Storia
Si dice che il Messico sia stato esplorato nel V secolo da Hoein Scin, prete buddista cinese. Le scoperte archeologiche confermerebbero questa credenza. La struttura e la decorazione degli antichi templi di Palenque e di Mitla, le molte statue di divinità e di sacerdoti venute alla luce, le miniature di certi manoscritti e persino alcuni nomi di località, costituirebbero valide prove della influenza buddista nel Paese, che era la sede più vetusta della civiltà americana.
Prima della conquista spagnola, si erano avvicendate nel Messico e nelle terre vicine tre grandi civiltà: quelle dei Toltechi, dei Maya e degli Aztechi.
Questi antichi popoli avevano in comune molte usanze, prima fra tutte quella di costruire grandiose piramidi con lunghe scalinate che portavano alla sommità; qui c’era un grande spiazzo dove dominava l’altare sul quale si immolavano le vittime agli dei, i principali dei quali, con vari nomi a seconda dei popoli, rappresentavano il Sole e la Luna.
La costruzione degli edifici avveniva in periodi fissi: sicuramente ogni 52 anni. Questi popoli credevano, infatti,che dopo tale periodo di tempo il mondo dovesse finire, e si affidavano ai sacerdoti perchè potessero far continuare la vita sulla terra. Questa credenza del popolo aumentava grandemente la potenza dei sacerdoti che, insieme ai nobili, erano i padroni assoluti di tutto. Abitavano solide e comode dimore costruite su alture, mentre in basso si estendevano le case di legno del popolo.
I tributi che il popolo doveva pagare erano molto forti; inoltre il popolo doveva provvedere col proprio lavoro a costruire le case dei nobili ed i templi per gli dei.
Non si è mai potuto stabilire quanto sia durata la civiltà di questi popoli. Alcuni studiosi hanno affermato che essa ebbe inizio 8.000 anni fa. Se fosse vero si potrebbe dire che è più antica addirittura di quella cinese e di quella egiziana.
Prima di abbandonare il Messico e di rifugiarsi nella Penisola dello
Yucatan, i Toltechi ricoprirono interamente di terra alcune loro città.
Anche soltanto da questo lavoro di interramento si può avere un’idea
della loro grande organizzazione.
Si trattava infatti di colmare di terra e sommergere completamemte
edifici che raggiungevano talvolta i 40 metri di altezza, come nel caso
di alcune piramidi con le caratteristiche gradinate.
Una costumanza curiosa dei Maya era l’abbandono delle città. Dopo un certo numero di anni, i Maya lasciavano le loro case, i templi, le strade e le piazze delle loro città senza portare via nulla ed emigravano in massa verso terre lontane. Giunti nella nuova sede iniziavano la costruzione di nuove dimore.
Nella città abbandonata crescevano poco a poco erbe e piante e col passare dei secoli la vegetazione le sommergeva completamente. Alcuni esploratori moderni scoprirono antiche città dei Maya nel mezzo di foreste quasi impenetrabili. Gli studiosi non hanno saputo spiegare queste strane migrazioni.
La spiegazione più accettabile di questo fenomeno di trasmigrazione
periodica è la seguente: gli antichi Maya, anche se molto civili.,
non conoscevano uno strumento semplice ma utilissimo per il vero sviluppo
della civiltà: l’aratro. Per coltivare la terra foravano con i pali
il terreno e vi introducevano il seme. La pianta che solitamente era il
granoturco cresceva, ma il terreno non dissodato impoveriva ed i contadini
dovevano quindi allontanarsi ogni anno sempre più dalle loro abitazioni
per cercare nuovi campi da coltivare.
Col passare dei decenni, la distanza delle coltivazioni dalla città
diventava eccessiva; era dunque necessario spostarsi in nuove terre e costruire
una nuova città.
Il calendario dei Maya era calcolato sull’osservazione del moto degli astri. L’anno era di 365 giorni: i mesi erano 13 ed ognuno comprendeva 20 giorni. Rimanevano 5 giorni per completare il ciclo dell'annata. I segni che rappresentavano i numeri, i giorni ed i mesi erano regolarmente riprodotti sulle facciate, sulle colonne e sugli obelischi dei templi.
I templi e gli obelischi dei Maya erano ornati di sculture stranissime; i visi e le figure umane erano deformati e sembravano mostri; c’erano inoltre draghi ed uccelli, ma soprattutto impressionante era la figura del serpente piumato, che non mancava in nessun grande edificio, perchè era il simbolo di una divinità.
All’epoca della conquista spagnola, l’impero degli Aztechi era ben organizzato
e potente. Essi sapevano fabbricare la carta con le fibre dell’agave, fondevano
i metalli, tessevano le stoffe e conciavano le pelli. I loro edifici pubblici
erano rivestiti di pietre e ornati di mosaici e sculture.
Gli Aztechi erano religiosissimi: adoravano numerose divinità,
fra le quali Huitzlochtli e Quetzalcoatl. I loro riti religiosi erano però
sanguinosi e crudeli. Le vittime umane venivano uccise senza pietà
per offrirne il cuore palpitante agli dei. In una costruzione vicina ad
un tempio azteco, i conquistatori spagnoli ritrovarono 136.000 crani di
vittime umane sacrificate agli dei.
Fin dal 1160 gli Aztechi si stabilirono nella zona del Messico. Fondarono la loro capitale nel 1325. Il loro primo re Acampichtli, salì al trono nel 1376. Ebbe dodici successori: l'ultimo fu Guatimozin.
Dopo l’arrivo degli spagnoli la civiltà degli Aztechi decadde rapidamente. I templi pagani furono abbattuti,o abbandonati o trasformati in chiese cristiane. Tutti i libri sacri ed i preziosi documenti della loro civiltà furono bruciati sui roghi per ordine delle autorità religiose e civili della Spagna. Oggi soltanto le rovine degli antichi templi testimoniano l’alto livello di civiltà raggiunto da questo popolo.
Quando gli spagnoli di Cortez, nel 1519, iniziarono la conquista del Messico, credevano di dover attraversare un paese selvaggio ed incivile. Ma si accorsero presto di essere giunti in un paese di grande civiltà. Nella loro marcia attraverso il territorio messicano, invece di incontrare villaggi di capanne, videro grandi città. Bella, soprattutto, era la capitale Città del Messico, costruita in una zona lacustre e tutta attraversata da canali, come Venezia. La città aveva ampi giardini e grandiosi edifici. Al centro di essa vi era il Teocalli (casa del dio), un grande tempio con ampie scalinate ed innumerevoli sculture. Città del Messico contava allora ben 65.000 case.
La mattina del 22 aprile 1519, 11 velieri spagnoli provenienti da Cuba apparvero al largo della costa atlantica del Messico. Dai velieri si staccarono parecchie scialuppe che presero terra un poco a nord del luogo in cui ora si trova la città di Vera Cruz. Sulla spiaggia deserta si radunarono 553 soldati, 110 marinai, 16 cavalli, e furono trascinati a riva 10 cannoni e 4 colubrine. Un uomo giovane, in divisa di capitano generale, dirigeva lo sbarco. Quell’uomo era Fernando Cortez, nobile spagnolo, che dava inizio così ad una delle più grandi imprese di quei tempi: la conquista del misterioso regno degli Aztechi.
Fino a pochi anni prima, gli europei credevano che le terre dell’America fossero abitate soltanto da tribù di selvaggi. Invece,nel 1518, lo spagnolo Giovanni de Grijalva, esplorando l’interno del Messico, aveva narrato di aver visto, fra le foreste sconfinate del territorio, templi colossali e città nascoste tra i monti.
Queste opere mostravano l’esistenza di un popolo assai progredito. E così Cortez, che era in America per cercare fortuna, pensò che era giunto il suo momento: allestì una spedizione, con lo scopo di conquistare quel favoloso regno. Sperava soprattutto di mettere le mani sulle immense ricchezze degli Aztechi.
La mattina del 16 agosto, e fino al 10 novembre dello stesso anno, la colonna degli spagnoli avanzò lentamente, tra foreste e paludi, combattendo contro tribù di Indios. All’alba dell’8 novembre, in una conca tra i monti, sulle rive di un lago,apparve la capitale: Tenochtitlan (Città del Messico).
Gli spagnoli, con le armi in pugno, seguirono Cortez. Superata la diga che conduceva alla città, passarono su un grande ponte levatoio. Erano ormai nella capitale degli Aztechi, la città in cui si onoravano gli dei uccidendo sugli altari esseri umani. Lungo la grande strada centrale della città venne loro incontro un corteo di uomini. Trasportato su una portantina cosparsa di pietre preziose ed incorniciata d’argento, avanzava un uomo alto, pallido, con lunghi capelli neri. Portava un mantello ricamato di perle e pietre preziose e calzava sandali d’oro. Era Montezuma II, Imperatore degli Aztechi. Egli accolse senza ostilità gli spagnoli.
Montezuma, con i suoi centomila guerrieri, crudeli e bene armati, avrebbe potuto sterminare quella piccola schiera di spagnoli: ma non lo fece poichè si ricordava di una profezia del dio Quetzalcoatl, che aveva preannunciato l’arrivo di invasori provenienti da lontano e temeva di commettere un sacrilegio massacrandoli.
Per un anno Cortez ed i suoi uomini poterono così rimanere nella capitale azteca. Ma il popolo ed i generali odiavano questi stranieri. Un anno dopo si ribellarono contro gli spagnoli ed uccisero Montezuma che li esortava a deporre le armi. Il suo successore, Guatimozin, d’accordo con il popolo, combattè accanitamente per scacciare gli spagnoli; ma fu sconfitto e Cortez lo fece impiccare.
Così nell’anno 1520 aveva fine il favoloso regno degli Aztechi e la Spagna prendeva possesso dell’intero Messico.
Nel 1522 l’Imperatore Carlo V, re di Spagna, nominò Cortez governatore e capitano generale di tutto il territorio recentemente conquistato, carica che mantenne fino al 1527, quando fu nominato Marchese e poi messo in disparte. Infatti, in quell’anno il governatore venne sostituito da un Consiglio di 5 membri, chiamato “Audiencia”.
Appena ultimata la conquista Cortez concedette ai suoi seguaci la proprietà di vasti terreni e le “encomiendas”, cioè il diritto di avere al proprio servizio degli indigeni. Gli “encomenderos”, cioè i coloni spagnoli, dovevano convertire, educare e proteggere gli indigeni; ma in realtà divennero i loro sfruttatori: infatti li obbligarono a pagare pesanti tributi e li trattarono praticamente come schiavi.
La schiavitù, poi, venne ufficialmente condannata con la “Bolla della Libertà”, emessa nel 1536 da Papa Paolo III e le “encomiendas” furono pubblicamente abolite dal Vicerè Mendoza nel 1542. (Questa legge dovette però essere ritirata, perchè i colonizzatori minacciarono una ribellione. Anche altre leggi pubblicate successivamente non ebbero alcun effetto ed in pratica la definitiva abolizione delle “encomiendas” avvenne solo dopo due secoli,nel 1729).
La prima "Audiencia", presieduta da Nuno de Guzman, spogliò dei loro averi molti seguaci del conquistatore per darli ai propri simpatizzanti.
Nel 1530 venne nominata una nuova “Audiencia”, presieduta dal Vescovo Ramirez del Fuenleal. Essa governò bene il Paese e rimase al potere fino al 1535, quando venne mandato a governare il Messico un Vicerè, don Antonio de Mendoza, che rimase in carica per 15 anni, governando con grande saggezza. Antonio de Mendoza è degno di figurare, insieme a Cortez, come fondatore della Nuova Spagna. (Cortez morì il 2 dicembre 1547 a 62 anni ed il suo corpo rimase nella terra che aveva conquistato poichè le sue ceneri furono murate nella cappella di un ospedale di Città del Messico).
I Vicerè della Nuova Spagna (dal 1535 fino alla proclamazione dell’Indipendenza) furono 62; avevano un grande potere e la loro autorità si estendeva, oltre che sull’attuale territorio del Messico, anche sulle Filippine e sui territori nordamericani (California, Texas, ecc.), che oggi appartengono agli Stati Uniti.
Il periodo della dominazione spagnola fu, nel complesso, abbastanza favorevole per il Messico. Con la stessa rapidità con cui avevano conquistato il grande impero, gli spagnoli ne iniziarono la colonizzazione.
Essi importarono dall’Europa alcuni animali (come il cavallo, il bue e la pecora) ed alcune piante (il frumento, il riso, gli agrumi), che ben presto rapidamente si diffusero. Altri prodotti propri del Messico (principalmente cacao e tabacco) furono invece costantemente importati in Europa.
La Spagna sfruttò soprattutto le ricchezze del sottosuolo messicano, specialmente l’argento, nelle cui miniere lavoravano migliaia di indigeni. Gli spagnoli diffusero fra gli indigeni del Messico la religione cristiana e la lingua spagnola. I Francescani, i Domenicani ed i Gesuiti fondarono nella Nuova Spagna numerose scuole, chiese ed ospedali. Alle scuole dei religiosi gli indigeni imparavano anche le arti ed i mestieri.
L’avanzata della conquista, invece, iniziata da Nuno de Guzman, fu proseguita da Francisco Vasquez de Coronato che, per incarico del viceré Antonio de Mendoza, continuò l’esplorazione dal 1540 al 1542, che partita da Compostela arrivò, attraverso le Montagne Rocciose, fino al Kansas.
Intanto altri esploratori, missionari, minatori e pastori continuarono il cammino verso l’interno del territorio; fondarono altre città come Zacatecas e Durango, aprendo così la via alle spedizioni.
Nel 1582/83 Antonio de Espejo arrivò fino al Nuovo Messico; iniziò la colonizzazione su incarico del secondo Viceré Luigi de Velasco; l’opera però fu completata da Giovanni de Onate che nel 1596 arrivò fino al Kansas fondandovi le prime colonie negli anni dal 1596 al 1608.
De Velasco abolì subito la schiavitù e, siccome la Corona di Spagna aveva ordinato che si rispettassero le proprietà non solo dei coloni ma anche quelle degli indigeni, purchè questi le coltivassero, egli si adoperò in questo senso con ogni mezzo e fece progredire anche la loro cristianizzazione, la loro partecipazione alla esplorazione ed all’ampliamento delle colonie, nonché lo sviluppo della cultura europea, con maggiore unione alle popolazioni vicine. E con ciò si moltiplicarono le unioni fra spagnoli ed indiani, con conseguente aumento di razze miste, al quale contribuì in minima parte la razza negra. I nati da queste unioni, i meticci, furono sempre ritenuti inferiori agli spagnoli e non godevano di buone posizioni. Anche i creoli non erano soddisfatti di come venivano sempre loro preferiti gli spagnoli, e da essi comprarono in gran quantità le terre che non erano mai state divise nè assegnate agli indiani.
Intanto nel centro e nel sud del paese si sviluppò moltissimo
il cristianesimo ad opera dei frati francescani, domenicani ed agostiniani
ai quali ultimi soprattutto si deve la fondazione di molti collegi e biblioteche.
Nel nord e nord-ovest invece operavano in massima parte i gesuiti, che
fondarono il Collegio di San Pietro e Paolo nel 1573 e dai quali poi dipesero
i più importanti centri di educazione secondaria e superiore di
tutta la Nuova Spagna, dai quali si formarono le categorie sociali più
elevate e con i maggiori interessi economici.
Queste categorie spesso contrastavano gli ordini del re di Spagna quando
questi erano ritenuti lesivi dei loro diritti, ma tutto rientrava
nell’ordine poiché si dava poi la precedenza agli interessi prevalenti
della vita pubblica.
Nel 1729 furono abolite le "encomiendas" ed il re nominò, attraverso
il “Consiglio per le Indie”, gli alti funzionari anche in campo ecclesiastico.
I Viceré ricoprivano la carica per 6 anni, a volte anche meno, oppure
al massimo per 10 anni. Ogni volta un Vicerè, a fine mandato, trasmetteva
delle relazioni con tutti i dati economico-amministrativi , al suo successore
per informarlo sullo stato di salute del Paese. Se questo non risultava
soddisfacente, uno speciale “Juicio de Residencia” si riuniva per stabilire
le personali responsabilità.
Due erano le “Audiencia”, quella del Messico e quella secondaria di
Guadalajara, che aiutavano il Viceré nelle sue funzioni e lo sostituivano
durante le vacanze.
Lo stato di inferiorità, già accennato, dei meticci, dei creoli e degli indiani rispetto agli spagnoli, cominciò a creare qualche problema. Eppure la colonia nel 1767 era florida; i prodotti naturali erano abbondanti, le città belle, gli edifici pubblici numerosi; le chiese pregiate, le case signorili, l’ospitalità delle persone generosa, la vita dei proprietari delle miniere e quelli terrieri sontuosa, le gare letterarie che si tenevano in occasione delle festìvità numerose, tutto stava a dimostrare l’elevato grado di sviluppo del Paese.
Questo era il quadro della situazione quando all’improvviso il 23 giugno
1767 i Gesuiti furono espulsi dal Messico per espressa volontà dell’illuminista
monarchia Borbonica, allora imperante.A nulla valse l’indignazione dei
coloni. E questo fatto contribuì a formare la coscienza nazionale
messicana già latente in alcune opere letterarie di quel periodo,
scritte anche da una suora Giovanna Inez de la Cruz.
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I gesuiti espulsi furono sostituiti dai domenicani e dai francescani
che fondarono le missioni, intorno alle quali poi sorsero, un po’ ovunque,
i villaggi.
Intanto, però, il governo interno della colonia era stato modificato; fu introdotto il sistema delle Intendenze, che furono 12; si decentralizzò il governo di ognuna più all’interno del paese, specie al nord, ma a centralizzarlo, invece, nei rapporti con la Spagna. Queste variazioni furono il frutto di ordinanze stabilite nel 1786 da Giuseppe de Galvez, che aveva visitato la Nuova Spagna qualche anno prima. Questa organizzazione era senz’altro rivolta a tutelare e ad aumentare gli interessi della Spagna e non certamente a beneficio dei messicani che videro così aumentare il loro malcontento.
Una ordinanza in particolare decretò che in ogni paese degli Indiani, il delegato dovesse essere “necessariamente spagnolo” e questo decretò il malcontento non solo dei creoli ma di tutta la popolazione i cui ceti, consapevoli delle disuguaglianze esistenti fra loro, anelavano invece, con tutto il loro spirito, ad una giusta uguaglianza.
Ma tutti indistintamente riconoscevano nell’organismo delle Intendenze, la mano potente del re e ad essa si sottomettevano fin quando, improvvisamente, la Spagna rimase senza re, perché sconfitta da Napoleone.
Nel periodo napoleonico, quando la Spagna fu invasa dai francesi, molte colonie si rifiutarono di obbedire al nuovo re Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone.
Il 12 settembre 1808 Michele Hidalgo, parroco di un villaggio messicano, chiamò i suoi indigeni a raccolta al grido di “Viva l'indipendenza” e diede inizio alla rivoluzione. Ben presto egli fu alla testa di 80.000 indigeni, ai quali prometteva le terre dei bianchi. La rivolta fu però soffocata e dieci mesi dopo Michele Hidalgo veniva fucilato.
La rivoluzione fu continuata da un altro prete meticcio Giuseppe Maria Morelos. Egli combattè cinque anni contro le truppe governative vincendo diverse battaglie, ma cadde infine prigioniero e venne fucilato il 22 dicembre 1815. La rivoluzione del popolo proseguì sotto la guida di altri capi, tra i quali si segnalarono Vicente Guerrero e Agostino de Iturbide. Quest’ultimo proclamò l’indipendenza del Messico il 24 febbraio 1821 ed il 27 settembre dello stesso anno occupò la capitale.
Nel 1822 Iturbide si fece eleggere Imperatore col nome di Agostino I. Contro di lui insorse il generale Antonio Lopez de Santa Ana, che il 4 ottobre 1824 diede al Messico una nuova Costituzione, simile a quella degli Stati Uniti.
Nel 1825 la Spagna ritirò le sue truppe dal Messico (ma solo nel 1836 riconobbe il nuovo stato).
Dopo la proclamazione dell’indipendenza seguì un lungo periodo
di disordini e di lotte fra i vari partiti. Dal 1821 al 1857
il Messico ebbe 6 forme di governo, 55 ministeri e 250 insurrezioni.
In quel periodo si verificò la rivolta del Texas. I piantatori di quel territorio si erano rifiutati di obbedire ad una legge emanata nel 1835 che concedeva la libertà ai negri. Nel 1836 essi dichiararono la loro indipendenza e nel 1845 chiesero l’annessione agli Stati Uniti. Da questo fatto derivò una guerra tra il Messico e la Confederazione Nordamericana.
La guerra si concluse nel 1848. Nel Trattato di Pace di Guadalupe Hidalgo del 2 febbraio 1848 il Messico cedeva agli Stati Uniti il Nuovo Messico e la California (cioè 1.338.000 Kmq. di territorio) ricevendo la modesta indennità di 18 milioni di dollari. Altri 116.000 Kmq. di terre messicane furono ceduti agli Stati Uniti nel 1853 per 10 milioni di dollari. I confini allora tracciati sono quelli che ancora oggi dividono i due stati.
Nel 1857 venne proclamata una nuova Costituzione e nel 1858 salì al potere Benito Juarez, in qualità di Presidente della Suprema Corte.
Avvocato di puro sangue indiano, era stato da ragazzo avviato prima agli studi ecclesiastici e poi a quelli legali. Nel 1847 era stato Governatore dello Stato di Oaxaca, poi, nel 1853, Ministro delle Finanze, fortemente avversato dai conservatori.
Egli si accinse a varare alcune importanti riforme come la separazione della Chiesa dallo Stato, il matrimonio civile, la nazionalizzazione dei beni ecclesiastici, ma dovette combattere contro molteplici difficoltà.
La politica di questo presidente, contraria agli interessi dei grandi stati europei, provocò l’intervento di alcune nazioni (Francia, Inghilterra e Spagna). Il 7 giugno 1863 le truppe francesi occuparono la capitale. Un anno dopo, il 12 giugno 1864, Massimiliano d'Austria divenne Imperatore del Messico, sotto la protezione dei francesi. Nel 1867 però le truppe francesi vennero ritirate e i messicani, guidati da Porfirio Diaz insorsero e catturarono l’imperatore. Il 14 giugno del 1867 la Corte Marziale lo condannò a morte. L’esecuzione avvenne il 19 giugno, nonostante le proteste di tutto il mondo civile.
Nel 1871 venne rieletto presidente Benito Juarez, che l’anno dopo morì.
Dopo una brevissima tormentata presidenza del suo successore, Sebastiano Lerdo de Tejada, continuatore della sua politica anticlericale, nel 1876 veniva eletto Porfirio Diaz che impose la dittatura e rimase al potere fino al 1911.
Egli riorganizzò il paese e diede grande sviluppo alla agricoltura, all’industria ed alle comunicazioni. Sconfisse l’anarchia ed il brigantaggio politici ed anzi dalle file di questi attinse le forze di polizia, dette “Rurali”,che seppero garantire l’ordine pubblico ed il pacifico sviluppo del paese. Risanò le finanze creando il “Banco Nacional”, costruì ferrovie e favorì la produzione petrolifera.
La sua macchina governativa fu definita “per i ricchi”, perché le classi inferiori nulla ottennero da questo progresso. Per gli indiani specialmente perdurava uno stato di servitù e di analfabetismo e di vagabondaggio; non esisteva il senso della stabilità della famiglia. Rinascevano nel paese anche moltissimi problemi finanziari; la proprietà mineraria, ed in particolar modo quella petrolifera, erano ancora in mano degli stranieri; i 2/3 appartenevano agli Stati Uniti.
Con questo stato di cose nel 1910 scoppiò una rivoluzione, guidata da Francisco Madero, che aveva preparato questo evento da San Antonio dove si era rifugiato dopo l’evasione dal carcere. La rivolta era stata sostenuta da un leggendario guerriero: Pancho Villa, e da un altro ardente rivoluzionario: Emiliano Zapata. (Tutti questi rivoluzionari furono poi uccisi) .
E nell’ottobre 1911 Madero veniva eletto presidente; nell’anno che seguì, alcune misure sbagliate nella ripartizione delle terre ed altre operazioni non indovinate, portarono al suo rovesciamento e nel 1913 fu arrestato. Mentre veniva condotto in un penitenziario, fu assassinato senza che si conoscesse il mandante.
Un suo partigiano, il generale Venustiano Carranza, prese il comando del governo come “primo capo” nel 1914 e come presidente provvisorio nel 1915. Egli ristabilì l’ordine pubblico e quello economico e nel 1917 fece redigere una nuova Costituzione che conglobava le più radicali riforme in materia ecclesiastica, fondiaria, di legislazione del lavoro, di diritti e doveri degli stranieri.
Nel 1920 il Carranza fu assassinato ed assurse al potere il generale Alvaro Obregon che si adoperò per prima cosa affinchè venisse confermato il riconoscimento degli Stati Uniti, che invece era stato sempre negato a causa delle proprietà petrolifere. Con una legge del 1923 fu riconosciuta agli stati stranieri la validità delle concessioni e gli Stati Uniti, dal canto loro, riconobbero l’autorità del generale Obregon. In quello stesso anno veniva espulso dal Messico monsignor Ernesto Filippi, legato pontificio, creando così gravi complicazioni col Vaticano.
Ci furono anche lotte intestine per la candidatura alla successiva presidenza del 1924, la quale vide salire al potere Plutarco Elias Calles, appoggiato dagli Stati Uniti.
Egli migliorò le condizioni di vita del popolo, stroncò gli scioperi nelle miniere e nei pozzi petroliferi, aiutò il sorgere di una Chiesa Apostolica Messicana, creando lotte fra separatisti e cattolici, mentre si applicavano le più restrittive misure antiecclesiastiche.
Anche la situazione internazionale si inasprì. Tesi erano i rapporti con l’Inghilterra e con gli Stati Uniti andò ancora peggio in seguito alla legge americana che bloccava il movimento immigratorio nei suoi paesi delle molte migliaia di messicani. E quando nel 1928 il generale Obregon fu assassinato e Calles dichiarò di non volersi più candidare, il Congresso elesse come presidente provvisorio Emilio Portes Gil; come presidente effettivo nel 1930 Pascual Ortiz Rubio e dopo due anni, essendosi quest’ultimo dimesso, per arrivare al 1934, anno di chiusura di quella legislazione, fu eletto il generale Abelardo Rodriguez.
Nel 1934 fu eletto presidente il generale Lazaro Cardenas che pur essendo un esponente del partito nazionale rivoluzionario, stroncò tutto il sistema corrotto e opportunista vigente e portò a compimento il “Plan Sexennal del Partido Nacional Revolucionario”, che portò finalmente alla grandezza economica del Messico, sotto la protezione della giustizia sociale.
Proseguì la riforma agraria, creò leggi basilari per la formazione di un socialismo di stato.
Nel marzo del 1938, nonostante che in precedenza avesse confermato le concessioni petrolifere agli stati stranieri ed in particolar modo agli Stati Uniti, egli espropriò tutte le compagnie concessionarie; affidò l’amministrazione di questa industria alla Confederazione dei Lavoratori Messicani; valorizzò le organizzazioni sindacali; riordinò il sistema militare aumentando le paghe ed i salari a tutti i componenti.
Nel campo educativo combattè alacremente l’analfabetismo sovvenzionando in modo ragguardevole il Ministero dell’Istruzione e costruendo nuove scuole. Attenuò l’attrito sorto fra la Chiesa e lo Stato e nel campo della politica interna pacificò le opposte tendenze dei rivoluzionari. In quello internazionale instaurò una politica di buon vicinato che però non durò molto, tanto che nel maggio 1938 furono fatti rientrare nei loro paesi sia il rappresentante del Messico da Londra che quello inglese da Città del Messico.
L’amministrazione statale dei petroli trovò alcuni mercati chiusi, così se ne dovettero cercare degli altri in Svezia, Giappone, Germania e Italia; ma le vendite diminuirono, così come diminuì il prezzo dell’argento, creando non pochi problemi all’economia.
In più il governo si alienò la simpatia dei sindacati filocomunisti, capeggiati da V. Lombardo Toledano, sistemati con una organizzazione para-militare, quando allacciò col dittatore Franco delle relazioni che male si abbinavano alla accoglienza degli immigrati repubblicani spagnoli.
Il 12 novembre 1939 dichiarò la neutralità del Messico nella 2^ Guerra Mondiale. Non approvò alcun emendamento a leggi importanti, così le donne non poterono votare a luglio 1940 e quelle elezioni videro vincitore l’ex Ministro della Guerra M.Avila Camacho.
Questi concesse subito una amnistia agli esuli che poterono rientrare in patria; escluse i comunisti dal governo riconciliandolo con i cattolici; favorì la formazione della piccola proprietà; distribuì le terre ai coltivatori; disciplinò il movimento operaio e frenò l’immigrazione di perseguitati politici.
Con tutto ciò l’economia andava male; le ferrovie, le miniere,
le esportazioni in Gran Bretagna del piombo e dello zinco, i petroli (persi
i mercati tedeschi e italiani) erano i mali peggiori.
Bisognò stringere con gli Stati Uniti patti non solo economici
ma anche militari, peraltro reciproci, concedendo agli Stati Uniti l’uso
di aeroporti agli aerei da o per Panama (1941).
Dopo l’aggressiohe tedesca all’URSS, furono ritirati gli ambasciatori e chiusi i consolati in Germania. Furono requisite navi tedesche e italiane, ma quando si verificò l’attacco di Pearl Harbor vennero rotte le relazioni, oltre che con il Giappone, anche con gli stati europei aggregati all’Asse.
Poi, nel maggio 1942, venne affondata la nave cisterna Potrero de Llano e per questo fu dichiarata guerra a Germania-Italia-Giappone il 1° giugno 1942 e Cardenas assunse il comando delle forze nel Pacifico e Rodriguez quelle del Golfo del Messico.
Il paese lavorò unito per aumentare la produzione agricola; nelle scuole si ripristinò l’insegnamento della religione e si liberò la confisca delle proprietà ecclesiastiche. Poichè il patto con gli Stati Uniti era di reciprocità, il Messico li aiutò nel coltivare per loro piante gommifere a rapido sviluppo e inviando braccianti per sostituire gli americani combattenti. Gli Stati Uniti aiutarono il Messico ad equipaggiare 3 o 4 divisioni che combatterono nelle Filippine. Inoltre inviarono macchine agricole; fecero maggiori importazioni di merci e aprirono numerosi crediti per lo sviluppo delle opere pubbliche, delle ferrovie, delle industrie. Tutto ciò non bastò a frenare la crescente inflazione e alla fine del 1943 si verificarono agitazioni operaie e scioperi. In quello stesso anno ci furono movimenti sismici spaventosi, uragani e inondazioni, ed il 1944 e 1945 furono anni di carestia.
Si preparavano pure le elezioni che assegnarono la presidenza a Miguel
Aleman, ex Ministro degli Interni, che nei due anni successivi stipulò
diversi trattati commerciali anche in Europa, ma principalmente con gli
Stati Uniti, anche se contro di essi si
verificarono manifestazioni ostili del tipo, per esempio, che si proibì
l’ingresso in Messico dei missionari protestanti nord-americani. E tra
le varie difficoltà di quel momento, si lavorò con lena per
sconfiggere l’analfabetismo e l’ignoranza; per portare a compimento l’industria
e per risolvere anche la grave crisi degli alloggi. Furono costruiti diversi
stabilimenti e fu fondata la Città Universitaria di Città
del Messico. Il bilancio di Aleman si potè considerare certamente
positivo.
Il l° dicembre 1952 veniva eletto Adolfo Ruiz Cortinez che seguì la stessa politica di Aleman. Dovette però affrontare molti contrasti con i sindacati.
Nelle elezioni del 1958 per la prima volta votarono le donne. Vinse
Adolfo Lopez Mateo, uomo molto esperto di politica. Anche contro il suo
governo si ebbero manifestazioni di operai e di studenti, ma egli dominò
le agitazioni con mano forte; fece arrestare alcuni sindacalisti comunisti
ed il 30 marzo 1959 fece anche espellere due diplomatici sovietici ritenuti
sobillatori del popolo.
La sua partecipazione attiva nella politica estera portò diversi
accordi e trattati non solo con gli Stati Uniti ma con tutte le repubbliche
latino-americane. Nell’agosto del 1960 prese parte alla Conferenza Internazionale
di Punta del Este.
Nel 1964 fu eletto Gustavo Diaz Ordaz che proseguì la politica del suo predecessore apportando migliorie in tutti i settori, specialmente nel campo della cultura e dell’educazione. Ridimensionò l’esercito.Ottimizzò le relazioni con la Chiesa.
Tuttavia, giunti al 1968, esistevano ancora forti dislivelli fra i lavoratori dell’industria e quelli dell’agricoltura, ai quali si aggiungevano i baraccati e tutti gli emarginati. Cosicchè si registrarono manifestazioni specialmente da parte degli studenti che provocarono l’occupazione militare dell’Università di Città del Messico.
In politica estera, sotto Diaz Ordaz, si ebbe una maggiore apertura verso le repubbliche dell’America Centrale. I sindacati furono soddisfatti con l’uscita nel 1970 di un nuovo Codice del Lavoro, che prevedeva una più giusta ripartizione della ricchezza nazionale.
Nel luglio 1970 le nuove elezioni videro un nuovo presidente in L.Echeverria Alvarez. Egli iniziò di buona lena la sua politica interna volendo dare una soluzione definitiva a tutte le problematiche del paese. Represse con mano ferma le varie manifestazioni studentesche e perciò che riguardava la politica estera fece molti viaggi instaurando con molti paesi, fra cui il Giappone, relazioni commerciali per poter allentare la pressione statunitense.
Il 4 luglio 1976 divenne presidente Josè Lopez Portillo ex Ministro delle Finanze, la sua principale e più importante impresa fu quella di ripristinare le relazioni diplomatiche con la Spagna, interrotte da ben 38 anni, e legalizzò tutti i partiti anche quelli di sinistra.
Anche lui promosse lo sviluppo economico soprattutto mediante lo sfruttamento
dei giacimenti di idrocarburi, scoperti negli anni settanta.
Nel decennio successivo, con la caduta del prezzo del petrolio ed il
rialzo dei tassi di interessi internazionali, e con l’aumento del debito
estero, il Messico si trovò al centro di una grave crisi, già
nel 1982. Nel luglio di questo stesso anno fu eletto M.de la Madrid Hurtado,
che fu costretto ad instaurare una politica economica di austerità.
Nel gennaio del 1983 promosse con Panama, Colombia e Venezuela un processo
di pacificazione per l’America Centrale. Bilanciò la cooperazione
con gli Stati Uniti.
Nel 1985 un grande terremoto scosse Città del Messico, aggravando
la situazione economica dello stato. Si iniziò un programma di privatizzazioni
che non incontrò il favore popolare.
Nel 1988 fu eletto C. Salinas de Gortari che cercò subito di
recuperare la fiducia delle masse cominciando a combattere contro la corruzione,
il traffico di droga e le varie forme di criminalità.
Nel 1990 costituì una “Commissione Nazionale dei Diritti Umani”,
per debellare illegalità, abusi e violazioni dei diritti umani e
si propose di moralizzare la questione delle frodi elettorali. Completò
poi il piano di privatizzazione delle aziende riducendo il debito estero
dello stato, rafforzando i legami con gli Stati Uniti ed integrando il
Messico nell’area nordamericana.
Un emendamento costituzionale varato all’inizio del 1992 ha permesso
l’abolizione delle restrizioni nei confronti della Chiesa cattolica e nel
settembre dello stesso anno si ristabilirono le relazioni diplomatiche
con la Santa Sede, interrotte sin dal 1861.
Nel settembre 1993 il presidente Salinas fece approvare dal Congresso
la possibilità di partecipazione ai media di tutti i settori politici
del paese, eliminando la discriminazione esistente verso le opposizioni
e maggiorando la presenza dei partiti minori al Senato.
Ma il 1994 fu un anno poco felice per il Messico in quanto Salinas, iniziando la privatizzazione dei fondi agricoli statali, tagliò definitivamente la distribuzione delle terre ai contadini.
Le immediate negative conseguenze si verificarono nel Chiapas, uno dei più poveri stati del Messico, quasi completamente a popolazione Indios. E questa popolazione insorse ed occupò diverse zone, compresa la città di San Cristobal, assai nota per il fiorente turismo.
Naturalmente il governo reagì con una dura repressione militare che, però, procurò forti correnti di simpatia per i ribelli, zapatisti, da parte dell’intera opinione pubblica mondiale.
A questo punto il governo messicano, allo scopo di riattivare la credibilità perduta, cessò la reprimenda ed istituì una Commissione di pacificazione, affidandola a M. Camacho Solis, ex reggente della capitale. Con la mediazione del vescovo S. Ruiz, convinto assertore dei diritti degli Indios, si giunse ad un accordo che riconosceva legittime alcune richieste degli zapatisti. Poiché questi però non furono molto soddisfatti degli accordi, Salinas fu costretto a nominare un altro negoziatore nella persona di J. Madrazo Cuellar, capo della Commissione Nazionale dei Diritti Umani.
Due mesi dopo questi fatti si dovette registrare l’assassinio di L. Donaldo Colosio, candidato alle presidenziali del Partito Rivoluzionario Istituzionale. Al suo posto si presentò il nuovo candidato E. Zedillo Ponce de Leon che vinse le elezioni, nell’agosto del 1994, totalizzando il 48,8% dei voti. Il suo partito fu il più forte sia al Senato che alla Camera.
Nel settembre del 1994 si ebbe ancora un assassinio, quello del segretario generale del partito, J. F. Ruiz Massieu il cui fratello M. Ruiz Massieu, Vice Ministro della Giustizia, non solo si dimise dalla carica ma fece riesumare il caso Colosio e riuscì a smascherare i mandanti dei due omicidi. Fra questi R. Salinas de Gortari, fratello dell’ex presidente, arrestato nel febbraio 1995, trovato colpevole di connivenza con i narcotrafficanti. Lo stesso ex presidente fu costretto a lasciare il Messico.
In campo economico, con la svalutazione del peso, si ebbe una ampia fuga dei capitali esteri e se il Messico non affondò completamente nella tragedia finanziaria, il merito fu degli aiuti statunitensi, immediati e copiosi. Ed intanto, con questa evidente prova di fragilità, sia politica che economica, cadde irrimediabilmente l’illusione di poter annoverare il Messico fra i paesi più industrializzati del mondo.
Con questo, il neo presidente Zedillo dovette applicare misure di austerità
e propose addirittura di privatizzare di nuovo la compagnia petrolifera
di stato. Si poté così rilevare una certa ripresa economica
ma le classi medio-basse non ne beneficiarono.
Frattanto nel Chiapas si era riacutizzato il problema degli Indios.
Il governo, sostenuto dalle maggiori forze politiche del paese, avviò
un ampio dialogo per la pacificazione. E nell’agosto del 1995 accordò
che le forze guerrigliere zapatiste divenissero ufficialmente il “Fronte
Zapatista di Liberazione Nazionale”. Nel febbraio del 1996 si abbandonò
il progetto di riforma agraria e furono riconosciuti diritti culturali,
linguistici e di locale autonomia degli Indios.
Ma mentre nel Chiapas tutto si avviava al meglio, in un altro stato, il Guerrero, una fortissima tensione contrapponeva la classe contadina alle forze di polizia le quali, in uno dei numerosi conflitti armati, uccisero 17 agricoltori, tanto che nel marzo del 1996 il governatore R. Figueroa fu costretto a dimettersi.
Intanto era nato un altro movimento ribelle che agiva nelle regioni centrali e settentrionali del Messico, ed era l’Esercito Rivoluzionario Popolare Insorgente, che creò al governo non poche difficoltà, dissociandosi totalmente dalla politica economica adottata nel paese. Ma questa, invece, sia nel 1996 che nei primi mesi del 1997, si dimostrò all’altezza permettendo al Messico di rimborsare tutto il debito contratto con gli Stati Uniti, addirittura con tre anni di anticipo, ed anche l’estinzione del debito col Fondo Monetario Internazionale.
Con le elezioni del 6 luglio 1997 il partito di governo mantenne la
maggioranza al Senato ma perse quella alla Camera, dove invece si rafforzarono
tutti i partiti delle opposizioni.
In base a questo risultato, il presidente del Partito Riuvoluzionario
Istituzionale,R. Villanueva, si dimise.
Intanto era stato portato a termine il caso Massieu con la condanna a 50 anni di reclusione per M. Ruiz Massieu il quale, arrestato negli Stati Uniti sotto l’accusa di riciclaggio di denaro sporco, si uccise poi nel settembre del 1999. Molti altri furono gli arresti eccellenti, per il narcotraffico, ed il governo del Messico si adoperò in tutti i modi per mantenere i rapporti di privilegio concessi dal Congresso Statunitense.
Si riacutizzarono invece i contrasti nel Chiapas a causa della politica
di Zedillo, che alternava concessioni ad azioni di forza.
Si verificarono diversi fatti delittuosi: un tentato omicidio nella
persona del vescovo S. Ruiz; nel dicembre 1997 45 Indios furono trucidati
nella chiesa di Acteal, nella zona del Chenalho; 7 preti furono espulsi
dalla diocesi di San Cristobal e 40 chiese furono chiuse.
Nel marzo del 1999, in appoggio alle rivendicazioni degli zapatisti,
un referendum popolare rafforzò, in maniera significativa, la coalizione
delle opposizioni.