Storia
Lo stato della Malesia è politicamente compreso nella penisola di Malacca.
Si attribuisce l’origine dei primi abitatori ad un discendente di Alessandro Magno; nel Medio Evo si pensò ad indigeni di Sumatra ma poi, a seguito di scavi archeologici e a studi approfonditi sui reperti, fu stabilito che le origini andavano ricercate senz’altro nell’Indocina e nella Cina meridionale.
Ma altri studi hanno portato alla scoperta della presenza, già verso il 2000 avanti Cristo, dei popoli Austronesi e Protomalesi, che si trovarono pure nelle Filippine e fino a Formosa. Dopo di loro vennero i veri malesi, i quali, nel tempo, hanno completamente assorbito i dettami della civiltà indù, portati da commercianti dell’India dal I secolo dopo Cristo in poi.
I malesi induizzati costituirono vari piccoli stati ben organizzati politicamente, fin dal IV secolo. Nel VII secolo si sviluppò la grande potenza marittima dello stato col regno di Srivijaya.
Nel secolo XI si ebbe la prevalenza di Giava sulle altre isole mentre nel XII secolo Srivijaya dovette cedere terreno ad una nuova Malaya, stabilitasi in Sumatra. Verso il 1280 la parte nord di Giava passò al Siam (attuale Thailandia).
Alla fine del XV secolo, con la penetrazione dell’islam, si ebbe un progressivo indebolimento dell’impero malese. Principale centro di propaganda per l’islam divenne Malacca.
Nel 1511 arrivarono i primi portoghesi che a Sumatra fondarono il potente regno di Atjeh, che però dovette limitare la sua potenza per il sorgere di un altro regno di Johore nella penisola, ad opera di sultani scacciati da Malacca.
Né questi due regni, né i portoghesi, nel XVII secolo, riuscirono a fronteggiare gli olandesi. Poi anche questi dovettero cedere il campo agli spagnoli che, nel 1565, si impossessarono, e per tre secoli, delle Filippine; mentre nell’arcipelago malese, si andò via via consolidando il predominio olandese.
I popoli indigeni, sopraffatti dagli europei, si risvegliarono in nome della libertà e dell’indipendenza, già retaggio dei popoli civilizzati, e nacque la Federazione Malese, composta da 4 stati di terraferma, dal 1874 al 1895: poi nel 1896 si estese ad altri 5 stati della penisola di Malacca, quindi agli antichi Stabilimenti di Penang e di Malacca.
Il primo febbraio 1948, con l’entrata in vigore della Costituzione della colonia britannica di Singapore, entrò contemporaneamente in vigore la Costituzione della Federazione Malese. Fu composta da 10 sultanati protetti e due ex stabilimenti. Ma già a cominciare dal 1946 i malesi fecero intendere all’Inghilterra che volevano sottrarsi al suo dominio e costituire uno stato indipendente.
Nel 1957 l’Inghilterra concesse l’indipendenza e la parte inferiore della penisola di Malacca venne riconosciuta come Monarchia Indipendente col nome di Federazione Malese o Malesia.
Il titolo del sovrano fu “Sua Maestà Yuang di Pertuan Agong”, cioè “Capo Supremo dello Stato”.
Il 26 maggio 1961 il primo ministro malese Tunku Abdul Rahman propose di costituire una Federazione fra l’Unione Malese, Singapore, Borneo, Sarawak e Brunei. La proposta fu caldeggiata dalla Gran Bretagna poiché essendo la quasi totalità degli indigeni di ceppo cinese, erano considerati buoni conduttori al comunismo. La Federazione sarebbe stata un buon impedimento a questo.
Dopo alcune divergenze, poi risolte, da parte dei cinesi di Singapore
e da Manila, il nuovo stato sorse il 16 settembre 1963.
Brunei però non aderì ed anche l’Indonesia fu contraria
tanto che aiutò i guerriglieri nazionalisti del Borneo settentrionale
nelle loro azioni di disturbo. Con la cacciata di Sukarno in Indonesia,
la sua resistenza finì ma i problemi non mancarono data la difficoltà
di amalgamare tante etnìe differenti tra loro. Proprio questo diede
origine alla secessione di Singapore il cui premier, in continua rivalità
col premier Tunku, si era posto in concorrenza con l’Alleanza Malese.
Questa ebbe la maggioranza dei seggi ma in seguito perse terreno per la mancata collaborazione dei vari gruppi etnici, un po’ ovunque scontenti.
Nelle elezioni del maggio 1969 l’Alleanza ebbe una ridottissima maggioranza. Violenti disordini razziali portarono allo scioglimento del Parlamento e fu necessario proclamare lo stato d’emergenza. Il premier si dimise lasciando l’incarico al suo vice Tun Abdul Razak.
Il 20 febbraio 1971, a seguito anche di un certo miglioramento economico, i disordini cessarono ed il Parlamento fu riattivato.
Le elezioni del 24 agosto 1974 portarono alla vittoria il Fronte Nazionale. In politica estera, pur mantenendosi neutrale, la Malesia sviluppò accordi economici e di collaborazione con Inghilterra, Australia, Nuova Zelanda, Singapore e Cina. In precedenza aveva costituito con Indonesia, Filippine, Thailandia e Singapore, l’Association of South East Asia Nations e questa era stata la prima organizzazione a riconoscere ufficialmente la Repubblica Popolare Cinese.
La situazione economica era andata sempre migliorando ed in politica c’era stabilità. Anche le elezioni del 1982 decretarono la vittoria del Fronte Nazionale, così come quelle del 1986.
Il Fronte, costituito dalla United Malay National Organization, dalla Malayan Chinese Association e dal Malayan Indian Congress, aveva come presidente lo stesso premier Mahathir.
Ma critiche e scontenti si verificarono in seno al governo; l’elettorato cinese si orientò verso il Democratic Action Party e molte personalità, fra cui Tengku Abdul Rahman, l’anziano fondatore della Malesia, manifestarono i loro dissensi specialmente quando si tentò di rivedere le norme sui poteri dei sultani.
Le proteste principali erano portate avanti dai cinesi che non si sentivano protetti come i malesi, i quali avevano su tutti la precedenza nei diritti, nelle cariche, specialmente in quelle del pubblico impiego. E dagli insoddisfatti fondamentalisti islamici, nonostante la preponderanza nel paese della loro religione.
Poiché Mahathir da tempo paventava contrasti sempre più pericolosi fra i due gruppi, cercò, nell’ottobre 1987, di prevenire disordini adottando speciali misure di sicurezza e facendo arrestare alcuni esponenti dell’opposizione, sospettati di fomentare le lotte. Fu anche decretata la soppressione della stampa e la Corte Suprema poi annullò la rielezione di Mahathir a presidente della United Malay National Organization.
Il prestigio del premier risultò alquanto diminuito ma ancora molto saldo tanto che fu confermato con le elezioni dell’ottobre 1990.
Nello stesso anno, a dicembre, moriva a 87 anni il principe Abdul Rahman, figlio del sultano del Kedah, fondatore della Malesia ed assertore convinto dell’unità nazionale.
Contrariamente alle vicissitudini politiche, l’economia invece si mantenne
in condizioni di stabilità, anzi di miglioramento. La produttività
collocò al terzo posto la Malesia, dopo Singapore e Brunei e nel
1992 fu più strettamente integrata con quella della comunità
di 350 milioni di abitanti del sud-est asiatico.
Vi fu una significativa, anche se disuguale, distribuzione della
ricchezza e la disoccupazione era calata notevolmente.
In campo internazionale la Malaysia mantenne buoni rapporti con
tutti i paesi del sud-est asiatico, in particolare col Vietnam e con le
Filippine. Solo verso i primi mesi del 1997 si deteriorarono quelli con
Singapore, anche a causa di una sopraggiunta crisi finanziaria che aveva
coinvolto tutti i paesi limitrofi.
Appunto per fronteggiare questa grave crisi, il governo fu costretto ad applicare misure di austerità, portando ampi tagli alla spesa pubblica e rimpatriando nel gennaio del 1998 moltissimi lavoratori stranieri. Come conseguenza di tutto ciò si acuirono le tensioni sociali anche in seno alla stessa United Malays National Organization.
Sempre nel corso del 1998 alcuni membri del partito dichiararono apertamente il loro dissenso nei confronti di Mahatir e delle misure anticrisi da lui adottate. Fra i più accaniti accusatori del premier ci fu I. Anwar, vice-premier dal 1993, che provocò da parte di Mahatir una reazione così tanto dura da costringere Anwar ad abbandonare la carica.
A questo punto, però, intervennero i suoi sostenitori, in particolare il movimento giovanile del partito, che manifestarono violentemente ed altrettanto violentemente furono messi a tacere dalle forze dell’ordine.
Nell’aprile del 1999 Anwar fu processato e condannato per corruzione
a 6 anni di detenzione. Tutte le forze di opposizione del paese si unirono
nel giugno 1999 in una unica organizzazione e presentarono, per le future
elezioni dell’aprile 2000, un candidato unico che potesse, con la confluenza
di tutti i voti, sovvertire le istituzioni politiche esistenti.