SUDAFRICA

Storia

Agli inizi del 1648 una nave olandese stava doppiando il Capo di Buona Speranza quando urtò contro uno scoglio procurandosi una grave avarìa. I marinai furono costretti a gettarsi in mare per raggiungere la costa a nuoto. Giunti in quella terra sconosciuta furono obbligati a rimanerci fino all’arrivo di un’altra nave. Ciò avvenne dopo un anno e nel frattempo i marinai esplorarono varie zone del territorio scoprendone la ricchezza della vegetazione e la bontà del clima.

Quando tornarono in patria descrissero con entusiasmo la fertilità di quella terra e fu così che la Compagnìa  olandese delle Indie inviò alcune centinaia di uomini, al comando di Jan van Riebeeck, per iniziare subito la colonizzazione.

Le navi olandesi giunsero nella Baia della Tavola il 6 aprile 1652 e questa certamente fu la data di nascita del Sudafrica. In poco più di 100 anni si formò in quelle terre una ricca ed attiva colonia, Città del Capo.

Nel 1795 l’Olanda venne invasa dalla Francia. Molti distretti della colonia del Capo che volevano liberarsi dalle gravose imposte stabilite dalla madrepatria, approfittarono della situazione per reclamare l’indipendenza. Con la scusa di sedare i tentativi di ribellione  intervenne l’Inghilterra la quale assunse il comando della colonia dapprima per conto dell’Olanda poi, in un secondo tempo, per conto proprio e definitivamente.

Iniziò così la graduale occupazione da parte dell’Inghilterra dei territori dell’Africa Meridionale, sino alle sorgenti dello Zambesi e del Congo.

La lotta per la conquista di questi territori fu spesso drammatica, brutale, specialmente quando si scoprirono nel sottosuolo i ricchi giacimenti diamantiferi e auriferi. Nel corso di poco più di un secolo l’Inghilterra prevalse sui coloni primitivi olandesi, detti Boeri (dall’olandese “boeren” che significa contadino) e sugli  indigeni. La sua strategia fu questa. Nella colonia capitava spesso che si creassero attriti e ribellioni, specialmente fra coloni ed indigeni. A  questo punto interveniva con la forza la truppa inglese che prendeva possesso del territorio. Bisogna comunque dire che  il governo inglese, molto spesso, a causa di una maggiore autorità e forza, riuscì ad   organizzare meglio l’attività coloniale a vantaggio di tutti. E queste furono le date più significative di quella politica di conquista:
1835 – primo trek (cioè ritiro in massa) di migliaia di contadini, che abbandonarono le loro dimore
            ed emigrarono al nord;
1836 – i boeri fondarono, oltre il fiume Orange, una specie di repubblica col nome di “Stato  libero
            d’Orange;
1840 – costituzione della repubblica del Natal;
1842 -   il Natal venne occupato dagli inglesi;
1848 -  gli inglesi invasero lo stato d’Orange e aggregarono il territorio alla colonia del Capo;
1849 -  i Boeri, sotto la guida di Andrea Pretorius,  costituirono un nuovo stato boero: il Transvaal.
             Per circa  25 anni i Boeri vissero in relativa tranquillità nel nuovo stato. Ma verso il 1873
             cominciarono ad essere sfruttate con un profitto eccezionale le miniere d’oro scoperte
             pochi anni prima;
1880 -    i Boeri, sotto la guida di Paolo Kruger, si ribellarono contro l’ingerenza inglese e vinsero;
1899-1902 – la guerra anglo-boera si scatenò con ferocia inaudita. Da una parte l’esercito inglese
               con 300.000 uomini, dall’altra le bande minori e meno armate dei boeri.

Ma il furore con cui questi  combatterono fece sì che il forte esercito inglese subisse numerose sconfitte prima di potere, a prezzo di sacrifici enormi, dominare il nemico. L’Inghilterra trattò con magnanimità i vinti. Dopo soli 4 anni dalla fine della guerra sostituì l’amministrazione militare con un governatore civile. Gli stessi capi boeri collaborarono onestamente con l’antica nemica per il bene del proprio popolo. Nel 1910 entrò in vigore la Costituzione del nuovo stato, l’Union of South Africa, cioè l’Unione Sudafricana, comprendente 4 provincie: Provincia del Capo, Natal, Transvaal, Stato dell’Orange.

Subito, nel 1935, sorsero dei problemi a proposito dei tre protettorati indigeni: il Batusoland, il Swaziland ed il Bechuanaland, che l’Unione intendeva annettere. L’Inghilterra si dichiarò contraria ed allora, il 7 luglio 1937, il premier dell’Unione, il generale Hertzog, risollevò la questione chiarendo ufficialmente alla stampa i motivi di  questa rivendicazione. Poi operando dure repressioni sui  nazionalsocialisti presenti sul territorio, nello stesso anno si attirò le proteste del Reich.

Nel marzo 1938 le elezioni assegnarono la vittoria al Partito di Unità nazionale guidato dai generali Smuts ed Hertzog e tuttavia il governo fu di coalizione con i nazionalisti di Malan, con il Partito dei Dominions e con i socialisti.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale Hertzog propose di dichiararsi neutrali ma la sua proposta venne bocciata; egli si dimise, prese il potere Smuts e fu dichiarata guerra alla Germania.

Le elezioni legislative del 1943 approvarono l’azione governativa ed Hertzog si ritirò definitivamente dalla politica.

Quando la guerra giunse al termine, l’Unione dovette preoccuparsi subito della riconversione economica, da quella di guerra a quella di pace; ma ancora un altro problema importante arrivò sul tappeto. Nel 1927 era stato firmato un accordo a Capetown tra l’Unione e l’India, a proposito dei diritti degli Indiani, presenti in numero considerevole nell’Unione. Poi nel 1941 era stato redatto un “Act” che proibiva agli Indiani di comprare, o semplicemente occupare, delle proprietà terriere in zone a netta prevalenza europea, a meno che non si possedessero particolari permessi. E  nel giugno 1946 tutto ciò fu confermato.

Il Natal, che era allora il centro della popolazione indiana,venne diviso in due parti: in una sola gli indiani  avrebbero potuto abitare ed amministrare le loro proprietà, esclusivamente loro. Questa decisione suscitò le proteste interne fra le popolazioni indiane ma anche quelle esterne in quanto l’India ricorse alle Nazioni Unite e ruppe le relazioni con l’Unione.

Nel novembre 1946 Smuts chiese alle Nazioni Unite di incorporare all’Unione le ex colonie tedesche, già affidate nel 1920 al governo di Pretoria, a titolo di mandato coloniale. Ma nonostante i motivi più che validi addotti dall’Unione, le Nazioni Unite nel dicembre 1946 emanarono una mozione nettamente contraria. Ciò provocò le proteste, specialmente dei nazionalisti di Malan, i quali chiesero addirittura  il ritiro dell’Unione dalle Nazioni Unite e la divisione del popolo bianco da quello di colore.
Le elezioni generali del 1948 furono vinte dai nazionalisti che improntarono  il governo ad un più forte sentimento contrario all’Inghilterra, pur rimanendo nel Commonwealth  ed affidando le principali mansioni alle due stirpi europee, con la collaborazione delle altre razze. Le elezioni provinciali del marzo 1949, confermarono i risultati delle precedenti.

Era iniziata la politica dell’apartheid che i nazionalisti rafforzarono sempre più man mano che aumentava la loro maggioranza nelle elezioni successive del 1953 e del 1958. Contro questa politica, vivaci furono le reazioni del mondo intero e delle Nazioni Unite, ma anche dei vari gruppi bianchi ed indigeni interni, ai quali si aggiunse nel 1959  il Movimento Nazionalista Africano. Il governo nazionalista combattè ferocemente tutte le opposizioni, mise al bando il partito comunista e troncò le organizzazioni sindacali.

Nell’ottobre del 1961 il Premio Nobel per la Pace fu assegnato ad Albert John Luthuli, ex Presidente del Congresso Nazionale Africano. E nello stesso anno, il 31 maggio, dopo un referendum popolare, l’Unione Sudafricana si era proclamata Repubblica ed aveva ritirato la domanda di riammissione al Commonwealth.

Si sviluppò  tra gli indigeni la campagna del sabotaggio ed il governo, di conseguenza, inasprì le pene contro i sabotatori. Molte personalità, considerate “sovversive”, furono mandate al confino e fra queste ci fu Luthuli che vi morì nel 1967. Nel 1963 una nuova legge autorizzò l’arresto senza mandato di cattura, ed oltre 3000 persone furono arrestate. Alla fine del 1965 si contarono 5000 prigionieri politici e 2000 esponenti africani fuoriusciti.

Neanche quando nel 1966 fu assassinato il capo del governo H. F. Verwoerd la politica cambiò, anzi, si inasprì. E a nulla valse l’embargo delle forniture militari alla Repubblica Sudafricana.

Nelle elezioni del 1970 il partito nazionalista conservò la maggioranza mentre restò del tutto insignificante l’opposizione bianca, formata soprattutto dalle Chiese cristiane e da alcune migliaia di studenti che via via nelle loro manifestazioni venivano arrestati.
Nel 1973, a seguito di scioperi, comunque dichiarati illegali, gli Zulu del Bantustan, particolare etnìa africana, ottennero eccezionalmente dei discreti successi ed ebbero aumenti salariali ed un parziale riconoscimento del diritto di sciopero. Furono inoltre creati alcuni movimenti africani tutti tesi ad ottenere l’autonomia dal governo centrale ed infatti nel 1976 e nel 1977 ebbero l’indipendenza, formale, rispettivamente il Transkei  ed il Bophutatswana.

L’apartheid impedì alla Repubblica sudafricana di intervenire nei grandi consessi internazionali, stante l’isolamento inflitto dalle Nazioni Unite; impedimento che comprendeva pure le manifestazioni sportive mondiali, come le Olimpiadi. Ma non  soffrirono le relazioni commerciali  con i  paesi dell’occidente i quali, avendo compreso che avrebbero potuto realizzare vasti investimenti, non si lasciarono impressionare da quella persistente azione razzista. Naturalmente l’ampio sviluppo dell’economia permise alla repubblica sudafricana di prevalere sui paesi dell’Africa australe e di avere forti legami con loro, cioè col  Malawi, il Botswana, il Lesotho  e lo Swaziland.

Nel 1974 le elezioni furono  sempre vinte dal partito nazionalista; l’apartheid proseguì più intransigente che mai e nel giugno 1976 a Soweto, un sobborgo di Johannesburg, ci   fu una sanguinosa repressa protesta degli studenti che rifiutavano l’obbligatorietà della lingua “afrikaans” nelle scuole.

Nel 1979 Vorster si dimise da presidente della repubblica e la carica fu assunta da M. Viljoeen. Ma negli anni 80 la politica dell’apartheid cominciò a vacillare anche perché l’isolamento internazionale aveva  decretato  una regressione dell’economia e gli stessi nazionalisti si resero conto che così facendo non avrebbero avuto alcuna possibilità di sfruttare al meglio le ricchezze dello stato.

Nel 1984 divenne capo dello  stato P. W.  Botha che allentò le tensioni e permise la formazione delle organizzazioni sindacali anche per gli africani con un circoscritto diritto allo sciopero. Nel 1986 fu istituito un documento uguale per tutti. Fu adottata una nuova Costituzione che permetteva una rappresentanza alla Camera dei “coloured”, dei meticci e degli asiatici; Camera distinta da quella esclusivamente per i bianchi. Ma queste concessioni di Botha valsero a rimarcare di più la discriminazione, e violenti scontri si verificarono ancora e si temette per una guerra civile.

Oltre ai sindacati anche le chiese cristiane si attivarono per smantellare questo stato di cose, e grande lavoro svolse l’arcivescovo anglicano di Città del Capo, D. Tutu, che fu insignito per questo del Premio Nobel.

A partire dal 1986 molte volte fu proclamato, e poi tolto, lo stato d’emergenza per la lotta armata ed i continui attentati.
Nelle elezioni  del 1989 il partito nazionalista ebbe ancora la maggioranza assoluta. Anche le due Camere furono rinnovate ma registrarono una scarsissima partecipazione delle votazioni. Nello stesso anno Botha lasciò l’incarico per malattìa ed il suo successore, F. W. De Klerk, abrogò subito la legislazione razzista e sconfessò tutta la sua ideologia, compresa la politica della segregazione. Nel febbraio 1990 liberò tutti i prigionieri politici, fra cui il più famoso Nelson Mandela, con il quale De Klerk aveva già avviato, in forma discreta, dialoghi per risolvere insieme i più gravi dissidi esistenti fra bianchi e neri.

Le elezioni del 1994 chiusero definitivamente l’epoca del monopolio bianco e Mandela fu eletto presidente della repubblica, e fu varato un governo di unità nazionale. Questo passaggio di consegne ebbe il sapore più di una “integrazione” che di una “decolonizzazione”.

L’ex presidente De Klerk  rimase al potere come vice di Mandela; la Repubblica Sudafricana rientrò  nell’Organizzazione dell’Unità africana  e, uscita definitivamente dall’isolamento, mise a disposizione tutte le sue enormi potenzialità per trainare lo sviluppo dell’Africa australe e di tutto il continente.

Va ricordato anche che Mandela, scarcerato dopo  25 anni  di prigionia, è stato insignito del Premio Nobel per la Pace e tuttora mette a disposizione la sua attiva, grande forza di volontà, per il progresso dei popoli, specialmente quelli  cosidetti del “Terzo Mondo”.
 
I primi tempi di questo nuovo governo furono spesi per una delle più importanti ragioni: quella di evitare che i neri, fin lì diseredati ed oppressi, mettessero in atto le vendette, da troppo tempo covate, contro gli oppressori bianchi e razzisti. Ma, per di più, erano prevedibili anche vendette fra i neri stessi, fra le diverse etnie, e per questo motivo furono strettamente controllate le etnie Zulu, che si erano spesso distinte in azioni di rivalsa verso le altre tribù.

Questo governo di transizione ebbe le forze politiche distribuite equamente, e quindi potè lavorare con profitto. Per il mese di aprile del 1994 furono indette le elezioni. Tutto si svolse in modo evoluto e democratico. E ciò destò in tutto il mondo un senso di meraviglia, considerato che moltissimi anni erano trascorsi senza che il popolo potesse godere di qualche vantaggio, economico e culturale, schiacciato com’era dalla prepotente egemonia bianca. Al raggiungimento di questo risultato aveva contribuito, con la sua sagacia e la sua preparazione politica, Nelson Mandela, considerato da tutti il padre della patria, che ben conciliava nello stato le tradizioni del suo popolo con quelle desiderose di modernizzazione, proprie del tempo che correva.

Inoltre, Mandela aveva istituito una speciale Commissione, detta “per la verità e la riconciliazione”, che ebbe il compito, fra il 1995 ed il 1998, di preparare un elenco di tutte le persone che avevano ricevuto o fatto azioni criminose. I colpevoli di queste, se confessavano di avere eseguito ordini venuti dai politici e non perseguendo scopi personali, avrebbero potuto usufruire dell’amnistia.

Con questo si volevano raggiungere due scopi, soprattutto morali: il primo rassicurava gli oppressi che le loro penose vicissitudini non erano state dimenticate né annullate. Il secondo era quello che obbligava gli oppressori ad un profondo esame di coscienza, giusto per riconoscere i propri errori e, quindi, la condanna morale per tutte le proprie colpe.
Molti fra i principali esponenti dell’apartheid si rifiutarono di testimoniare; non vollero consegnarsi al giudizio del mondo, anche se la storia lo aveva già fatto per loro.

Comunque, il processo di convivenza civile e di democratizzazione andò avanti ed il Parlamento, nell’ottobre del 1996, approvò la nuova Costituzione che si rese operante dal 4 febbraio del 1997. Con essa venivano istituiti enti di governo e autonomie provinciali, con i quali man mano continuava a snodarsi il cammino verso la normalità.

Il potere legislativo fu affidato a due Camere: un’Assemblea Nazionale ed un  Consiglio Nazionale delle province.
Indi si studiò la situazione economica che negli ultimi anni specialmente si era rivelata piuttosto carente, sia  per il suo tasso zero di crescita, sia per le disuguaglianze sociali, molto pronunciate. Per quanto riguardava la mancata crescita, questa veniva attribuita a vari fattori, come la fuga di capitali nazionali all’estero e l’assenza nel paese di investimenti stranieri.

Tutto ciò dovuto, naturalmente, alla famigerata apartheid. Inoltre, anche il mercato interno era stato insufficiente, proprio per la mancanza di dialogo con la popolazione di colore, impedita ad intraprendere una qualsiasi attività. E proprio questa popolazione, ancora nel 1994, viveva in stato di assoluta indigenza. Nessuna istruzione, fruiva di casupole fatiscenti senza elettricità ed acqua potabile. E le terre assegnate per la coltivazione erano per la maggior parte improduttive.

Si cercò subito di correggere tutti gli errori dell’amministrazione passata, ma molte difficoltà si frapponevano fra i desideri del governo e la loro realizzazione. Anche per il fragile ordine pubblico esistente.

Nel 1997 si registrava nel paese uno dei tassi di criminalità più alti del mondo, specialmente per omicidi e traffico di droga. Certamente una delle eredità più nefande dell’apartheid era la totale mancanza di istruzione, di educazione e di professionalità fra il popolo nero, che per anni ed anni aveva avuto a che fare solo con l’appartenenza a gruppi militari e quindi facilitato ad impossessarsi di armi e munizioni.

Mandela si era reso ben conto della situazione e lavorò sempre per perseguire lo scopo della sua vita: quello di migliorare le condizioni del suo popolo in modo che potesse bene integrarsi nello stato, non più nemico, ed usufruire dei benefici derivanti, ma soprattutto riconoscere la necessità di rispettare le regole e l’ordine.

In campo internazionale, la Repubblica Sudafricana svolse una intensa attività diplomatica, divenendo in poco tempo uno dei partner privilegiati del mondo occidentale. Si inserì, fin dal 1994, nella Comunità per lo Sviluppo del Sudafrica e propose le sue mediazioni per dirimere le questioni nei paesi dell’Africa Australe, anche se nel 1998 intervenne, infelicemente, con le armi nel Lesotho.

Quando la stabilità politica sembrò ben avviata, Mandela dichiarò che non avrebbe presentato  un’altra candidatura per la Presidenza della Repubblica. Gli successe il vice-presidente T. Mbeki, uomo di specchiata probità, competente negli affari e fortemente convinto della “rinascita africana”.

Il 2 giugno 1999 le elezioni portarono, poi, alla vittoria il Congresso Nazionale Africano con una schiacciante maggioranza sul Nuovo Partito Nazionalista. Un buon successo fu ottenuto dal Partito Democratico, di tradizioni liberali. Il governo, dopo queste elezioni, risultò molto forte; per contro , l’opposizione era molto debole. Il 16 giugno del 1999 T. Mbeki fu eletto Presidente della Repubblica.