LETTONIA

Storia

La Lettonia, o Curlandia,  cioè “Terra dei Kuri”, fino dalla antichità fu abitata da popoli lituani e finnici. Solo nel XII secolo apparvero i commercianti tedeschi, provenienti dalla Vestfalia e da Lubecca, che iniziarono subito una sorta di colonizzazione missionaria.

Nel 1202  il vescovo di Livonia fondò l’ordine religioso dei “Porta Spada” per diffondere, insieme al Cristianesimo, anche la cultura tedesca sulla riva orientale del  Mar Baltico. E nel 1230 la Curlandia risultò convertita al Cristianesimo, ed indissolubilmente legata all’ordine di Livonia.

Nel 1562 divenne un Ducato e dipese feudalmente dalla Polonia. Il primo Duca fu  Gotthard von Kettler e dopo di lui altri 6 discendenti furono sempre impegnati nella lotta per il potere con la locale nobiltà.

In politica estera la Lettonia cercò sempre di mantenersi neutrale fra le diatribe della Svezia, della Polonia e della Russia. Gotthard von Kettler si adoperò molto per mantenere l’ordine negli affari ecclesiastici, nel diffondere la cultura, nello sviluppare le relazioni con la Polonia e fondare nuove città, oltre a Riga capitale.

Fra i suoi successori si distinse di più il nipote Jacob cui si attribuì lo sviluppo delle industrie ed il commercio e sulla organizzazione di una flotta che, addirittura, acquistò il dominio del litorale della Guinea e delle isole Tobago.

Nel 1658, a seguito di una invasione svedese, Jacob con tutta la sua famiglia furono fatti prigionieri. Ma gli svedesi non durarono a lungo e due anni dopo furono costretti dalla Polonia a firmare la Pace di Oliva ed a liberare tutta la famiglia del Duca. Ma ormai  tutto il benessere precedente era sparito.

Vari Duchi si alternarono alla reggenza del paese finchè si arrivò al 1795 quando, con la spartizione della Polonia, finì pure la dipendenza feudale della Lettonia ma ne decretò l’unione con la Russia. Nel 1817 fu abolita la servitù della gleba ma ai contadini non fu assegnata alcuna terra.

Nella seconda metà  del secolo XIX iniziarono i primi movimenti nazionalistici della Lettonia. La loro prima affermazione si ebbe nel 1905 quando, chiedendo delle riforme economico-sociali, intanto ripristinarono  l’uso della loro lingua sia nella scuola che nell’amministrazione, invece di quella russa. Ci furono subito delle repressioni che ridussero i lettoni al silenzio. Ma fino alla prima guerra mondiale. I tedeschi invasero le regioni baltiche ed in seguito allo sfacelo dell’esercito russo, nel 1917, occuparono Riga e quasi tutto il paese.

Intanto i bolscevichi a Pietrogrado si erano impadroniti del potere ed avevano costituito un Consiglio Nazionale ed inviato un loro rappresentante a  Londra e a Parigi. Simultaneamente i tedeschi, nelle regioni occupate, formarono un blocco democratico, diretto da Karlis Ulmanis e con il trattato di Brest-Litovsk del 3 marzo 1918, avevano creato uno stato comprendente anche l’Estonia, e lo avevano posto sotto  la sovranità tedesca, mentre la Lettonia diveniva un  Ducato legato alla Prussia.

Ma quando tedeschi ed austriaci furono sconfitti, il 18 novembre 1918, la Lettonia si proclamò stato indipendente e formò un governo provvisorio guidato da Ulmanis. Si trovò, però, in una situazione assai critica, stretta com’era fra i bolscevichi ed i tedeschi, rimasti ancora sul posto. I russi presero Riga il 3 gennaio 1919 e poi Mitau: il governo fu costretto a trasferirsi a Libau, unica città rimasta libera. Qui fu organizzato un esercito di volontari che rioccuparono quasi tutto il territorio e riportarono il governo provvisorio a Riga. Nei primi mesi del 1920 la Lettonia tornò ad essere libera e ciò fu possibile anche grazie all’aiuto fornito dalla Polonia.

Si riunì subito una Costituente che entrò in vigore il 7 novembre 1922. Fu eletto Presidente Janis Cakste e capo del governo Meierovics, in sostituzione di Ulmanis, deposto dai contadini scontenti per come era stata applicata la tanto auspicata riforma agraria.

Nell’aprile del 1927, alla morte di Cakste, fu eletto presidente J. Zamgalas. Il governo della Lettonia riprese le normali relazioni con la Germania e con la Russia; definì  le sue frontiere con l’Estonia; stipulò un Concordato con la Santa Sede; con l’Estonia concluse pure un’alleanza difensiva ed una unione doganale e partecipò attivamente alla collaborazione dei Paesi Baltici.

Ma in Lettonia, dopo le negative esperienze maturate sotto il dominio dei nazionalsocialisti tedeschi, si sciolsero tutte le organizzazioni che implicavano l’uso di una uniforme. E questo accadde nel 1933. L’anno dopo fu messo al bando il nazionalsocialismo. In questo frattempo Ulmanis era tornato alla guida del governo e nell’aprile del 1936 era stato eletto Presidente della Repubblica.

Nell’arco degli anni trenta erano state portate a compimento molte operazioni economiche, come il monopolio dello zucchero e del grano, l’aumento delle tariffe doganali per i cereali, la frutta, il carbone, le macchine e i tessuti, come il cotone, la lana e la seta. Per di più, in risposta al veto tedesco dell’importazione del burro da parte della Lettonia, questa rispose vietando in tutto il paese l’ingresso alle merci tedesche.

Quando il 23 agosto 1939 a Mosca fu firmato un patto fra Unione Sovietica e Germania, con il quale fra le due potenze avveniva la spartizione di tutti i territori compresi fra i due stati, la Lettonia il 1° settembre 1939 si dichiarò neutrale. Ma un mese dopo l’Unione Sovietica costrinse il piccolo stato a firmare un patto di mutua assistenza ed a concedere ai sovietici basi militari a Ventspils e a Liepaja.

Il 16 giugno 1940, dopo il crollo della Francia e l’isolamento della Gran Bretagna, l’Unione Sovietica occupò il paese, vi instaurò un governo comunista ed indisse per il 15 luglio le elezioni. Di seguito si formò la 16° Repubblica dell’Unione Sovietica.

E così, dato che i tedeschi assalirono l’Unione Sovietica nel corso della seconda guerra mondiale, anche la Lettonia conobbe il dominio nazista,e vi rimase fino al 1945.

Nel febbraio 1943, dopo la deportazione in Germania di molte migliaia di operai, le truppe lettoni si ribellarono nella regione della Curlandia occidentale. La rivolta, guidata dal generale Curelis, fu chiamata appunto dei “Cureliani”.
A luglio del 1945 la Lettonia, libera dal giogo nazista, dovette però tornare a far parte dell’Unione Sovietica. Per questo molti cittadini preferirono espatriare e si recarono in Germania, Austria, Inghilterra e negli Stati Uniti. Una piccola rappresentanza arrivò pure in Italia.

Dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna e da altri stati occidentali la Lettonia fu considerata sempre uno stato indipendente, con relative ambasciate e legazioni, essendo stata l’occupazione sovietica “de facto” e non “de iure”, cioè forzata e non scelta dal popolo.

Per oltre 40 anni i lettoni subirono la russificazione ed a volte tentarono di ribellarsi, ma ogni volta dovettero sottostare a deportazioni. Nel 1976 la popolazione del gruppo lettone si era molto ridotta e, pur tuttavia, alla metà degli anni 80 l’opposizione si riorganizzò e, sfruttando tematiche ambientalistiche, si avvalse del Movimento “Helsinki ‘86” per  chiedere il rispetto degli accordi sanciti con la Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa.

Il locale partito comunista era diretto sin dal 1984 da B. Pugo che, non considerando molto la “perestroika”, né la dottrina politica di Gorbacev, continuava ad applicare sistemi di regime.

Allora si mossero le forze radicali di opposizione e chiesero sostanziali riforme. L’Unione Sovietica richiamò a Mosca Pugo ed inviò J. Virgus, con il compito di controllare più da vicino i gruppi nazionalisti lettoni, che intanto avevano fondato il Fronte Popolare di Lettonia. Questo Fronte riuscì a conquistare dei successi, primo fra tutti il ripristino della lingua lettone come lingua ufficiale del paese.

Il 25 marzo 1989 si svolsero le elezioni ed i candidati del Fronte conquistarono una grande maggioranza. Il seguente 28 luglio il Soviet dichiarò la Lettonia stato sovrano ed indipendente e nel gennaio del 1990 abolì il monopolio politico fino ad allora detenuto dal Partito Comunista: così iniziò il pluripartitismo.

In aprile, con il Congresso del partito comunista, si verificò in seno ad esso la scissione che diede vita al Partito Comunista Indipendente di Lettonia. Poi il Soviet Supremo cambiò nome e si chiamò “Consiglio Supremo”, che dichiarò ufficialmente illegale l’annessione della Lettonia all’Unione Sovietica, completando così l’operazione “indipendenza”.

Subito si costituì un governo guidato da I. Godmanis, vice presidente del Fronte. I rapporti con la Russia peggiorarono immediatamente e Gorbacev il 14 maggio annullò la precedente dichiarazione di indipendenza. La situazione precipitò ed a gennaio del 1991 la Russia inviò reparti militari che tentarono di istituire un governo alternativo.

A marzo fu eseguito un referendum che confermò, a stragrande maggioranza, la decisione della popolazione di ribadire la propria sovranità. Ed infatti il governo Lettone riacquistò i suoi poteri e mise al bando il partito comunista filo-sovietico.
Molti paesi occidentali si affrettarono a riconoscere la nuova  Repubblica e Mosca fu costretta ad associarsi.

A settembre 1991 la Lettonia fu ammessa alle Nazioni Unite e nello stesso mese stipulò un accordo di cooperazione fra gli stati baltici.

Il 5 maggio 1992 il Consiglio Supremo Lettone introdusse l’esame obbligatorio della lingua lettone per tutti gli impiegati del paese, sia del settore pubblico che privato.
 
Con l’indipendenza arrivarono in Lettonia pure dei problemi non proprio facilmente risolvibili, come la giusta collocazione fra i paesi occidentali, la sistemazione della popolazione in maniera da non discriminare quella slava, in minoranza ma sotto l’egida della Russia che rimaneva, soprattutto in relazione all’economia, il partner principale della Lettonia.

Inoltre si sistemò la questione delle truppe russe, rimaste nel paese, che però entro il 1994 furono completamente rimosse.
E si avviò pure un altro processo di sistemazione della popolazione, che fu portato a soluzione con l’assegnazione della cittadinanza lettone a tutti coloro che risiedevano nel paese già da prima del 1940, e loro discendenti. Mentre per gli altri residenti, in maggioranza russa,  si applicò la naturalizzazione.

Poi, dall’aprile 1996, iniziarono altri negoziati con Mosca, allo scopo di modificare la linea di confine fra i due stati rispetto a quella stabilita nel 1920.

Nel luglio del 1996 si raggiunse anche con l’Estonia un accordo per le acque territoriali.

Intanto il 1995 era stato un anno di lotte politiche e consultazioni,  che avevano portato, nel dicembre, alla costituzione di un governo di coalizione guidato da A. Skele, indipendente, ed alla rielezione come Presidente della Repubblica di Ulmanis, nel giugni del 1996.

Si lavorò alacremente per costituire una economia liberista, che incoraggiasse gli investimenti stranieri nel paese;  si provvide ad applicare alcune privatizzazioni ma, purtroppo, la situazione peggiorò e molte piccole banche fallirono. Inoltre scoppiarono anche alcuni scandali per corruzione pubblica ed il governo nell’agosto del 1997 si dimise. Ne fu costituito un altro, sempre di coalizione, questa volta guidato dal conservatore G. Krasts.

Furono indette elezioni legislative nell’ottobre del 1998 ed il Partito Popolare acquisì la maggioranza. Il nuovo governo fu guidato da V. Kristopans mentre nel giugno 1999 le nuove elezioni presidenziali portarono alla carica V. Vike-Freiberga.