Storia
Con questo nome che significa “isole dell’India”, viene indicato l’insieme di quelle migliaia di isole che si trovano fra l’Asia sud-orientale e l’Australia. La maggiore isola è il Borneo.
L’Indonesia è divisa geograficamente in tre grandi gruppi:
- Grandi isole della Sonda: Sumatra, Giava, Borneo, Celebes.
- Piccole isole della Sonda: Bali, Sumbava, Flores, Sumba, Timor.
- Molucche: Seram, Buru, Almahera.
Le prime notizie di contatti con la parte occidentale dell’Indonesia ad opera di mercanti indiani risalgono a circa il 150 dopo Cristo e si trovano negli scritti dell’astronomo Tolomeo.
Pare che il primo europeo che abbia raggiunto l’Indonesia sia stato l’astronomo bizantino Cosma Indicopleuste, vissuto nel VI secolo dopo Cristo, che viaggiò per conto di Giustiniano Imperatore.
Verso il 1290 vi giunse con sicurezza Marco Polo, che nel suo viaggio di ritorno a Venezia sbarcò nell’isola di Sumatra.
Verso il 1350 l’Indonesia fu visitata dal francescano fiorentino Giovanni dei Marignolli. Nel 1430 un altro italiano, Nicolò dei Conti, mercante veneziano, durante un viaggio di 25 anni rimase a lungo a Sumatra, a Giava e toccò il Borneo. La “Relazione” dei suoi viaggi è un documento importantissimo del XV secolo.
Nel 1509 il navigatore portoghese Alfonso duca d’Albuquerque, fondatore della potenza portoghese in India, della quale fu viceré, scoprì l’isola di Zanzibar, conquistò Ceylon, Goa, Malabar e la penisola di Malacca.
Molti furono gli stati, eretti a regni, in queste isole e per tutto il XVI secolo si registrarono lotte per il predominio, specialmente fra i regni di Giava e di Sumatra.
Nel 1511 i portoghesi conquistarono Malacca e nel 1522 Ternate. Man mano che veniva a diminuire la potenza di Giava, si andarono formando altri importanti stati, come quello di Bantam, di Djohore e di Atjeh, ove regnarono i sultani che erano stati cacciati dalla penisola di Malacca.
E sempre più aumentò l’influenza europea, specialmente dopo l’arrivo degli spagnoli. Questi ebbero subito delle difficoltà con i portoghesi. I contrasti furono superati col trattato delle Molucche del 1529, per mezzo del quale sia queste che le Filippine furono affidate ai portoghesi. Questi, nel 1573, furono costretti, dagli indigeni di Ternate, a lasciare la zona orientale delle Molucche. Nel 1596 arrivarono gli olandesi, che cacciarono i portoghesi anche dalla parte occidentale.
A quel punto nelle isole prevalsero due sole influenze europee: quella
spagnola a nord delle Filippine e quella olandese al sud.
Il 13 dicembre 1799 l’Indonesia divenne colonia olandese e tale rimase
fino al 1949, quando dopo varie traversìe, compresa l’occupazione
giapponese durante la seconda guerra mondiale, poté costituirsi
in Repubblica Indonesiana, con governo totalmente autonomo.
Le relazioni con l’Olanda andarono via via deteriorandosi anche perché l’Olanda pretendeva di poter mantenere dei privilegi economici nel paese.
Altro motivo di disaccordo era rappresentato dalla Nuova Guinea occidentale, Irian, ancora sotto l’egida dell’Aia.
L’Indonesia pretendeva di potervi esercitare la sua sovranità avendo quel territorio fatto sempre parte delle Indie Olandesi, divenute appunto la Repubblica Indonesiana. L’Olanda, al contrario, affermava che l’Irian era senz’altro una terra a se stante ed inoltre era ferma convinzione del governo olandese che la zona contesa non sarebbe stata valutata economicamente al giusto punto.
Le trattative, già iniziate e sospese, ripresero nel 1950 e si trascinarono per due anni alla fine dei quali ci fu una definitiva interruzione. Anche perché l’Aia non accettò la proposta indonesiana di nominare una amministrazione mista provvisoria, in attesa della finale soluzione del problema.
Successivamente la questione fu portata davanti alle Nazioni Unite ma con scarsi risultati poiché anche l’Australia era intervenuta nella questione, come amministratore della parte orientale dell’isola, ed aveva espresso parere contrario al passaggio della medesima all’Indonesia.
A questo punto, anche in adesione al dilagante nazionalismo indonesiano, Djakarta cominciò a nazionalizzare le varie proprietà olandesi in Indonesia.
La Repubblica Indonesiana ebbe un cammino molto agitato anche a causa dei suoi tanti spezzettamenti, ognuno dei quali si considerava una unità a se stante. Soekarno, presidente, e Hatta, vicepresidente, promulgarono una nuova Costituzione che prevedeva un regime parlamentare. La Camera dei Deputati era composta da 231 membri tutti eletti dal presidente.
E la mancanza di fiducia nel governo, non sostenuto da quadri amministrativi competenti, procurò molte ribellioni, specialmente nella parte nord-occidentale di Sumatra. Concorsero a questa situazione, oltre ai gravi problemi economici, anche quelli religiosi, portati avanti dai musulmani del Darul Islam.
Il primo governo costituito fu una coalizione fra i due più importanti partiti: quello nazionalista laico e quello musulmano detto del Masjumi.
Continue crisi si ebbero anche perché i due partiti avevano punti di vista completamente differenti anche in campo di politica internazionale.
Nel 1957, per cercare di superare questa critica situazione, Soekarno propose di nominare un Consiglio consultivo in grado di coordinare e controllare le azioni del Parlamento.
Questo esperimento sortì un effetto deleterio perché nel 1958 si verificò una ribellione secessionista ad opera di alcuni colonnelli ostili a Soekarno. Essi tentarono addirittura di creare un governo totalmente contrario a quello di Djakarta. Erano propensi a mantenere intatte le proprietà straniere nel paese e tenersi in uno stato di neutralità diplomatica. Nonostante l’appoggio di alcune potenze occidentali, fra cui gli Stati Uniti, i ribelli furono messi fuori causa dalle truppe governative.
Soekarno nel 1959 prese nelle sue mani tutto il potere, sciolse l'Assemblea Costituente e ripristinò la vecchia costituzione che affidava al capo dello stato tutto il potere esecutivo e gran parte di quello legislativo.
Nel 1960 si arrogò il controllo sui partiti, contemporaneamente
formò un Fronte nazionale nel quale poterono confluire tutti coloro
che condividevano le sue idee politiche. Nello stesso anno sciolse il parlamento
e costituì un “Consiglio Nazionale del Popolo” che comprendeva,
oltre ai rappresentanti del disciolto organismo anche 294 rappresentanti
dei gruppi professionali e regionali.
Applicò così quella che chiamò la “democrazia
guidata”.
Ma in seno al suo partito Soekarno non poteva contare su una base preparata, così si trovò sempre in balìa dei militari che a suo tempo lo avevano aiutato a debellare le opposizioni.
Per sottrarsi al potere dei militari, si riavvicinò al partito comunista che allora contava più di tre milioni di iscritti.
E tutto preso dai problemi politici, aveva trascurato totalmente quelli economici e non si accorse, quindi, del calo spaventoso della produzione agricola e dell’aumento dell’inflazione.
Parallelamente al suo avvicinarsi al Partito Comunista, in politica
estera fece altrettanto con la Cina e l’Unione Sovietica.
Intanto era continuata con l’Olanda la diatriba relativa all’Irian
che Soekarno aveva deciso di occupare militarmente nel 1962. Il governo
Olandese accettò la sfida ed inviò dei commandos che affondarono
subito due siluranti indonesiane.
Si riuscì a comporre il conflitto con l’intervento del mediatore americano E. Bunker, ex diplomatico delle Nazioni Unite che presero sotto la loro giurisdizione la parte occidentale dell’Irian, proponendo il trapasso graduale del territorio a partire dal 1 Novembre 1963 all’Indonesia che, però, si impegnarono ad indire un plebiscito entro il giugno 1969.
Risolta questa situazione, se ne presentò subito un’altra, relativa alla Malesia. Nel settembre 1963 la Gran Bretagna aveva concesso l’indipendenza alle sue colonie malesi che, oltre alla Malesia e Singapore, comprendevano anche alcuni territori del Borneo settentrionale. Soekarno denunciò il “Complotto Imperialista” e minacciò di ricorrere alle armi ed effettuando, intanto, sbarchi di guerriglieri sulle coste del Borneo e della Malesia.
Il 30 Settembre 1965 lo sconosciuto colonnello Untung tentò un colpo di stato che fallì e sul paese si abbatté una sanguinosissima repressione. Circa 700000 persone, sospettate di sinistra e collaboratori del colonnello furono massacrate. Il potere passò nelle mani del generale Suharto. Egli dapprima dichiarò di voler collaborare con Soekarno ma poi, invece, lo privò di tutto il potere che aveva nel Parlamento, accusandolo di connubio con i golpisti. Il 12 marzo 1967 Soekarno fu completamente destituito. Visse quasi prigioniero nel suo palazzo sino alla sua morte, avvenuta il 21 giugno 1970.
Suharto, diventato Presidente della Repubblica già nel 1968, governò con l’ausilio dei militari e di tecnici, come il Ministro degli Esteri Adam Malik.
Il Presidente riprese una politica filoccidentale e risolse la questione della Malesia con un accordo di collaborazione in seno alla ASEAN, organo di cooperazione economica fra Indonesia, Malaysia, Singapore, Filippine e Thailandia.
Nel 1969 finalmente trovò la soluzione anche il problema dell’Irian che, dopo un referendum, passò definitivamente all’Indonesia.
Dopo di ché ebbero la migliore attenzione del governo i problemi connessi all’economia, che stava in uno stato veramente disastroso.
Suharto ottenne aiuti da potenze occidentali, compresa l’Olanda, e si preoccupò maggiormente dell’agricoltura che della industrializzazione.
Nel gennaio 1974 in occasione di una visita del primo ministro giapponese Tanaka, gli studenti inscenarono delle manifestazioni a Djakarta.
Le elezioni del 1977 ebbero lo stesso esito di quelle precedenti. Assegnarono la maggioranza assoluta ad una organizzazione creata dal governo, chiamata Sekber Golkar.
Una vera e propria opposizione, inesistente in seno al parlamento, fu esercitata in realtà dagli studenti che manifestarono in diverse circostanze: per la rivendicazione della indipendenza delle Molucche meridionali e per l’isola di Timor orientale.
Intanto la situazione economica era andata migliorando e stabilizzandosi. Nel 1984 la produzione del riso raggiunse la autosufficienza e questo fu un evento importantissimo per il paese. Suharto stesso ne dette l’annuncio a Roma il 14 novembre 1985 in occasione del 40° anniversario della FAO.
All’inizio del 1988 l’allora capo di governo italiano G. Goria, accompagnato dall’allora Ministro degli Esteri G. Andreotti, fecero una visita all’Indonesia per constatare quanto positiva sarebbe stata la presenza economica italiana nel sud-est asiatico, dominato dalla dilagante produzione giapponese. Ed in quello stesso anno la FIAT aprì uno stabilimento a Giava.
E sempre nel 1988 Suharto, per la quinta volta eletto presidente, dichiarò ufficialmente di non volere essere presidente a vita e scelse il suo vice che nel 1993 lo avrebbe rilevato. Il prescelto fu l’ex generale Sudharmono, non molto ben visto dalla maggioranza della popolazione.
Nell’agosto 1990 l’Indonesia operò un riavvicinamento alla Cina ed al Vietnam, dove Suharto andò anche in visita.
Ritornò alla ribalta la questione di Timor, già occupata militarmente dall’Indonesia. Il 12 novembre 1991 una manifestazione fu annientata nel sangue e un centinaio di Timoresi trovarono la morte. Vari paesi nel mondo assunsero posizioni critiche verso l’Indonesia, primo fra tutti il Portogallo.
Le elezioni del 1992 assegnarono ancora una volta la vittoria al Golkar ma decretarono anche un forte aumento di voti per i due maggiori partiti dell’opposizione.
La politica di Suharto però manifestò tutti i suoi limiti
di democraticità, nonostante le apparenze.
Nel giugno 1994, a seguito di disordini provocati da studenti e masse
lavoratrici per rivendicazioni economiche, fu ristabilito un severo controllo
anche sull’informazione e alcuni quotidiani furono soppressi.
In campo internazionale buoni furono i rapporti con la Cina e l’Australia ma non con il Portogallo.
Nell’ottobre 1996, l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace al Vescovo di Timor, C. F. Ximenes Beco, suscitò serie proteste da parte del governo Indonesiano.
Nel maggio 1997 le nuove elezioni abbero lo stesso risultato delle precedenti. La grande siccità, in quell’anno, ebbe come conseguenza un massiccio calo nella produzione del riso e la crisi finanziaria mondiale aveva coinvolto pesantemente tutto il sud-est asiatico. Tra la fine del 1997 e l’inizio del 1998 si verificò un fortissimo aumento della disoccupazione e questa volta fu coinvolto anche il ceto medio della popolazione.
Nel marzo 1998 Suharto era stato confermato presidente per la settima volta. Lungi dal concedere maggiori diritti democratici al popolo e perdurando le manifestazioni capeggiate dagli studenti, si fecero sempre più forti le pressioni internazionali, specialmente statunitensi, e Suharto fu costretto a dimettersi.
Divenne presidente B. J. Habibie. Le elezioni del giugno 1999 assegnarono la vittoria al Partai Demokrasi Indonesia Parjangan, partito democratico indonesiano di lotta.
Nell’agosto 1999 Habibie indisse il referendum per Timor est. L’esito fu il desiderio di indipendenza che scatenò una repressione nell’isola contro i filoindonesiani.
Habibie, incapace di gestire la situazione, accettò la decisione
dell’ONU di inviare un contingente internazionale di pace a Dili nel settembre.
In ottobre, le elezioni presidenziali consegnarono la vittoria al candidato
musulmano moderato Abdurrahman Wahid.