LITUANIA

Storia

Il paese, situato al centro degli altri paesi baltici, visse in tranquillità fino al XII secolo quando i Cavalieri degli ordini teutonici dei “Porta Croce” e “Porta Spada” non pensarono di diffondere il Cristianesimo presso la sua popolazione.

I lituani non furono in grado, all’inizio, di opporre alcuna resistenza alla loro preponderanza. Ma ad un certo punto, non si sa bene quando, i capi delle diverse tribù lituane si unirono per fare un fronte unico di difesa.

Nel 1219, nel trattato di pace con la Volinia, figurano già le firme di 5 principi. Ma fra il 1226 ed il 1236 questa unione fu certamente completata. Ed allora i cavalieri teutonici di “Porta Spada” furono affrontati nella battaglia di Siauliai, e sconfitti: sul campo morì anche il Gran Maestro dell’ordine.

Il capo riconosciuto dello stato di Lituania fu Mindove che, dopo aver domato una rivolta di principi, e per far sì che altri cavalieri non prendessero altri pretesti per assalirlo, si convertì al Cristianesimo, si fece battezzare, poi inviò i suoi omaggi di principe cristiano al papa Innocenzo IV. Questi ordinò subito al vescovo di Culmia di incoronarlo Re dei Lituani e ciò avvenne nel 1253.

Mindove, dopo rovinose vicende guerresche, fu assassinato nel 1263 dal principe Treniotas che ripristinò subito la religione pagana tradizionale.

Treniotas regnò per brevissimo tempo; fu spodestato dal figlio di Mindove, Vaisvilkas, che rimase sul trono per tre anni macchiandosi di sopraffazioni e crudeltà, di cui poi si pentì e si ritirò in un convento per espiare i suoi peccati. Ma lasciò il potere in mano ad un suo cognato che, però, un anno dopo morì ed il regno andò al principe  di Kernava, Traidenis, il quale si prodigò moltissimo per rendere più solida l’unità nazionale.

Nel 1293 salì al potere Vytenis, che fu subito travolto dalle guerre riprese dall’ordine dei cavalieri teutonici, i quali compirono tante e tali nefandezze da suscitare proteste persino del vescovo di Riga. Questi si rivolse al papa accusando i cavalieri di voler sterminare i lituani anziché evangelizzarli. Il papa nel 1309 interdisse i Cavalieri, ma essi continuarono nella loro opera devastatrice.

A Vytenis successe il fratello Gedimino. Egli governò per 25 anni e, nonostante le continue guerre, potè migliorare notevolmente le condizioni del paese. Fondò Vilna, che divenne capitale; riordinò l’esercito e l’amministrazione statale. Chiamò abili artigiani dalla Germania; incrementò il commercio facilitando le comunicazioni e si alleò col re di Polonia, Vladislao I, al cui figlio Casimiro diede in sposa la propria figlia Aldona. Poi iniziò relazioni con il papato per la diffusione del cristianesimo. Ma nonostante ciò dovette subire ancora attacchi dai cavalieri teutonici. Però riuscì a tenerli lontani dai confini della Lituania.

Poi estese il suo dominio in oriente, anche sui principati di Brest-Litovski, di Kobrin e di Volinia. Sotto la guida dei suoi figli, suoi successori, la Lituania operò altre conquiste e con i suoi confini aggiunse le sponde del Mar Nero.

Verso la fine del XIV secolo, regnante Jagellone, avvennero due fatti importanti per la Lituania: il primo fu la completa cristianizzazione del paese ed il secondo fu l’unione con la Polonia.

Nel 1386, sposò Edvige, figlia ed erede del re di Polonia. Salì al trono col nome di Ladislao, dopo essersi fatto battezzare insieme alla maggior parte dei nobili. Il 20 gennaio 1387 a Vilna circa 30.000 lituani ricevettero un battesimo di massa.
Siccome, però, tutto preso da nuovi interessi, Ladislao trascurò quelli dei lituani, la massima parte delle incombenze del paese andò al cugino Vitoldo, il quale esplicò per molti anni una intensa attività. E quando Vitoldo, detto il Grande, morì, iniziò la decadenza della Lituania. Questa fortissima, sia dal lato militare che da quello amministrativo, era però rimasta unita alla Polonia.
Né poterono riuscire nell’intento di una divisione i suoi successori. La dinastìa degli Jagellonidi governò la Lituania e la Polonia per un secolo e mezzo e quando morì l’ultimo re Sigismondo Augusto, nel 1572, senza figli, cominciarono le preoccupazioni perché proprio in quel periodo la Lituania era in guerra con lo zar russo Ivan IV, per il possesso della Livonia. La maggior parte di questa provincia passò alla Lituania che però dovette cedere ai russi la fortezza di Polock.

Fu riunito  il Congresso di Lublino dove la Lituania fu obbligata a rimanere unita alla Polonia e si creò quello stato unico che si chiamò “Respublica” con un solo capo, re di Polonia e Granduca di Lituania.

I risultati di questa unione furono disastrosi. Nel XVII secolo la Lituania si alleò con la Svezia, sempre con l’intento di riuscire a separarsi dalla Polonia. Ma dovette anche seguire la Svezia nelle sue disgraziate guerre contro lo zar Pietro il Grande, che impose la sua sovranità sia sulla Lituania che sulla Polonia finchè si giunse alla prima spartizione della Polonia del 1772 che decretò anche quella delle due monarchie. Seguì nel 1793 una seconda spartizione e poi  una terza, definitiva,nel 1795. La  Russia ebbe tutta la Lituania meno il territorio ad ovest dello Niemen, che passò alla Prussia. La Russia poi divise la Lituania in due governatorati: quello di Vilna e quello di Sonim.

Nel 1812, durante le guerre napoleoniche, la Lituania cercò di organizzarsi per scrollarsi di dosso il dominio russo, ma la infausta  sconfitta di Napoleone in Russia fece naufragare tutte le sue speranze.  Tornò sotto il dominio della Russia che, dopo aver domato una guerriglia iniziata nel 1831, ordinò la chiusura dell’Università di Vilna, impose la lingua russa, abolì le scuole parrocchiali ed i monasteri e confiscò i beni della Chiesa che così andarono ad arricchire l’erario di Mosca.

Nel 1840 fu abolito lo “Statuto lituano” ed anche il nome di Lituania scomparve ed il paese si chiamò “Provincia del Nord Ovest”.

Nel 1855 divenne zar Alessandro II che abolì la servitù della gleba e distribuì ai contadini, oltre che le terre, anche la libertà personale. E questo fu l’inizio di una rinascita lituana.

Nel 1863, dopo la Polonia, si ribellò anche la Lituania, sotto la guida di Costantino Kalinowski. L’impresa fallì ed egli l’anno dopo fu impiccato, per ordine del generale Murav’ev. Questi poi proibì l’alfabeto latino e lo fece sostituire con quello russo. Ciò dette l’avvìo alla stampa segreta dei libri che andarono in distribuzione clandestinamente in tutto il paese. L’apostolo di questa crociata culturale e patriottica fu G. Basanavicius, che nel 1864 fondò il primo giornale nazionale chiamato “Ausra”, cioè “Aurora”.

Dopo una lotta tenace si ebbe un primo risultato. Nel 1904 fu riammessa la lingua ed anche la scrittura nazionale. Nel 1905, allo scoppio in Russia della prima rivoluzione, anche in Lituania si preparò il terreno per una ampia rivendicazione nazionale ed a Pietroburgo fu richiesta la piena autonomia.

Passate le prime difficoltà, la Russia riaffermò sul paese la sua più totale sovranità. Quando arrivò la prima guerra mondiale i tedeschi invasero la Lituania e la sottoposero ad una amministrazione militare. Per la tutela degli interessi nazionali di fronte agli invasori, si formò un Comitato guidato da Antonio Smetona. Nel 1917 fu fondato un Consiglio, o “Taryba”, riconosciuto dai tedeschi, che il 18 febbraio 1918 dichiarò ricostituito lo stato lituano con capitale Vilna, ed elesse re il principe Guglielmo d’Urach della casa di Wurttemberg, col nome di Mindanaugas II.

Dopo la disfatta dei tedeschi, però, la Lituania proclamò la Repubblica: il 4 aprile 1919 Smetona assunse provvisoriamente il governo. Iniziarono subito le lotte di possesso fra la Polonia e la Russia, che finirono con la stipula di accordi in base ai quali venivano  definite le linee di demarcazione con gli stati occidentali e con l’Estonia.

Nonostante l’occupazione di Vilna da parte delle truppe polacche, insorte sotto il comando del generale Zeligowski, la conferenza di Bruxelles aveva stabilito il 10 ottobre 1920 che fosse condizione essenziale della pace orientale, l’assegnazione di Vilna alla Lituania, ciò che avvenne il 9 maggio 1921. Poi nel marzo 1923 anche il territorio della zona del Memel venne attribuito alla Lituania, a condizione che ne fosse mantenuto l’ordinamento vigente.

Nel 1939, con la seconda guerra mondiale, il territorio di Memel fu incamerato dalla Germania. Nel 1940 passò all’Unione Sovietica e poi ancora un anno dopo ritornò alla Germania finchè nel 1944 fu aggregato all’Unione Sovietica, definitivamente.

Quindi, tornata ad essere una delle repubbliche sovietiche, in campo economico subì una netta trasformazione, a cominciare dalla radicale riforma agraria che portò alla collettivizzazione delle terre. Seguirono poi la nazionalizzazione delle industrie e delle banche. Nel paese si verificarono anche vasti cambiamenti di popolazione in quanto i sovietici trasferirono 120.000 lituani negli Urali settentrionali e nelle zone del Caucaso che, per effetto della guerra e delle deportazioni di massa, erano rimaste quasi completamente  spopolate. Inoltre, poiché molti lituani avevano seguito i tedeschi in ritirata, nel paese erano affluiti molti russi.

I lituani però si opposero al regime imposto dall’Unione Sovietica, ma subirono vaste deportazioni. Ciò non impedì loro, sia  negli anni 60 che negli anni 70 di tentare di liberarsi dal dominio russo. Ed un barlume di speranza iniziò con l’avvento di Gorbacev.

Nacque così il Movimento Lituano per la Ricostruzione, detto Sajudis, insieme ad altre organizzazioni politiche di stampo nazionalista. Queste manifestarono in massa, nel corso del 1988, contro la russificazione del loro stato e per ripristinare il lituano lingua ufficiale. Ciò fu accordato, specialmente per la grande disponibilità del Partito Comunista locale.

Nel marzo 1989 furono svolte le elezioni per il Congresso Pansovietico dei deputati del popolo. Il Sajudis conquistò la maggioranza dei seggi. Questo fu il principale motivo per cui il Soviet il 18 maggio approvò la dichiarazione di indipendenza, che sosteneva la supremazia delle leggi lituane su quelle dell’Unione Sovietica. Poi si ottennero libertà di culto e di associazione, la scissione del Partito Comunista Lituano da quello sovietico e si adottò un sistema multipartitico favorevole all’indipendenza nazionale.

Nel febbraio 1990   vi furono nuove elezioni; presidente divenne V. Landsbergis, leader del Sajudis, che l’11 marzo dichiarò ufficialmente l’indipendenza  e riportò in auge la vecchia denominazione dello stato, ossia Repubblica di Lituania.

Ma dopo pochi giorni, il 17 marzo, l’esponente comunista signora K. Prunskiene, fu nominata Primo Ministro mentre il Congresso Pansovietico contestava la dichiarazione di indipendenza e truppe sovietiche occupavano alcuni edifici del partito e le sedi dei giornali.

In aprile l’Unione Sovietica impose l’embargo economico, specialmente del combustibile, che durò fino a giugno quando cioè la Lituania accettò di sospendere per sei mesi la dichiarazione di indipendenza.

E quando nel gennaio 1991 i delegati dei due paesi ancora non si erano riuniti per discutere l’argomento, Landsbergis dichiarò decaduta la sospensione, provocando così l’intervento dei sovietici, che occuparono molti edifici pubblici, compresa la sede della radio. Tredici furono i morti nella circostanza e circa 500 i feriti fra il popolo che si era sollevato in massa.

Ma intanto, a causa di contrasti per la politica interna, il primo ministro era stato sostituito. Il nuovo premier fu G. Vignorius. Il popolo lituano sostenne le scelte del Consiglio Supremo ed il 9 febbraio in un referendum si dichiarò favorevole all’indipendenza.

Ma ciò  che facilitò il suo raggiungimento fu il fallimento di un colpo di stato che nell’agosto del 1991 si registrò a Mosca. La controversia finì; le truppe sovietiche furono scacciate dal territorio, il partito comunista fu messo al bando e subito 40 stati riconobbero la Lituania indipendente, così come fece l’Unione Sovietica il 6 settembre. Il 17 settembre la Lituania fu ammessa alle Nazioni Unite.

Si pensò subito all’economia e per prima cosa lo stato confiscò i beni dei partiti comunisti sia lituano che sovietico, poi furono liberalizzati i prezzi delle merci, anche di quelle di prima necessità.

Indi si svilupparono i contrasti per quella legge, approvata nel 1989, che assegnava il diritto di cittadinanza solo a coloro che risultassero residenti in Lituania da oltre dieci anni. Ciò, infatti, penalizzava quei russi e polacchi, minoranze etniche, già prive di autonomia amministrativa in quei paesi dove invece costituivano la maggioranza.

Nel 1992 intervenne una grave crisi economica. Le conseguenze furono grandi: i consensi al Sajudis registrarono un grosso calo ed una proposta di Landsbergis per costituire una Repubblica Presidenziale fu clamorosamente bocciata. E nelle elezioni generali dell’ottobre ebbe la maggioranza il Partito Democratico del Lavoro, guidato da A. Brazauskas.

 I rapporti con Mosca continuarono ad essere tesi ed uno dei maggiori problemi, poi risolto definitivamente nell’agosto 1993, fu il ritiro delle truppe sovietiche, che passarono sotto il controllo della Federazione Russa.

Un’altra grave difficoltà era rappresentata dal passaggio sul territorio lituano dei materiali bellici che Mosca inviava regolarmente nella zona di Kaliningrad. Ed anche per questo si raggiunse un accordo nel novembre del 1993.

Tese erano rimaste anche le relazioni con la Polonia, la quale accusava la Lituania di discriminare la minoranza polacca esistente nel paese. Ma anche in questo campo si stabilì un clima di distensione e di pacificazione poiché la Lituania nell’aprile del 1994 firmò un accordo per il riconoscimento dei diritti a tutte le minoranze e nel giugno 1996 si accordò per la formazione di una zona di libero scambio.

Nel dicembre del 1995 fu presentata la richiesta di adesione all’Unione Europea. Intanto il governo di Brazauskas fu implicato in alcuni casi di corruzione e fu coinvolto anche nel fallimento di varie banche. Per cui nelle elezioni dell’ottobre del 1996 fu largamente sconfitto ed il nuovo governo di coalizione di centro-destra fu formato da G. Vagnorius, il quale proseguì il programma di liberalizzazione dell’economia, del resto già iniziato dai governi precedenti.

Nel gennaio del 1998 le elezioni presidenziali furono vinte dal conservatore V. Adamkus. Nel maggio 1999 Vagnorius, contrastato dal neo presidente, si dimise  e la carica fu assunta dal conservatore R. Paskas.