Storia
Poco o nulla sappiamo intorno alla storia del Cile prima della occupazione spagnola. La metà settentrionale apparteneva al regno peruviano degli Incas. Ma, sottomesso ed eretto a vicereame il Perù, anche la regione cilena divenne dominio spagnolo.
Così la storia ebbe inizio dalla conquista di questa terra da parte dell'esploratore spagnolo Diego de Almagro che nel 1535 per primo vi penetrò attraverso le alture delle Ande Boliviane. Ma dopo il fallimento della sua spedizione ed i suoi catastrofici risultati sortiti, per due anni nessuno si avventurò più in quella zona.
Nel 1539, dopo essersi accordato con Pizarro, un altro spagnolo, Pedro de Valdivia, intraprese la conquista del territorio in nome della Corona di Spagna. Nel gennaio del 1540 partì da Cuzco con un seguito di 150 spagnoli e 1.000 indiani e, dopo sei mesi, giunto sulle rive del Mapocho, ai piedi della collina Huelen, vi fondò la città di Santiago de la Nueva Estremadura, in ricordo della sua città natale, Santiago de Compostela. Era il 12 febbraio del 1541.
Si cominciò subito la ricerca dell'oro nel fiume Malga - Malga e mentre gli spagnoli dirigevano, gli indiani lavoravano in condizioni così pietose che nel settembre di quello stesso anno essi si ribellarono causando ingenti danni agli spagnoli, con l'assalto a Santiago.
Si dovette inviare in Perù a chiedere soccorsi Alonso de Monroy che tornò con armi e viveri solo dopo due anni, nel 1543.
La dominazione spagnola nel Cile fu molto più difficoltosa che altrove, e non si poté mai dire sicura, poiché gli indiani Araucani mal sopportavano i conquistatori e, così, capeggiati da Lautaro, condussero contro di loro una spietata guerriglia che, iniziata nel 1543 si protrasse quasi ininterrottamente, con alterne vicende, fino alla fine del XVIII secolo. Appena se ne presentava l'occasione fuggivano al sud lasciando quasi deserte le zone intorno a Santiago e, quindi, non si poteva sfruttare il suolo per mancanza di lavoratori. Fu necessario quindi allargare la conquista al sud e così, nel settembre del 1544, giunti nella Valle del Coquimbo, gli spagnoli fondarono La Serena.
Quasi contemporaneamente il genovese Giovan Battista Pastene, nominato ammiraglio dal Valdivia, occupava la Baia di San Pedro. Valdivia, a sua volta, nel 1546 avanzava fino al fiume Bio-Bio.
Ben presto gli indigeni distrussero La Sirena; si rese allora necessaria un' altra spedizione, comandata da Francisco de Aguire con il compito di sottomettere i ribelli e ricostruire l'abitato.
Nel 1550 Valdivia tornò al sud ed alla foce del fiume Bio-Bio fondò la città di Concepcion ( marzo) e sconfisse gli Araucani riportando, almeno apparentemente, la calma ovunque.
Nel 1552 sorsero altre due città: quella di Valdivia e quella di Villarrica. Nel 1553, invece, sull'altro versante delle Ande si fondò la città di Santiago del Estero.
Quella che era stata solo calma apparente durò poco e già dal 1° gennaio 1553 Valdivia fu sorpreso e catturato a Tucapel e subito condannato a morte. Nel febbraio dell'anno dopo il suo luogotenente Villagra, subiva un'altra sconfitta; nel dicembre del 1555 Concepcion cadde nelle mani degli Araucani che, sempre guidati da Lautaro, mossero contro Santiago.
Furono, però, respinti; Lautaro cadde in battaglia il 29 aprile 1557 e nell'agosto dello stesso anno il nuovo Governatore, don Garcia Hurtado de Mendoza, batté gli indiani, riconquistò le terre perdute, fondò nuovi centri come Osorno e Mendoza e giunse fino all'arcipelago di Chiloè, la più settentrionale isola della Patagonia. Ma le ribellioni non furono mai definitivamente domate e gli indiani nel 1559 distrussero sei città; nel 1654 ci fu una rivolta generale disastrosa per tutta la colonia, che allora era retta da un Governatore, fiancheggiato dalla " Audiencia" e da un organo consultivo, composto da sei giudici ed un reggente, che si pronunciava su questioni amministrative e giuridiche.
Verso la fine del XVII secolo, essendosi leggermente ammorbiditi i rapporti fra spagnoli e Araucani, iniziò una fase di progresso nella colonia tanto che nel 1712, in otto mesi, salparono dal porto di Valparaiso ben 30 bastimenti carichi di frumento, alla volta dell'Europa, ed altri dieci dal porto di Concepcion.
Ma la sete di libertà degli Araucani non si era spenta e, nel 1723, scoppiò una sanguinosissima rivolta che arrecò danni ingenti alla colonia; fu dato fuoco a gran parte dei raccolti. Dalla Spagna arrivarono sempre governatori, di grande esperienza militare, ma essi non furono mai in grado di far progredire il paese che doveva essere sempre rifornito di tutto, venendo a costare alla Corona talmente tanto che più di una volta alla corte di Spagna si parlò di abbandonare una conquista così dispendiosa.
Sia che gli spagnoli si proponessero con massacri e repressioni, sia che si proponessero con sistemi pacifici, gli Araucani non si sottomisero mai. Anzi, una volta che era stata intrapresa una iniziativa di pace dal missionario gesuita Luis de Valdivia, inviato dal re Filippo III, si sortì l'effetto contrario e terminò con l'uccisione di tre missionari, perché un delegato spagnolo che aveva accompagnato il gesuita aveva tenuto un atteggiamento che essi avevano giudicato offensivo. Questo episodio riaprì le ostilità.
Intanto, tra una battaglia e l'altra, si cercava di ridurre la passività economica che il Cile procurava alla Spagna; la ricerca dell'oro era risultata infruttuosa. Allora fu data la precedenza all'estrazione, e quindi, all'esportazione del rame che partiva da Coquimbo verso il Perù e la stessa Spagna. Fiorente era anche l'agricoltura che produceva la canapa, cereali, vino, olio, frutta; il tutto alimentando l'esportazione.
Ma per avere vantaggi più grandi sarebbe occorsa più gente in grado di lavorare. Gli indigeni erano scarsi, soprattutto per le continue guerre, gli schiavi negri costavano troppo ed i bianchi erano in numero ridotto e piuttosto dediti ad arricchirsi. Poi c'era il clero che provvedeva all'istruzione ed alla conversione degli indigeni, con scarsi risultati, ma con accumulo di profitti personali, ciò che infastidiva non poco i laici.
In questo periodo, comunque, riebbero progressi anche nel commercio, la popolazione crebbe, le casse della colonia conobbero maggiori introiti ed anche la vita culturale conobbe una maggiore fioritura.
Nel 1747 fu fondata l'Università di San Felipe con cattedre importanti come la grammatica, la filosofia, la legislazione, il diritto canonico, la teologia, la matematica e la medicina. I corsi iniziarono nel 1756 e furono tenuti dai gesuiti fino al 1767 quando i ministri del Re Carlo III di Spagna li espulsero dal Cile.
Intanto le condizioni economiche creavano sempre maggiori contrasti fra creoli e spagnoli e sotto sotto cominciava a serpeggiare, insieme allo scontento, anche un altro sentimento, quello nazionale, al risveglio del quale non poco contribuirono gli stranieri, primi fra tutti i nord-americani.
Essi, mentre frequentarono i porti del Cile per gli scambi commerciali, sobillavano le popolazioni facendo loro conoscere la costituzione della repubblica dopo la dichiarazione di indipendenza dall'Inghilterra.
Nel 1788 era stato nominato Governatore un irlandese, Ambrogio O'Higgins che si prodigò molto per lo sviluppo della colonia; fece abbellire le città, fondò " l'Accademia delle Scienze, Disegno e Lingue Viventi",fece costruire un teatro a Santiago e liberò gli indiani schiavi.
Come già avvenuto in altre zone dell'America Settentrionale, anche in Cile i coloni spagnoli si erano dati una nuova patria, avevano cambiato la loro vita ed aspiravano ad affrancarsi dalla Spagna.
All'improvviso, verso la fine del 1809, giunsero fino a loro le voci del crollo del trono di Spagna per opera di Napoleone I. Fu l'occasione che i coloni liberali attendevano per dare il via ad una sommossa in Cile.
Il governatore della colonia, d'accordo con i capi degli indipendentisti, nominò un "Congresso" che reggesse temporaneamente le sorti del Paese, mentre il Cile continuava a riconoscere la sovranità del re Ferdinando VII che, invece, era stato spodestato da Napoleone. Dopo due anni questo Congresso venne abolito ed il governo passò completamente nelle mani dei liberali cileni, per merito del generale Josè Miguel Carrera, che fu l'eroe della "Vecchia Patria", così come fu chiamato il Cile fra gli anni 1811 e 1814, anni in cui per la prima volta si ebbe un governo autonomo.
Carrera, audace ed energico, in soli venti giorni aveva concluso la rivolta armata contro la Spagna divenendo eroe nazionale e capo del paese; ma fu un dittatore ed in seguito agli intrighi dei suoi rivali politici fu costretto ad abbandonare il Paese.
Durante il periodo dell'esilio egli si spostò di continuo da un capo all'altro delle Americhe in cerca di aiuti per riconquistare il potere. E quando già, con l'aiuto del governo argentino, aveva raccolto uomini ed armi per tentare l'impresa, cadde nelle mani dei suoi nemici che lo giustiziarono.
Il potere era passato nelle mani di uomini liberali e moderati. Così il 12 febbraio del 1818 nasceva la Repubblica Indipendente del Cile proclamata da O'Higgins, che un anno avanti, per meriti patriottici, era stato dichiarato "Direttore Supremo" del Cile.
Ma gli spagnoli tentarono di riconquistare il potere e debellare i patrioti a Cancha Rayada il 19 marzo 1818. Tutte le loro illusioni caddero definitivamente l'8 aprile dello stesso anno, dopo la sconfitta subita a Maipo, a opera del generale Josè de San Martin, al cuore si deve la metà della gloria per la liberazione dell'America Meridionale; l'altra metà spetta di diritto a Simon Bolivar.
Il primo Capo del Cile Libero, O'Higgins, col suo carattere autoritario ed imperioso, pur profondendo tutte le sue forze per lo sviluppo del paese, destò del malcontento al punto tale che, invitato dai notabili di Santiago a presentarsi davanti all'Assemblea, il 28 gennaio 1823, si dimise. Gli successe il generale Ramon Freire che fece votare la Prima Costituzione del Cile ed abolì definitivamente la schiavitù.
Ma il Paese attraversava un periodo di inquietudine; i vari partiti sorti erano sempre in lotta fra loro, il malcontento serpeggiava e nel luglio del 1826 anche Freire si dimise dall'incarico.
Si susseguirono due brevi presidenze, quella di Blanco Encalada e di Agostino Eyzaguirre, poi Freire tornò in carica per soli tre mesi. Il successore Francisco A. Pinto subì nel 1830 un movimento rivoluzionario che ebbe la meglio nella battaglia di Lircay e lo rovesciò. Dopodiché, e per un decennio (1831-1841) il potere fu preso dal generale Joaquin Prieto, conservatore, e dopo di lui dal generale Manuel Bulnes (1841-1851) e da Manuel Montt (1851-1861). In tutti questi anni il potere fu concentrato nelle mani di pochissimi uomini che restrinsero notevolmente le pubbliche libertà ed infransero con la forza tutte le opposizioni.
La Costituzione del 1828, opera dei liberali, aveva decentralizzato il potere amministrativo, frenato il potere esecutivo non permettendo la rielezione di un presidente dopo un quinquennio e aveva dato poteri al Congresso.
Quella del 1833 aveva subìto notevoli modifiche in base alle quali il potere tornava al centro, gli intendenti di provincia che dovevano gestirlo erano nominati direttamente dal Presidente della Repubblica, il quale dava speciali mansioni anche ai vari governatori ed ai capi locali minori. Il Presidente era attorniato da quattro ministri: dell'Interno, degli Esteri, della Giustizia, Culto e Pubblica Istruzione e quello della Guerra Marina, Finanze e Tesoro. Poi era coadiuvato da un Consiglio di Stato, composto da dodici membri, che avevano il compito di elaborare le leggi e compilare i bilanci.
Nonostante i moti liberali avvenuti nel 1835, nel 1851 e nel 1859, il governo conobbe un periodo di stabilità durante il quale poté progredire in virtù della creazione di banche e della stipula di diversi trattati commerciali internazionali. Si aprirono istituti di cultura, tra cui l'Università di Santiago, si rafforzò lo sfruttamento delle miniere d'argento a Copiapò e di quelle di carbone di Lota, si costruirono ferrovie e telegrafi e si diede grande impulso alla colonizzazione della provincia di Valdivia ad opera di colonizzatori tedeschi; si occupò lo Stretto di Magellano, si ampliò il porto di Valparaiso. Nel 1857 furono promulgati il codice civile e il codice di commercio, poi fu dato un notevole assetto alla Chiesa Cattolica.
Il maggior merito di tutto ciò spettò a Montt che fu dapprima ministro del presidente Bulnes e poi presidente egli stesso.
Nel 1861 fu eletto Josè Joaquin Perez, uomo di vedute liberali ed anche i suoi successori, tra i quali Anibal Pinto (1876/1881) ebbero tra i liberali i migliori collaboratori. Nel 1865/66, il Cile si trovò a fronteggiare nuove pretese spagnole collaborando con il Perù. L'esperienza che ne ricavò fece convincere gli organi di governo che occorreva rinforzare l'esercito, ma soprattutto la marina date le migliaia di chilometri di costa che vanno dal nord al sud. Sempre nel 1866 scese in guerra con la Bolivia e conquistò il porto di Antofagasta lungo il litorale del Pacifico, importante per i ricchissimi giacimenti di argento, rame e salnitro e con notevoli depositi di guano. In questa guerra, la marina del Cile, moderna e rinforzata al massimo, contribuì quasi completamente al raggiungimento delle conquiste.
Intanto si era giunti al 1881; scadeva il mandato del presidente Pinto e gli succedeva il liberale Domingo Santa Maria che fu avversato dai conservatori e persino da una parte di liberali dissidenti perché aveva permesso alcune leggi che introducevano il matrimonio civile, i registri delle nascite e delle morti e aprivano i cimiteri a tutti i culti. Nonostante tutto egli poté tenere il mandato fino alla sua naturale scadenza del 1886.
Gli successe ancora un liberale, Manuel Balmaceda, che volle ricostruire il partito liberale. E poi, convinto di avere la maggioranza, mise in atto una politica di forti spese: costruì molte linee ferroviarie nel sud, scuole e collegi, aumentò la flotta di parecchie unità, edificò una base navale a Talcahuano, armò la fanteria e l'artiglieria e proprio con pesanti mezzi di artiglieria fortificò le città di Valparaiso, Talcahuano e Iquique. Tutte queste spese potevano essere sostenute poiché il paese stava attraversando un periodo di floridezza e lo sfruttamento dei giacimenti di Antofagasta e Tarapacà dava notevoli risultati.
Balmaceda, a suo tempo, aveva creato un ministero che gli consentiva di raggiungere la maggioranza eleggendo direttamente i ministri di suo gradimento, mentre l'opposizione esigeva che si facessero regolari elezioni con l'applicazione di un vero e proprio regime parlamentare.
Si ebbe uno scontro violento, i ribelli elessero una "Giunta" provvisoria, si impossessarono dei principali porti settentrionali e, con l'appoggio della marina, batterono le truppe fedeli a Balmaceda nella battaglia di Placilla; egli dovette abbandonare il potere e si suicidò il 19 settembre 1891.
Il capo della "Giunta", l'ammiraglio Montt, eletto presidente, si occupò subito di pacificare il paese concedendo una amnistia a tutti gli ufficiali di Balmaceda, che così ritornarono in patria; concesse l'autonomia alle locali amministrazioni, ricostituì l'esercito mettendovi a capo ufficiali tedeschi e ripristinò la valuta aurea.
Nel 1896 divenne presidente F. Errazuriz Echaurren e, subito all'inizio dell'anno successivo, si trovò a fronteggiare la Bolivia. Ed anche all'interno c'erano state importanti modifiche nell'assetto governativo. Praticamente il potere era nelle mani del Congresso (formato dal Senato e dalla Camera dei Deputati) che così era l'unico arbitro della politica del Cile.
Il regime parlamentare, frattanto, stava attraversando un periodo assai critico a causa delle discordie interne tra i partiti, che generarono l'assoluta instabilità dei ministeri susseguitisi, sotto le presidenze del liberale German Riesco (1901-1906), del conservatore Pedro Montt (1906-1910), dell'oppositore a Balmaceda Ramon Barros Luco (1910-1915) e di Juan Luis Sanfuentes (1915-1920).
Ma anche l'insorgere di vari problemi sociali rendeva difficile praticare la politica in Cile. Tutte le attività volte al progredire del paese avevano creato diversi ceti sociali fra gli operai i quali, resi edotti delle dottrine che giungevano dall'Europa, venivano a creare continui problemi che, di conseguenza, andavano ad impegnare la politica. Il maggior disagio creato da queste difficoltà si avvertì sotto il successivo presidente Arturo Alessandri (1920-1925).
Egli stabilì un programma che prevedeva innanzi tutto il decentramento amministrativo, il suffragio femminile, la separazione della Chiesa dallo Stato, l'istituzione dell'imposta sul reddito, del codice del lavoro e del controllo governativo sull'industria dei nitrati, ma non poté attuare nemmeno in parte questo programma perché l'Union, che aveva la maggioranza al Senato, praticò una forte opposizione.
Nel 1924 ci furono elezioni legislative, vinte dai democratici che,
però, non seppero risolvere i problemi incombenti per cui il 4 settembre
dello stesso anno si verificò un colpo di stato. Alessandri si dimise
ed il governo passò nelle mani di una Giunta capeggiata dal generale
Altamirano. Il Congresso respinse le dimissioni di Alessandri, gli assegnò
un congedo di sei mesi ed egli si ritirò a Buenos Aires. La Giunta
sciolse il congresso ed instaurò la dittatura.
Questa il 23 gennaio 1925 fu rovesciata da un'altra Giunta, diretta
da Bello Codesido, dal generale Dartnell e dall'ammiraglio Ward, i quali
richiamarono al potere Alessandri. Questi rientrò a Santiago fra
l'entusiasmo del popolo e subito e si rimise all'opera elaborando, per
prima cosa, una nuova Costituzione che fu approvata. Nell'ottobre del 1925
si tennero le elezioni presidenziali e a dicembre entrò nella carica
Emiliano Figueroa, eletto a grande maggioranza. Il paese di nuovo tornò
ad un normale regime costituzionale ma la politica non trovò ancora
la calma.
Il colonnello Carlo Ibanez, che era allora Ministro della Guerra, fu eletto dapprima Presidente del Consiglio, poi Vicepresidente della Repubblica ed infine Presidente dopo il dimissionario Figueroa.
Ibanez, avvalendosi dei particolari poteri conferitigli, cominciò subito una drastica opera contro i comunisti ed intraprese la riorganizzazione delle finanze e della amministrazione statali. Negli anni che seguirono la vita interna del Cile ebbe un costante progresso economico e tecnico.
Nel febbraio del 1930 Ibanez era ancora presidente poiché con poteri straordinari aveva prorogato il tempo della sua carica per altri sei mesi. Ciò provocò una serie di dimissioni che iniziarono con quelle del Ministro dell'Interno e poi ci furono quelle dell'intero Gabinetto. Tentò di ricostituire il Gabinetto dei Ministri chiamando a coadiuvarlo il sindaco di Valparaiso ma non si ebbe il risultato sperato. Il 21 settembre dello stesso anno si registrò ancora una rivolta che fu di breve durata perché subito sedata. Il 28 dello stesso mese si sciolse il Congresso e furono annunciate elezioni che dovevano seguire, però, una nuova legge emanata da Ibanez, che con essa si arrogava il diritto di sciogliere il Congresso quando gli interessi dello stato lo avessero richiesto.
Intanto la situazione finanziaria registrava una forte insolvenza e non fu trovata una soluzione da parte del Congresso che, così, fu sciolto il 10 febbraio del 1931 ed Ibanez ebbe poteri straordinari fino alla convocazione del 21 maggio.
La situazione di rottura creatasi non depose a favore di Ibanez che dovette dimettersi per lasciare il potere temporaneamente al presidente del Senato, Pedro Opazo, e dopo di lui a Juan Esteban Montero, che indisse subito le elezioni presidenziali, si candidò, ma gli fu preferito come presidente provvisorio il Ministro dell'Interno M. Trucco.
Nel settembre del 1931 si verificò ancora una rivolta; fu iniziata da alcuni marinai comunisti seguiti poi dall'intera flotta e poi dalle truppe di terra. Risolse la situazione la forza aerea e quando tutto fu tornato alla calma il 4 ottobre si svolsero le elezioni. Fu nominato presidente Montero, conservatore, che aveva avuto la meglio sul liberale Alessandri; ma il suo governo il 4 giugno del 1932 cadde. Aveva registrato una nutrita schiera di insuccessi politici ed economici che gli fecero perdere la carica, assunta subito da una Giunta Rivoluzionaria capeggiata da Carlos Davila il quale il 6 giugno sciolse il Congresso e nominò un Ministero.
Davila dispose subito una serie di provvedimenti tesi a ristabilire l'ordine ed a riorganizzare l'economia, molto precaria. Ascrisse ai lavoratori il parziale controllo delle industrie, dimezzò le grandi proprietà, impose una forte tassazione sul reddito ed infine promise di rispettare tutti i trattati stipulati con gli stranieri onorando i debiti. Proprio quest'ultima cosa la Giunta non rispettò risvegliando così le lotte interne che il 12 giugno portarono alle dimissioni di Davila. Questi, poco dopo tornò al potere per merito di una controrivoluzione, ma durò poco ed il 13 settembre fu nuovamente defenestrato da una rivolta capeggiata da A. Merino Benitez, capo dell'aviazione. Fu eletto provvisoriamente presidente il generale B. Blanche e subito si creò un conflitto fra lui e Merino Benitez.
La diatriba si risolse in favore di Blanche, ma il popolo, che era stanco di tutti i regimi militari, formò una Giunta Civile ad Antofagasta, che impose a Blanche di dimettersi; era il 1° ottobre. Il 30 dello stesso mese si svolsero le elezioni che portarono alla presidenza Alessandri, il 24 dicembre. Ne conseguì un periodo tranquillo che consentì una ripresa economica soprattutto per merito del commercio dei nitrati.
Nel frattempo, in opposizione ai comunisti, era sorta una "Milicia" repubblicana ed un partito nazional-socialista, sul modello di quello tedesco, che, però, nel dicembre del 1933 fu soppresso dal governo.
Nel 1934 ci furono dei forti contrasti fra industriali e commercianti da un lato e i socialisti dall'altro. I rappresentanti dei primi due chiesero al governo di non intervenire negli affari del commercio e dell'industria privata, che le tasse fossero diminuite ed anzi che fosse rivisto il sistema di tassazione. Si verificò anche una rivolta agraria sulle Ande, addebitata ai comunisti. Da quel momento si ebbero forti repressioni che andarono avanti fino al febbraio 1936; furono arrestati molti aderenti al partito comunista, accusati di aver creato tutti i disordini verificatisi nelle province centrali.
Nel febbraio 1936 fu tentato un colpo di stato da parte di alcuni ufficiali a riposo, peraltro fallito. Dopodiché la calma tornò nel Paese, la Milicia repubblicana si sciolse e nel gennaio del 1937, causa un nascente movimento nazista, fu varata una legge speciale per tutelare la difesa dello stato. Nel marzo del 1937 le elezioni stabilirono la prevalenza dei partiti di destra. Il 14 maggio 1938, a seguito di disaccordi fra il delegato del Cile e la Società delle Nazioni, il Cile si ritirava da quella istituzione. Intanto con le ultime elezioni andarono al governo anche sette comunisti e tre nazionalsocialisti; questi ultimi, sotto la guida di J. Gonzales von Maree, il 5 settembre del 1938, tentarono il colpo di stato. Tutti e due i partiti riuniti al "Frente Popular" elessero P: Aguirre Cerda che subito, il 23 ottobre, amnistiò Gonzales von Maree.
IL 24/25 gennaio del 1939 il Cile fu investito da uno spaventoso terremoto che distrusse completamente la città di Chillan e devastò Conception, Linares, Talcahuano e Cauquenes, mietendo 40000 vittime. Come se non bastasse altri tentativi rivoluzionari si verificarono ed in più sorse un grosso scandalo nel febbraio del 1940; dovuto alla concessione irregolare di visti e passaporti agli immigrati europei.
Quando nel 1940 scoppiò la guerra in Europa, il Cile si mantenne neutrale, come del resto aveva già fatto nel primo conflitto mondiale, limitandosi in quella circostanza a contendere, ai suoi stati limitrofi, solo alcuni territori di confine. Ma dopo l'attacco giapponese a Pearl Harbour, il Cile riuscì a far convocare a Rio de Janeiro, associandosi all'Argentina, una Conferenza con la quale si ottenne che ogni stato era libero di interrompere le relazioni con l'Asse, il che avvenne il 20 gennaio del 1943.
Nel dicembre del 1944 si stabilirono relazioni diplomatiche con l'URSS. Nell'agosto del 1944 era stato eletto senatore Alessandri e nel marzo del 1945 era divenuto presidente del Senato. Nel contempo il Cile, che aveva aderito alla Dichiarazione delle Nazioni Unite, dichiarò guerra al Giappone. Gravi incidenti interni provocarono scioperi operai con notevole crescita del generale malcontento. In questa situazione i comunisti vinsero le elezioni e portarono alla presidenza del Senato Gonzales Videla, che formò un primo ministero misto con liberali, radicali e comunisti. Egli promosse alcune iniziative commerciali e rivendicò i diritti del Cile sull'Antartide. Nel 1947 stabilì una base nell'isola di Greenwich, chiamandola "Puerto Soberania", che visitò nel febbraio del 1948; chiamò "Terra di O'Higgins" quella che era stata sempre nota col nome di "Terra di Graham" nonostante le proteste inglesi.
In luglio ed agosto 1948 si recò in Brasile ed in Argentina per concludere alcuni accordi. Poi, a causa di scioperi e tumulti interni alle miniere di Lota e Coronel nel sud, fu costretto ad introdurre un razionamento e, come risultato finale, nell'ottobre si ebbe l'occupazione militare delle stesse miniere. Nel medesimo tempo sventava un piano di spionaggio messo in piedi dai comunisti jugoslavi; portò a conoscenza di quel governo le prove acquisite; espulse tutti i rappresentanti di quel paese, ruppe i rapporti diplomatici con la Cecoslovacchia e l'URSS. Ma quando Gonzales avversò in senato Pablo Neruda a proposito della sua sospesa immunità parlamentare, il presidente del Senato Alessandri si dimise e nell'anno successivo tutti i comunisti furono esclusi da ogni impiego statale e parastatale.
Videla dovette affrontare difficili situazioni ed il malcontento generale. Quando i comunisti furono accusati di essere i fautori di tutti i disordini del paese, estromise i ministri dal governo e mise il partito fuorilegge (1948).
Nel 1952 stipulò con gli USA un patto militare che non incontrò il favore popolare. E dopo tanti difficili episodi, i nazionalisti insorsero e ripristinarono al potere ancora una volta Carlo Ibanez ed egli, anche se aiutato dai comunisti, si orientò verso un governo di riforme. Ma i suoi progetti non furono attuati e, dopo pochi mesi, con le elezioni del 1° marzo 1953 perse il controllo sia del Senato che della Camera. L'8 luglio 1953 sottoscrisse con l'Argentina un patto economico che non solo non sortì alcun risultato ma addirittura servì a risvegliare le rivendicazioni dei nazionalisti a proposito dell'Antartide. Il 1° marzo 1955 dovette decretare la legge marziale per troncare lo stato di tensione creato da disordini e scioperi continui. Si dimostrò anche incapace a contenere la crescente spinta inflazionistica ed ormai le crisi divennero ricorrenti tanto che dovette ordinare pure l'occupazione militare degli stabilimenti industriali.
Nel marzo 1957 i partiti radicale e liberale ottennero con le elezioni legislative un successo strepitoso tanto da costringere Ibanez a contare su un governo esclusivamente tecnico, in attesa della scadenza del suo mandato.
Nel maggio 1959 i partiti ostili a Ibanez fecero approvare una legge che riportava i comunisti a partecipare al governo ed il 4 settembre 1959 vinse le elezioni il liberale Sorge Alessandri Rodriguez i cui voti, però, superarono di poco quelli del socialista S. Allende.
La prima iniziativa del nuovo presidente fu quella di far ridurre a tutte le repubbliche latino-americane le spese militari e devolvere le somme risparmiate allo sviluppo economico e sociale di tutti i paesi. Questa iniziativa incontrò il favore generale compreso quello degli USA. nel febbraio del 1960 Alessandri ricevette la visita del generale Eisenhower. Nel maggio dello stesso anno si verificò in Cile uno spaventoso terremoto i cui danni in alcuni punti del paese ne mutarono persino la configurazione fisica.
Con il presidente J. Alessandri (1958/64), prevalso di misura sul socialista S. Allende, si erano ripresi gli sforzi per migliorare la situazione economica e per dare maggiore impulso alle industrie, a discapito dell'agricoltura. Il governo bloccò i salari ed impose varie misure restrittive ai cittadini; ciò causò in tutto il paese uno stato di crescente preoccupazione.
Nel 1964 si ebbero due candidati alla presidenza: il conservatore J. Duran ed il democratico-cristiano E. Frei. A sorpresa quest'ultimo, amico degli USA, vinse la concorrenza ma dovette subito affrontare la diffidenza del Congresso, dove il suo partito aveva pochi rappresentanti. Intanto il paese attraversava un periodo di indigenza suprema in tutti i settori, e siccome Frei alla Camera dei Deputati poté avere un cospicuo aumento dei seggi, e quindi poté contare su una stabilità garantita da questa maggioranza, nel 1965 diede il via alla "Cilenizzazione" delle miniere di rame, allora nella quasi totalità nelle mani di società nordamericane. Vi riuscì completamente alla fine del 1966 e promise un raddoppio della produzione nel giro dei successivi sei anni e poi, con un accordo col Perù, col Congo e con lo Zambia, stabilì l'unificazione dei prezzi. Ma nel 1967, a seguito del calo di richieste del prodotto nel mondo, si verificò una grave crisi ed anche la riforma agraria, intrapresa da Frei, toccando gli interessi dei latifondisti e dei grandi proprietari terrieri, dovette superare un'accanita opposizione degli interessati. Fu emanata ed approvata una legge speciale per questo motivo, nel luglio 1967, accolta con grande favore dalle masse. Si iniziarono subito i lavori di esproprio ai ricchi con assegnazioni di terre ai contadini che, per loro maggiore sicurezza, fondarono i loro sindacati.
In politica estera Frei raggiunse buoni risultati e ristabilì i rapporti diplomatici con l'URSS. Tuttavia le riforme procedevano a rilento e siccome Frei era potente alla Camera ma non in Senato, nonostante gli innegabili meriti, dovette soccombere alle elezioni del 4 settembre 1969 che videro sorgere alla ribalta del governo il primo presidente socialista della storia S. Allende, liberamente eletto nel continente americano. Egli fu insediato il 4 novembre 1970 a reggere un governo di Unità Popolare, con tre socialisti, tre comunisti, tre socialisti-radicali e due socialdemocratici.
Il programma che Allende intendeva perseguire era quello delle nazionalizzazioni, degli espropri alle grandi aziende in favore dei contadini e della ripresa delle relazioni con Fidel Castro. Ciò provocò un certo panico fra gli industriali e i grandi proprietari terrieri i quali, dopo aver realizzato enormi quantità di dollari, si trasferirono all'estero e con loro tutti i capitali. Anche molti tecnici, ricercatori ed intellettuali espatriarono e in questa situazione il governo di Allende si trovò notevolmente sotto tono.
I raccolti stentavano e l'edilizia rallentava. La sola Chiesa appoggiò il suo programma, anche perché in esso erano contenute delle riforme che la Chiesa già da tempo stava chiedendo. E, stranamente, anche l'esercito, che era stato sempre fuori della politica, dopo aver visto soddisfatte alcune rivendicazioni, lo sostenne.
Ciò che Allende faceva in Cile era oggetto di molte attenzioni da parte del mondo intero. Tutti guardavano scetticamente alle sue pretese di sconfiggere la miseria delle classi meno abbienti, prima fra queste quella dei contadini. Ed inoltre era molto malvista l'iniziativa di impedire l'accumulo di forti capitali a beneficio degli stranieri.
Il 4 Aprile del 1971 Allende fu riconfermato con ampio consenso, ma quando nel successivo mese di giugno fu assassinato l'ex Ministro dell'Interno di Frei, E. Perex Zucovic, odiato dalle sinistre, i democratici cristiani abbandonarono il suo governo e passarono all'opposizione. Il potere di Allende diminuì ed anche i radicali cominciarono a manifestare il loro scontento poiché non vedevano risolti alcuni problemi che da tempo erano in attesa di soluzione.
Nel novembre 1971 Fidel Castro si recò in Cile ed arringò parecchie volte le folle in difesa dei progetti di Allende, ma la situazione non migliorò. Persino la Cina Popolare fece, nel febbraio del 1972, un grosso prestito al Cile. Le cose andarono sempre peggio; l'agricoltura era in sfacelo, sia per la mancanza di mezzi che per quella delle piogge, privando le popolazioni del maggiore sostentamento; il bestiame, per conseguenza, veniva nella massima parte macellato, con gravi danni; il prezzo del rame calava continuamente. Allende cercò di arginare questo disastro cercando ausilio con i suoi viaggi nei vicini stati del Perù, Ecuador, Colombia, Messico, Cuba, Argentina e andò persino a Mosca in visita ufficiale dal 6 al 9 dicembre 1972.
La situazione alimentare del paese si era fatta talmente critica tanto che a scendere in piazza per dimostrazioni di massa furono per prime le donne. Sul paese si abbatté una grande ondata di scioperi, di tumulti in piazza e di terrorismo.
Allende, volendo alleggerire la pressione dei radicali, investì di pieni poteri i militari conferendo il Ministero dell'interno al Generale C. Prats, quello dei Lavori Pubblici al contrammiraglio Ismael Huerta, e quello degli Affari Minerari al generale dei Carabinieri C. Sepulveda. Queste modifiche indisposero non poco le sinistre ed Allende poco dopo revocò lo stato di emergenza per tranquillizzare almeno la piccola e la media borghesia.
Il 4 dicembre 1972 si recò alla XXVII Assemblea delle Nazioni Unite e lì accusò i paesi imperialisti di essere i promotori del soffocamento dell'economia cilena con l'intento di rovesciare il suo governo per instaurare una dittatura.
Nonostante lo stato nazionale di disagio, con le regolari elezioni del 6 marzo 1973 Allende si vide aumentare il favore popolare, ma la maggioranza del governo era pur sempre retaggio della democrazia cristiana, alleata delle destre, le quali, vista la conferma dell'Unità Popolare, intensificarono la loro opposizione.
Intanto Allende aveva formato un governo di soli civili, ma il terrorismo continuava la sua opera di demolizione delle istituzioni. L'addetto militare Araya Marin fu ucciso e l'ammutinamento di due navi nel porto di Valparaiso, soffocato nel nascere, costrinse Allende ancora una volta a ricorrere agli esponenti delle forze militari. La Camera, allora, promosse una mozione che accusava Allende di violazione della Costituzione, provocando le dimissioni dei militari. Egli fu costretto a riaprire il dialogo con i democratici cristiani ma la situazione peggiorò ed allora propose un plebiscito in cui l'intera popolazione potesse esprimersi a suo riguardo. Ciò non si verificò perché a risolvere il problema fu un colpo di stato che mise il potere nelle mani di una Giunta Militare. Allende non volle arrendersi all'evidenza, si barricò nel palazzo presidenziale che fu sottoposto ad un bombardamento che pose fine alla sua vita.
La Giunta Militare aveva a capo il generale A. Pinochet Ugarte. Egli assunse i pieni poteri, instaurò uno stato di terrore, istituì corti marziali che decretarono giudizi sommari, fucilazioni, arresti in massa e campi di concentramento. Tutto ciò provocò la massima riprovazione del mondo intero.
Il 27 giugno 1974 il generale Pinochet assunse ufficialmente la carica di Presidente della Repubblica e stabilì pure che i tre comandanti delle forze armate avrebbero esercitato il potere legislativo. Nel tempo avvenire consolidò l'autoritarismo ed i partiti politici non furono ammessi nel governo del Cile che, anche con la ripresa degli aiuti da parte degli USA, non riuscì mai a sanare le profonde manchevolezze economiche in cui versava.
Il 7 novembre del 1974 l'ONU chiese al Cile di ripristinare i diritti dell'uomo ed anche il Tribunale Russell II, riunitosi a Bruxelles il 18 gennaio 1975, condannò il governo cileno per "Violazioni gravi, ripetute e sistematiche dei diritti dell'uomo".
Dal 1973 fino 1975 si cercò gradualmente di riorganizzare il paese, poi si intensificò con la promozione della internazionalizzazione dell'economia, con l'apertura ai capitali esteri, la riduzione della spesa pubblica, l'abolizione della presenza dello stato nella produzione, il passaggio delle imprese pubbliche ai privati, alla diminuzione della base monetaria, il contenimento salariale, la libertà dei prezzi e dei licenziamenti.
Queste iniziative non registrarono i successi sperati anche perché essi erano consequenziali alla stabilità internazionale. Per questo molte piccole e medie aziende dovettero chiudere, il debito con l'estero aumentò, si penalizzarono l'istruzione, la sanità e la previdenza, conglobando nel recesso anche i ceti medi. I capitalisti ritornarono in possesso delle terre in precedenza espropriate, i salari diminuirono e furono smantellati sia la riforma agraria che i sindacati, le organizzazioni dei lavoratori subirono il divieto di federarsi a livello nazionale e fu soppresso il diritto di sciopero. Ciò provocò il boicottaggio dei sindacati europei e persino di un sindacato statunitense ed allora le contrattazioni sindacali furono ripristinate ma non a livello nazionale bensì solo a livello di singole imprese.
Pinochet rinforzò i suoi poteri assumendo non solo la carica di Capo dello Stato ma anche quella di Capo delle Forze Armate. Soppresse tutti i partiti, sia di sinistra che di destra, e quando a causa delle repressioni messe in atto anche verso i rifugiati politici l'ONU decretò il suo isolamento internazionale, fu costretto a mitigare i rigori del suo governo istituzionalizzando il regime con gli atti costituzionali del 1976 prima o poi col Piano Chacarillas del 1977, in cui stabiliva di passare le consegne ai civili nel 1985. Infine emanò una Costituzione che stabiliva la fine del regime militare nel 1989. Con un referendum tutto ciò fu approvato ma la mobilitazione popolare continuò anche con l'apporto della Chiesa che non vedeva assolutamente nel governo di Pinochet alcunché di "cristiano", come lui lo definiva, dal momento che calpestava tutti i diritti dei cittadini.
Nel 1986, a seguito delle migliorate condizioni economiche, l'opposizione si ammorbidì ed accettò la risoluzione del regime di Pinochet al 1997, cosa che poi avvenne.
Nel 1989 il Cile tornò alla democrazia ma sempre sotto la tutela dei militari. Pinochet chiese la presenza di nove senatori non elettivi, i quali vennero nominati appunto dai militari, si schierarono con la destra e di fatto non fecero approvare alcuna riforma fra quelle richieste dal popolo. L’amministrazione di centro-sinistra, guidata da P. Aylwin, poco potè per migliorare la situazione. Una delle poche riforme che fu dato di attuare più tardi, nel febbraio 1994, consistè nell’elevare il mandato presidenziale a 6 anni.
Intanto nel marzo 1991 veniva pubblicato un rapporto della “Commissione
Nazionale per la Verità e la Riconciliazione”.
In questo rapporto si portavano a conoscenza del mondo intero tutte
le violazioni ai diritti umani perpetrate dalla milizia di Pinochet durante
gli anni 1973/90. Ed anche se questa denuncia non portava alcun effetto
giuridico, pure il dittatore la contestò con vigore dichiarandola
fortemente lesiva dell’immagine delle forze armate.
Aylwin, dal canto suo, amministrò il paese confermando il regime liberista già presente e la sua coalizione di centro-sinistra fu confermata con le elezioni del dicembre 1993; nelle presidenziali si impose E. Frei, democristiano, che riprese il lavoro del suo predecessore, relativo alle riforme costituzionali.
Il Senato nel 1996 bocciò una proposta di legge che prevedeva la riduzione dei seggi non elettivi (i 9 di Pinochet) e, comunque, tutto ciò non modificò l’equilibrio politico cileno che rimase immutato anche dopo le elezioni del 1997.
Il 16 ottobre 1998 Pinochet fu arrestato a Londra di seguito alla richiesta di estradizione presentata dalla magistratura spagnola che lo accusava di crimini commessi ai danni di cittadini spagnoli durante gli anni della sua dittatura.
Dopo un primo rifiuto delle autorità inglesi per motivi di età
e di salute dell’ormai vecchio dittatore, la pressione dell’opinione pubblica
mondiale divenne così pericolosamente forte che le reiterate richieste
dei giudici spagnoli furono ritenute valide e Pinochet fu estradato: era
il marzo-aprile 1999.