IRAQ

Storia

Questa regione, un tempo chiamata Mesopotamia, fu la culla della civiltà degli Assiro-Babilonesi. Questa terra, resa fertilissima dalle acque del Tigri e dell’Eufrate, attualmente comprende l’Iraq.

Secondo le prime notizie storiche è risultato che in questa zona fin dai tempi antichissimi vissero i Sumeri e gli Accadi. Essi fondarono la città di Babilonia e costituirono un vasto impero che si chiamò Impero Babilonese.

Verso il 1100 a.C. i Babilonesi furono sopraffatti dagli Assiri, una popolazione nordica, i quali fondarono un nuovo impero con capitale Nivive. Gli Assiri dominarono nel paese per cinque secoli, al termine dei quali i Babilonesi riuscirono a scacciarli e ricostruirono di nuovo il loro Impero.

Nel VI secolo a.C., ai tempi del regno di Nabucodonosor, la Babilonia comprendeva anche la Siria, la Persia, la Palestina e L’Egitto.

Nel 538 a.C. giunse sul posto Ciro, re dei Persiani, che occupò tutta la zona e si proclamò re dei Babilonesi. I Persiani chiamarono questo paese “erak”, che vuol dire appunto “persiano” e da allora il paese situato nella Mesopotamia si chiamò Iraq.

La dominazione persiana durò due secoli: poi arrivò quella dei Seleucidi, dinastia che regnava nel territorio dell’antica Siria; poi quella dei Parti, popolazione stanziata nel sud-est del Mar Caspio; ed infine quella dei Sassanidi, dinastia che regnò nella Persia.

Nel VII secolo d.C. l’Iraq fu soggiogato dagli Arabi, provenienti dalla penisola arabica. La loro dominazione durò fino al XIII secolo. In questo periodo l'Iraq ebbe un notevole sviluppo economico; molte città furono fondate, fra cui Baghdad, fu dato un grande impulso al commercio, vennero realizzate grandi opere di irrigazione e molto diffuse furono anche l’arte e la cultura. Poi, però, imposero all’Iraq la loro religione e la loro lingua; quest’ultima divenne ufficiale fin dal X secolo.

A loro volta gli Arabi, alla fine del XIII secolo, furono spazzati via dai Tartari che, per tre secoli, spadroneggiarono nel paese distruggendo tutto ciò che gli Arabi avevano realizzato, procurando così una grande miseria.

Nel XVI secolo ci fu un nuovo cambio della guardia; i persiani scacciarono i Tartari e divennero i nuovi padroni dell’Iraq. Però dopo breve tempo questo loro potere fu contrastato dai Turchi Ottomani che stavano conquistando tutti i paesi del Medio Oriente. La guerra durò a lungo ma alla fine i Turchi ebbero il sopravvento ed allora nel XVIII secolo iniziò nel territorio iracheno la dominazione turca che sarebbe durata fino agli inizi del XX secolo, quando gli sviluppi tecnologici conseguiti nell’occidente individuarono una nuova ricchezza nel mondo: il petrolio. L’Iraq possedeva vasti giacimenti petroliferi e questi provocarono l’interessamento di alcune potenze europee fra le quali Francia, Inghilterra e Germania.

L’iniziativa per entrare in possesso del territorio iracheno fu presa dall’Inghilterra durante la 1^ Guerra Mondiale. E dopo lunghi anni di lotte contro i turchi, nel novembre 1918 occupò interamente il paese. Per tre anni governò contrastata dalla popolazione, e proprio per questo, decise di dare all’Iraq un governo autonomo. Così, il 23 agosto 1921 venne costituito il Regno dell’Iraq e sul trono venne posto il principe Feisal.

Il principe Feisal regnò tra mille difficoltà fino al 1933. Da un lato la sua sudditanza all’Inghilterra che gli aveva dato il regno e dall’altra il popolo, ostile all’Inghilterra, verso il quale il principe doveva ostentare un comportamento non troppo remissivo nei riguardi della medesima. Perciò, nel 1932, l’Inghilterra conscia della situazione, concesse la completa indipendenza all’Iraq, in cambio però, di vantaggiosissime concessioni petrolifere e militari.

Nel 1933 salì al trono Ghazi, figlio di Feisal. Il popolo iniziò grandi manifestazioni di piazza anti-inglesi, in quanto la Gran Bretagna si era completamente appropriata dei giacimenti petroliferi del paese.

Morto nel 1939 Ghazi, venne designato re il figlio Feisal II. Poiché però egli era solo un bambino di tre anni, prese la reggenza suo zio Abdul-Illah. Tanto lui quanto Feisal II, quando fu maggiorenne e salì al trono, mostrarono una certa propensione verso l’Inghilterra. Ed allora nel 1958 alcuni ufficiali iracheni fecero scoppiare una violenta rivoluzione in cui rimasero uccisi tutti e due. E da allora in Iraq venne proclamata la Repubblica.

Gli insorti, dopo la proclamazione della repubblica, si ritirarono pure dalla Federazione Araba, di cui re Huseyn di Giordania decretò la fine il 2 agosto 1958.

Il nuovo governo iracheno inizialmente si orientò verso la Repubblica Araba Unita; poi, però, fra Qasim, capo della rivolta irachena e filo-comunista, e en-Nasir, capo della RAU, sorsero dei contrasti. Qasim si ritirò anche dal Patto di Bagdad. Tutto questo fomentò il malcontento nelle provincie, divise fra filo-comunisti ed unionisti arabi. E l’8 marzo 1959 scoppiò una rivolta, capeggiata dal colonnello Abd el-Wahab esh-Shawwaf, a Mossul, attribuita ad organizzazioni egiziane. A seguito di questo avvenimento furono arrestati un migliaio di comunisti.

L’incerto comportamento di Qasim verso il comunismo, innescò un altro attentato e questa volta proprio contro di lui; infatti fu ferito.

Nel dicembre 1959 firmò un accordo con l’Unione Sovietica per avere l’assistenza tecnica, necessaria allo sviluppo del paese ed il 6 gennaio 1960 promulgò una legge speciale che restituiva ai vari partiti la ripresa ufficiale delle loro attività, ma sempre dietro l’approvazione dei loro programmi da parte del Ministro degli Interni.

Immediatamente si formarono: il Partito Nazional-democratico, di matrice socialista, il Partito Democratico del Kurdistan e due formazioni comuniste: una “ortodossa” ed una “titoista”.

Nel marzo 1960 in Iraq si fondò un “Esercito di Liberazione della Palestina”, composto da profughi arabi, col preciso scopo di combattere ovunque e con ogni mezzo contro Israele.

Nel febbraio 1963 la dittatura di Qasim ebbe termine, per lasciare il posto a quella del generale Muhammad Arif, sostenuto dal Partito Socialista Ba’th. Seguì un periodo di colpi di stato e rovesciamenti vari e con questa instabilità interna si ebbe la conseguente incerta politica estera.

Nella resistenza ad Israele, l’Iraq non fornì un vero aiuto militare ma in politica fu sempre intransigente e vicina non solo alla Siria, ma anche all’Algeria.

Nell’ottobre 1978 fu fondata una Carta Costituzionale, una direzione politica comune all’Iraq ed alla Siria.

Nel marzo 1979 i comunisti uscirono dal Fronte Nazionale; il vice-presidente della repubblica Husayn assunse le cariche di capo dello stato, dell’esercito e del partito, divenendo così autorità unica dopo l’abbandono del presidente generale H. al-Bakr.

I rapporti politici con l’Egitto e la Turchia si rafforzarono mentre si deteriorarono quelli con l’Iran e con la Siria, amica di Teheran, dove imperversava la rivoluzione khomeinista.

Husayn aumentò la sua popolarità attraverso le elezioni del 1980. Egli rilanciò i rapporti economici con l’occidente (e nel 1984 ripresero le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti).

A metà settembre 1980 ebbe inizio la guerra con l’Iran.

Per i primi tempi le truppe irachene ebbero qualche successo ma nel 1981, avuto il tempo per riorganizzarsi militarmente, l’Iran cominciò ad imporsi e l’Iraq accusò vari colpi fra cui quello inferto da Israele che distrusse la centrale nucleare di Tamuz presso Bagdad. Molte furono le perdite irachene.

Nel novembre 1985 l’Iran sferrò un violentissimo attacco che consentì la conquista della penisola di Fao e l’attraversamento dello Satt el-Arab.

Si fece ricorso anche alle armi chimiche ed ai missili a lunga gittata.  La situazione stava preoccupando notevolmente gli Stati Uniti ed i paesi occidentali che si affrettarono nel 1987 a presidiare il Golfo con forze aeronavali.

Nella primavera del 1988 l’Iraq riprese l’iniziativa e recuperò delle posizioni intorno a Bassora. Poi le Nazioni Unite nell’agosto si interposero per un “cessate il fuoco” e, tra mille difficoltà, iniziarono i negoziati di pace.

Con le elezioni del 1989 fu riconfermato Husayn che dovette affrontare una situazione economica spaventosamente dissestata; il debito estero pesante, e da ricostruire tutto ciò che nella lunga guerra era stato distrutto.

Si trovò in contrasto con i ricchi paesi petroliferi contrari ad aumentare il prezzo del grezzo. Per di più il grande potenziale bellico di cui disponeva, suggerì all’Iraq di soddisfare le sue mire espansionistiche rivolgendosi verso il Kuwait. Ed il 2 agosto 1990 lo occupò, fidando anche che l’intesa raggiunta con i paesi occidentali ne avrebbe fermato le ostilità. Invece, non solo la condanna di questi paesi fu immediata, ma si verificò pure una spaccatura fra i paesi arabi.

Le Nazioni Unite autorizzarono subito l’applicazione delle sanzioni e nel novembre l’uso della forza per bloccare l’avanzata irachena.

Nel gennaio-febbraio 1991, con l’adesione dell’Arabia Saudita a concedere basi per l’avvio di operazioni belliche, gli Stati Uniti e tutti gli alleati sferrarono una poderosa offensiva che obbligò l’Iraq al ritiro dal Kuwait. L’Iraq registrò una completa sconfitta con notevoli danni materiali e perdita di vite umane.

Ma l’azione militare irachena aveva inflitto anche al Kuwait tali perdite nonché tutti i danni materiali, irreversibili per l’ambiente, collegati all’incendio dei pozzi petroliferi applicato dall’Iraq. Ma l’Iraq non rivolse solo al Kuwait i suoi attacchi repressivi. Ne subirono in abbondanza anche i movimenti indipendentisti sciiti e curdi.

Nel mondo arabo, intanto, nel 1992, la Siria e l’Egitto modificarono il loro atteggiamento verso l’Iraq, con il loro rifiuto ad altre operazioni contro Bagdad.

Il 26 agosto 1992 le Nazioni Unite decretarono un cambio di confini, favorevole al Kuwait, e relativo alla zona petrolifera di Rumayla ed alla città portuale di Umm Qasr, nonostante le reiterate proteste irachene.

Il paese dovette subire per tanti materiali e prodotti un embargo che non permetteva né ricostruzione civile né militare. Questa situazione disagiata nell’economia ebbe una profonda ripercussione politica. Vari furono gli avvicendamenti nei ministeri più importanti. Il solo inamovibile capo dello stato rimase sempre Saddam Husayn, che fu rieletto nel 1995.

Questo dittatore, spesso con il suo atteggiamento ostile, corse il rischio di ritorsioni e conflitti.

Con la fine della Guerra del Golfo era stato decretato dalle Nazioni Unite che l’Iraq avrebbe dovuto concedere l’ingresso a commissioni di controllo, che avevano il compito di verificare l’assenza di armamenti. Poiché Saddam Husayn si rifiutava ripetutamente di far entrare queste commissioni, più di una volta si fu sul punto di riaprire conflitti armati.

Finchè non divenne presidente degli Stati Uniti Bill Clinton nel novembre 1992 la situazione fu questa. Poi Bagdad, nel novembre 1993, accettò la risoluzione delle Nazioni Unite e consentì controlli prolungati.

Per la prima volta nel 1996 le Nazioni Unite concessero una vendita limitata, chiamata “oil for food”, in modo che l’Iraq potesse vendere un certo quantitativo di petrolio per acquistare viveri e medicinali.

Agli inizi del 1998 si ebbe una grave crisi. Dietro i rinnovati rifiuti di Saddam Husayn alle ispezioni, gli Stati Uniti furono sul punto di intervenire con la forza. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, si recò per una missione a Bagdad e raggiunse una intesa. I continui ripensamenti del dittatore iracheno convinsero gli Stati Uniti, col solo appoggio della Gran Bretagna, ad applicare un nuovo intervento armato e fino al dicembre Clinton sottopose l’Iraq ad una serie di attacchi aerei che si ripeterono anche nel 1999 finchè Saddam Husayn assunse un diverso, moderato atteggiamento e le ostilità cessarono.  Non così per l’embargo che tuttora è in atto.