Storia
Questa Guinea fu la prima ad avere una vera e propria occupazione coloniale. Nel 1610, dopo altri vani tentativi, una Società Commerciale di Lisbona riuscì a comperare il piccolo territorio di Bolama, ed all’inizio il possesso fu solo costiero. Poi cominciarono le eplorazioni all’interno ed alla società commerciale subentrò lo Stato del Portogallo.
Si ebbero subito delle contestazioni coi colonizzatori vicini: gli inglesi, possessori del Gambia, ed i francesi, possessori della Guinea Francese.
Gli inglesi sostennero che il Portogallo non poteva dichiarare la sua sovranità sulla regione in quanto in precedenza rinunciatario. E questa diatriba fu risolta nel 1870 con la mediazione degli Stati Uniti con un “lodo arbitrale” che favorì il Portogallo. Con i francesi, invece, la questione si appianò nel 1886 rettificando e stabilendo le linee di confine. La Guinea Portoghese poi, unita alle Isole di Capo Verde, nel 1895 formò una colonia autonoma.
Nel 1926 quando in Portogallo assunse il potere Salazar, il programma di colonizzazione venne ampliato e sviluppato, e nel 1930 prima, e nel 1935 poi, la Guinea con importanti documenti costituzionali venne dichiarata “territorio portoghese”. Nel 1942 si cambiò pure la capitale che fu Bissau, sostituendo Bolama.
Nel 1951 dalla denominazione di “colonia” si passò a quella di “provincia d’oltremare” e questo significò che l’amministrazione veniva centralizzata, il Parlamento locale diventava un Consiglio consultivo e si poteva inviare un rappresentante all’Assemblea Nazionale di Lisbona. I cittadini indigeni divennero “portoghesi” ed ebbero ugugali diritti. Il godere di pari diritti con i cittadini portoghesi obbligava, però, i negri ed i meticci ad adottare forme di vita europee, a parlare e scrivere correttamente il portoghese, ad esplicare una professione di commercio o di proprietà e ad assolvere gli obblighi militari. E ciò tracciò una netta linea di demarcazione con la enorme maggioranza che, invece, non possedeva alcuno di quei requisiti. Cosicchè, su poco più di ottomila persone “civilizzate”, solo un quarto erano negri. Gli altri rimasero sottoposti alle autorità indigene, a loro volta sottoposte a funzionari portoghesi.
Intanto, però, non ci furono progressi economici tanto che la bilancia commerciale registrò sempre forti passivi. L’agricoltura rimase alle colture tradizionali ed ancorata a comunità agricole indigene. Poco sviluppata rimase la cultura; poco più di trecento furono le scuole e tutte per il solo insegnamento elementare.
Si intrapresero delle riforme sanitarie e scolastiche, per la maggior parte scaturite dall’opposizione, che via via creava movimenti indipendentistici.
Nel settembre 1956 fu fondato il “Partito Africano per l’Indipendenza di Guinea e Capo Verde”, capeggiato da Amilcar Cabral il quale, dopo aver tentato di avviare alla lotta legale le popolazioni urbane, cominciò l’azione vera nelle zone interne. Ne nacque un vasto conflitto che investì direttamente il Portogallo che, nel 1968, rinforzò enormemente l’esercito e lo affidò al generale A. de Spinola per sottomettere gli irredentisti indigeni, ai quali arrivarono però gli aiuti dalla giovane Repubblica di Guinea. Fra l’agosto e l’ottobre del 1972 molte zone furono liberate; nel 1973 Cabral fu assassinato, ma nonostante ciò la lotta continuò ed il “Partito” proclamò unilateralmente l’indipendenza, il 24 settembre 1973, chiamando la nuova Repubblica: Guinea Bissau.
Questa giovane repubblica, anche se formata solo dai 2/3 del territorio, fu ammessa alle Nazioni Unite e riconosciuta da circa 40 stati comunisti e “non-allineati”. Il 25 aprile del 1974 gli esponenti della rivoluzione interna portoghese riconobbero il diritto all’indipendenza dei territori d’oltremare, ed il 10 settembre 1974 il Ministro degli Esteri portoghese, Soares, ed il rappresentante del “Partito”, Pedro Pires, sancirono l’indipendenza e la sovranità della Guinea-Bissau. Le Isole del Capo Verde divennero a loro volta Repubblica indipendente il 5 luglio 1975.
Dopo l’indipendenza si verificarono delle crisi in seno al “Partito”. La più grave fu quella del novembre 1980, allorchè il primo ministro, J. B. Vieira, depose il presidente L. Cabral, fratellastro di Amilcar, ed assunse lui stesso tutte le cariche dello stato; fu infatti il Capo dello Stato, del Governo, delle Forze Armate e Segretario del “Partito”. Al IV Congresso del Partito, avvenuto nel novembre 1986, Vieira decretò una maggiore liberalizzazione economica e sollecitò i capitali esteri. Nel 1987 stipulò un accordo con la Banca Mondiale e rilanciò la produzione agricola.
Nel 1989 Vieira fu rieletto presidente, vice fu L. Camara e fu eletta l’Assemblea Nazionale interamente composta da scelti elementi del “Partito”.
Infine nel maggio 1990, a seguito di forti pressioni popolari, Vieira introdusse il sistema multipartitico ed annunciò che le elezioni, presidenziali e legislative, sarebbero state effettuate entro la fine del 1992.
Esse ebbero come risultato la conferma del partito al governo e purtroppo anche delle tensioni sociali dovute a numerosi problemi economici irrisolti.
Per migliorare la situazione ed anche per aderire alle richieste degli organismi internazionali, suoi finanziatori, il governo cercò di adottare misure austere che i sindacati invece contestarono duramente. Nel 1995, con la situazione di reiterati scioperi generali, Vieira devette concedere aumenti salariali ai dipendenti della pubblica amministrazione. In seguito però si dovettero persino bloccare i pagamenti degli stipendi, cosa che nel maggio 1997 portò diversi seri disordini nella capitale.
Per la politica estera Vieira negli ultimi anni aveva cercato in ogni modo di evitare l’isolamento, concordando con il Portogallo varie cooperazioni economiche nel 1996 e rinsaldandole poi negli anni successivi.
Invece si manifestarono oltremodo difficili i rapporti col Senegal a causa di una controversia sorta già nel 1989 fra i due paesi a proposito della sovranità su alcune zone marittime, ritenute ricche di giacimenti di petrolio e di pesca. Ma anche queste difficoltà furono appianate nel 1993 mediante un’intesa fra i due stati, che stabilirono di usufruire unitamente di quelle risorse.
Questa unione però rischiò di dissolversi nel 1995 perché il Senegal ritenne la Guinea Bissau colpevole di ospitare alcune forze secessioniste senegalesi della Casamance, la provincia meridionale del Senegal. Tuttavia i rapporti proseguirono ed il dialogo fu mantenuto anche negli anni successivi.
Ma proprio a causa di quel movimento separatista senegalese, all’interno della Guinea Bissau nel 1998 scoppiò la guerra civile. Questa fu innescata dal generale Ansumane Mane, destituito dalla carica di Capo dello Stato Maggiore perché accusato di aver fornito le armi ai secessionisti. Egli, con l’aiuto di una parte dell’esercito e della popolazione musulmana del nord, prese il controllo dell’aeroporto e dei principali nodi stradali della capitale; poi chiese le dimissioni di Vieira e nuove elezioni.
Frattanto il Senegal e la Guinea avevano inviato delle truppe, con il compito di ristabilire la legalità e l’ordine. Ma senza risultati. Il Portogallo allora si propose come mediatore nel settembre per avviare accordi di pace e vi riuscì nel novembre successivo, ponendo fine alla guerra civile. Con l’accordo di pace fu richiesta la formazione di un governo di unità nazionale, che di fatto si costituì nel febbraio 1999, nonché il ritiro delle forze senegalesi e guineane, il che avvenne a marzo.
Comunque, nel maggio 1999 Ansumane Mane prese il potere e Vieira fuggì
in Portogallo. Lo sostituì Malam Bacai Sanhà che ebbe il
compito di preparare nuove elezioni. Con la nuova Costituzione, varata
a luglio, si stabilì in solo due mandati la carica presidenziale,
l’abolizione della pena di morte e l’esclusione dalle cariche pubbliche
di tutti i cittadini nati da genitori non residenti.