Storia
Gli esploratori inglesi J. H. Speke e J. A. Grant, mentre compivano un viaggio alla scoperta delle sorgenti del Nilo, entrarono in Uganda la prima volta nel 1862. Subito poterono rilevare il buon grado di civiltà degli indigeni e la buona predisposizione verso gli europei da parte del loro re M’Tesa, figlio di Suna, primo re dell’Uganda.
Secondo le notizie raccolte da Speke, questo regno si compose dopo che alcune tribù , abitanti sulle rive del Lago Vittoria, si erano ribellate contro il re della zona di Unioro, che li teneva in schiavitù. Questi ribelli furono guidati da un ardito cacciatore di nome Ganda, che da essi fu proclamato re e poi diede il nome al territorio. Da Ganda ebbe poi inizio la dinastìa di M’Tasa.
Questo re, divenuto famoso per le sue doti eccezionali, stabilì una buona amicizia con l’allora governatore generale del Sudan orientale, Carlo Giorgio Gordon, il quale inviò in missione sul posto nel 1874 il colonnello C. Chaillè Long e l’anno dopo E. Linant de Bellefonds. Essi si incontrarono con l’esploratore americano Stanley che stava effettuando la traversata di tutto il continente nero. Quest’ultimo si occupò di inviare, attraverso la “Church Missionary Society" alcuni missionari anglicani. L’anno dopo arrivarono anche i missionari cattolici francesi dell’Ordine dei Padri Bianchi.
Il re M’Tesa fornì tutta l’assistenza possibile ai religiosi e molta sua popolazione, specialmente quella dei livelli più elevati, abbracciò il cristianesimo. Nacque però tra le due chiese una rivalità che mal celava quella politica, ed inoltre cominciò a diffondersi l’islamismo. Cosicchè alla morte di re M’Tesa venne completamente cambiato l’atteggiamento verso gli europei da parte del figlio Muanga, suo successore.
Questi iniziò delle vere e proprie persecuzioni anticristiane e proibì a tutti i missionari di lasciare il paese in modo da non sottrarsi al loro triste destino. Infatti, oltre un centinaio di cattolici furono uccisi e di questi 22, accertato il loro martirio, vennero pure beatificati (nel giugno del 1920). Un gruppo di paggi del re, giovanissimi, vennero addirittura arsi vivi. Ne nacque una sollevazione di popolo; Muanga fu costretto a fuggire ed andò a rifugiarsi presso alcuni missionari francesi di Ukumbi e lì si fece cattolico. Intanto il fratello di Muanga, Kiueva, si era insediato sul trono scatenando lotte accanite contro i seguaci del fratello che, con l’aiuto di un ex missionario irlandese, Stokes, riuscì a recuperare il trono nel 1889. Lotte e contrasti fra le varie confraternite continuarono finchè nel febbraio 1890 il tedesco, dottor Carlo Peters, inviato dal suo governo per la sistemazione coloniale della Germania, riuscì ad ottenere da Muanga l’autorizzazione a proclamare l’Uganda protettorato tedesco. E ciò pose fine a tutte le divergenze ancora in atto. A quel punto intervenne l’Inghilterra che da tempo mirava a dividere in due l’Africa per poterne governare la parte compresa fra il Cairo ed il Capo. Questo fece, e con un trattato firmato con la Germania il 1° luglio 1890, l’Uganda fu compresa nella sfera territoriale sotto l’influenza britannica. Nel 1894 fu infatti proclamato ufficialmente il protettorato.
Muanga, in tutto questo, mantenne un contegno ostile alla Gran Bretagna, e perché l’Uganda avesse finalmente un assetto ed una pace stabili, la Gran Bretagna dovette inviare sir Harry Johnston, uomo di grande esperienza e di vastissima cultura coloniale.
L’Uganda continuò comunque ad ospitare spedizioni esplorative ed un grande contributo fu dato pure dalla spedizione italiana del Duca degli Abruzzi al Ruvenzori, nell’estate del 1906.
Si sviluppò presto una economia agricola e zootecnica mentre le risorse del sottosuolo furono importanti solo per la produzione dello stagno.
Nel 1920 furono istituiti nel protettorato due Consigli: uno esecutivo e l’altro legislativo. Il primo fu costituito dal governatore e da 12 membri, di cui 11 ministri; il secondo da 62 membri di cui 34 africani. Importante per l’Uganda fu l’unione doganale con il Kenia ed il Sudan del 1922.
Nel marzo 1961 si ebbero le prime elezioni e nel settembre-ottobre dello stesso anno, una Conferenza Costituzionale tenutasi a Londra, stabilì che l’Uganda sarebbe divenuta stato indipendente nell’ottobre 1962.
Nel marzo 1962 il protettorato ottenne intanto l’autogoverno; nell’aprile l’Uganda People’s Congress, guidato da Milton Obote, prevalse sul Partito Kabaka Yekk, capeggiato da Mutesa II, re del Buganda.
Il 9 ottobre 1962 si proclamò l’indipendenza dell’Uganda e premier fu Obote. Il 9 ottobre 1963 fu proclamata la Repubblica con presidente re Mutesa II.
Questo dualismo provocò varie opposizioni ed un precario equilibrio politico, finchè Obote, forte del consenso dell’esercito, nel febbraio 1966 sospese la Costituzione, depose Mutasa II e nello stesso aprile varò un’altra Costituzione che dichiarava l’Uganda stato unitario a regime presidenziale (Obote presidente).
Mutesa ed altri organi costituzionali reagirono e nel 1967 fu varata una legge restrittiva delle libertà individuali. Nel novembre 1969 Mutesa II morì a Londra per cause sospette e ciò aumentò l’opposizione a Obote, che in dicembre sfuggì ad un colpo di stato militare, messo a segno dal maggiore Idi Amin Dada, che nel febbraio fu eletto presidente della repubblica.
Tra il 1971 ed il 1972 furono emanati diversi decreti con i quali furono proibite le attività politiche, sospesi i diritti costituzionali e le libertà personali; furono conferiti all’esercito poteri illimitati ed elargite al tribunale militare le competenze per tutti i reati.
Venne impiantata insomma una strettissima dittatura da Amin, che in più parti del mondo fu ritenuto malato di mente, in quanto autore di fatti inconcepibili. E tutto il prestigio goduto dall’Uganda in campo internazionale ad opera di Obote fu completamente cancellato.
Nel 1972 per ingraziarsi gli arabi, ruppe i rapporti fino ad allora ottimi con Israele; espulse tutti gli asiatici con passaporto britannico, guastando pure così le relazioni con la Gran Bretagna. Negli anni 1974/75 si trovò in contrasto col Kenia, il Sudan e la Tanzania. Con quest’ultima, le gravi ostilità, peggiorate nel 1979, caddero allorchè il regime di Amin che, sebbene aiutato dalla Libia, cadde ed egli fu costretto a fuggire.
Fu eletto subito un presidente provvisorio che rimase in carica per brevissimo tempo. Il neo eletto presidente Godfrey Binaisa nell’ottobre 1979 iniziò subito i lavori per il ritorno alla democrazia. Egli nominò come ministro degli interni un uomo fedele ad Obote, P. Muwanga, esponente dell’Uganda People’s Congress ed alla difesa l’intellettuale ambizioso Y. Museveni.
Obote ritornò trionfalmente in patria e si impose con le elezioni del dicembre 1980. Rimase al potere per un quinquennio in mezzo a molte difficoltà create anche da Museveni, che aveva fondato il National Resistance Army, scegliendo quindi la lotta armata.
Nel luglio 1985 l’esercito depose Obote, sospese la Costituzione e nominò presidente il generale T. Okello. I dissidenti, capeggiati da Museveni, conquistarono la capitale Entebbe nel gennaio 1986. Museveni, dimostrando un vero grande carisma, superò tutte le lotte tribali e riuscì a ripristinare la stabilità nel paese ricostruendo così la credibilità dell’Uganda in campo internazionale.
Eggli assunse la carica di Capo dello Stato, ed in attesa che venisse formulata una nuova Costituzione, governò con l’assistenza di una coalizione, nominata dal National Resistance Movement. Iniziò una parziale smobilitazione dell’esercito, il decentramento dell’amministrazione, applicò il pluralismo politico per dare spazio a tutti i livelli cittadini.
Con un programma economico finanziato dal Fondo Monetario Internazionale, avviò un programma di riforme che stabilizzarono l’economia ed in breve tempo la sua amministrazione riuscì a cancellare i due terzi del debito estero accumulato.
Nel 1994 fu eletta l’Assemblea Costituente e fu promulgata la nuova
Costituzione. Ma ai confini con il Ruanda si andò creando una situazione
piuttosto critica ed anche ai confini con il Sudan ci furono focolai di
ribellione per cui nell’aprile del 1995 l’Uganda fu costretta a rompere
le relazioni diplomatiche con il governo di Khartoum.
La situazione peggiorò ancora nel corso del 1997 quando nella
vicina Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire) prese il governo
L. D. Kabila. Lì la guerra civile si era estesa ed aveva coinvolto
anche alcuni paesi dell’Africa del centro sud.
All’inizio, sia l’Uganda che il Ruanda avevano sostenuto Kabila, così come avevano fatto l’Angola, lo Zimbabwe, la Namibia ed il Kenia. Poi però erano passati a sostenere i ribelli, con le mire, nemmeno tanto nascoste, di poter un giorno controllare le vaste e ricchissime aree minerarie congolesi. Inoltre, in territorio congolese si erano ritirati molti hutu, responsabili del genocidio ruandese del 1994. Anche per questo i due paesi intervennero nel conflitto e naturalmente maggiormente interessato era proprio il Ruanda.
Ma l’Uganda in quel periodo gestiva un altro conflitto, quello col Sudan, a causa del regime islamico-militare operante nel sud di quel paese. Le relazioni diplomatiche erano state interrotte a seguito delle reciproche accuse di fomentare il terrorismo islamico internazionale.
All’interno, nell’ottobre del 1995 si promulgò una nuova Costituzione e, per effetto di questa, fu rimandata al 2000 l’esecuzione del referendum popolare per approvare il multipartitismo.
Nel maggio 1996 si svolsero invece le presidenziali, vinte da Museveni, ed il mese dopo entrò in carica un nuovo Parlamento, come previsto dalla Costituzione.
Ma intanto nel nord continuavano dei conflitti portati avanti dai guerriglieri della Lord’s Resistance Army, di matrice fondamentalista-cristiana; nel 1997 anche nelle regioni occidentali si svegliò la guerriglia, patrocinata dal Fronte Alleato Democratico, di matrice islamica, in cui militavano pure ribelli hutu ruandesi.
Museveni fu costretto ad applicare metodi repressivi molto duri per debellare tutti gli scontri armati, suscitando così le critiche di tutto il mondo. Ma, nello stesso tempo, curò in modo particolare l’economia e lo sviluppo del paese, guadagnandosi i consensi sia della Banca Mondiale che del Fondo Monetario Internazionale il quale, nel 1998, decurtò abbondantemente il debito estero dell’Uganda.
E poi tra il 1998 ed il 1999 la situazione politica interna precipitò a causa della crudezza dei sistemi della polizia. Venivano calpestati continuamente anche i più elementari diritti umani; le libertà civili non erano riconosciute; le manifestazioni venivano domate con pugno di ferro ma, intanto, si verificavano numerosi scandali di governo.
Poi arrivò una recrudescenza del terrorismo che culminò, nel marzo del 1999, con l’uccisione di 8 turisti stranieri, rivendicata da ribelli hutu ruandesi.
In campo internazionale l’anno 1999 portò all’Uganda due
motivi di soddisfazione. Cessata la guerra nel Congo, tutti i paesi partecipanti
firmarono un accordo per il cessate il fuoco, a luglio. A dicembre Museveni
si incontrò col presidente sudanese Al-Basir, gettando le basi per
una futura quanto sperabile duratura pacificazione.