Storia
La Grecia fu la prima terra dell’Europa sulla quale sorse una grande civiltà. E ciò è spiegato dalla sua posizione geografica. Infatti essa è la più orientale delle penisole mediterranee e la più vicina alle coste dell’Africa settentrionale e dell’Asia Minore, territori che furono i primi ad essere abitati da popoli civili, cioè gli Egiziani, i Fenici e gli Ebrei.
La penisola greca è poi circondata da numerose isole che furono, appunto, le prime abitate da popoli progrediti. Questi poi si spinsero sulle coste della penisola e poi ancora penetrarono all’interno di essa, anche attratti dal dolce clima.
La prima civiltà greca sorse sull’isola di Creta 3000 anni prima di Cristo. I più antichi abitatori di Creta furono i Pelasgi, o Carii, provenienti dall’Anatolia, cioè l’attuale Turchia. E mentre i Pelasgi di Creta crearono una grande civiltà, quella cretese o “minoica”, da Minosse, loro re, quelli del continente rimasero a lungo in uno stato semibarbaro.
Nei secoli XIV e XIII avanti Cristo,
la Grecia fu invasa dagli Achei, un popolo di stirpe ariana proveniente
dall’Europa centrale. Essi scacciarono i Pelasgi, dopo aver devastato e
distrutto molte terre, ma poi assimilarono la loro superiore civiltà
e cominciarono a fondare diversi villaggi e città, fra le quali
la più importante fu Micene, da cui prese nome la civiltà
“micenea”.
Poi si spinsero sulle isole e fino alle coste dell’Asia Minore; conquistarono
l’isola di Creta decretando la fine della “civiltà minoica” e poi
ancora, da abili guerrieri quali erano, portarono a termine grandi imprese,
di cui l’ultima fu la conquista di Troia, città dell’Asia Minore,
avvenuta verso il 1200 avanti Cristo. Il capo di questa impresa fu
Agamennone, re di Micene.
Gli Achei furono meno civili dei Pelasgi; si dedicarono principalmente all’agricoltura, alla pastorizia ed all’artigianato. Le loro città erano piccole e sorgevano tutte ai piedi di una collina. Sul colle sorgevano il tempio, per il culto, ed il palazzo del re. Molto attiva fu la loro navigazione, specialmente verso Creta e l’Egitto.
Nell’XI secolo avanti Cristo la Grecia conobbe un’altra invasione, quella dei Dori, un popolo di stirpe simile a quella degli Achei, proveniente dalla Macedonia, dalla Tracia e dall’Epiro. Essi invasero tutta la penisola ma si stabilirono prevalentemente nel Peloponneso, cioè in Laconia, nella Messide e nell’Elide. Nelle altre regioni, insieme ai Dori, si stabilirono altri popoli, gli Ioni e gli Eoli.
Gli Ioni furono specialmente nell’Attica ed il loro centro principale fu Atene. Gli Eoli furono invece nella Tessaglia e nella Beozia ed il loro centro principale fu Tebe.
La civiltà greca, dopo l’arrivo dei Dori, conobbe un lungo periodo di decadenza che durò fino al 776 avanti Cristo, anno in cui furono istituite le “Olimpiadi”. Alla fine di questo periodo i Dori, gli Ioni e gli Eoli furono ormai assimilati in una unica stirpe che fu chiamata “ellenica”.
I Dori furono in prevalenza pastori e cacciatori quindi non si occuparono mai di agricoltura, che lasciavano ai popoli che essi andavano man mano sottomettendo. Col trascorrere dei secoli questa prima divisione dei compiti, quindi delle classi sociali, divenne ancora più profonda, specialmente nella Laconia, laddove i Dori in particolare si erano stabiliti. E qui sorse la città di Sparta, dove la classe privilegiata fu quella dei guerrieri e dove gli “iloti”, cioè gli agricoltori, venivano trattati quasi come schiavi.
Ma ogni città dorica fu una “polis”, cioè una città-stato. Ce ne furono molte e spesso in lotta fra loro. Esse riconoscevano la loro unità di stirpe solo in occasione delle Olimpiadi. Molti furono i personaggi guerrieri e saggi che si distinsero col passare dei secoli. Sparta, con la guerra di Messenia (743-724), stabilì la sua egemonia su tutto il Peloponneso.
In questo periodo le città marittime conquistarono le coste del Mediterraneo, fondando fiorenti colonie in Asia Minore, in Africa ma soprattutto in Italia, creando nel meridione quella che fu detta “Magna Grecia”.
Cominciò l’ascesa di Atene. Il governo monarchico divenne governo aristocratico, retto da un “arconte”, a vita, ma nel 753 questo incarico divenne decennale e nel 713 potevano aspirarvi non solo i membri della famiglia reale, ma tutti i nobili. Nel 683 l’arcontato divenne annuale ed anziché da un solo arconte fu retto da nove membri; nacque così l’”oligarchia”. Poi gli arconti, eletti annualmente, e le assemblee popolari, d’accordo con l’Aeropago, cioè il Consiglio di Atene, costituirono la suprema autorità.
Ci furono abusi e malcontenti per frenare i quali Dracone dettò nel 621 avanti Cristo severissime leggi. Poi, nel 594, per eliminare le discordie sopraggiunte fra i nobili ed il popolo, il saggio Solone propose una riforma per mezzo della quale i diritti politici furono estesi a tutti i cittadini ed alla base della distinzione delle classi non fu più la nascita ma il censo.
Intanto i Persiani avevano reso tributarie le colonie ioniche dell’Asia Minore, che si ribellarono, e con l’aiuto di Atene i Persiani furono sconfitti. Ma Dario, loro re, rivolse il suo esercito verso la Tracia dove, peraltro, soffrì gravi danni. Anche la flotta dei persiani fu distrutta in una tempesta, ma ciò non valse a scoraggiare Dario che inviò un altro esercito. Questo a Maratona fu disperso da Milziade, capo degli ateniesi. Dieci anni dopo un altro re persiano, Serse, rinnovò le gesta di Dario, riversandosi sulla Grecia. Ma dopo varie e sanguinose battaglie, come quelle di Salamina e di Platea, fu costretto a ritirarsi e la pace fu ristabilita.
Si ebbe in Atene l’”età d’oro”, quella in cui visse e governò Pericle; ma poi dovette sostenere dure rivalità con Sparta, per l’egemonia, e fu perdente, e la supremazia di Sparta fu riconosciuta da tutti. Poi arrivarono le guerre con la Macedonia, dove si distinsero i re Filippo ed Alessandro il Grande, che soffocarono ogni tentativo di indipendenza delle città greche.
Alla morte di Alessandro il Grande fu creata la “Lega Achea” che avrebbe dovuto rappresentare il più grande baluardo dell’indipendenza nazionale, ma fu inutile e con il ritorno dei macedoni, nel frattempo alleatisi con Annibale contro Roma, allorchè questa sottomise la Macedonia, automaticamente la Grecia si trovò sotto il dominio dei Romani.
Diventata “provincia romana”, la Grecia perdette pure questo nome e si chiamò Acaia ed alcune città, comeAtene e Delfo, furono dichiarate città libere. Poi sopraggiunse la disgregazione dell’Acaia, nei secoli III e IV dopo Cristo, ad opera dei Goti, capeggiati da Alarico. Ma una delle principali cause di questa disgregazione furono senza dubbio le Crociate.
Verso il 1100, all’inizio della 1a Crociata, cominciò la penetrazione dei guerrieri franchi. Con il ripetersi delle Crociate, si arrivò alla 4a, verso il 1200, con la Grecia divisa in tanti piccoli stati, o “baronìe”, dominati sempre dai franchi. Ed in questo periodo i greci, memori dello splendore del loro antico impero, cercarono di ricostituire la loro unità nazionale e ci riuscirono. Scacciarono i franchi dal Peloponneso dove tornò a regnare un imperatore bizantino.
Ma nuovi invasori si presentarono ai suoi confini: i Turchi. Questi, iniziando la conquista della Grecia, posero la prima pietra per la futura desiderata conquista dell’Europa. E piano piano, nello spazio di quasi due secoli, i turchi tolsero la Grecia all’impero d’oriente e l’occupazione totale fu raggiunta con la caduta di Costantinopoli.
Le leggi islamiche dei turchi non furono molto restrittive. I greci poterono continuare a professare il culto cristiano. Ed anche alla Chiesa Ortodossa furono affidati diversi incarichi amministrativi e politici. Però applicarono fortissime tasse riducendo i contadini alla miseria; ed un’altra nefanda impresa dei turchi fu quella di rapire i bambini per educarli alla religione musulmana e per farne quei modelli di soldati, tristemente passati alla storia col nome di “giannizzeri”; questi, nel tempo, divennero talmente influenti e prepotenti che lo stesso Sultano Mahmud nel 1826 ne ordinò la soppressione.
Le condizioni di vita in Grecia divennero così disastrose che, verso il 1700, la popolazione ellenica si ridusse a circa un milione e mezzo di persone.
Lentamente ma costantemente però i greci, con la loro intraprendenza ed abilità, riuscirono a risollevarsi, anzi, specialmente nelle città portuali, in virtù di attivissimi commerci, parecchie famiglie raggiunsero un vero e proprio stato di ricchezza. Molte altre famiglie entrarono nell’amministrazione turca creandosi un discreto spazio vitale ed altre ancora emigrarono fondando in molte città europee delle fiorenti comunità, sempre pronte ad aiutare i compatrioti rimasti in patria.
Chi si adoperò molto in questa attività fu la Chiesa Ortodossa; essa contribuì a mantenere sempre vivo il sentimento nazionale dei greci e fu sempre pronta ad appoggiare le sommosse antiturche. Tutti furono sempre uniti nell’attesa di potersi liberare una volta per tutte dall’oppressore. E questa occasione arrivò alla fine del XVIII secolo quando l’impero turco inesorabilmente perse la sua potenza.
Fra il 1820 ed il 1830 la Grecia fu teatro di continue guerriglie. I turchi furono crudelmente repressivi ma i greci non si persero d’animo. Episodi di eroismo furono compiuti nel Peloponneso ad opera dei combattenti guidati da Teodoro Colocotronis mentre Andrea Miaulis conduceva la lotta sul mare contro la potente flotta turca. L’eroismo dei greci commosse tutto il mondo civile. Molti volontari giunsero da diversi paesi: fra questi si distinsero il poeta inglese lord Byron e l’italiano Santorre di Santarosa, che morì a Sfacteria nel 1825.
I turchi commisero molte atrocità di fronte alle quali si mossero la Francia, la Gran Bretagna e la Russia. Alleatesi fra loro contro i turchi distrussero la flotta egiziana, venuta in aiuto dei turchi a Navarino nel 1827. La sconfitta fu inevitabile. Col Trattato di Adrianopoli il Sultano dovette riconoscere l’indipendenza della Grecia. Tuttavia, raggiunta l’indipendenza, la Grecia dovette affrontare un lungo periodo di disordini dovuti al disaccordo fra le varie correnti politiche. Allora le tre potenze liberatrici riuscirono ad ottenere la elezione a sovrani della Grecia di uomini di loro fiducia. E così nel 1832 salì al trono per primo Ottone I, principe di Baviera. Atene fu eletta capitale. Nel 1844 il re dovette concedere la Costituzione e nel 1862, costretto ad abdicare, se ne tornò in Baviera.
La Corona passò nel 1863 a Giorgio I, principe di Danimarca. Egli unì tutte le isole Ionie della Grecia, meno Creta, rimasta nelle mani dei turchi. Questa situazione nel 1897 fece sì che tornassero in guerra Turchia e Grecia. Quest’ultima subì varie sconfitte ed alla fine, il 4 dicembre 1897, dovette accettare la pace. Ma non rinunciò alle sue aspirazioni di riprendersi Creta e nel 1912/13, alleatasi con Serbia, Montenegro e Bulgaria, assalì la Turchia. Fu questa la prima guerra balcanica.
Nel 1913 scoppiò un conflitto fra gli alleati che nello stesso anno si riappacificarono e la Grecia ebbe parte dell’Epiro, Creta e Salonicco. Fu la seconda guerra balcanica, nella quale a Salonicco fu assassinato re Giorgio I, a far assurgere al trono suo figlio Costantino. Ma durante il regno di Giorgio I sulla scena politica del paese apparve Eleuterio Venizelos, giurista e statista liberale, che condusse il governo con molti meriti poiché contribuì all’annessione di Creta ed assicurò alla sua patria i vantaggi che derivarono dalle due guerre balcaniche. Egli fece della Grecia uno stato moderno e lo guidò nei difficili periodi che precedettero la prima guerra mondiale.
Poiché però la vita politica della Grecia fu molto agitata, egli venne in dissidio col re Costantino, il quale volle dichiarare la sua neutralità, pur permettendo alle truppe franco-anglo-italiane di combattere sul proprio terreno.
Il 12 giugno 1917 il commissario delle potenze protettrici, Jonnart, impose l’abdicazione non solo al re Costantino ma anche al suo primogenito, ai quali successe, a soli 24 anni, il secondogenito Alessandro.
Venizelos, alla fine della guerra fu talmente abile nel perorare la causa della sua patria, che alla Conferenza della Pace ottenne per la Grecia tutte le isole dell’Egeo, già turche, più molte concessioni in Asia Minore, fra cui Smirne, col trattato di Sevres. Il 25 ottobre 1920 il re Alessandro morì in Atene per il morso di una scimmia. Ci fu un periodo di interregno in cui fu reggente il contrammiraglio Conduriotis. Il 5 dicembre stesso anno ci fu un plebiscito ed a grande maggioranza fu richiamato al trono Costantino I. Egli, appena rientrato in Atene, propose un vasto programma di ingrandimenti a scapito della Turchia, contro la quale tornò a combattere. In questo fu sollecitato anche dalla Gran Bretagna e dalla Francia che si servirono di lui per ridurre al silenzio la Turchia e quindi per ripristinare la loro egemonia sull’Asia Minore.
L’impresa verso Ankara fallì ed il re fu di nuovo costretto il 27 settembre 1922 ad abdicare e andare in esilio. Gli successe Giorgio II che con la Pace di Losanna del 24 luglio 1923 vide diminuiti notevolmente i suoi territori sia sul continente che sulle isole.
Il 27 agosto di quello stesso anno si verificò un riprovevole fatto che comportò l’eccidio di tre ufficiali italiani, il generale Tellini, il maggiore medico Luigi Corti ed il tenente Mario Bonacini. Le pronte e ferme rimostranze dell’Italia presso la Società delle Nazioni procurarono un verdetto sfavorevole alla Grecia; la popolazione, notevolmente a disagio, si ribellò ed i reali, in attesa di elezioni generali, si allontanarono dal paese mentre Conduriotis assunse la reggenza.
Vari sovvertimenti si produssero in Grecia in quegli anni. Venizelos tornò al governo, fu proclamata una Repubblica, si concesse una Costituzione; nell’ottobre 1935 un colpo di stato abbattè la repubblica e ripristinò la monarchia e Giorgio II rientrò in Atene.
Morto Venizelos nel 1936 la Camera fu sciolta, la Costituzione fu sospesa ed il 28 ottobre 1940, nel contesto della seconda guerra mondiale, la Grecia dichiarò guerra all’Italia cosicchè nel 1941 fu occupata dai tedeschi e dagli italiani.
Nel 1944, sopravvissuta alla terribile guerra, la Grecia tornò ad essere libera. Un nuovo plebiscito istituzionale decretò il ritorno del re, assentatosi durante l’occupazione. Giorgio II morì il 14 aprile 1947 e gli successe al trono il figlio Paolo I, diretto discendente di quel principe di Danimarca che era salito al trono circa un secolo avanti.
Ebbero inizio poco dopo le crisi ministeriali per la mancanza di un partito di decisa maggioranza, con una continua alternanza al governo fra il generale Plastiras e Sofocle Venizelos.
Nel 1951 la Grecia aderì al “Patto Atlantico” e l’anno dopo strinse relazioni di amicizia e di collaborazione con la Turchia e con la Jugoslavia. Si costituì un unico comando militare greco-turco, presieduto però da un generale degli Stati Uniti. Si deteriorarono invece i rapporti con la Bulgaria per il possesso dell’isola di Gamma, sul fiume Evros.
Verso la fine del 1952 si registrò un cambio al vertice del governo poiché Plastiras fu sostituito dal generale Papagos, esponente del “Raggruppamento Ellenico”, fautore di una politica di stretta collaborazione con Turchia e Jugoslavia nel quadro della più vasta collaborazione alla politica atlantica. Nell’ottobre del 1953 la Grecia concesse agli Stati Uniti alcune basi aeree e navali.
Anche con l’Italia furono riallacciati rapporti di fiducia sia in campo economico che culturale. In questo ultimo settore, dietro un accordo stipulato l’11 settembre 1954, fu inaugurato a Venezia un istituto di cultura greco-bizantina.
Nell’aprile 1955 si ebbe un disastroso terremoto nella regione di Volos e, nonostante i massicci aiuti americani, il paese dovette preoccuparsi di seri problemi economici.
Nel 1956 Karamanlis, avvicendatosi al governo a Papagos, sciolse il Raggruppamento Ellenico ed istituì l’Unione Nazionale Radicale. Con questa vinse le elezioni nel febbraio di quell’anno ed ebbe la riconferma nel 1958, quando al secondo posto nella politica greca giunse l’Unione Democratica delle Sinistre. Cocente sconfitta fu inflitta ai liberali di Venizelos-Papandreu. Una nuova riconferma si ebbe nel 1961.
Dopo queste ultime elezioni si ebbe una aspra diatriba fra Karamanlis e Papandreu, a proposito di presunte frodi elettorali ed anche per l’applicazione di un regime troppo autoritario. Questa storia assunse toni molto più concitati ed aspri allorchè nel maggio 1963 a Salonicco fu assassinato il deputato democratico G. Lambrakis. Re Paolo, allo scopo di allentare la tensione, allontanò dal governo Karamanlis ed indisse altre elezioni: in quelle del novembre 1963 Papandreu non ebbe che il 42% dei voti. In quelle del successivo febbraio 1964 ebbe la maggioranza assoluta.
Il 6 marzo re Paolo morì. Gli successe il giovane figlio Costantino che si dimostrò subito ostile al sistema di governo liberale di Papandreu. Questo stato di cose si aggravò quando si scoprì un complotto, condotto dal figlio di Papandreu, Andrea, teso ad abbattere la monarchia e a far uscire la Grecia dal Patto Atlantico. Papandreu si dimise e si prepararono le elezioni per il 28 maggio 1967. Queste non si effettuarono mai perché il 21 aprile con un colpo di stato prese il potere un gruppo di militari, capeggiato da G. Papadopulos.
Costantino tentò di rovesciare la dittatura militare, che durò sette anni, ma pagò caro questo gesto, prima con l’esilio e poi con la definitiva destituzione, proclamata ufficialmente il 1° giugno 1973.
L’ostilità al regime si manifestò sin dal 1972 con la istituzione di un Fronte Patriottico ed un Fronte Panellenico di Liberazione, presieduto da A. Papadopulos. Nel luglio 1974 il governo militare fu abbattuto e fu richiamato da Parigi Karamanlis per riprenderne le redini. Il nuovo partito, da lui fondato, “Nuova Democrazia”, si assicurò la maggioranza assoluta, confermata dalle amministrative del 1975. Nel giugno il Parlamento elesse il primo Presidente della Repubblica: K. Tsatsos.
Con il governo Karamanlis il partito comunista greco fu riammesso nella legalità; furono stipulati accordi con gli Stati Uniti, anche per la concessione di basi militari; la Grecia rientrò nella Comunità Europea; si stabilirono buoni rapporti con i paesi balcanici e con l’Unione Sovietica. Ma altri problemi rimasero irrisolti, specialmente con la Turchia a causa della crisi di Cipro, verificatasi già nel 1974 per il contrasto etnico fra greci e turchi, ed anche per la mancata demarcazione dei confini marittimi dell’Egeo. Inoltre la situazione economica era tutt’altro che soddisfacente ed i lavoratori dimostravano il loro malcontento. Nelle elezioni amministrative anticipate del novembre 1977 si ridimensionò il partito di governo, a favore del Movimento Socialista di Andrea Papandreu, che divenne il principale partito di opposizione.
Scaduto il mandato di Tsatsos, Karamanlis lasciò gli incarichi sia di presidente del partito di governo, sia quello di primo ministro, per assumere l’incarico di Presidente della Repubblica. E nel governo nel 1980 fu sostituito da G. Rallis.
Con le elezioni legislative del 1981, ancora di più “Nuova Democrazia” perse voti ed il 21 ottobre Papandreu potè formare il primo governo socialista della storia della Grecia. In economia non si raggiunsero grandi progressi mentre in politica estera, oltre alla “non partecipazione attiva” all’alleanza atlantica, si ebbero anche alcuni attriti con gli Stati Uniti con i quali però nel 1983 si rinnovò l’accordo per la presenza, per altri 5 anni, delle basi americane sul territorio.
Nel 1985, in anticipo, non essendo stato rinnovato il mandato presidenziale a Karamanlis, egli si dimise. Lasciò il posto a Ch. Sartzetakis, giudice della Corte Suprema. Nelle successive elezioni legislative del 1985 ed amministrative del 1986, “Nuova Democrazia” ebbe un notevole recupero, sotto la guida di K. Mitsotakis.
Nel marzo 1987 una grave crisi nell’Egeo portò quasi alla guerra fra Grecia e Turchia. Papandreu ed il premier turco T. Ozal si incontrarono in Svizzera per dei colloqui di chiarimento e di pace che, infatti, fu raggiunta. Poi lo stesso Papandreu fu costretto a lasciare la politica, coinvolto in uno scandalo finanziario insieme a 4 suoi ministri. Con le successive elezioni “Nuova Democrazia”, non avendo raggiunto la maggioranza assoluta, dovette formare un governo di coalizione con i comunisti, e con l’appoggio della sinistra: era il 1989. Ma durò poco e nel 1990 altre elezioni assegnarono al partito di governo il 46,88% dei voti e Mitsotakis potè dare l’avvìo ad un monocolore, sostenuto però dagli ecologisti e dalla minoranza turca. A maggio del 1990 Karamanlis fu di nuovo eletto presidente della repubblica.
A partire dagli anni novanta, però, si era delineata una situazione assai preoccupante per la Grecia. Da una parte scioperi e disordini contro le misure di austerità adottate a causa di una persistente crisi economica. Dall’altra un certo isolazionismo verso gli alleati occidentali, Italia compresa, perché coinvolta non solo dal disgregamento dell’Unione Sovietica, ma anche da quello della Jugoslavia, recante una recrudescenza di nazionalismi da parte della Macedonia e dell’Albania.
In questo stato di cose tornò al governo A. Papandreu che cercò di arrestare la crisi economica profonda del paese, fermando le iniziate privatizzazioni delle aziende e guardando con occhio meno severo all’integrazione europeista.
Nel marzo 1995 Papandreu si prodigò per favorire l’elezione a presidente della repubblica di K. Stefanopulos, ex ministro di “Nuova Democrazia”. Nel gennaio 1996 Papandreu si dimise per motivi di salute e nel giugno morì. A capo del governo giunse K. Simitis. Egli portò avanti necessarie riforme per migliorare l’economia. Poi cercò di contenere un sopraggiunto rinnovato stato di tensione con la Turchia a proposito dei confini dell’Egeo e dei contrasti fra le comunità greca e turca presenti nell’isola di Cipro. Questa tensione poi andò scemando nel 1999 quando fu fissato un calendario di incontri fra i rappresentanti dei due paesi.
Fra il 1997 ed il 1998 altre manifestazioni di protesta si verificarono da parte di tutti i settori lavorativi a causa delle misure di austerità, adottate per mettere la Grecia in condizioni di entrare a far parte dell’Unione Monetaria Europea.
Come ultima azione di governo del 1999 ci fu il rifiuto della Grecia
a partecipare alla guerra fra la Jugoslavia e le forze della NATO
per il Kosovo, e la netta esecrazione relativa ai bombardamenti di
Belgrado.