Storia
Non si sa con precisione in quale epoca si siano stabiliti nel territorio che corrisponde all’attuale Canada i primi abitanti. E’ certo però che essi vi giunsero dall’Asia, quando la Siberia era ancora collegata all’Alaska con un istmo corrispondente all’attuale stretto di Bering. Tale ipotesi è convalidata dal fatto che le razze più affini alle popolazioni indigene del Canada sono quelle mongole, che occupano l’Asia nord-orientale. Dapprima tali popolazioni furono nomadi e praticarono esclusivamente la pesca e la caccia; ma in seguito, quando si stabilirono nelle fertili regioni intorno ai Grandi Laghi, si dedicarono anche alla agricoltura e divennero sedentarie.
E’ ormai accertato che i primi Europei a porre piede sul Continente Americano, e precisamente nel Canada, furono i Normanni (Vichinghi): pare che essi siano giunti fino al golfo di San Lorenzo ed alla Nuova Scozia verso l’XI secolo dopo Cristo. Ma poiché i Normanni non lasciarono alcuna notizia intorno ai loro audaci viaggi, nessuno in Europa potè sospettare l’esistenza di quel continente.
I primi, dopo i Normanni, ad approdare sulle coste del Canada furono i navigatori veneziani Giovanni e Sebastiano Caboto. Partiti nel maggio del 1497 dal porto di Bristol (si erano posti al servizio del re di Inghilterra Enrico VII), essi approdarono al Capo Bretone, dopo un mese e mezzo di navigazione.
L’anno dopo, i Caboto rifecero il viaggio ed esplorarono la costa più a
Sud.
Dopo i viaggi dei due navigatori italiani, le nazioni europee affacciate
sull’Atlantico organizzarono grandi spedizioni marittime, allo scopo di
esplorare in modo migliore le terre scoperte.
Nel 1501, i fratelli Cortereal, a capo di una spedizione portoghese, esplorarono le coste di Terranova e del Labrador; nel 1524 l’italiano Giovanni Verrazzano prese possesso, in nome del re dei francesi Francesco I, dell’attuale penisola del Labrador, dandole il nome di”Nuova Francia”.
Il francese Giacomo Cartier esplorò molto più addentro il territorio canadese: nel 1535, egli risalì il fiume San Lorenzo e giunse sino alle città di Stadacona (l’attuale Quebec) e di Hochelaga, presso l’odierna Montreal.
Di ritorno dai loro viaggi, gli esploratori avevano fatto sapere che molte zone da loro percorse avrebbero offerto ottime possibilità di vita per gli europei. Così, a partire dai primi anni del seicento, cominciò l’afflusso dei primi coloni nell’America Settentrionale: soprattutto francesi, inglesi e olandesi decisero di stabilirsi definitivamente al di là dell’Atlantico. Mentre gli inglesi si assicurarono i territori lungo la costa atlantica (dalla Florida fin dove ora sorge Boston), i francesi, risalendo l’estuario del San Lorenzo, occuparono prima la zona dei Grandi Laghi e, in seguito, buona parte dell’attuale Canada. Nel 1608 i coloni francesi fondarono la città di Quebec.
Nei primi anni del settecento, scoppiò in Europa una guerra che vide
schierate la Francia, la Spagna, il Portogallo, contro
l’Austria, l’Inghilterra e l’Olanda. L’Inghilterra entrò nel conflitto
con un piano ben preciso: quello di togliere alla Francia la potenza coloniale
che le ostacolava il pieno dominio sui mari. E la fortuna fu dalla sua parte:
sconfitta ripetutamente nel 1713 la Francia dovette cedere all’Inghilterra
l’isola di Terranova, l’Acadia (chiamata poi Nuova Scozia) e la Baia di
Hudson.
Dopo una nuova guerra, scoppiata nel 1756 e durante la quale francesi ed inglesi si trovarono ancora avversari, la Francia perdette quasi tutti i suoi possedimenti coloniali. Nel 1763 essa cedette all’Inghilterra il Canada, alcune isole delle Antille e quasi tutte le colonie africane. Il piano della Francia di costituire un immenso impero nell’America del Nord poté considerarsi distrutto.
La forma di governo che l’Inghilterra mise in atto nel Canada suscitò ben presto il malcontento fra gli stessi coloni inglesi. E la ragione fu questa: dal governo del Canada (retto da un Governatore e da un Consiglio nominati dal re d’Inghilterra) furono esclusi i rappresentanti del popolo.
L’Inghilterra ritenne che le ricchezze delle colonie dovessero andare a vantaggio soltanto della madre patria. Per questo motivo essa provvide a limitare la libertà dei suoi coloni: ad essi, per esempio, fu vietato aprire industrie private e vendere le materie prime della colonia ad altre nazioni. Vietando poi ad essi di partecipare al governo, li pose nell'impossibilità di protestare contro tali provvedimenti e di far valere i loro diritti.
Era naturale che i coloni inglesi, abituati nella madrepatria ad un governo in cui i rappresentanti del popolo occupavano un posto di prim’ordine, non sopportassero a lungo un tale modo di governare. Nel 1837 scoppiò infatti una violenta rivolta. Allora l’Inghilterra pensò di inviare in Canada il conte di Durham, un abilissimo uomo politico, perché studiasse le cause della rivolta e suggerisse i rimedi necessari.
Dopo sei mesi di permanenza nella colonia, il conte di Durham faceva sapere che per stabilire buoni rapporti tra i coloni e la madrepatria era assolutamente necessario che l’Inghilterra riconoscesse loro alcuni diritti e permettesse ai rappresentanti del popolo di partecipare al governo. In un primo momento l’Inghilterra non volle cedere; ma poi, nel 1846 il Parlamento inglese concedeva al Canada un governo al quale potevano partecipare uomini politici della colonia, eletti direttamente dal popolo. I coloni avevano vinto: ora essi potevano avere un governo democratico, simile a quello che vi era in Inghilterra.
Il conte di Durham aveva avuto anche un’altra idea: quella di formare una federazione di tutte le colonie inglesi dell’America Settentrionale. Sebbene in un primo tempo fosse stata respinta, in seguito l’idea apparve ottima. Infatti, dopo la metà dell’ottocento, il Canada ed alcune colonie britanniche videro la necessità di unirsi per difendersi soprattutto dagli attacchi degli Stati Uniti d’America che cercavano di ampliare i loro territori verso nord.
I rappresentanti delle colonie britanniche del
Canada, della Nuova Scozia e del Nuovo Brunswick, che si riunirono a Quebec
nell’ottobre del 1864, decisero di formare una Confederazione coloniale
inglese, alla quale diedero il nome di “Dominion of Canada”.
Il "Dominion del Canada" andò via via arricchendosi di nuovi
territori: nel 1869 si assicurava le immense regioni che si estendono attraverso
tutto il Canada settentrionale e occidentale (i cosiddetti territori di
Nord-Ovest); nel 1870 il Manitoba; nel 1871 la Columbia Britannica con le isole
di Vancouver e Principe Edoardo; e nel 1905 l’Alberta ed il Saskatchewan. Il
territorio del Canada veniva così a comprendere ben 9.659.400 Kmq., superficie
di poco inferiore a quella dell’Europa.
Il “Dominion del Canada" fece anche notevoli progressi in campo politico: esso riuscì a darsi una forma di governo uguale a quella dell’Inghilterra. Era un tentativo di costituirsi come nazione a sè e di sottrarsi quindi il più possibile al dominio della madrepatria.
La recente industrializzazione delle province orientali, con la conseguente emancipazione dai tributi pagati all’estero, specialmente agli S.U.(Stati Uniti), per i prodotti industriali, svilupparono vieppiù una coscienza nazionale canadese, che da una parte andava sempre piu cancellando gli ultimi rimasugli della dipendenza morale e politica dall’Inghilterra, e dall’altra costituì una vera e propria barriera contro ogni tentativo economico, politico e morale di assoggettamento da parte degli S.U. Questi infatti non nascondevano le loro mire su quel territorio che, in verità, ritenevano come una terra americana, ovvero un’altra stella da aggiungere alla bandiera.
Intercorsero, però, fra loro diversi trattati commerciali con tariffe facilitate, poiché certamente i mercati canadesi erano molto importanti per gli S.U. come quelli statunitensi per il Canada, dopo quelli inglesi.
Al momento della costituzione del “Dominion”, il partito conservatore ebbe l’incarico di governo che poi dovette cedere, nel 1896, al partito liberale.
Con le elezioni del 1911, a seguito di operazioni politico-commerciali sbagliate, il suo leader sir Wilfrid Laurier, noto a tutti come il “Canada's Grand Old Man”, i conservatori tornarono al potere capeggiati da Mr. Robert Borden, pur essendo il Senato a maggioranza liberale.
Allo scoppio della I^ Guerra Mondiale, il Canada unì a quelle britanniche le sue forze armate, che combatterono su diversi fronti in suolo francese con la perdita di circa 65.000 soldati. Sebbene vi fosse, in questa luttuosa circostanza, dimostrata ampiamente la forza della coscienza canadese, pure iniziò un periodo secessionista nel territorio, con province in cui emerse un attaccamento alla Francia ed altre più sensibili verso l’Inghilterra. Così quando nel maggio 1917 fu adottata la coscrizione obbligatoria, nel Quebec ci furono sollevazioni di popolo che nel 1918 arrivarono persino a proporre una secessione.
Ma ciò fortunatamente non si verificò. Anzi, quando nel 1919 ci fu a Versailles la Conferenza di Pace, il Canada presenziò come nazione autonoma. Nel 1920, per trattare direttamente gli affari canadesi negli S.U. fu nominato a Washington un Ministro canadese, che partecipò nel 1921 alla Conferenza Internazionale per il disarmo. Lo stato canadese aveva un suo autonomo esercito: i “Canadians Corps”, una sua marina, la “Royal Canadian Navy” e la sua armata aerea, la “Royal Canadian Air Force”, che col 1° gennaio 1923, divennero tutte dipendenti da un ministero canadese, quello della “Difesa Nazionale”.
All’interno dello stato ci furono i primi cambiamenti nella formazione di
nuovi partiti. Se ne formò subito uno, quello degli agricoltori, che si
autodefinì “progressista” e che propose la istituzione di un libero scambio
assoluto.
Con la morte di sir Wilfrid Laurier, avvenuta nel febbraio del 1919, il partito
liberale passò al comando di Mr William Lyon Mackenzie King, che alle elezioni
del 1921 ottenne 117 seggi contro i soli 51 dei conservatori, che però
mantennero la maggioranza nel Senato.
I quattro anni che seguirono furono difficili soprattutto per i diversi interessi economici che i progressisti non ritenevano di loro soddisfazione. Tutto ciò contribuì ancora, ed in maniera determinante, al cambiamento della politica ed alle elezioni del 1925 i conservatori ottennero la maggioranza e nel giugno 1926 si insediò Mr Meighen. Egli però fu messo in minoranza alla Camera e perciò bisognò ripetere nel 1926 le elezioni, che ribaltarono completamente il risultato riassegnando il governo ai liberali, e quindi a King.
Il punto più importante del programma di King era quello di concedere larghe agevolazioni fiscali alle merci britanniche. Ma ciò non era la stessa cosa che volevano i conservatori, che avevano intanto un altro leader, Richard Bedford Bennet, che nel 1927 aveva sostituito Meighen.
Essi pretendevano di ricevere dalla Gran Bretagna adeguate contropartite e
questo sostennero nelle nuove elezioni del 28 luglio 1930:
le vinsero e portarono al governo Bennet.
La crisi economica del 1929/33 fu maggiormente sentita in Canada proprio a causa dei suoi sistemi produttivi. Infatti, nonostante la vastità delle terre coltivate, veniva però seguito un sistema di monocoltura, cioè in alcune zone, anche di grandissima misura, veniva coltivato un solo prodotto. E così mentre nella parte occidentale si coltivava solo grano, nella maggior parte delle zone settentrionali e centrali si produceva solo polpa di legno, atta alla fabbricazione della carta. Venendo meno la produzione di altri generi, il Canada si trovò a dover fronteggiare non solo le mancate richieste dei suoi prodotti ma anche i costi altissimi delle sue importazioni. E se il futuro del paese non ebbe a subire ripercussioni tragiche, fu solo per i vantaggiosi accordi pattuiti con la Gran Bretagna nel 1931 e per un trattato commerciale con gli S.U. che entrò in vigore il 1° gennaio 1936.
Nel 1935 i liberali vinsero le elezioni e King tornò al governo. Le difficoltà economiche furono in breve superate; si registrò negli anni prima della 2^ Guerra Mondiale un forte incremento demografico ed economico per cui il Canada si avviò ad essere una potenza mondiale.
In campo internazionale fece sentire tutta la sua forza scendendo in guerra accanto alle due madrepatrie, francese ed inglese, dando notevole impulso ai successi alleati.
In campo interno vide l’aumento della produttività industriale dovendo rifornire le forze armate e soddisfare le richieste di mercato. Tra il 1939 ed il 1944 vide quadruplicarsi le esportazioni. Ma non con gli S.U., verso i quali le importazioni erano sempre maggiori, tanto che a fine 1947 ed inizio 1948, venendo a verificarsi una grave penuria di dollari, il governo dovette intervenire per ridimensionare proprio le importazioni.
Nel dopoguerra il Canada ebbe qualche problema: primo per il rimpatrio di circa mezzo milione di soldati oltremare e secondo per il reinserimento di questi nelle attività produttive. Comunque tutto venne condotto con ordine, non ci furono eccessive difficoltà.
Poi, insieme alla crescita rapida della popolazione, si registrò anche un
notevole prestigio del Canada che veniva ad essere il più importante stato
nella mediazione fra gli S.U. e gli stati europei. Un’altra tappa importante
nel definitivo autonomismo del paese fu quella che portò alla cancellazione dai
passaporti della dicitura “cittadino britannico”, sostituita da “cittadino
canadese”.
La solidarietà politica e militare con gli S.U. trovò il suo completamento con
il programma di “Difesa dell’Artide Canadese” che, divenuta
eccezionalmente importante per l’evoluzione della strategia aerea,
evidentemente il Canada non avrebbe potuto difendere da solo in caso di attacchi
da parte sovietica.
Sotto il profilo dell’accresciuta importanza nel continente americano, si
annoverò l’annessione al Canada delle popolazioni del
Labrador e di Terranova, richiesta con un regolare referendum il 22 luglio 1948
e proclamata il 1° aprile 1949.
Il 27 giugno 1949 i liberali vinsero le elezioni per meriti particolari del loro leader Louis Stephen Saint Laurent, che ribadì gli stretti legami col Commonwealth e con gli S.U., quali basi fondamentali di tutta la politica estera canadese.
Si stabilirono subito precisi accordi per la difesa del continente nord-americano, garantiti ulteriormente poi dal “Patto Atlantico” il 4 aprile 1949.
Saint Laurent fu rieletto nel 1953 e nell’agosto del 1954 fece avviare i lavori per la canalizzazione del fiume San Lorenzo, per consentire ai navigli oceanici l’accesso ai Grandi Laghi.Questi lavori si conclusero alla fine del 1959.
Nel 1955 il Canada si trovò in disaccordo con gli S.U.. per il riconoscimento di Formosa, essendo più propenso invece a quello della Cina comunista. In questa circostanza Saint Laurent dichiarò che il Canada non sarebbe sceso in campo a fianco degli S.U. in caso di conflitto.
Il più importante ed inaspettato avvenimento del 1957 fu la vittoria delle elezioni, dopo 22 anni, della formazione di governo conservatore-progressista con a capo John Diefenbaker, il quale, non vedendo di buon occhio la preponderanza dell’economia statunitense in parecchi settori canadesi, volle ridimensionare quello che era lo smaltimento del “surplus” americano assumendo atteggiamenti ostili che nel 1959 portarono fra i due stati una certa tensione, fortunatamente però smussata dai comuni interessi nel Patto Atlantico.
Il panorama politico degli anni sessanta non fu tranquillo per il Canada che vide crescere la disoccupazione e subì una recessione industriale. A preoccupare Diefenbaker ci fu l’adesione alla CEE (Comunità Economica Europea)della Gran Bretagna, partner essenziale del commercio del Canada. Ma già nel 1961 la crisi parve superata.
Nel 1963 Diefenbaker subì la sconfitta elettorale e venne eletto Pearson che dovette subito affrontare il grave problema dei separatisti del Quebec di lingua francese. Si verificarono in quel periodo degli scandali e degli accesi contrasti politici per cui Pearson fu costretto a lasciare il potere che fu ripreso da Diefenbaker.
I liberali lavorarono molto sulla legislazione sociale, sulla politica bancaria, sulla regolamentazione delle circoscrizioni elettorali e non fecero mancare le critiche agli S.U. sull’argomento Vietnam.
Poi nel 1967 si ebbe l’Esposizione Universale a Montreal, per festeggiare il centenario della Confederazione Canadese, alla quale parteciparono 70 nazioni. Nello stesso anno una visita del generale De Gaulle nel Quebec ripropose il tema del separatismo. Nel 1968, con l’avvento al potere di Trudeau, il Quebec poté usufruire di una nuova politica atta a sanare le divergenze con il potere centrale mediante il godimento di più larghe misure autonomistiche.
Ma Trudeau dovette superare diversi altri scogli sia economici che politici e finalmente le elezioni del 1972 e del 1974 riuscirono a dargli quella maggioranza necessaria per portare avanti la sua politica di riforme e la sua lotta all’inflazione ed alla disoccupazione, riuscendo nel contempo ad aumentare sia la produzione che le esportazioni. Ed inoltre regolarizzò gli investimenti esteri, seguì una più equa condotta nel campo dell’energia petrolifera ed in quello della fiscalizzazione e varò numerosi piani per lo sviluppo economico. Per tutti gli anni settanta la scena politica canadese fu incentrata sulla questione del Quebec e del bilinguismo, che divenne obbligatorio in tutti gli atti federali. Il Quebec, comunque,per conto suo nel 1977 approvò una legge che stabiliva l’obbligatorietà della lingua francese per tutti, anche nei tribunali e nella istruzione.
Nel giugno 1984 Trudeau si dimise ed i conservatori, guidati da B. Mulroney, tornarono al governo. Il suo primo atto fu l’accordo di Meach Lake del 30 aprile 1987, con il quale si stipulava un patto tra Ottawa, capitale, e le altre province, lasciando al Quebec lo status di “società distinta”.
Ciò non fu sottoscritto da tre province: New Brunswick, Terranova e Manitoba, ed allora tutto ricominciò daccapo, compreso il separatismo del Quebec.
Negli anni settanta ed ottanta il Canada subì le stesse difficoltà che ebbe tutto il mondo occidentale; il raddoppio della popolazione, dovuto anche alle immigrazioni dall’Europa, dall’America Latina, dall’Africa e dall’Asia; due crisi petrolifere, la disoccupazione, l’inflazione e l’esagerato aumento dei prezzi.
Il piano energetico, già promosso da Trudeau, ebbe poco successo e le
grandiose opere pubbliche, volute dalle province, come il bacino idroelettrico
della Baia James di Quebec, finora hanno registrato altissimi costi senza
peraltro la restituzione di qualche frutto.
Così fra la non facile situazione economica e la questione del Quebec i governi
federali canadesi degli anni novanta si trovarono a fronteggiare molte difficoltà
di carattere socio-politico-culturali.
A seguito del fallimento dell’accordo di Meach Lake, nell’agosto 1992 a Charlottetown Mulroney, insieme ai premier delle dieci province canadesi, elaborarono un nuovo piano di riforme costituzionali.
Con queste riforme si intendeva concedere maggiore autonomia alle province, specialmente in campo culturale; ai nativi era riconosciuto il diritto all’autogoverno e per il Quebec, infine, veniva stabilito il diritto ad un quarto dei seggi nella Camera Bassa Federale ed un terzo dei giudici nella Corte Suprema canadese, a maggioranza anglofona. Questa proposta di riforme fu sottoposta a referendum popolare nel 1992 e fu bocciata inesorabilmente con il 54,4% dei voti.
Mulroney vide sempre più diminuire i consensi al suo governo ma le motivazioni furono anche altre. La principale fu sicuramente la recessione economica che aveva portato la disoccupazione a livelli molto alti; poi l’applicazione di alcune tasse sui beni ed i servizi ed inoltre una prevista istituzione di una zona di libero scambio, unitamente a Messico e Stati Uniti,in quanto il popolo canadese vedeva in questo un dover subire un modello economico e culturale soprattutto statunitense.
Nel giugno 1993 Mulroney quindi si dimise sia dalla carica di guida del partito sia da quella dell’esecutivo. In attesa delle elezioni generali, che si sarebbero svolte nel mese di ottobre, il governo fu affidato a K. Campbell.
Queste elezioni furono vinte dal Partito Liberale, guidato da J. Chretien, che aveva sviluppato la sua campagna elettorale principalmente proponendo sistemazioni economiche, con promessa di opere pubbliche e tagli alle spese militari.
Ma il dato più importante che scaturì da queste elezioni fu la grande affermazione del Bloc Quebeçois che, sorto nel 1990, divenne così il partito ufficiale dell’opposizione.
E la questione del Quebec continuò ad occupare la politica canadese e nel 1994 il leader del Bloc Quebeçois, J. Parizeau, dopo aver vinto le elezioni provinciali, propose un referendum popolare con argomento: secessione.
Tre elementi principali rendevano problematica una eventuale vittoria dei secessionisti. Primo: la Costituzione Federale non prevedeva che unilateralmente si dichiarasse la sovranità di una provincia. Secondo: incerto, a dir poco, sarebbe stato il ruolo assunto dal neo-stato nell’ambito delle organizzazioni internazionali e nei rapporti con le altre province canadesi anglofone che, certamente, non intendevano fare concessioni ai secessionisti. Terzo: il numero degli elementi anglofoni ed autoctoni era di gran lunga superiore e, di sicuro, avrebbe potuto reclamare per sé lo stesso diritto al riconoscimento che in quel momento il Quebec richiedeva.
Il 30 ottobre dello stesso anno il referendum si svolse ed i secessionisti furono sconfitti. Parizeau si dimise da ambedue le cariche che ricopriva, che furono assunte da L. Bouchard, leader e fondatore del Bloc Quebeçois.
Nel 1996 il governo federale canadese si impegnò al massimo per risanare l’economia ed inoltre, nell’ambito delle riforme costituzionali, si orientò verso una politica di divieto per il Quebec di proclamare unilateralmente la secessione.
Per quel che attenne alla politica estera, nel 1996 il governo, sostenuto dal Messico, si oppose a quanto disposto con la legge Helms-Burton con la quale gli Stati Uniti pretendevano di impedire alle imprese canadesi di investire a Cuba i loro capitali sui beni nazionalizzati da Castro.
Il 2 giugno 1997 con le nuove elezioni federali i liberali di Chretien mantennero la maggioranza ed il Bloc Quebeçois registrò una netta flessione. Nello stesso anno il governo federale canadese apportò una variazione ai confini interni fra le province, creando un nuovo stato, il “Nunavut”, fino ad allora parte dello Yukon.
La zona, abitata dalla popolazione degli “Inuit”, già dagli anni sessanta aveva subìto una trasformazione radicale con l’avvento delle industrie estrattive sia di gas che di petrolio.
Con questa divisione dal territorio industriale gli indigeni “Inuit”
poterono tornare alle loro usanze e conciliare così le loro esigenze con la
loro tradizionale economia.