Storia
Le prime notizie che si hanno di questo territorio risalgono alla metà del secolo XIV, quando i fondatori del Principato di Moldavia crearono villaggi sparsi, senza alcuna organizzazione. Ciò è spiegato dal fatto che a quell’epoca il paese era sotto il dominio dei Tartari, nomadi, essenzialmente guerrieri, che occuparono tutta la parte orientale dell’Europa fin dalla metà del XIII secolo.
Questa dominazione in parte si indebolì per le continue ribellioni
da parte dei russi e la sua fine diede la possibilità alla Moldavia
di sorgere. E ciò fu opera anche di Luigi il Grande, re di Ungheria.
Egli conquistò il paese dove poi lasciò un capo militare
e politico, capace di combattere con armi alla maniera occidentale quanto
con l’arco usato dai tartari.
Di questi capi, i noti “voivodi” romeni, c’era una discreta abbondanza,
specialmente in Transilvania,soprattutto nella zona di Maramures, dove
numerosi erano i romeni.
Il compito di impedire il ritorno dei tartari nel paese fu affidato al “voivoda” Dragos. Egli fu inviato nella zona della cittadina di Baia, dove sin dal secolo XIII si erano stabiliti i Sassoni. Per questi sassoni la città si chiamava “Mulda”, per gli ungheresi “Moldvabanya”. Tutto l’operato del principe Dragos è rimasto sconosciuto; si sa soltanto che ebbe un figlio, Sas, al quale fu affidato lo stesso incarico, ma che dovette in breve lasciare il paese per una ribellione condotta dal “voivoda” del Maramures, Bogdan, sceso anche lui nella Moldavia alla metà del secolo XIV.
Nel 1360 egli divenne il “dominus”, completamente autonomo, e sventò tutte le minacce e tutti i pericoli ai quali fu sottoposto il paese.
Lo stato moldavo allora si estendeva da Baia fino alla borgata di Siretiv. La famiglia di Bogdan si ampliò di un ramo, quello conseguente al matrimonio di Margherita, figlia ed erede di Latco (suo figlio), con un “voivoda” Stefano di origine sconosciuta. Da questo matrimonio nacquero tre figli: Pietro, Stefano e Romano, che originarono la dinastia dei “Musat”: Margherita, infatti, in romeno si diceva “Musata”, cioè la “Bella”.
Questa dinastia fu la principale artefice dell’espansione al sud dello stato moldavo. Infatti, sotto il governo di Romano, il paese giunse alla confluenza del fiume Moldava con Siret. Lì Romano fondò una città che da lui prese il nome di Roman, e si adoperò per distruggere e far scomparire completamente tutto ciò che era appartenuto ai Tatari. Egli potè gloriarsi di possedere tutto il paese “dai monti al mare”.
Alessandro, figlio di Romano, mentre dal popolo era considerato il signore degli eserciti, padrone assoluto, quasi un “cesare” bizantino, riapparso sulle sponde del Danubio, per i sovrani vicini era soltanto il padrone della terra moldava; la sua potenza era limitata, quindi vulnerabile. E ciò pensò Luigi d’Ungheria e dopo di lui il genero re Sigismondo che tentò di conquistare la Moldavia allorchè fu “voivoda” Stefano I.
Poi fu la volta dei re polacchi a tentare l’annessione della Moldavia al loro regno ma anche per essi non fu possibile la realizzazione. Poi ci fu il momento dell’espansione dei turchi; solo un conflitto ci fu fra Moldavia e Turchia, ma fu sufficiente. In seguito Maometto II restituì la libertà al Principato in cambio di un tributo annuo. Dopo di lui suo figlio Baiazet II tornò ad imporre sulla Moldavia la sua sovranità, con l’aiuto dei Tatari che erano stati, in precedenza, sottomessi dal sultano.
Nel 1575, sotto Giovanni il Terribile, e poi nel 1595, sotto il principe
Aarone, furono tentate le rivolte contro i turchi.
Nella prima metà del secolo XVII, in unione alla Polonia, che
aveva preteso di estendere il suo dominio fino al Danubio, la famiglia
principesca moldava dei Movila, si ritrovò a combattere contro
gli ottomani ma fu un disastro e nessuna altra guerra fu intrapresa per
un certo tempo.
Passarono, infatti, altri 50 anni prima che si verificasse una nuova rivolta, capitanata da Demetrio Cantemir,alleato dello zar di Russia: era il 1711. A quell’epoca furono governatori del paese i Fanarioti, greci e romeni. Sotto di loro cominciarono a nascere i primi movimenti nazionali per la libertà.
Il tentativo di Cantemir ebbe come conseguenza un terribile saccheggio della Moldavia ad opera dei turchi e dei tatari. E la stessa cosa la subì la Valacchia. Inoltre la Moldavia perse i distretti settentrionali di Suceava, Campulung, Cernauti, una parte del territorio di Hotin, che divenne città turca.
Nel 1775, con la Convenzione di Palamutca, la Bucovina passò all’Austria. Nel 1789 scoppiò una nuova guerra e quando si stipulò la “Pace di Iasi” nel 1792 il territorio della Moldavia non subì altre mutilazioni.
Non fu la stessa cosa nel 1812 quando i russi, con la “Pace di Bucarest” poterono annettersi le terre tra il Prut ed il Dnestr e, per ingannare i turchi, le chiamò Bessarabia.
La perdita della guerra e delle terre non impedì però alla Moldavia di acquisire grande prestigio, anche internazionale, dovuto soprattutto alla cultura, che ebbe un notevolissimo impulso. Ed infatti nel XVIII secolo, nonostante le difficoltà create dall’era fanariota, il principato fu alla testa della vita culturale in Romania.
Nel 1857 a Iasi, per decidere le sorti del principato,ci furono i famosi dibattiti del “Divano” moldavo; ne conseguì la creazione di uno stato unitario che si chiamò “Principati uniti di Moldavia e di Valacchia”, dal quale la Moldavia ebbe un grave danno, tanto da veder accrescere di giorno in giorno il suo indebolimento. Nel 1919, anche la Bessarabia, con una ultima riforma amministrativa, fu staccata dal corpo della Moldavia, della cui antica individualità non rimase che qualche piccolo particolare solo nei dialetti.
L’Unione Sovietica nel 1940 operò l’annessione della Bessarabia e nell’agosto dello stesso anno fu la Moldavia ad essere innalzata al rango di repubblica e come tale divenne la 13° Repubblica dell’Unione Sovietica, con capitale Kisinev. Il dialetto moldavo fu confermato però lingua ufficiale. A questa repubblica fu incorporata la Bessarabia settentrionale e centrale, mentre quella meridionale fu incorporata alla Repubblica Ucraina.
Nel luglio 1941 le truppe romene presero possesso di tutti i territori dell’ex Moldavia autonoma e questi, insieme ad Odessa, furono amministrati dalla Romania e si chiamarono Transnitria. Ma il 23 agosto 1944, con la resa della Romania, tutto fu ripristinato come in precedenza. E qui la Repubblica di Moldavia fu sottoposta ad una completa russificazione, si impose l’alfabeto cirillico, si favorì l’immigrazione russa ed ucraina, si recisero tutti i legami con la Romania e la popolazione di origine romena fu deportata in Asia centrale. E così continuò fino all’avvento di Gorbacev, nel 1989.
In tutte le repubbliche sovietiche insorsero le opposizioni al regime e la repubblica di Moldavia pretese il ripristino dell’alfabeto latino ed il riconoscimento del romeno come lingua ufficiale. A maggio del 1989 nacque il Fronte Popolare per la Moldavia che, però, fu aspramente contrastato dalle minoranze etniche russa, ucraina, e dai turchi cristiani e ortodossi, i cosidetti “gagauz”, che intendevano limitare l’influenza dei nazionalisti nel governo.
Al vertice del Partito Comunista Moldavo ci fu il cambio del leader. Prese le redini P. Luchinsky, giovane riformatore, la cui visione politica era sicuramente più in sintonia col pensiero di Gorbacev.
Il 23 febbraio del 1990 alle elezioni del Soviet Supremo Moldavo i candidati del Fronte ottennero una schiacciante maggioranza. Poi, nel settembre, M. Snegur fu eletto presidente del Soviet e poi a dicembre 1991 divenne Presidente della Repubblica.
Il nuovo governo operò subito una liberalizzazione nei settori delle comunicazioni, poi tolse diversi privilegi al partito comunista, dichiarò la sovranità dello stato, gli assegnò il nome di Repubblica Socialista di Moldavia e denunciò illegale l’annessione della Bessarabia.
Le minoranze etniche, dal canto loro, scontente della piega che stava prendendo la politica di stato, formarono due altre repubbliche. Una si chiamò Repubblica Socialista Sovietica Gagauz, al sud del paese, ed una fu Repubblica Socialista Sovietica Dnestr. Ma ambedue queste repubbliche furono annullate dal Soviet Supremo Moldavo, e le minoranze crearono violenti conflitti e scontri. Mentre a Mosca si tenevano riunioni fra i rappresentanti del governo e quelli delle minoranze; riunioni che fallirono. Poi il governo moldavo accelerò la secessione dall’Unione Sovietica assumendo direttamente il controllo delle imprese, istituendo una propria banca centrale ed una guardia nazionale.
Poi fu deciso di togliere dalla denominazione dello stato la parola “socialista, sovietica” e così si ebbe la Repubblica Moldoveneasca, ed il 27 agosto 1991 fu proclamata ufficialmente l’indipendenza. Furono immediatamente sistemati i confini con la Romania, poi con l’Ucraina e poi si aderì alla Comunità degli Stati Indipendenti. La questione delle minoranze fu risolta quando in Romania cadde il regime comunista e quindi fu raggiunta la completa riunificazione.
Nel marzo 1992 scontri violenti si verificarono fra la polizia e la
popolazione russofona. Ci furono parecchi morti e feriti e la situazione
risultò molto più complicata per la presenza sul territorio
di truppe russe che stavano appoggiando l’indipendenza del Transdnestr.
Per la fine delle ostilità nell’agosto si svolsero colloqui che
portarono ad un accordo ed alla proclamazione del “cessate il fuoco”, con
conseguente evacuazione del territorio da parte delle truppe russe.
Dopo avere per molto tempo caldeggiato la totale integrazione con la
Romania, la Moldavia, data la sua difficilissima situazione economica,
dovette avvicinarsi alla Federazione Russa, dalla quale dipendeva, specialmente
nel campo energetico. E, comunque, il progetto di integrazione con la Romania
già nel marzo 1994 era stato accantonato con un referendum, votato
in questo senso dalla maggioranza del popolo di lingua moldava.
Nell’aprile del 1994 fu varato un nuovo governo con la maggioranza degli esponenti del Partito Agrario Democratico. Nello stesso anno si ebbe una nuova Costituzione che stabiliva l’elezione del Presidente della Repubblica a suffragio universale diretto, per un periodo di quattro anni, durante il quale il presidente eletto doveva condividere il potere esecutivo col Presidente del Consiglio, responsabile del Parlamento, anche questo in carica per quattro anni.
Questa nuova Costituzione prevedeva pure la possibilità, per le due regioni separatiste, la Gagauzia e la Transnistria, di raggiungere l’autonomia. Questo riferimento fu notevolmente gradito agli elettori delle due regioni, tanto che molti contrasti interetnici automaticamente si appianarono.
Nel febbraio del 1995 la Gagauzia si avvalse di questa possibilità, mentre per la Transnistria la soluzione non fu subito raggiunta per la presenza di truppe russe, ancora stanziate nella zona.
Tuttavia esistevano ancora contrasti interni fra il Parlamento ed i nazionalisti filo-romeni che pretendevano la denominazione di “romeno” anziché “moldavo”, specialmente per ciò che atteneva la lingua ufficiale dello stato. Questi ultimi, in questa diatriba, erano sostenuti dal presidente Snegur che, poi, alle presidenziali del novembre-dicembre del 1996 fu sconfitto e sostituito da P. Luchinsky, ex Primo Segretario del Partito Comunista, e presidente del Parlamento già dal 1994.
La carica di Primo Ministro fu assunta da I. Ciubuc nominato nel gennaio del 1997 e confermato con le politiche del marzo 1998. Il Partito Comunista tornò ad essere la forza politica principale del paese.
Intanto, i negoziati per l’autonomia della Transnistria erano ripresi, dopo l’elezione di Luchinsky, nonostante la permanenza delle truppe russe sul territorio, ed avevano anche registrato qualche passo avanti, sia nel maggio 1997 che nel febbraio del 1998. In questa ultima data era stato anche firmato un accordo di cooperazione economica, anche se il problema dell’autonomia era rimasto irrisolto.
Nel febbraio del 1999, a causa di contrasti sorti nel governo, Ciubuc
si dimise e fu sostituito da I. Sturza. Le tensioni politiche rimasero
e nel dicembre si formò un nuovo governo presieduto da D. Barghis.