Storia
La Svizzera di oggi, o Confederazione Elvetica, è senza dubbio uno dei paesi più tranquilli del mondo ma la stessa cosa non fu nei tempi precedenti, poiché infatti ebbe a che fare con lotte, guerre, stragi e vicende drammatiche di ogni tipo.
Le cause di tutto ciò furono essenzialmente tre:
- la posizione di centro fra tutte le potenze europee che nel Medio
Evo la trascinarono spesso nelle loro vicende;
- la sua suddivisione in “cantoni”, cioè piccoli staterelli,
abitati da genti diverse per ceppo e per religione;
- la Riforma Protestante che divise la Svizzera in due parti, come
del resto in tutte le altre regioni del mondo.
Ma già dal 58 al 50 avanti Cristo la Svizzera ebbe a che fare con guerre ed invasioni da parte dei romani di Cesare che occuparono l’Europa occidentale. Cesare assoggettò le tribù celtiche degli Elvezi, dai quali il territorio prese il nome di Elvezia, e questa divenne una provincia romana. Tale rimase per due secoli. Poi, dopo l’occupazione romana che però portò anche dei vantaggi, arrivarono le invasioni dei Burgundi e degli Alamanni che seminarono ovunque distruzione. E questo durò fino al 536 allorchè la Svizzera fu conquistata dai Franchi e fino al 770 fece parte dell’impero di Carlo Magno. In questo periodo tornò la prosperità in Svizzera; si ebbero le prime concessioni feudali ed iniziò la diffusione del cristianesimo.
Alla morte di Carlo Magno, avvenuta nell’814, i signorotti locali, ciascuno a capo di un feudo, vennero a lotte fra loro e le città di loro proprietà divennero libere ed autonome: fra queste Berna che poi diventò la capitale dello stato.
Dopo diverse lotte intestine molti signorotti scomparvero dalla scena finchè, alla fine del XIII secolo solo due famiglie rimasero a contendersi la supremazia. Esse furono gli Asburgo, austriaci, ed i Savoia, italiani. Ed alla fine gli Asburgo ebbero la meglio.
A quel punto le comunità rimaste libere cominciarono a preoccuparsi, specialmente i tre cantoni di Uri, Schwyz ed Unterwalden, posti intorno al Lago dei Quattro Cantoni. Questi tre cantoni, con l’intento di difendersi a vicenda contro eventuali attacchi nemici, formarono una confederazione il 1° agosto 1291 stringendo il patto, passato alla storia come il “Patto dei Rutli”. E siccome questo patto fu considerato come la prima pietra della futura Confederazione, il 1°agosto è tuttora considerato festa nazionale. Ed in seguito a questo patto tutti i popoli elvetici si unirono fra loro e cominciarono a combattere contro gli austriaci con il chiaro intendimento di riprendersi la loro indipendenza. E’ di quel periodo la famosa leggenda dell’arciere Guglielmo Tell, che per essersi ribellato al governatore del cantone di Uri, fu costretto da questi a colpire con l’arco una mela posta sulla testa del figlio.
Subito dopo la firma del patto dei Rutli iniziò un’aspra guerra fra i contadini ed i montanari svizzeri contro gli austriaci che, nella battaglia di Morgarten del 15 novembre 1315, furono massacrati e costretti a lasciare libero il paese.
In seguito a questo avvenimento, dal 1332 al 1353 ai tre cantoni iniziali se ne aggiunsero altri 5: Lucerna, Zurigo, Glarus, Zug e Berna. Tutti gli eserciti furono riuniti e quando gli austriaci tornarono alla carica furono di nuovo sconfitti in due occasioni, nella battaglia di Sempach del 1386 e quella di Glarus nel 1388. Dopo queste vittorie, gli industriosissimi cittadini elvetici si rimboccarono le maniche ed in breve tempo poterono nuovamente contare su una grande prosperità.
Si arrivò così al 1476 quando l’ambizioso duca di Borgogna, Carlo il Temerario, volendo costruire un regno che andasse dalla Manica all’Italia, cercò di occupare la Svizzera. Ancora una volta gli elvetici sconfissero gli eserciti nemici nella battaglia di Berna e poi in quella di Nancy ed addirittura uccisero il duca.
Dopo ancora alcuni anni, entrarono altri 5 cantoni a rafforzare la Confederazione e la Svizzera divenne uno stato molto potente e rispettato. Non solo, divenne pure aggressivo. Infatti nel 1512 un potente esercito scese in Italia, conquistò Novara e Milano. In quest’ultima insediarono Massimiliano Sforza e poi si spinsero fino a Genova.
Giunta al massimo della sua potenza, la Confederazione Elvetica, però, conobbe una battuta d’arresto perché il 13 e 14 settembre 1515 a Melegnano, vicino Milano, fu sconfitta dalle truppe francesi di Francesco I, oltretutto munite di artiglieria.
Nei primi anni del XVI secolo un avvenimento concorse a dividere in due la Confederazione: la Riforma Protestante. Nel 1519 cominciò a diffondere il Protestantesimo Ulrico Zwingli e dopo di lui Giovanni Calvino. Un odio feroce divise i cantoni rimasti cattolici da quelli diventati protestanti, finchè si giunse alla guerra civile: era il 1529. Questa situazione si protrasse per circa due secoli, finchè le popolazioni finalmente compresero che ciascun cantone poteva professare la religione che voleva senza peraltro obbligare gli altri a rinunciare alla loro. E così, ritornata la calma, ritornò pure il lavoro e con esso la ricchezza.
Ed ecco arrivare sulla scena storica dell’Europa un personaggio importante: Napoleone Bonaparte. Egli si convinse che per la Francia sarebbe stato di grandissima utilità conquistare la Confederazione ed il 28 gennaio 1798 inviò un esercito; completata l’occupazione egli proclamò la Repubblica Elvetica, soggetta alla Francia. Poi concesse una nuova Costituzione che, comunque, assicurò alla Svizzera almeno un decennio di tranquillità.
Dopo la caduta di Napoleone, i Cantoni divennero 22 e tali rimasero per sempre. Se ne potrebbero considerare 25 in quanto tre di essi comprendono pure due staterelli.
Nel 1815 a Zurigo fu steso un “Patto federale” che ridiede alla Svizzera la forma di una confederazione di stati sovrani, indipendente e neutrale.
Nel 1848 fu promulgata una nuova Costituzione per cui la Confederazione di Stati divenne uno Stato Federale con capitale Berna. Nel 1874 e nel 1891 vennero apportate alcune modifiche alla Costituzione.
Durante tutte e due le guerre mondiali la Svizzera mantenne sempre la sua neutralità e si adoperò costantemente per accogliere ed assistere migliaia di perseguitati, feriti, prigionieri e dispersi, tutti sotto l’egida della Croce Rossa, simbolo di libertà e di civiltà e di rispetto per i diritti dell’uomo, di istituzione elvetica.
Comunque, nel 1938, ribadì ancora la sua neutralità e tutti gli stati si dichiararono pronti a rispettarla. Nonostante ciò, la Svizzera portò a compimento alcune opere di fortificazione in modo che alle prime avvisaglie di pericolo potesse attestare il suo esercito, già pronto ed addestrato, in un punto dove fosse più agevole difendere il proprio territorio.
Nel corso della seconda guerra mondiale qualche pericolo, da parte tedesca, lo corse. Però continuò a svolgere il suo ruolo di protettrice dei rifugiati e degli interessi dei cittadini di vari paesi. Un altro compito importante fu quello che svolse la Croce Rossa per l’inoltro della corrispondenza delle famiglie ai prigionieri di guerra e viceversa.
Molti italiani si rifugiarono in Svizzera e lì poterono anche usufruire di corsi di istruzione universitaria, impartiti da personalità esimie della cultura italiana, colà residenti, come Luigi Einaudi e G. Colonnetti. A guerra conclusa si occupò dell’infanzia con una grande opera di assistenza che passò alla storia col nome di “Dono Svizzero”.
Sul piano della politica estera, il 29 marzo 1944 la Svizzera cercò di ripristinare le relazioni diplomatiche con l’Unione Sovietica, interrotte dopo la rivoluzione del 1917. L’Unione Sovietica respinse la richiesta accusando la Svizzera di aver applicato per anni azioni ostili verso di essa. Ciò provocò le dimissioni del capo del dipartimento politico elvetico, M. Pilet-Golaz, nel novembre 1944, sostituito nel successivo gennaio 1945 da Max Petitpierre.
Però il 18 marzo 1946 le relazioni furono ripristinate e questo fu anche il primo passo utile per la Svizzera per il suo futuro ingresso alle Nazioni Unite, alla FAO, alla Corte Internazionale di Giustizia e nel 1947 al Piano Marshall.
Però il concetto di neutralità così stretta cominciò ad essere riconsiderato dalla Svizzera in quanto, come affermò Petitpierre in un discorso a Sion del 1° agosto 1959, non si poteva rimanere così tanto isolati dagli altri paesi se si voleva seguire il corso della storia vivendola ed usando le nuove forze venute alla ribalta nel campo della scienza, della tecnica, della cultura e quant’altro. Quindi neutralità si, ma anche partecipazione attiva ai problemi mondiali, specialmente con la nascita della Comunità Economica Europea e la creazione della zona di libero scambio.
Inoltre, anche i principali organi di stampa si dimostrarono favorevoli ad una più ampia partecipazione della Svizzera ai problemi dell’occidente.
Sebbene stato operoso e tranquillo, anche la Svizzera dovette affrontare, negli anni 50,qualche difficile situazione all’interno del paese. Infatti, proprio nel 1950, nel paese francofono del Giura, compreso nel cantone di Berna, si ebbe un movimento separatista che, però, fu sistemato con la concessione di alcune modifiche, come ad esempio il riconoscimento del francese quale seconda lingua ufficiale nel cantone di Berna. Poi, nel 1953 i socialdemocratici si ritirarono dal governo creando una crisi, che si ricompose in occasione delle elezioni del 1955 e del 1959. I socialdemocratici che in precedenza avevano il maggior numero di seggi, nelle elezioni del 1959 dovettero dividere il primo posto con i radicali.
Due referendum furono effettuati: uno nel 1958, andato in porto, per la riduzione dell’orario di lavoro da 48 a 44 ore settimanali; ed uno nel 1959, fallito, per ,l'estensione del voto alle donne (che negli anni seguenti si ottenne).
Nello stesso anno 1959 tornò a preoccupare l’attività separatista del Giura, decisa ad ottenere l’indipendenza dal cantone di Berna, dal quale si sentiva lontano per lingua e tradizioni. Ma non ultimo fu sicuramente il motivo religioso ad allontanare i due diversi gruppi etnici del nord e del sud, in quanto cattolici i primi e protestanti i secondi. Queste aspirazioni trovarono finalmente accoglimento fra il 1978 ed il 1979, quando il Giura divenne il 23° Cantone Elvetico, con l’assegnazione del solo settore nord.
Negli anni 60 e 70 la Confederazione dovette affrontare tre grandi dibattiti per la conclusione dei quali fu necessario ricorrere al sistema dei referendum. Essi furono svolti per promuovere le iniziative anti-atomiche, per interdire l’esportazione e la vendita di armi e la riduzione dei lavoratori stranieri. E nonostante la nascita di piccole organizzazioni di sinistra ed un movimento xenofobo di estrema destra, la Confederazione non vide mai veramente vacillare la sua tranquillità ed il suo equilibrio. Sebbene qualche turbolenza sia stata portata dalle nuove forze politiche giovanili, con ideologie più complesse.
Un problema in continua crescita si potè identificare soprattutto nell’aumento della popolazione di una certa età e nella diminuzione invece di quella economicamente attiva; problema, d’altronde, comune in tutti i paesi del mondo.
Negli ultimi due decenni certamente la Confederazione seppe dimostrare una vivacità politica quanto mai insospettata, con la preparazione di svariati referendum, positivi e negativi, come ad esempio per l’aborto, l’ecologia, l’immigrazione, l’asilo politico, la posizione degli stranieri, l’abolizione delle forze armate, la posizione della Svizzera nell’Europa e nel mondo, la protezione delle valli alpine contro il traffico in transito.
Ma sicuramente, al di là del grande calo dei votanti, data l’inflazione del mezzo, uno dei referendum più importanti ed impegnativi fu quello del 16 marzo 1986 relativo alla adesione alle Nazioni Unite, peraltro bocciata a stragrande maggioranza dagli elettori.
Una svolta veramente decisiva ed importante nella politica elvetica si ebbe nel 1989 quando in seno alla Comunità Economica Europea, presidente J. Delors, il rappresentante elvetivo F. Blankart discusse dell’accettazione da parte della Svizzera della dinamica economica e giuridica della integrazione comunitaria. Ed il 18 maggio 1992, con una ristrettissima maggioranza di voti, si inoltrò la richiesta di adesione alla Comunità stessa.
Un referendum , totalmente negativo, si ebbe nel 1994 sulla partecipazione
della Confederazione Elvetica alle missioni di pace delle Nazioni
Unite.
E queste posizioni antieuropeiste furono premiate nelle elezioni legislative
dell’ottobre del 1995 perché ebbero la maggioranza dei consensi
con la conquista di 162 seggi su 200. Le formazioni politiche che più
beneficiarono di ciò furono l’Unione Democratica di Centro ed il
Partito Socialista.
Anche l’argomento immigrazione fu dibattuto fino alla conclusione che il Parlamento raggiunse nel marzo del 1994. Fu deciso infatti che durissime repressioni sarebbero state applicate con i clandestini e rifugiati, essenzialmente per impedire il dilagare del traffico di droga. Per questo fu approvata una legge severissima contro i reati di clandestinità e narcotraffico.
Alla fine del 1995 sorsero all’attenzione popolare due questioni che dovettero essere studiate e risolte. La prima riguardava i conti degli ebrei, giacenti nelle banche svizzere fin dall’inizio della seconda guerra mondiale e mai restituiti. Nel maggio 1996 fu nominata una Commissione con l’incarico di rintracciare i superstiti per poterli risarcire. E poiché questi lavori procedevano con esasperante lentezza, le associazioni ebraiche sollevarono vibranti proteste contro gli atteggiamenti ostili elvetici, persino dell’allora presidente della Confederazione per il 1996, J. P. Delamuraz. Il risultato di questa diatriba fu che alla fine del 1997 iniziarono i primi rimborsi.
La seconda questione riguardava invece, analogamente a quanto era già accaduto in Svezia, altro stato neutrale, e cioè l’accaparramento da parte delle banche, in tempo di guerra, dell’oro proveniente dai saccheggi operati dai nazisti. E questo aggravato dal fatto che anche la Svizzera aveva favorito il riconoscimento degli ebrei, da parte dei nazisti, apponendo particolari contrassegni sui loro documenti. Anche la Svizzera riconobbe le sue responsabilità e per fare ammenda nel 1997 istituì dei fondi di solidarietà, non solo in favore delle vittime dell’olocausto ma anche delle vittime di ogni calamità naturale. Questo suscitò le proteste delle associazioni ebraiche che rivendicavano questo diritto esclusivamente per se stesse.
Poi, in ossequio alla recente conquista del mondo femminile di accedere
alle cariche governative, la Presidenza della Confederazione per
il 1999 fu affidata alla signora Ruth Dreifuss, prima donna ed ebrea, membro
del Partito Socialista.