Storia
Le epoche più antiche della storia dell’Etiopia sono un mistero. Si sa che forse ancora prima dell’era cristiana in Etiopia c’era un regno chiamato Axumita, con capitale Axum. Durante questo regno San Frumenzio, chiamato dagli indigeni “Padre Pace”, portò in Etiopia il Cristianesimo, al quale aderì molta parte della popolazione.
I re axumiti operarono molte conquiste in terra araba e nel VI secolo conquistarono pure lo Yemen. Ma queste conquiste finirono in terra araba con l’avvento di Maometto.
Nel XII secolo la dinastia degli Axumiti ebbe termine e fra quelle che seguirono si distinse in particolar modo quella dei Salomonidi che intraprese contro i Musulmani una lunga e tenace lotta.
In uno degli scontri più sanguinosi, quello di Dawaro, i Musulmani furono nettamente sconfitti ed il loro capo, “Badlay la fiera” fu trucidato sul campo.
Ancora i Musulmani soccombettero agli Etiopi finchè nelle loro file si mise in luce il capo Ahmad ibn Ibraim, detto “il Mancino” che fu uno dei più acerrimi nemici dell’Etiopia, sul cui trono regnava allora Lebna Dengel. Questi, compreso il pericolo rappresentato dal Mancino, chiese aiuti al re del Portogallo.
Perché il re d’Etiopia chiedesse aiuti al Portogallo non fu così facile da spiegare; si seppe però che un medico portoghese viveva addirittura alla corte del Negus, e fu proprio lui che portò la richiesta di soccorso al proprio sovrano.
I portoghesi promisero aiuti ma per un certo tempo non si mossero, ed in questo frattempo Lebna morì, ed al trono sorse il figlio. E questi sarebbe stato certamente sconfitto se non fossero arrivati tempestivamente gli aiuti portoghesi i quali, comandati dal capo Christovao de Gama, figlio del grande navigatore Vasco, decisero le sorti della guerra. Il Mancino era riuscito però a fare prigioniero il comandante portoghese che fu ucciso fra enormi torture. Poi, però, a sua volta fu ucciso da un colpo di archibugio portoghese. Era il 1543. E quando i Musulmani furono definitivamente distrutti, arrivò un altro pericolo per l’Etiopia: il popolo dei Galla.
Nella seconda metà del secolo XVIII i Galla divennero i “protettori” dell’Etiopia; governarono praticamente il paese ed il re non fu che una marionetta nelle loro mani. Il periodo della loro dominazione si chiamò dei “masafent”.
Finito questo periodo salì al trono di Etiopia con la violenza Teodoro II, un giovane e crudele condottiero. Dopo aver sterminato diverse popolazioni che a lui si opponevano, questi riuscì ad inimicarsi anche gli inglesi che erano sempre presenti in terra d’Africa per sostenere a turno i vari sovrani africani. E quando Teodoro imprigionò un ambasciatore inglese, segnò anche la sua fine e quella del suo esercito poiché tutti furono annientati dalla poderosa forza dell’Inghilterra. Era il 1868 quando Teodoro II si uccise. Al trono di Etiopia arrivò Giovanni IV, ma anche questo fu costretto a fronteggiare subito taluni suoi vassalli, primo fra tutti il più pericoloso Menelik. Questo, con l’aiuto degli Italiani, presenti con basi commerciali sulla costa, prese la corona col nome di Menelik II. Era il 1889.
Il nuovo imperatore firmò col governo di Roma il Trattato di Uccialli con il quale si riconosceva all’Italia il possesso dei territori dell’Africa Orientale. In seguito però i rapporti si deteriorarono e spesso le truppe inviate a tutelare gli interessi coloniali italiani furono affrontate ed aggredite dalle forze abissine e sconfitte.
Alla morte di Menelik II tutte le situazioni migliorarono per poi tornare peggiori con l’avvento del nuovo sovrano Hailè Selassiè ed alcuni episodi di frontiera fornirono la causa per una vera e propria guerra che durò dal 3 ottobre 1935 al 9 maggio 1936 con la vittoria dell’Italia. Vittorio Emanuele III, re d’Italia, assunse anche il titolo di Imperatore d’Etiopia.
L’Italia compì in quel paese notevoli opere di civilizzazione, ma solo circa dieci anni dopo, a conclusione della seconda guerra mondiale, dovette abbandonare tutte le colonie africane ed Hailè Selassiè tornò a regnare in Etiopia.
Egli fu molto abile nel condurre le trattative con la Gran Bretagna per l’evacuazione delle sue truppe d’occupazione dal territorio; l’occupazione britannica post-guerra finì completamente nel 1951 ed i rapporti fra i due stati furono improntati ad amicizia e correttezza.
Nel 1954 la Gran Bretagna restituì all’imperatore anche alcune zone di confine annesse alla Somalia ma chiese il diritto di pascolo per quelle popolazioni ed a questo proposito nacque qualche attrito diplomatico, subito superato.
Invece non troppo buone furono le relazioni con la Francia, in particolare per i confini con la Somalia francese e per l’utilizzazione del porto di Gibuti, che ne è la capitale. Anche qui si giunse ad un accordo nel 1959 e tutti i problemi furono risolti.
I rapporti con l’Italia si erano già normalizzati attraverso contatti avuti a Ginevra tramite le Nazioni Unite e molti tecnici italiani furono trattenuti in Etiopia in quanto ritenuti elementi indispensabili per il proseguimento dell’evoluzione sociale ed economica del paese.
Ma fra le due nazioni nacque una controversia a proposito del risarcimento danni di guerra che l’Etiopia chiedeva all’Italia. Dopo varie vicende anche per questo si addivenne ad un accordo e l’Italia, a titolo di risarcimento, si impegnò a realizzare opere di pubblica utilità, con mezzi ed imprese proprie, e così fu costruito il bacino idroelettrico di Hawas.
L’imperatore ottenne notevoli aiuti da tutte le potenze sia occidentali che orientali, visitò gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica, il Canada ed altri paesi.
Nel maggio 1958 l’Assemblea delle Nazioni Unite designò Addis Abeba come sede della Commissione Economica per l’Africa. Nel 1960, a proposito della crisi del Congo, l’Etiopia sostenne completamente l’operato delle Nazioni Unite.
L’accentramento di tutte le forze, politiche e militari, nelle mani dell’imperatore fu causa però di alcune manifestazioni giovanili intese ad ottenere una più larga libertà dalle autorità statali. Ma questi dissensi non furono espressi solo dai giovani, più o meno occidentalizzati. Anche in altri strati sociali si registrò un cambio di tendenza. Fu così che, in occasione di un viaggio dell’Imperatore nel 1960 nell’America Latina, il Comandante della sua guardia personale organizzò una rivolta che, data la sorpresa, ottenne un certo successo. Ma durò poco; la ribellione fu repressa e molte personalità di governo furono uccise.
Scopo della ribellione era stato l’affrancamento dello stato dal regime feudale e dello stesso avviso furono tutti gli studenti dell’University College of Addis Abeba.
A questi si unirono tutti gli studenti del paese ed anche quelli che studiavano all’estero e per anni ed anni ci furono ribellioni, a volte talmente forti che le stesse scuole dovettero essere chiuse. E negli anni sessanta-settanta si paventò proprio una rivoluzione socialista.
Selassiè, di fronte a tutti questi tumulti, testimoni evidentissimi di un certo disagio popolare, cercò di applicare un governo più morbido; emendò parte della Costituzione allo scopo di risolvere i problemi più gravi, come quello della riforma agraria. Spesso i tecnici avevano tentato di portare l’attenzione sulla vecchiezza dei sistemi non solo di coltivazione ma anche di amministrazione dei fondi. La produzione non era soddisfacente ed i profitti andavano in larghissima parte ai proprietari, lasciando nell’indigenza i fittavoli. Negli anni 1966/67 si ebbero nuove disposizioni governative su questo argomento ma il risultato non cambiò. In più, il 28% delle terre coltivabili risultavano in possesso della Chiesa copta, e come tali erano intoccabili.
Un altro problema grave da risolvere fu quello dell’Eritrea che, per concessione delle Nazioni Unite, era stato decretato mandato fiduciario dell’Etiopia.
Gli eritrei avviarono proteste e rivolte per ottenere l’indipendenza ed in questo furono aiutati dagli stati arabi (Siria, Iraq, Arabia Saudita, Yemen Meridionale e Libia). Sorse un “Fronte Popolare di Liberazione”, di ispirazione marxista. E la guerriglia che ne scaturì incise moltissimo sui costi militari dell’Etiopia, abbattendo ancora di più il suo stato economico-sociale.
Per tutto un decennio si ebbero manifestazioni sindacali che, sebbene autorizzati ma sorvegliati dal governo, portarono a scioperi a catena in diversi settori finchè nel 1974, oltre al lato economico, assunsero anche un sapore politico.
Ed appunto nel 1974, con questa situazione, ed anche a causa del costo della vita e dell’aumento del prezzo mondiale del petrolio, si ebbero forti disordini diretti al rovesciamento del governo.
I militari chiesero all’Imperatore la revisione della Costituzione; intanto episodi di corruzione portarono all’arresto di varie personalità governative ed infine Hailè Selassiè fu deposto ed in sua vece fu nominato il figlio, parallizzato ed all’estero per cure, Asfà Wasan.
La prima proposta per un nuovo governo fu di creare uno stato socialista col motto di “Etiopia innanzitutto”. Fu eletto un governo provvisorio ma il 17 marzo 1975 la monarchia fu dichiarata decaduta perché non più rispondente alle aspirazioni socialiste del popolo, la Costituzione abrogata in quanto non più pertinente ed il Parlamento sciolto.
Dopo cento giorni dalla deposizione del sovrano, si procedette alla nazionalizzazione delle banche, delle compagnìe di assicurazione, industrie ed imprese commerciali, tutti i terreni agricoli con l’idea di formare grandi aziende agricole collettive.
Con l’Eritrea si ebbe nel febbraio 1975 un vero e proprio scontro di guerra con gravissimi danni. Con la Chiesa copta si addivenne ad un accordo e fu anche concordato il diritto alla libera religione, cosicchè Cristo fu rappresentato ovunque insieme a Confucio, Budda, Zoroastro e Maometto.
In politica estera l’Etiopia continuò a mantenere rapporti amichevoli con l’occidente, ed in particolare con gli Stati Uniti dai quali ebbe sempre notevoli aiuti; ed anche con il Kenia, la Somalia, il Sudan e l’Egitto.
Nel 1977 si ebbe un conflitto per la tensione dei rapporti con la Somalia,
alimentata dal problema dei confini, specialmente dopo la creazione della
Repubblica di Gibuti, e nel gennaio 1978 il Fronte di Liberazione Somalo
ottenne pure dei successi.
Ma l’Etiopia portò una offensiva nel marzo, con gli aiuti delle
truppe cubane e sovietiche, richiesti dal colonnello Mangestu, e le truppe
del Fronte Somalo ritornarono nel loro territorio.
Intanto Mangestu, che era divenuto il capo indiscusso del Consiglio Militare Amministrativo, dopo avere stretto più forti rapporti con l’Unione Sovietica, continuò a fronteggiare i movimenti armati secessionisti provenienti dall’Eritrea, dal Tigrai, ed anche da alcune regioni della stessa Etiopia.
E poi, nel 1979, sollecitato anche dall’Unione Sovietica, formò un Partito Politico Unico dei Lavoratori, che doveva sostituire il governo militare, e che creò una Commissione dei Lavoratori Progressisti Etiopici, di cui fu Presidente.
Questa Commissione, a sua volta, creò il Partito dei Lavoratori Etiopici, che nel 1984 tenne il proprio Congresso Costituente e nominò Mangestu Segretario Generale.
Nel febbraio 1987, tramite un referendum, fu approvata una nuova Costituzione. Nel giugno successivo fu nominata l’Assemblea Nazionale che, a sua volta, proclamò la Repubblica Popolare Democratica d’Etiopia, presidente Mangestu. Il Consiglio Militare venne così abolito. Lo stato fu diviso in 5 regioni autonome e 24 circoscrizioni.
Nell’aprile 1988 fu firmato un accordo fra Somalia ed Etiopia, decretando la fine delle ostilità; mentre all’interno si verificarono ancora movimenti secessionisti.
Per la politica estera si ebbe una collaborazione sempre più stretta con l’Unione Sovietica, con i paesi dell’Est europeo e con Cuba, che fino al 1989 fornì aiuti militari. Per contro ci fu la rottura dei rapporti con gli Stati Uniti, l’occidente ed Israele.
Ma quando la situazione politica dell’Unione Sovietica subì il noto sovvertimento dovuto alla “perestroika”, l’Etiopia tornò in buoni rapporti con lo stato di Israele al quale promise il rilascio di tutti i cittadini di religione giudaica, i Falascià, bloccati sul territorio, finchè fino all’ultimo uomo non fosse uscito dal paese.
Nel maggio 1991, dalla fusione di vari gruppi di diversa etnìa, nacque il “Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiopico” che costrinse Mangestu alla fuga.
In quello stesso mese l’Eritrea riuscì a riconquistare Asmara ed Assab e divenne di fatto indipendente.
Nel luglio fu costituito un governo provvisorio, presieduto da Meles Zenawi, riconfermato poi con le elezioni del 24 giugno 1992.
Anche le consultazioni del giugno 1994, che resero possibile la formazione dell’Assemblea Costituente, videro la netta prevalenza del Fronte. Nel dicembre fu approvata una Costituzione di tipo parlamentare che prevedeva la divisione amministrativa del paese in 9 stati autonomi, nell’ambito di una Repubblica Democratica Federale di Etiopia. Poi, sia per la elezione del Parlamento Federale che per quello dei singoli stati, si ebbero nel maggio 1995 altre consultazioni ed anche in esse la preponderanza del Fronte fu evidente.
Nell’agosto successivo il Parlamento nominò Presidente della Repubblica N. Gidada, ma chi veramente esercitò il potere fu sempre il premier Zenawi.
L’occidente, ed in particolar modo gli Stati Uniti, continuarono a sostenere finanziariamente l’Etiopia il cui governo, oltre ad elaborare piani di sviluppo nei vari settori, si dedicò maggiormente a far progredire l’agricoltura. E nonostante che il più grande nemico di questo settore, la siccità, imperversasse per grandi periodi, pure si ebbe un miglioramento della situazione.
Per ciò che riguardava la politica estera, l’Etiopia mantenne buoni rapporti specialmente con i confinanti Gibuti ed Eritrea i cui porti rappresentavano i vitali sbocchi al mare per il paese.
Nel maggio 1998 proprio con l’Eritrea si ebbe un conflitto armato, causato da una vecchia questione relativa ai confini col Sudan, ma non solo; ci furono motivi anche di carattere economico, specialmente dopo che l’Eritrea aveva stabilito, nel 1997, di battere una nuova propria moneta.
Il conflitto richiamò, ma senza notevoli esiti, l’attenzione
e la mediazione degli Stati Uniti, amici di ambedue i paesi, e dell’Organizzazione
dell’Unità Africana.