezioni del 1993 assegnarono la vittoria al “Mouvement pour la Liberation du Peuple Centrafricain”, il cui leader A. F. Patassè, già primo ministro, divenne Presidente della Repubblica.
Ma la situazione non migliorò, anzi, con il varo della nuova Costituzione avvenuto nel 1995, peggiorò in quanto si ampliarono i poteri del presidente ed egli operò dei mutamenti nell’amministrazione dello stato che non piacquero alle opposizioni, che si ribellarono. Fu necessario l’intervento delle truppe francesi ma fu inevitabile l’ennesima insurrezione militare.
Dopo disordini e contrasti si addivenne, nel 1997, con la mediazione di altri paesi africani, alla formazione di un governo di unità nazionale e le truppe francesi furono sostituite da quelle delle Nazioni Unite.
Ed infine, le elezioni legislative del dicembre 1998 furono la conferma
del “Mouvement pour la Liberation du Peuple Centrafricain”.