Storia
I primi esploratori che posero piede in Somalia la chiamarono “Corno Orientale dell’Africa”. Per la sua caratteristica forma, infatti, sembra un enorme corno proteso fra l’Oceano Indiano ed il Golfo di Aden.
L’esplorazione marittima della Somalia iniziò al principio del XVI secolo ad opera di coraggiosi e già famosi navigatori del tempo, primo fra tutti Vasco de Gama. Ma la vera e propria esplorazione della Somalia ebbe l’avvìo nel 1848 con la campagna idrografica condotta dalla nave “Ducouedic” agli ordini del comandante Guillaim. Moltissime si susseguirono le spedizioni promosse da vari paesi, ma il predominio esplorativo appartenne a tre paesi occidentali: la Francia, l’Inghilterra e l’Italia.
Politicamente la penisola somala è divisa in due territori: lo Stato Indipendente Somalo, comprendente i territori che furono le colonie italiana e britannica, e la Somalia francese.
Quando l’Italia iniziò la sua campagna coloniale sul Mar Rosso,
le coste della Somalia erano in mano, parte agli egiziani, parte ai sultani
della Migiurtinia, di Obbia e di Zanzibar. L’interno invece era dominio
di varie tribù somale. L’Italia, dopo aver occupato Massaua, inviò
a Zanzibar una nave da guerra, il “Barbarigo” (così chiamata in
onore della famosa famiglia veneziana di dogi), ma con scopi pacifici,
tanto è vero che vi aprì un Consolato e firmò col
sultano un trattato commerciale. Era il 28 maggio 1885.
Poi l’Italia continuò la sua opera di conquiste coloniali per
ottenere il protettorato sui sultanati della Somalia Settentrionale; ed
infatti l’8 febbraio 1889 raggiunse il suo scopo ed ebbe il protettorato
su una parte della Migiurtinia. Il sultano però si impegnava a non
accettare la sovranità di altri stati nella parte del sultanato
che rimaneva sotto la sua diretta giurisdizione. E questo impegno
fu firmato il 7 aprile 1889.
Un anno dopo l’Italia inviò un’altra nave, il “Volta”, nella rada di Uarsceich a scopo ricognitivo; ma la spedizione fu attaccata e due uomini dell’equipaggio furono uccisi. Il governo di Roma reagì e nel febbraio 1891 incaricò il console italiano a Zanzibar, il capitano Filonardi, di occupare in nome dell’Italia il villaggio di El-Athale, che poi si chiamò Itala. Ad impresa compiuta l’Italia e la Gran Bretagna firmarono un accordo per il riconoscimento delle proprie zone il 5 maggio 1894.
Mentre si verificavano questi avvenimenti, l’Italia ottenne in affitto
dal sultano di Zanzibar alcuni porti: Brava, Merca, Mogadiscio, Uarsceich.
L’esercizio di questa concessione fu affidato alla Compagnìa Filonardi,
che incontrò moltissime difficoltà di gestione per il completo
disinteressamento da parte del governo ed anche per la scarsezza
dei mezzi disponibili.
Bisognava cominciare dal nulla e l’ambiente umano non era molto favorevole.
Infatti in quelle zone operavano alcune tribù, i “Vali” che, senza
alcun controllo, si abbandonavano ad abusi e devastazioni, aggravando
sempre più la situazione. Anche i mezzi bellici erano scarsi e la
Compagnìa in breve non fu capace di gestire l’amministrazione. Scaduto
il termine della concessione, si promosse un nuovo contratto con la Società
Benadir, valido per 48 anni. E mentre si evolvevano tutte le operazioni
di trapasso di gestione assunse il governo provvisorio il console Cecchi,
affiancato da un rappresentante della nuova società concessionaria.
Ma il 26 novembre 1896 a Lafolè, vicino Mogadiscio, il console ed altre 85 persone, fra bianchi ed ascari, vennero attaccati ed uccisi. Il comandante Giorgio Sorrentino, subito inviato sul posto con una spedizione militare, fece bombardare i villaggi di Nimo e Gezira e fece incendiare alcuni villaggi interni, in modo da scoraggiare eventuali futuri assalti.
Quando la nuova società acquisì in pieno il potere di gestione, si trovò di fronte ad alcune difficoltà piuttosto serie in quanto il sultanato di Zanzibar, coesistendo con le autorità italiane, permetteva la permanenza di Vali sul territorio. Verso gli inizi del 1900 la Società Benadir cominciò a svilupparsi; si iniziarono vari lavori pubblici, si costruirono ospedali, strade ed, insomma, si videro i primi favorevoli risultati. Ed anche i mezzi difensivi erano stati piuttosto ampliati. E mentre le forze italiane erano tutte protese al miglioramento della colonia, cominciò la crociata contro gli “infedeli”, portata avanti da Mullah Sayed Mohammed ben Abdullah, e feroci assalti armati furono portati sia contro gli italiani sia contro gli inglesi. La reazione fu immediata ed oltre agli europei si attivarono pure gli Abissini. Il 21 aprile 1903 fu raso al suolo il villaggio di Ilig, e ciò costrinse Mullah a venire a patti; il 5 marzo 1905 firmò un accordo con l’Italia ed il successivo 24 marzo con la Gran Bretagna, nel quale si impegnava a cessare tutte le ostilità. Cosa che non fece perché continuò a portare attacchi in altra zona e precisamente nella valle dell’Uebi Scebeli.
La situazione si mantenne difficile. La società concessionaria, a seguito di inadempienze, fu esautorata e l’amministrazione della colonia passò direttamente nelle mani dello stato italiano che l’affidò ad un governatore provvisorio, Mercatelli.
In attesa di dare alla Somalia un assetto definitivo, il governatore potè gestire il potere e spesso dovette difendere il territorio dagli attacchi dei ribelli.
Nel dicembre del 1907 si verificò un grave incidente a Lugh. Alcune tribù etiopiche che erano state inviate per combattere contro il Mullah, si fermarono invece ai pozzi di Berdale, dove vivevano alcune popolazioni soggette all’Italia. Lì si abbandonarono a devastazioni e razzìe. L’esercito italiano dovette intervenire, ma essendo di numero inferiore agli abissini, furono da quelli nettamente sovrastati e moltissimi persero la vita. L’Italia chiese soddisfazione al negus Menelik il quale, riconosciuto giusto questo diritto degli italiani, concesse la definizione dei confini tra la Somalia e l’Etiopia, questione rimasta sempre in sospeso ed in quel momento giunta a conclusione.
Dopo la composizione di questo incidente però, nel Parlamento italiano si svolsero molte interpellanze e proteste ed alla fine fu stabilito un congruo rafforzamento militare in Somalia ed al comando dell’esercito fu designato il maggiore Di Giorgio. Questi dovette sostenere vari combattimenti in tutte le zone della regione, contro i Bimal ed i Dervisci somali che dopo varie sconfitte si sottomisero agli italiani. Il comando delle forze armate andò poi al maggiore Rossi che ebbe il suo bel da fare contro il Mullah il quale, non potendo combattere contro italiani ed inglesi, nel rispetto del trattato firmato ad Ilig, compiva la sua opera distruttrice dei colonialisti sobillando le varie tribù locali. Ed allo scoppio della prima guerra mondiale egli si alleò col giovane erede al trono di Etiopia e cercò con tutti i mezzi di intensificare le razzìe ed i combattimenti. Ma le preponderanti forze dei soldati italiani li ridussero definitivamente al silenzio.
Nel dopoguerra si ebbero degli attriti con la Gran Bretagna per l’occupazione di territori africani e nel 1926 un trattato assegnò all’Italia la regione dell’Oltre Giuba.
Alla morte di Mullah continuarono le ostilità con i sultanati di Obbia e dei Migiurtini e, sempre nel 1926, si allargò la sovranità italiana sul Giuba (capoluogo Chisimaio), sul Centro (Mogadiscio), sull’Uebi Scebeli (Mahaddei), sul Confine (Oddur) e poi Obbia, Nogal e Migiurtini.
Nel 1935 l’Italia combattè contro l’Abissinia; ancora una guerra che vide nel 1936 la vittoria del generale Rodolfo Graziani, che fu decisamente coadiuvato dalle forze aeree, per ottenere un brillante risultato. L’Italia potè finalmente occuparsi della colonizzazione e lo sviluppo della Somalia ed infatti compì molte opere di pubblica utilità, migliorò ovunque le condizioni sanitarie, introducendo il sistema delle vaccinazioni; sviluppò la politica scolastica, costruì ferrovie, la più importante fu quella che collegava Mogadiscio al Villaggio Duca degli Abruzzi, sistemò le strade e riattivò le piste. Ottimi risultati si ebbero pure nel campo agricolo e zootecnico; sparì completamente la peste bovina, furono eseguite molte opere idrauliche, specialmente lungo l’Uebi Scebeli; per rendere più fertili i terreni furono costruite dighe sul fiume. Notevole sviluppo trovarono anche le imprese industriali, come le saline di Hafun.
Scoppiata la seconda guerra mondiale, la Somalia fu occupata dagli inglesi. Gli italiani furono allontanati ed i britannici vi rimasero molti anni in attesa di trovare una sistemazione definitiva. Ed intanto l’economia del paese andò mano mano disgregandosi.
Nell’aprile 1948 fu governatore il generale Drew; l’Ogaden fu nuovamente separato dalla Somalia ed amministrato da un governo militare britannico, come “territorio riservato” in attesa di aggregarlo poi all’Etiopia.
Il 21 dicembre 1949 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite affidò all’Italia, con amministrazione fiduciaria, la ex colonia per dieci anni. In questo periodo l’Italia doveva provvedere al risanamento della situazione predisporre tutte le istituzioni politiche, sociali e culturali in modo che la popolazione somala, allo scadere del mandato, fosse in grado di governarsi da sé, come stato indipendente.
Per prima cosa l’Italia ristabilì le relazioni diplomatiche con l’Etiopia, poi volle trattare il problma dei confini. Un Comitato consultivo delle Nazioni Unite affiancò l’Italia nel difficile compito che venne svolto da un amministratore, con sede a Mogadiscio.
Il territorio fu diviso in sei commissariati, che in seguito divennero regioni. A capo di ciascuno ci fu un commissario. Spesso il personale amministrativo fu completamente italiano ma poi, poco a poco, si aggiunsero elementi somali. L’amministratore applicava pure le leggi e con l’andare del tempo anche in questo settore partecipò un Consiglio territoriale formato tutto da somali. Si costituì il Corpo di Polizia somalo, sotto il controllo dei carabinieri italiani, mentre il Corpo di Sicurezza ebbe quadri decisamente somali.
Nel 1954 ci furono le prime elezioni locali, solo per i cittadini di sesso maschile, svolte per la nomina di Consigli Municipali. Nel 1956 si ebbero le prime elezioni politiche, sempre sostenute solo da elementi maschili, per la nomina dei primi somali di una Assemblea legislativa che sostituì il consiglio territoriale. Il personale somalo era ormai presente in tutte le strutture e, sempre nel 1956, il più importante partito politico, quello della “Lega dei Giovani Somali” entrò di diritto a collaborare definitivamente con l’amministrazione italiana.
Nel marzo 1959 ci furono le elezioni politiche generali alle quali parteciparono anche le donne. Il 1° luglio 1960 la Somalia divenne una Repubblica Indipendente. Capo del governo fu Abdirashid Alì Shermarke.
Nel 1964 le nuove elezioni premiarono la Lega dei Giovani Somali ed il governo fu formato da Abdirasak Haji Husein. Shermarke tornò alla ribalta nel 1967 quando fu eletto Presidente della Repubblica e scelse come primo ministro M. Haji Ibrahim Egal.
Il 15 ottobre 1969 Shermarke, reo di aver esercitato una gestione governativa quasi dittatoriale, fu assassinato. Prendendo l’occasione al volo l’esercito, il 21 ottobre, si impadronì del potere e formò un nuovo governo presieduto dal generale Siad Barre. Si ebbero così numerose e sostanziali riforme che migliorarono il paese in tutti i settori, da quelli prettamente agricoli e di prima necessità a quelli culturali e sociali.
Per la politica estera, dando un taglio netto a quelle che erano state le aspirazioni filo-occidentali, la Somalia si rivolse ai paesi comunisti ed allacciò più strette relazioni con l’Unione Sovietica e con la Cina; quest’ultima portò a compimento nel paese molti lavori di pubblica utilità.
Con l’Etiopia si venne in contrasto per il possesso dell’Ogaden ed a questo proposito si ebbe pure un fallito colpo di stato nel 1978. La Somalia rinsaldò sempre più i rapporti con i paesi arabi e con la Cina, che Siad Barre visitò nell’aprile 1978.
Nel giugno 1982 ripresero le ostilità con l’Etiopia e ci furono gravi episodi di guerra, culminati nel 1984 con l’attacco aereo di Borama, condotto dall’aviazione etiope.
Nel 1986 si incontrarono i due capi di stato, Barre e Mangestu, ed una apposita Commissione fu creata per dirimere tutte le questioni. Nell’aprile 1988 fu redatto un testo di intesa con il quale i due stati ripresero le relazioni diplomatiche, ritirarono le loro truppe dalle frontiere e scambiarono i prigionieri di guerra. E naturalmente si impegnarono a non usare più la forza e le minacce. La Somalia tornò a rivolgere la sua politica verso l’occidente e con gli Stati Uniti, in cambio di una base aeronavale in Berbera, ottenne un massiccio programma di aiuti ed assistenza alle forze militari somale.
Nello stesso tempo si dimostrarono gravissime le condizioni economiche, anche a causa di una tremenda siccità che aveva colpito l’Etiopia, dalla quale fuggivano tante persone, in prevalenza rifugiati somali, che a centinaia di migliaia tornavano in Somalia con la speranza di sopravvivere. Ancora un altro motivo di preoccupazione giunse con il raggiungimento da parte di Barre di una età non più troppo idonea a sostenere il peso del governo. Molti movimenti di opposizione si erano nel frattempo costituiti ed una vera crisi si ebbe nel luglio 1989, con l’assassinio del vescovo di Mogadiscio, l’italiano S. Colombo. Nelle strade della capitale ci fu una vera insurrezione popolare e l’esercito, intervenuto per fermarla, causò un numero altissimo di morti. E per la Somalia nel 1990 si aprì un oscuro periodo pervaso di ribellioni e guerriglia. Barre dovette abbandonare Mogadiscio e rifugiarsi in Nigeria (dove morì nel 1995).
Prese il comando Alì Mahdi Mohammed che però fu avversato ferocemente dal generale Mohammed Farah Aidid e da questi deposto. Queste lotte divisero in due parti lo stato: quella settentrionale controllata da Alì Mahdi e quella meridionale da Aidid. Nel dicembre 1992 le Nazioni Unite si trovarono costrette ad inviare le loro truppe per cercare di riportare la calma nel paese.
Il popolo somalo, sentendosi umiliato da questa intromissione di stranieri,
elesse tacitamente a suo capo spirituale Aidid che, interpretando questo
nazionalismo al peggio, procurò scontri armati quotidiani. Nel luglio
1993 tre militari italiani furono uccisi ed allora il governo di Roma,
dopo un’aspra critica all’operato degli Stati Uniti in questa circostanza,
propose di dirimere tutta la questione attraverso il dialogo con tutte
le forze somale, comprese quelle di Aidid. E tutto ciò sortì
un risultato positivo poiché il presidente americano Clinton
promise il ritiro delle truppe statunitensi entro il 1994. E questo fu
fatto ed entro il 1995 tutto l’altro contingente fu ritirato. Ma
in Somalia continuò l’ingovernabilità. In un clima di incertezze
e di difficoltà economiche e sociali, aggravate da una sempre crescente
criminalità, Alì Mahdi e Aidid firmarono una dichiarazione
ufficiale di conciliazione nazionale che però non riuscì
a risolvere alcun problema e le difficoltà rimasero sempre di attualità.
Il settore della Somalia affidato al protettorato inglese era posto a nord della penisola, sul Golfo di Aden, e confinava con la Somalia italiana e quella francese.
La Gran Bretagna però esercitò una amministrazione più politica che economica e prese realmente possesso di Zeira, Berbera e Bulhar solo nel 1884, allorchè questi porti furono abbandonati dagli egiziani, i quali avevano aiutato il Mahdi nella sua disastrosa guerra nel Sudan. Dal 1888 al 1897 vari furono i trattati portati a termine per la definizione dei confini con gli stati vicini, compresa l’Etiopia, con la quale queste delimitazioni furono operanti fino al 1934.
Nel 1898 la Somalia britannica passò sotto l’amministrazione del Foreign Office e poi nel 1905 del Colonial Office. Nel 1899 però iniziò un movimento di proteste e ribellioni, guidate da Mohammed Ben Abdulla, che gli inglesi chiamarono “Mad Mullah”, ovverosia il “Mullah pazzo”, per le sue incontrollabili feroci azioni di guerriglia. Varie furono le vicende di questa che divenne una vera e propria guerra, con grande impegno delle forze inglesi, che spesso furono sopraffatte da quelle di Mullah.
Il governo della Somalia italiana, dopo aver concesso alle truppe inglesi di attestarsi presso i propri territori, si offrì per mediare la pace e nel 1905 fu raggiunto un accordo. Il Mullah otteneva una parte del territorio italiano, quello del Nogal, e si impegnava a rispettare l’accordo di pace. Egli rispettò i patti ma solo per tre anni; nel 1909 riprese la lotta armata e gli inglesi ritirarono l’amministrazione ai centri della costa. Si accese subito una lotta fratricida fra varie tribù che aspiravano ad impossessarsi del potere. Poi il Mullah riprese le ostilità contro gli inglesi che furono aspramente battuti a Dul Medove, nel medio Nogal.
Nel marzo 1914, a seguito di episodi di barbarie da parte di un gruppo di dervisci, le forze armate inglesi furono riorganizzate e poterono espugnare i forti di Shimber Berris.
Durante la prima guerra mondiale essendo l’Inghilterra impegnata in Europa, i dervisci approfittarono per condurre attacchi alle popolazioni inglesi, aiutati pure dal negus Ligg Iasu, alleatosi con Mullah. Quando la Gran Bretagna potè dedicarsi più seriamente alla guerra contro i dervisci li sbaragliò definitivamente e nel 1920 il Mullah, costretto a fuggire prima a Gorrahei nell’Ogaden, poi a Imi, nel medio Scebeli, morì il 23 novembre. E con lui scomparve il movimento di ribelli che aveva sempre capeggiato, ed iniziò un periodo di relativa tranquillità, in cui si potè dare l’avvìo ai miglioramenti tanto necessari. I britannici chiamarono Somaliland questo territorio.
Si giunse alla seconda guerra mondiale. Il 3 agosto 1940 il Somaliland fu invaso da truppe italiane, predisposte in tre colonne.
Queste si diressero rispettivamente a Berbera, ad Adadleh ed a Sheikr, ma vi trovarono degli sbarramenti rappresentati da opere semi-permanenti che gli inglesi avevano costruito già nel 1936. Le colonne italiane riuscirono a superare gli ostacoli e ad attestarsi a Lafaruk e a Berbera per il 19 agosto. E vi rimasero fino al marzo 1941 quando le truppe inglesi rioccuparono il Somaliland. Questo territorio rimase sotto l’amministrazione britannica fino al 1948 allorchè tornò sotto il controllo del Colonial Office.
Nel febbraio 1955 fu restituita all’Etiopia quella parte boscosa alla frontiera che era passata sotto il controllo inglese come conseguenza della guerra. Quando nel dicembre del 1949 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite aveva affidato all’Italia l’amministrazione “fiduciaria” per dieci anni sulla ex colonia, anche nel Somaliland la Gran Bretagna si accinse ad applicare misure e principi atti alla preparazione all’autogoverno ed alla futura indipendenza del popolo somalo, sino ad allora sempre amministrato. Così fu ampliata l’istruzione, si formarono partiti politici di cui il più importante fu il “somaliland National League”, molto vicino come ideologia alla “lega dei Giovani Somali”, sorta nella Somalia Italiana.
Nel febbraio 1960 questo partito ebbe la maggioranza nelle elezioni
ed il 26 giugno il Somaliland proclamò la sua indipendenza. Il 1°
luglio si chiamò Repubblica e fu ripartita in 8 regioni. Nell’ottobre
dello stesso anno, con l’unificazione dei due ex territori coloniali, iniziarono
le vicissitudini della ormai unita Repubblica Democratica Somala.
L’occupazione da parte della Francia della Somalia si verificò soltanto quando l’Italia e l’Inghilterra iniziarono le loro azioni coloniali. Prima c’erano stati solo gli accordi verbali col negus dello Scioà, sin dai tempi del re Luigi Filippo.
Dopo l’accesso al Mar Rosso ed al Golfo di Aden di Italia e Gran Bretagna, anche i francesi si attivarono occupando il porto di Obock, rendendo quindi operante la Convenzione, già firmata l’11 marzo 1862 fra il Ministro degli esteri di Francia ed il sultano di Tagiura.
La missione coloniale in Somalia fu affidata a M. Lagarde che vi arrivò nel luglio 1884 e dopo pochissimo tempo stipulò accordi precisi con i sultani di Raheita, Tagiura e Gobad, i quali divennero subito protettorato francese.
Dal 1884 al 1888 intensi si svolsero i lavori di penetrazione e Obock e Gibuti furono i centri maggiormente interessati. Nel 1897 fu portata a termine la convenzione per la delimitazione dei confini con la Somalia italiana, quella inglese e con l’Etiopia. E dopo il 1900 si intensificarono pure le missioni francesi nei territori interni, anche quelli etiopici, per rinsaldare i trattati commerciali già in atto.
Quando nel 1936 l’Italia potè annettersi l’Etiopia, nuovi accordi economici e commerciali si conclusero fra i due paesi. Nel 1937 le attività del porto di Gibuti si definirono addirittura frenetiche. Poi scoppiò la seconda guerra mondiale e si giunse così al 24 giugno 1940 quando la Francia pervenne all’armistizio con la Germania. I territori somali rimasero sotto la sovranità francese e rimasero fedeli al maresciallo Petain.
Il 9 giugno 1941, quando gli inglesi occuparono Addis Abeba, il generale Wavell intimò alla Somalia francese di aderire al movimento della “Francia libera”, capeggiato dal generale De Gaulle, pena il blocco totale del territorio. Nel dicembre 1942 il governatore della Somalia francese, Nouailhetas, rientrò in volo in Francia e lasciò l’incarico al governatore provvisorio Dupont, che si affrettò a firmare un accordo col generale britannico Fowkes e con il rappresentante della “Francia Combattente”, Chancel.
Quando la guerra fu conclusa, De Gaulle ripristinò i rapporti diplomatici fra Francia ed Etiopia, ma a causa di una divergenza sorta per la ferrovia di Gibuti, gestita da una compagnia francese, all’inizio l’Etiopia non nominò un suo rappresentante a Parigi. Poi, nel settembre 1945, appianata questa difficoltà con la restituzione all’Etiopia della intera rete ferroviaria, la situazione fra i due paesi si normalizzò ed i commerci furono ripristinati.
Nel 1945 fu costituito il “Conseil Representatif de la Còte Française des Somalis et Dependances”, diviso in due parti uguali ; una comprendente rappresentanti francesi e l’altra quelli somali, Dancali ed Arabi. Altre istituzioni politiche mantennero le rappresentanze in seno ai due governi, francese e somalo, e dopo l’approvazione della nuova Costituzione francese, avvenuta il 28 settembre 1958, il “Conseil” decise di conservare lo stato della Somalia come “Territorio d’Oltremare”: era l’11 dicembre 1958.
Il 16 aprile 1960, con la fusione dei territori già appartenenti
all’Italia ed alla Gran Bretagna, fu proclamata l’indipendenza.
Nemmeno la elezione a presidente per tre anni di Aidid riuscì a riportare il paese alla calma ed alla vera pacificazione nazionale.
Gli oppositori, guidati da Ali Mahdi e da Ali “Ato”, ex braccio destro di Aidid, cominciarono le loro azioni di disturbo invalidando il controllo che lo stato faceva sulla produzione ed il commercio delle banane, principale fonte di ricchezza della Somalia. E poiché i proventi di questo commercio venivano in gran parte utilizzati per rinforzare l’esercito di Aidid, essi ne impedirono le spedizioni presidiando il porto di Mogadiscio.
Perciò nel corso del 1996 le forze di Aidid e quelle di Ali “Ato” vennero alle armi. In uno di questi scontri Aidid venne gravemente ferito e dopo poco tempo, precisamente nell’agosto di quell’anno, morì. Presidente provvisorio divenne il figlio Hussein Muhammed, che continuò la politica paterna, anche se i suoi poteri furono notevolmente limitati.
I capi delle varie organizzazioni finalmente decisero di addivenire seriamente ad un accordo di pace, perciò nell’ottobre del 1996 a Nairobi, in Kenia, si riunirono Hussein Aidid, Ali Mahdi e Ali “Ato” e stabilirono di deporre le armi. La tregua, brevissima, fu seguita da altri scontri ma infine nel gennaio del 1997 a Sodere, in Etiopia, le principali fazioni in guerra conclusero un patto e crearono un Consiglio Nazionale di Salvezza, che ebbe il compito di assumere provvisoriamente il governo del paese, elaborare e portare a termine il processo di pace.
Nel marzo del 1997 iniziarono i colloqui al Cairo e nel dicembre tutte le ostilità cessarono definitivamente. Si formò subito un governo di transizione, incaricato di preparare, entro tre anni, le consultazioni generali.
Ed intanto, un certo movimento armato si ebbe ad opera di alcuni ribelli Rahanuin, che avevano tentato di occupare la città di Baidoa, piuttosto vicina a Mogadiscio.
Il piano di pace andò avanti. Si poterono riaprire l’aeroporto ed il porto della capitale; si regolarizzò la situazione amministrativa; ma qualche difficoltà si incontrò a luglio del 1998 per la concessione di un governo autonomo a tre territori a nord ovest del paese, chiamati Puntland. La sistemazione in questo senso si ebbe poi nel successivo mese di settembre.
Ma il 1999 fu l’anno della recrudescenza della violenza. Si ebbero combattimenti ovunque e molte centinaia di persone persero la vita. Ad aggravare il quadro, intervenne anche una vasta epidemia di colera al sud della Somalia e molte migliaia furono le vittime.
Ma oltre a tutte le lotte sostenute dalle varie fazioni, in tutto il corso degli anni 90 si verificarono episodi di guerra in altre zone e per diversi motivi. In quella che era stata la zona protetta dagli inglesi, cioè il Somaliland, nel 1991 c’era stata l’autoproclamazione dell’indipendenza. Il presidente di questo stato autonomo, Mohammed Ibrahim Egal, eletto nel maggio 1993, dovette sostenere aspre lotte contro Abd-ar-Rahman Ahmed Ali “Tur”, ex capo secessionista, ed ora favorevole al legame con la Somalia. Il conflitto armato fra i due era iniziato nella seconda metà del 1994 ed era proseguito nella prima metà del 1995. Questo provocò un esodo di massa verso il dicembre 1994; infatti i tre quarti della popolazione avevano abbandonato il capoluogo Hargeisa e si erano avviati verso l’Etiopia.
Anche qui si addivenne ad una trattativa di pace che ebbe come risultato
la formazione di una Costituzione provvisoria, resa operante nel febbraio
del 1997. Egal fu eletto Presidente per 5 anni e nel frattempo tutti i
gruppi secessionisti avevano accettato in maniera definitiva di arrendersi.