Storia
I primi abitanti della Mongolia pare siano stati gli Avari, originari dell’Asia centrale. Nei primi anni del V secolo essi formarono un nucleo nomade. Ad essi seguirono i Tukue.
Nel 1167 nacque il più ardimentoso dei mongoli: Temugin, cioè Gengis Khan, che vuol dire “principe universale”.
Le diverse tribù si combatterono ferocemente per mantenere il proprio bestiame sui pascoli migliori, ma quando Gengis Khan fu eletto capo di tutti i mongoli, egli riuscì a tenerli uniti ed a difenderli dagli attacchi esterni.
Nei primi anni del XIII secolo i mongoli cominciarono una serie di conquiste, tutte rimaste memorabili. Grazie alla loro grande abilità di montare a cavallo e di usare l’arco, ben presto terrorizzarono tutti i popoli vicini. E furono ovunque, in Cina, nel Turkestan, in Afghanistan, nella Persia, nel Caucaso e nella Russia meridionale. E dove arrivavano loro la devastazione era assicurata. Colpivano, uccidevano e depredavano. Più tardi, sotto la guida di Ogodai, il figlio di Gengis Khan, si spinsero fino a Mosca, a Kiev, in Ungheria ed arrivarono addirittura fino alle rive dell’Adriatico. Sotto l’impero di Kubulay, il dominio mongolo raggiunse la sua massima estensione e potenza. La capitale fu Pechino.
Quando i russi ed i cinesi si unirono per respingerli, l’impero mongolo iniziò la sua decadenza.
Dalla fine del secolo XVII al 1911 la Mongolia fu vassallo della Cina. Dal 1911 al 1921 fu uno stato semi-autonomo, sottoposto al Protettorato russo. Poi, il 10 luglio 1921 fu eretta a Repubblica Popolare sul tipo dei sovieti.
Dal 6 gennaio 1931 fu divisa in 17 “aimag”, cioè unità economico-amministrative.
Contrapponendosi agli accordi economici e militari intrattenuti con l’Unione Sovietica, il Giappone cercò di risvegliare il nazionalismo mongolo attraverso il governo del Man-Chu Kwo, ed all’interno della Mongolia riuscì ad avere qualche risultato.
Ma non sufficiente ed il paese nel 1940 ebbe una nuova Costituzione. Continuò la sua collaborazione con l’Unione Sovietica e durante la seconda guerra mondiale la rifornì di viveri e bestiame. Il 20 ottobre 1945, a guerra finita, fu indetto nel paese un plebiscito col quale si scelse l’indipendenza. L’Unione Sovietica rinnovò col giovane stato tutti gli accordi di amicizia, di collaborazione e di assistenza. Poiché, però, la Mongolia oltre a Mosca, non aveva alcuna rappresentanza diplomatica all’estero, allorchè nel 1947 chiese di entrare a far parte delle Nazioni Unite, si vide respingere la richiesta.
Chi principalmente avversò questo ingresso fu la Cina che temeva rivendicazioni della giovane repubblica sui territori di cui la Cina si arrogava la proprietà.
Comunque, sotto l’influsso della politica sovietica, la Mongolia ebbe un netto miglioramento della sua situazione socio-economico-culturale. Ma il progressivo avanzamento del paese non si potè ascrivere tutto all’Unione Sovietica poiché la Mongolia strinse patti anche con gli Stati Uniti, che profusero ingenti aiuti, e con la Cina, con la quale nel 1959 stipulò un trattato economico, di amicizia e di mutua assistenza.
Nonostante l’importanza attribuita alle industrie ed alla agricoltura, il popolo mongolo conservò sempre il senso del nomadismo e privilegiò l’allevamento del bestiame, spostandosi nel paese e considerando le aziende collettive statali come stabilimenti e stazioni di transito.
In questi anni l’influenza sovietica in Mongolia aumentò e la Cina seppe che ogni tentativo di cambiare il corso della sua politica sarebbe stato respinto.
Nel 1961, grazie all’interessamento sovietico, la Mongolia entrò a far parte delle Nazioni Unite e nel 1962 del Comecon. La Mongolia aveva preso le distanze con la Cina al punto tale che, nel 1963, il veterano premier Ju Tsedenbal in due discorsi, uno tenuto nella capitale Ulan Bator ed un altro a Berlino Est, si indirizzò quasi esclusivamente contro l’ideologia del maoismo.
Eppure i rapporti con la Cina non furono mai interrotti ed anzi la Mongolia si avvalse sempre dei suoi aiuti, come di quelli sovietici, per il continuo sviluppo del paese. Tutto ciò durò fino al 1966 quando, in occasione della visita di Breznev a Ulan Bator, la Cina ritirò dalla Mongolia il grande contingente di operai e di tecnici cinesi. Al loro posto arrivarono specialisti russi e poi aiuti anche polacchi, cecoslovacchi e bulgari. A fronte di una esigenza popolare e della scarsità di personale operaio mongolo, si registrò una sostenuta immigrazione, specialmente russa, che influì molto anche sulla cultura. Fu introdotto, infatti, l’alfabeto cirillico e furono escluse tutte le nozioni occidentali nonché quelle giapponesi e cinesi.
Durante la rivoluzione culturale molti agenti russi attaccarono violentemente
Ulan Bator e la Cina non mancò l’occasione per tentare di risvegliare
nel paese i sentimenti nazionalisti, che impedissero la presenza totale
e tirannica dell’Unione Sovietica.
Nel giugno 1973 furono rinnovati gli accordi, sia con la Cecoslovacchia
che con la Bulgaria e, quindi, la Mongolia rimase saldamente legata
alla politica sovietica.
Un anno dopo Ju Tsedenbal assunse l’incarico di presidente del Presidium del Parlamento.
Nel periodo 14-18 giugno 1976 egli venne confermato primo segretario del Partito Rivoluzionario del Popolo Mongolo e fu anche approvato il VI Piano quinquennale 1976-80.
Un anno dopo le elezioni decretarono la vittoria al governo di questo partito. Verso la fine degli anni settanta la polemica con la Cina risultò intensificata, così come la cooperazione con l’Unione Sovietica.
Nel maggio 1981 al 18° Congresso del Partito, tenuto a Ulan Bator, Gorbacev rappresentò il suo paese e tutti gli accordi con l’Unione Sovietica vennero ribaditi, compresa la rielezione del primo segretario. Ma il 23 agosto 1984 egli fu rimosso dall’incarico perché anziano ed in precarie condizioni di salute. E con l’espressa gratitudine di tutto il paese per la sua costante opera, fu eletto successore Z. Batmonkh.
Mano mano che si andava modificando la politica all’interno della Unione Sovietica con l’avvento di Gorbacev, quindi con la distensione, iniziò anche il miglioramento dei rapporti fra la Mongolia e la Repubblica Popolare Cinese. Ed infatti il 9 agosto 1986 fu firmato un trattato consolare fra i due paesi.
Nello stesso anno si tenne il 19° Congresso del partito; fu confermato il primo segretario e si addivenne alla decisione di ridurre la burocrazia statale; cosicchè si abolirono 8 ministeri ritenuti superati e se ne crearono 5 nuovi.
Fra il 1989 ed il 1990 sorsero nuove organizzazioni politiche che chiesero subito sostanziali riforme. La più importante di queste fu l’Unione Democratica Mongola, capeggiata da S, Dzorig. Nel maggio 1990 il Gran Khural del popolo approvò una legge per la legalizzazione dei nuovi partiti. Nel settembre fu eletto il primo presidente del paese, che fu P. Ocirbat. Nel novembre 1991 fu eletto presidente del Gran Khural Z. Urtnasan.
Il nome ufficiale del paese nel 1992 cambiò e da Repubblica Popolare
Mongola si chiamò semplicemente Mongolia. Presidente del Partito
fu eletto B. Das-Yondon.
Con la nascita di altri partiti politici, in Mongolia venne a cessare
il ruolo guida nel paese da parte del Partito Rivoluzionario, che però
mantenne il predominio nel governo.
Infatti tenne il Parlamento con 70 seggi su 76, anche se le opposizioni
ebbero ugualmente una buona affermazione.
Le opposizioni chiedevano le riforme politico-sociali-economiche ed
anche il Capo dello Stato, P. Ocirbat, condivise queste aspirazioni che,
invece non trovarono consenziente P. Jasray, membro del Partito Rivoluzionario.
Egli si presentò anche alle elezioni presidenziali del 1993 ma fu nettamente battuto da Ocirbat. Poi i principali partiti dell’opposizione si coalizzarono e tutti insieme vinsero le politiche del giugno 1996.
Il nuovo governo costituito, presieduto da M. Enhsayhan, iniziò subito le riforme e come prima cosa tagliò la spesa pubblica, abolì i dazi doganali e nel corso del 1997 avviò le privatizzazioni. Ma la liberalizzazione dei prezzi dell’energia, portò un forte aumento dell’inflazione ed un forte peggioramento delle condizioni di vita del popolo.
Tutto ciò fu esiziale in occasione delle presidenziali del maggio 1997, laddove fu assegnato il 60,8% dei voti a N. Bagabandi, candidato del Partito Rivoluzionario.
Dall’aprile al luglio del 1998 si alternarono al governo, dopo le dimissioni di Enhsayhan, due altri premier, il primo dei quali fu T. Elbegdory, candidato del Partito Nazionaldemocratico. Solo nel dicembre del 1998 si poté superare questo periodo di vuoto, e cioè quando finalmente il Presidente della Repubblica, che ne aveva già bocciati alcuni altri, accettò il candidato J. Narantsatsralt.
Ma egli nel luglio del 1999 si dimise e gli successe il Ministro degli
Esteri, R. Amarjargal.
In politica estera la Mongolia rimase fortemente legata alla
Russia per avere firmato fin dal 1993 un accordo ventennale di amicizia
e di cooperazione. Anche dall’aprile del 1994 era stato concordato un patto
analogo con la Cina Popolare.
Ma la Mongolia rafforzò pure i rapporti internazionali con il
Giappone e con gli Stati Uniti i quali, insieme a Cina, Russia, Banca Mondiale,
Fondo Monetario Internazionale e Banca Asiatica per lo Sviluppo, erano
membri del Gruppo di Assistenza per la Mongolia.