Storia
I primi cenni storici sulla Svezia ci sono pervenuti da scrittori romani che la definirono una “terra gelata, abitata da cacciatori di renne e di orsi”. Solo dal IX secolo dopo Cristo cominciarono a conoscersi gli uomini di quel paese poiché con le loro velocissime navi solcarono tutti i mari d’Europa in cerca di ricchezze. E mentre depredarono tutto ciò che trovarono negli altri territori, erano però sempre in guerra tra di loro nella loro terra. Così facendo si indebolirono al punto tale che in breve tempo caddero sotto il dominio straniero, che fu quello danese.
Nel XIV secolo la Svezia, senza un esercito ed in piena disorganizzazione,
poco a poco cominciò a reagire al crudele governo della Danimarca
e nel XVI secolo scoppiarono delle rivolte popolari, capeggiate dal
patriota Sten Sture. Questi, prima organizzò un esercito, poi decise
di affrontare le truppe danesi. Ma furono irrimediabilmente sconfitti e
dovettero sottostare ad una vera e propria carneficina, imposta dal re
di Danimarca Cristiano II. Egli, nel 1520, sulla piazza principale della
capitale Stoccolma, attorniato dai suoi soldati, dopo aver sconfitto l’approssimativo
esercito svedese, ordinò ai suoi soldati di decapitare tutto il
popolo presente, e quando i cittadini svedesi provarono ad insorgere egli
stesso con la sua spada completò l’impresa.
Naturalmente questo episodio fu la scintilla che fece capire
agli svedesi che dovevano unirsi in maniera compatta per combattere con
un risultato positivo l’invasore e riacquistare la propria libertà.
Un altro patriota riprese l’opera di ricreare un esercito, Gustavo Vasa, che nel 1523 affrontò di nuovo l’esercito danese e questa volta lo sconfisse. Gustavo Vasa fu per questo nominato re di Svezia.
Egli regnò per 37 anni mettendo in luce doti di politico e di amministratore non comuni. I suoi successori non furono grandi come lui; per trovarne un altro che potesse stare alla sua altezza si dovette arrivare al XVII secolo, allorchè salì al trono Gustavo Adolfo che vi rimase fino dal 1611 al 1632.
Fu proprio questo re che portò la Svezia al suo massimo splendore e ad una grandissima potenza, e con un esercito potente e ben organizzato.
Minacciate da tanta potenza e da tanto splendore, tre altre grandi potenze europee, la Russia, la Danimarca e la Polonia, pensando di imbarcarsi in una impresa da poco, dichiararono all’unisono guerra alla Svezia, ma dovettero fare i conti col re Carlo XII. Egli era salito al trono ancora molto giovane e quindi si dedicò per i primi anni ai divertimenti della caccia ed agli svaghi di corte. Non dava molto affidamento ai suoi ministri, cosicchè quando le tre potenze inviarono i loro ambasciatori per la dichiarazione di guerra, furono molto sorpresi nel constatare che sotto l’apparente frivolezza, il re possedeva un carattere di ferro, ma soprattutto impararono a conoscerlo quale amante della giustizia come pochi del suo tempo.
Il primo esercito ad invadere la Svezia fu quello danese che si spinse ad invadere le terre del ducato di Holstein. Carlo XII, alla testa di una flotta composta da 43 vascelli, partì da Stoccolma l’8 maggio 1700 ed andò ad assediare Copenaghen e con le sue truppe sbarcò in territorio danese spiazzando così i suoi nemici. Allorchè il re di Danimarca conobbe le richieste del re di Svezia, e cioè la restituzione del ducato di Holstein soltanto, fu ben felice di cavarsela con così poco ed infatti, avvenuta l’evacuazione della terra svedese, non ebbe a temere più nulla.
Poi Carlo XII si diresse alla volta della Polonia ed anche qui in poco tempo debellò il nemico e lo ridusse al silenzio. Ma con la Russia le cose andarono diversamente. Egli si addentrò molto in territorio russo e subì una tattica particolare da quell’esercito;non fu mai attaccatto intanto che la sua marcia all’interno fu continua, e poi arrivò il duro inverno russo che decimò l’esercito prima ancora delle armi; freddo e fame furono i principali vincitori su un esercito che pure, così ben organizzato e ben comandato dal re, combattè con tanto ardore. A Poltava, in pieno inverno, si ebbe una sfortunata battaglia ed il re fu costretto a fuggire per non cadere prigioniero. Riparò in Moldavia, in territorio ottomano, mentre lo zar Pietro il Grande andò a conquistarsi una fascia costiera sul golfo di Finlandia.
Tornato in patria, Carlo XII si trovò impegnato in una guerra contro la Norvegia: pensò di poter chiudere l’impresa in poco tempo ma proprio all’inizio dell’impresa, una sera mentre stava visitando i suoi soldati in una trincea fu colpito da una palla di cannone nemica, proprio alla testa, e morì, a soli 36 anni.
Da allora la Svezia non fu più oggetto di guerre con nemici esterni,
ma ebbe tante lotte intestine che il popolo sostenne perché desideroso
di trasformare la monarchia assoluta in monarchia costituzionale: e ciò
avvenne nella seconda metà del XVIII secolo.
Nel 1818 Carlo XIII di Svezia morì senza lasciare eredi. Gli
svedesi vollero nominare loro re Giovanni Battista Bernadotte, uno dei
più abili ufficiali dell’esercito napoleonico. Egli governò
con molta saggezza, si preoccupò essenzialmente del benessere economico
del paese ed altrettanto fecero tutti i suoi successori. La Svezia riuscì
a mantenersi neutrale sia nella prima che nella seconda guerra mondiale
e ciò contribuì non poco a fare della Svezia uno degli stati
più ricchi e progrediti del mondo.
Ad affiancare la monarchia costituzionale si ebbe un Parlamento bicamerale molto attivo. Negli anni trenta il governo, formato da socialdemocratici, conobbe una crisi mentre si discuteva sulle pensioni di vecchiaia. Si ravvisava l’opportunità di aumentarle in quelle località dove il costo della vita era maggiore. Ma siccome sia la prima che la seconda Camera emisero parere negativo, il Ministero Hansson rassegnò le dimissioni il 14 giugno 1936. Cinque giorni dopo lo sostituì A. Pehrsson, ma nel settembre ci furono le elezioni e con la vittoria netta dei socialdemocratici P. A. Hansson tornò al potere.
In politica estera la Svezia mantenne sempre strettissimi rapporti con gli stati del nord. Pur neutrale, aderì alla organizzazione ed al rafforzamento continuo degli elementi necessari alla sua difesa nazionale. E sempre per essere coerente, quando nel 1939 la Germania propose un patto di non aggressione, la Svezia si rifiutò di firmarlo. Poi però si giunse ad una diatriba diplomatica con l’Unione Sovietica quando questa interpellò la Finlandia per la soluzione di alcuni problemi tra loro esistenti. L’allora ministro degli esteri svedese, Sandler, contattò la rappresentante sovietica a Stoccolma, la signora Kollontay, perché riferisse al suo governo che per l’equilibrio di tutta la zona del Nord Europa, la Finlandia non poteva subire variazioni politiche e territoriali.
Il 30 novembre 1939 scoppiò la guerra fra l’Unione Sovietica e la Finlandia e questa potè contare sull’aiuto della Svezia, tramite un ministero di coalizione istituito dal premier Hansson. Ciò provocò una nota diplomatica da parte sovietica perché la Svezia, in quanto neutrale, non doveva intervenire con concessioni di alcun genere. La replica svedese, attraverso il nuovo ministro degli esteri, Gunther, arrivò con l’affermazione che aiuti privati venivano concessi alla Finlandia, e non di Stato, e come tali non soggetti al divieto. E quando si trattò di far transitare sul suolo svedese un corpo di spedizione anglo-francese in soccorso della Finlandia, la Svezia negò il permesso. Ma non potè stringere nemmeno una alleanza difensiva con la Norvegia e la Danimarca, sempre per l’opposizione sovietica. E quando il 9 aprile 1940 la Germania si dispose ad invadere la Danimarca, fu chiesto alla Svezia di osservare la più stretta neutralità e di non intervenire.
Però, poi, la Germania ottenne il permesso di transito del materiale bellico, in quanto la Svezia, viste le fortune tedesche nella guerra, non volle essere sottomessa per forza, come era già successo in altre parti d’Europa. Questo atteggiamento di favore cambiò allorchè l’Unione Sovietica scese in campo contro la Germania, poiché iniziò il vero declino di Hitler.
A guerra finita, il premier Hansson presentò al re le dimissioni del governo di coalizione e poi formò un gabinetto socialdemocratico.
Nell’ottobre 1946 Hansson morì ed il governo passò nelle mani di Tage Erlander. Nel novembre successivo la Svezia entrò a far parte delle Nazioni Unite. A luglio del 1947 aderì al Piano Marshall ma con l’intesa che il paese non doveva necessariamente sentirsi legato al blocco occidentale, anche per la politica.
Il 19 settembre 1948 le nuove elezioni politiche, pur registrando un forte aumento dei liberali, continuarono a dare la maggioranza di governo ai socialdemocratici, già in carica da 16 anni. E fra la fine del 1948 e l’inizio del 1949 si tennero varie riunioni per stabilire definitivamente un patto per la difesa scandinava fra Svezia, Danimarca e Norvegia.
Nella stretta osservanza della sua neutralità, la Svezia non aderì al Patto Atlantico ed anche nel 1951, in una riunione alle Nazioni Unite, che comprendeva una mozione di condanna verso la Cina che aveva aggredito la Corea, il rappresentante svedese si astenne dalla votazione.
Nel 1952, con la costituzione di un Consiglio Nordico, il paese si adoperò sempre per una politica di distensione fra i due blocchi.
L’anno precedente il partito socialdemocratico al governo propose la coalizione col partito agrario, e questo stato di cose fu confermato con le elezioni del 21 ottobre 1952 e poi ancora con quelle del 16 settembre 1956.
Ma ancora uno scontro sul tema delle pensioni, che si richiedevano obbligatorie per i lavoratori con oltre 67 anni di età,provocò la crisi della coalizione con la Lega Agraria, e si tornò al monocolore socialdemocratico.
Il 1° giugno 1958 ci furono le nuove elezioni; i socialdemocratici ebbero di nuovo la maggioranza ed il capitolo pensioni si chiuse positivamente nel maggio 1959. Anche l’anno dopo, il 18 settembre 1960, i socialdemocratici ottennero la maggioranza nel governo e premier fu confermato Tage Erlander.
La stabilità del governo fu essenziale per il buon andamento non solo dell’economia svedese. Si notò però anche un aumento considerevole di adepti al partito comunista, anche se nel 1968 si condannò ufficialmente l’aggressione dell’Unione Sovietica alla Cecoslovacchia. E, comunque, il socialdemocratico Erlander rimase in carica fino al 1969, quando fu sostituito da O. Palme, a sinistra rispetto al suo predecessore.
Con la collocazione più a sinistra del suo governo, Palme
propose subito un livellamento economico fra le classi sociali; questa
proposta non fu accolta favorevolmente, come era naturale, dagli
operai qualificati, dagli imprenditori e dai conservatori. I tre partiti
non socialisti del paese si opposero preparando un altro programma economico
nel 1971. E nel 1973, con le nuove elezioni, i socialdemocratici risultarono
piuttosto indeboliti e, tuttavia, non fu possibile una coalizione, cosidetta
“borghese”.
Palme però fu costretto a riportare il governo su una posizione
centrista, anche per la pressione esercitata da Falldin, capo del centro
che, con l’avanzata dei liberali, aveva potuto rioccupare un posto
di maggiore preminenza nello stato.
Si andò elaborando intanto una nuova Costituzione, comprendente varie riforme, fra cui quella elettorale, il passaggio al monocameralismo, la eliminazione dei poteri politici alla monarchia, la riduzione della legislatura a tre anni, la preminenza del premier, l’introduzione del voto di sfiducia e la possibilità di scioglimento del Parlamento. La nuova Costituzione entrò in vigore il 1° dicembre 1979.
Intanto le elezioni del 1976 avevano portato al cambio di governo. Esso non fu più socialdemocratico ma di coalizione fra i partiti di centro, non socialisti. Premier divenne Falldin. Il programma economico che si andò sviluppando riportò alla tradizionale situazione delle aziende private. Temi principali furono quelli dell’energia nucleare, risparmio delle risorse, sfruttamento dell’energia solare, economia sociale di mercato. E sullo scoglio dell’energia nucleare la coalizione si sciolse. Falldin cadde ed al governo pervenne O. Ullsten, leader dei liberali, con l’appoggio esterno dei socialisti.
Ma le elezioni del 1979 riportarono premier Falldin con un governo di coalizione fra liberali, centristi e moderati. L’anno dopo fu indetto un referendum per il mantenimento e la eventuale moderata espansione delle centrali nucleari. Il popolo fu favorevole a questo ultimo provvedimento. Poi le tre linee di governo si occuparono di stabilire un piano economico deflazionistico ed in grado di risanare una situazione resasi sempre più precaria. Fu approvato un netto taglio alla spesa pubblica, al “sociale Welfare”, e la riduzione all’indebitamento estero. I contrasti furono molti e nel maggio 1981 i liberali lasciarono il governo, assicurando però il loro appoggio esterno al gabinetto sempre guidato da Falldin.
Ma la crisi non accennò a diminuire e con le elezioni Politiche del 1982 i socialdemocratici tornarono al potere con Palme. Questi adottò varie misure di miglioramento che, infatti, già nel 1983 risultò evidente.
In questo periodo, sul piano della politica estera, la Svezia fu molto attiva in tutte le iniziative di pace e di riduzione degli armamenti. Nelle elezioni politiche del 1985 il governo fu confermato ma il 28 febbraio 1986 Palme fu assassinato, e non si potè mai chiarire il motivo.
Primo Ministro fu nominato I. Carlsson, che continuò la sua politica. Ed ecco intervenire il disastro della centrale nucleare di Cernobyl. Molte zone della Svezia furono interessate e devastate e, nonostante che il 43% dell’elettricità svedese provenisse da centrali nucleari, il governo si impegnò formalmente a chiudere tutte quelle esistenti nel paese, entro l’anno 2010.
Nel 1988, oltre che alle diatribe con l’Unione Sovietica, che non aveva rispettato in più occasioni le acque territoriali svedesi, si ebbero le elezioni che confermarono il governo di Carlsson, ma con una perdita di tre seggi, da parte socialdemocratica, e l’ingresso dei Verdi per la prima volta in Parlamento.
Ma quelle del 1991 decretarono un netto calo dei socialdemocratici ed i Verdi non raggiunsero il minimo indispensabile per rimanere; chi avanzò e formò il governo di coalizione furono i centristi, i liberali ed i cristiano-democratici, con l’appoggio esterno di Nuova Democrazia, partito di estrema destra, nato in quello stesso anno. Premier fu il moderato C. Bildt.
La coalizione cercò di applicare delle misure drastiche per risanare l’economia, ma la cosa non funzionò e la Svezia conobbe il flagello della disoccupazione, fino ad allora talmente contenuta da non suscitare mai alcuna preoccupazione.
Invece il tasso di inflazione aumentò, la corona fu severamente svalutata ed inoltre Nuova Democrazia registrò una crisi così profonda da costringerla a ritirare il suo appoggio al governo. E con questo panorama il risultato delle elezioni politiche del 18 settembre del 1994 non potè che essere favorevole al ritorno in Parlamento dei socialdemocratici e dei Verdi. La novità più significativa fu la massiccia crescita del numero di donne elette, tanto è vero che la maggior parte dei ministri del rinnovato governo Carlsson uscì dalle file femminili.
Un altro avvenimento importante nel corso di questa legislatura
fu il referendum del 13 novembre del 1994 con cui si approvò l’adesione
della Svezia all’Unione Europea, cosa che si formalizzò il
1° gennaio 1995.
Carlsson, però, nell’agosto del 1995 dichiarò ufficialmente
che allo scadere del 1996 avrebbe lasciato sia l’incarico di leader del
Partito Socialdemocratico sia quello di premier.
Chi lo sostituì in ambedue i casi fu G. Persson, ex Ministro delle Finanze, che come prima cosa si assunse l’impegno di portare la Svezia in seno all’Unione Economica e Monetaria Europea entro il 1999. Ma questo comportava prima un sollecito risanamento dell’economia nazionale e per fare ciò fu necessario applicare delle misure di austerità, con tagli alla spesa pubblica, con grave detrimento per quello stato sociale che fin lì era stato il modello da emulare per molti altri paesi.
Inoltre, non tutti i ceti sociali erano europeisti, anzi, si ebbero delle percentuali bassissime di consensi alle elezioni europee del settembre 1995, tanto che la Svezia dovette rivedere i suoi programmi e fu annunciato che non avrebbe partecipato alla prima fase dell’Unione Monetaria Europea, come invece era previsto.
Un altro punto del programma di governo, quello dello smantellamento delle 12 centrali nucleari installate nel paese, con riconversione a centrali di energia alternativa, dovette essere rivisto, dati i costi altissimi che queste operazioni richiedevano. Così fu deciso di smantellare, entro il 2001, i 2 reattori della centrale di Barseback.
Ma questa decisione fu rimandata ancora perché imprenditori e sindacati non furono per nulla d’accordo per la chiusura di impianti perfettamente funzionanti e per la rinuncia all’energia nucleare. Intanto la politica economica di austerità non aveva sortito esiti positivi e la disoccupazione era aumentata. Cosicché alle legislative del settembre 1998, il partito di Persson perse moltissimi seggi, ma egli potè ugualmente formare un nuovo governo, che fu di coalizione con i Verdi ed il Partito della Sinistra, il quale invece aveva ottenuto un sorprendente successo. E ad un tratto la Svezia si trovò a fare i conti con delle rivelazioni quanto mai agghiaccianti, fatte dal quotidiano liberale “Dagens Nyheter”, e che riguardavano alcune azioni criminali relative al passato del paese.
Così si seppe che alcune banche, tra il 1941 ed il 1944, avevano comprato grandi quantità di oro proveniente da saccheggi nazisti; che il paese aveva contribuito a rendere subito individuabili gli ebrei mediante l’apposizione di una “J” sui passaporti; che dal 1935, e per oltre 40 anni, era stata applicata la sterilizzazione obbligatoria a circa 60.000 persone ritenute fisicamente o mentalmente inferiori. Ed inoltre, anche nel corso degli anni 80 e 90, non erano state prese misure adeguate per combattere e debellare i rigurgiti nazisti che spesso si verificavano.
Tutto questo colpì violentemente le coscienze dei benpensanti che chiesero di istituire una Commissione d’inchiesta per appurare la veridicità di tutte queste nefandezze.
Il governo svedese si assunse tutte le responsabilità, piuttosto
che respingerle, e nel 1997 incluse fra le materie scolastiche lo studio
del fenomeno filonazista, naturalmente con fini educativi, consegnando
ai posteri l’onere di un definitivo giudizio.
Per la politica interna, nel settembre del 1999 il governo ridusse
le tasse, aumentò le finanze per la sanità, l’istruzione
ed i servizi sociali e continuò poi il suo alacre lavoro per ridurre
il bilancio statale militare.