Storia
Molti studi sono stati dedicati a quanto è rimasto dei primissimi abitatori delle isole britanniche, ai monili, agli strumenti di pietra, di bronzo, di ferro, contenuti nelle tombe;tuttavia, in mancanza di documenti scritti, poco è stato possibile ricostruire delle loro antichissime vicende.
Qualche notizia è giunta intorno alle tribù, forse celtiche ed iberiche, che si erano inoltrate fin là per sfruttare le miniere di stagno della Cornovaglia e delle isole Scilly.
Secondo la tradizione, l’isola venne visitata dai Fenici e, nel 550 avanti Cristo, dal navigatore cartaginese Himilco. Ma i primi a farla conoscere furono i Romani che vi sbarcarono, sotto la guida di Giulio Cesare, nel 57 avanti Cristo. Egli spinse le sue navi fino alla costa del paese chiamato Britannia (dagli abitanti britanni), o col nome più antico di Albion.
Cesare non conquistò l’isola, ma vi approdò in due estati successive, nel 55 e nel 54 avanti Cristo, raccogliendo molte notizie sul territorio e sulle popolazioni, cui impose un tributo annuo. La prima vera spedizione nella Britannia fu compiuta nel 43 dopo Cristo sotto l’imperatore Claudio.
L’occupazione romana ebbe come risultato una fusione degli elementi latini con la popolazione indigena, poiché i legionari di Roma, inviati nell’isola britannica, dopo il loro servizio si stabilirono definitivamente nella regione.
Mano mano che il paese veniva conquistato, molti britanni si adattarono ai costumi dei nuovi dominatori, che iniziarono a bonificare il terreno e a costruire città e strade, in molti tratti ancora riconoscibili. Ma non tutti gli isolani accettarono passivamente la situazione e lottarono per la loro indipendenza, ma inutilmente. Divenuta l’isola una provincia romana, tale rimase per 4 secoli. La più grande preoccupazione dei romani fu quella di preservare il paese dalle scorrerie delle tribù nordiche dei Pitti e degli Scoti. E vi riuscirono costruendo una serie di fortificazioni collegate fra loro da un muro. La più importante di queste fu ordinata dall'imperatore Adriano, tra il Golfo di Solvay e la foce del Tyne. La sua costruzione durò dal 122 al 127 e prese il nome di “Vallo di Adriano”.
Altri tipi di fortificazione furono gli accampamenti o “castra”, di cui resta memoria in molti nomi di città, come Lancaster, Leicester, Colchester, Winchester, Bath. Ma avanzi di notevole importanza della cultura e della civiltà romana arrivarono fino a noi di eleganti ville, ornate di preziosi mosaici, di belle statue e di magnifiche fontane.
Verso il V secolo gli Juti, gli Angli ed i Sassoni occuparono il territorio britannico e verso la fine del VI secolo missionari di papa S.Gregorio I cominciarono a diffondere nel paese la religione cristiana. Gli angli ed i sassoni poi istituirono 7 piccoli stati, i cui capi portarono il titolo di re, e furono alleati fra loro. Uno di questi re, Egberto il Grande formò, nell’827, sotto il nome di Anglia, o Inghilterra, un solo stato. Seguì la conquista danese, compiuta da re Sveno nel 1013, consolidata da Canuto il Grande, che terminò agli inizi dell’XI secolo.
Nel 1042 tornò sul trono britannico Edoardo, detto il “Confessore”, che fu poi santificato e che si avvalse dell’opera di un nobile consigliere, il conte Godwin. Edoardo, educato in Normandia, introdusse in Inghilterra molti costumi normanni e diffuse pure la loro cultura giuridica. Fra le chiese che Edoardo fece costruire la più importante è sicuramente l’Abbazia di Westminster.
Alla sua morte, avvenuta nel 1066, la corona di re fu offerta al figlio del conte di Godwin, Aroldo. Durante il suo regno, Guglielmo il Conquistatore, Duca di Normandia, sbarcò in Inghilterra alla testa di un potentissimo esercito di 60.000 uomini e sconfisse Aroldo nella battaglia di Hastings, nel 1066. Il re morì insieme a molti altri campioni inglesi.
Guglielmo non fu amato dagli angli che infatti furono molto vessati dal nuovo sovrano, il quale impose loro tributi gravi e prestazioni di armi; il tutto per favorire i suoi normanni. Poi impose come lingua ufficiale il francese che unito al linguaggio sassone diede origine alla lingua inglese, considerata intermedia fra il teutonico e la romanza. Egli morì in Francia dove si era recato per sedare una rivolta di baroni.
Estintasi con Guglielmo il Conquistatore la discendenza
diretta, nel 1154 venne eletto re Enrico II, col quale ebbe inizio la dinastia
dei Plantageneti, originaria della Francia. Egli estese i suoi domini continentali
su due terzi della Francia, ottenne giuramento di fedeltà dai re
di Scozia e dai Bretoni del Galles ed iniziò la conquista dell’Irlanda,
che però non portò mai a termine. Anche le sue conquiste
sul suolo francese andarono ben presto perdute sotto i suoi figli e successori,
Riccardo Cuor di Leone e Giovanni Senzaterra. Il primo abbandonò
il regno per andare a combattere le Crociate; il secondo combattè
a Bouvines contro Filippo II Augusto di Francia e Federico II di Svevia
e fu sconfitto. Poi subì la ribellione del clero e dei baroni e
fu scomunicato dal papa. Per ricondurre la calma dovette accordare la “Magna
Charta”, con la quale furono definiti i poteri del Parlamento, dapprima
composto solo dai nobili e dal clero, poi anche da cavalieri e borghesi,
così ci furono la “Camera Alta” e la “Camera dei Comuni”. Ma anche
con questa concessione non si salvò e fu costretto a fuggire e rifugiarsi
in Scozia.
Dal 1337 al 1453 l’Inghilterra combattè contro la Francia la
cosidetta “Guerra dei cento anni”, vittoriosa nelle prime fasi ma disastrosa
alla fine, e seguita dalla guerra civile, detta delle “Due Rose”, provocata
dalle ambizioni delle due famiglie dei Lancaster e degli York. Si
pose fine a questa guerra con il matrimonio fra Enrico VII Tudor, della
Casa dei Lancaster, con Elisabetta della Casa degli York.
Un’altra grave crisi si abbattè sull’Inghilterra poiché, malgrado tutti i divieti di Enrico VIII, entrarono e furono letti con particolare attenzione tutti gli scritti di Martin Lutero, che in precedenza aveva avviato la Riforma Protestante. E siccome il re stesso volle confutare questi scritti, il papa Leone X lo nominò “Difensore della Fede”. Successivamente, però, si inimicò il papa Clemente VII che non gli aveva riconosciuto valido il divorzio dalla moglie Caterina d’Aragona, per unirsi in matrimonio con Anna Bolena. Così si proclamò Capo della Chiesa del suo paese.
Salita al trono Elisabetta I, figlia di Enrico VIII e di Anna Bolena, e sistemata la Chiesa nazionale anglicana, il regno raggiunse il massimo splendore col Rinascimento britannico. Elisabetta, per rimediare in parte all’esecuzione di Maria Stuarda, designò quale suo erede al trono il di lei figlio Giacomo Stuart, re di Scozia. Egli governò col nome di Giacomo I, così la Scozia venne unita pacificamente all’Inghilterra, rimanendo i due regni ancora distinti, e conservando ciascuno la Costituzione ed il Parlamento proprio. Ma Giacomo I, cattolico ed intollerante, provocò aspri risentimenti del Parlamento britannico, che poi si riversarono sul figlio Carlo I, che fu destituito ad opera di Oliviero Cromwell e condannato a morte.
Cromwell prese il titolo di “Protettore” e sotto il suo protettorato fu interamente sottomessa l’Irlanda. Alla sua morte salì al trono Carlo II Stuart, che si dimostrò subito un inetto e non fu migliore di lui il successore Giacomo II che fu scacciato dal Parlamento. Venne allora proclamato re suo genero, Guglielmo d’Orange, che con il suo governo costituzionale consolidò il regno e lo riportò a grande floridezza e potenza. Fra le cose più importanti che fece ci fu il patto d’alleanza con l’Olanda, la dispersione della flotta francese e la fondazione della Banca d’Inghilterra. Morto senza figli, gli successe la cognata Anna Stuart, con la quale il regno conobbe uno dei momenti più felici della sua storia. I due Regni di Scozia e d’Inghilterra furono fusi ìn uno con un solo Parlamento a Londra. Si combatterono vittoriosamente alcune guerre, per cui fu distrutta la flotta spagnola; la Francia dovette cedere alcuni possedimenti dell’America settentrionale e dalla Spagna ebbe Gibilterra e Minorca. Alla sua morte, senza figli, salì al trono Giorgio Luigi, elettore di Hannover, col nome di Giorgio I: era il 1713. Seguirono altri monarchi ed ognuno di essi aumentò la potenza dell’Inghilterra, pure nelle zone d’oltremare.
Sotto Giorgio III iniziarono i problemi con le colonie dell’America settentrionale. Furono imposte, infatti, delle tasse che le popolazioni locali non vollero accettare, perciò si ribellarono. E nel 1775, sotto la guida del generale Giorgio Washington, 13 colonie si unirono per combattere contro l’Inghilterra. Nel 1776 al Congresso di Filadelfia, queste colonie proclamarono la loro indipendenza.
Terminata la guerra nel 1783 con il riconoscimento dell’indipendenza delle colonie, l’Inghilterra si trovò pochi anni dopo a combattere le guerre napoleoniche, che durarono dal 1793 al 1815. E con gli episodi più brillanti delle guerre, sia per mare che per terra, si concluse pure questa fase.
I due partiti tradizionali inglesi, i “tories”, cioè i conservatori, ed i “whigs”, cioè i liberali, si contesero il potere ma al trono arrivò nel 1837 la regina Vittoria, che fu anche proclamata Imperatrice dell’India, allora possedimento inglese in Asia. In questo periodo la Gran Bretagna estese il suo dominio su tutti i mari della terra. Alla morte di Vittoria, nel 1901, ci furono altri successori e si arrivò allo scoppio della prima guerra mondiale col re Giorgio V.
Con questa guerra il regno ebbe risultati importantissimi, come l’annientamento della forza militare germanica; la scomparsa dell’impero coloniale germanico in Africa e la divisione dei cavi sottomarini germanici. Ed in questo periodo post-bellico si verificarono in Gran Bretagna, come in quasi tutti i paesi del mondo, delle crisi economiche e sociali: qui si ebbero gli scioperi dei minatori del carbone, la svalutazione della lira sterlina, la fine del protettorato sull’Egitto e nel 1924 la fondazione del 1° governo laburista, capeggiato da Mac Donald.
Alla morte di Giorgio V gli successe il figlio Edoardo VIII. Questi, però, abdicò in quanto il cerimoniale di corte e le leggi ferree della Corona non gli permettevano di sposare una divorziata, americana, Wally Simpson. Per cui fu incoronato re Giorgio VI, duca di York, nel dicembre del 1936. Egli esplicò una intensa attività diplomatica e sociale e quando la Germania il 1° settembre 1939 invase la Polonia, egli dichiarò guerra a quello stato. Fu la seconda guerra mondiale. La Gran Bretagna, alleata della Francia e degli Stati Uniti d’America, guidata da un eccezionale personaggio, il Primo Ministro Churchill, dopo qualche anno di guerra ottenne la vittoria, non senza enormi sacrifici condivisi con abnegazione da tutta la popolazione. Nel febbraio 1950 si ebbero le elezioni che portarono al governo il partito laburista capeggiato da Attlee. Il programma previde: progressiva attuazione del programma di nazionalizzazione delle grandi industrie, quindi economia relativamente pianificata; estensione dei servizi sociali; intensificazione della “Austerity”. In politica estera: collaborazione con gli stati dell’impero per l’incivilimento ed il potenziamento delle popolazioni africane ed asiatiche e per la comune difesa; difesa degli interessi strategici ed economici britannici nel Mediterraneo orientale ed in Asia; affiatamento con gli Stati Uniti d’America e gli altri paesi aderenti al Patto Atlantico; difesa della pace nello spirito delle Nazioni Unite, cioè riarmo. Ma le realizzazioni del governo laburista furono inferiori alle aspettative, specialmente nei rapporti internazionali: ma la diminuita possibilità di iniziativa del regno non dipese da errori del governo, bensì da ragioni storiche. Perché ci furono, appunto, il progresso per la lenta ma continua unificazione dell’Europa; la riabilitazione della Spagna franchista; l’esclusione della Cina popolare dalle Nazioni Unite e la tutela americana su Formosa; l’abbandono dei petroli dell’Iran; il nazionalismo maltese; la decrescente influenza nei paesi arabi, come Egitto e Giordania.
E così,nelle elezioni dell’ottobre 1951 prevalsero i conservatori e Churchill successe ad Attlee.Egli, il 16 gennaio del 1952, con un discorso al Congresso, espresse la piena solidarietà agli Stati Uniti nella difesa della Corea del Sud e di Formosa e chiese la presenza delle forze americane, almeno simbolica, nella zona del Canale di Suez. Ed il 6 febbraio, con la morte di Giorgio VI, salì al trono la figlia Elisabetta II.
Dopo la seconda guerra mondiale quello che fu il grande impero britannico perse le colonie dell’Africa, dell’America e dell’Asia; si chiamò “Commonwealth”, cioè libera associazione di stati indipendenti. Qualunque sia la forma di governo locale, tutti gli stati del Commonwealth tuttora, riconoscono la sovranità della monarchia inglese.
Come era già accaduto negli altri paesi interessati e semidistrutti dalla guerra, anche in Inghilterra la situazione generale economica, seriamente compromessa, portò all’applicazione di una certa austerità. E qui, per mantenere l’equilibrio raggiunto nel 1952, il governo conservatore dovette continuare la lotta all’inflazione. Si ebbero dei miglioramenti, fra i quali la riapertura del mercato dell’oro.
Il 5 aprile 1955 Churchill si dimise e premier divenne A. Eden che per il successivo maggio indisse le elezioni. I conservatori, riottenuta la maggioranza, dovettero subito provvedere a bloccare la recessione industriale ed il forte calo della sterlina, ricorrendo ad un fortissimo prestito da parte del Fondo Monetario Internazionale.
Importanti ripercussioni politiche si ebbero pure dopo la nazionalizzazione del Canale di Suez da parte dell’Egitto, ed Eden fu sostituito da H. MacMillan il 9 gennaio 1957. Il nuovo governo potè dare un certo miglioramento alla situazione economica e così l’8 ottobre 1959 si confermò alla guida del paese.
MacMillan per cercare di bloccare la spinta inflazionistica invitò tutti i settori dell’economia a praticare una maggiore esportazione. Ed inoltre, la politica estera britannica fu sempre tesa a mantenere la sua influenza nel Medio Oriente, ma quando l’impresa di mantenere il possesso del Canale di Suez fallì,anche per l’opposizione di potenze come gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, la leadership economico-politica nel Medio Oriente passò proprio nelle mani degli Stati Uniti. La Gran Bretagna tuttavia continuò nella sua politica di distensione e propose l’istituzione di una zona di libero scambio.
Per ridiscutere i problemi del Medio Oriente, il premier sovietico Kruscev propose un vertice e MacMillan suggerì la riunione di un Consiglio di Sicurezza a livello capi di stato. Fu stabilita la data nel 16 maggio 1960 a Parigi, dopo la famosa visita che Kruscev fece negli Stati Uniti (con il famoso episodio delle scarpe).
Ma questa riunione non potè avere luogo perché il 1° maggio 1960 si verificò un grave incidente. Un aereo di ricognizione americano del tipo U-2 fu abbattuto sul territorio sovietico e per questo, nonostante l’azione mediatoria di MacMillan, il vertice fu annullato.
Intanto la situazione economica britannica andava peggiorando per il continuo aumento delle importazioni, per quello dei prezzi e dei salari. Per arginare questi inconvenienti erano state istituite anche nuove funzioni ministeriali, come quella per il controllo della spesa pubblica. Poi la Gran Bretagna avanzò l’ipotesi di adesione alla Comunità Economica Europea, ma nel 1963 la Francia oppose un veto, così i negoziati furono interrotti.
La disoccupazione aumentava e come se tutto ciò non fosse stato sufficiente, la nazione fu coinvolta in un grande scandalo relativo alla moralità di un rappresentante governativo, Profumo, cosicchè MacMillan fu costretto a dimettersi.
Ad ottobre di quello stesso anno fu nominato premier lord Home. In questo periodo in Parlamento si discusse pure sulla possibilità di rinunciare al titolo nobiliare per accedere alla Camera dei Comuni. Intanto la campagna elettorale prese il via ed i laburisti, aiutati dal deterioramento delle condizioni economiche con il continuo deficit della bilancia dei pagamenti, riuscirono a vincere di stretta misura le elezioni dell’ottobre del 1964; nuovo premier fu H. Wilson. Egli si avvalse subito di prestiti internazionali per rilanciare soprattutto le industrie.
Negli anni 1964/65 la politica estera inglese ebbe a che fare con avvenimenti importanti, primo fra tutti la dichiarazione unilaterale dell’indipendenza della Rhodesia.
Le elezioni del 1966 confermarono il governo di Wilson, il quale cercò di attuare, sempre con maggiore determinazione, il progetto economico elaborato. Ma molti fattori gli furono contrari e fra i maggìori presero sempre più importanza le manifestazioni sindacali e gli scioperi, il raffreddamento dei rapporti con gli Stati Uniti per la guerra del Vietnam, i poco produttivi sondaggi per la ripresa argomento Comunità Europea, la diatriba con la Spagna a proposito di Gibilterra, i falliti tentativi di raggiungere accordi con il premier razzista rhodesiano I. Smith e le Nazioni Unite ed, infine, il sopraggiunto conflitto arabo-israeliano che portò al ritiro degli inglesi da Aden. E, come se non bastasse, altre difficoltà economiche comportarono altri tagli alla spesa pubblica ed il blocco degli aumenti salariali, mentre elezioni parziali regionali cominciarono a mettere in luce i vari tentennamenti dell’elettorato verso il governo.
Ed intanto, all’estero, oltre alle situazioni negative già presenti, si aggiunse anche lo scoppio della guerra civile nigeriana e l’arrivo di violenti disordini nell’Irlanda del Nord fra Cattolici e Protestanti.
Le elezioni politiche generali del 1970 riportarono al governo i conservatori, premier Heat. La situazione fu sempre il tema dominante del governo. Gli anni 1971/72 furono difficilissimi. Il 1° gennaio 1973 la Gran Bretagna entrò a far parte della Comunità Economica Europea. Ma le negatività del paese rimasero sempre in piedi, cosicchè le successive elezioni riportarono in auge Wilson ed i suoi laburisti. Ma in queste elezioni aumentarono anche i voti dei liberali. Nel febbraio 1975 divenne leader del partito conservatore la signora M. Thatcher. Nel 1976, mentre continuava a peggiorare la situazione irlandese, Wilson potè ottenere dai sindacati il congelamento volontario dei salari per sei mesi, ed infine gli inglesi avevano dovuto abbandonare Singapore e Malta. A marzo arrivarono le dimissioni di Wilson. E, dopo altre vicende politico-economiche negative, si giunse alle elezioni amministrative di maggio 1979 in cui i conservatori ottennero una strepitosa vittoria. La signora Thatcher fu il premier ed applicò totalmente tutto il programma formulato durante la sua campagna elettorale, cioè: niente assistenzialismo, riduzione dell’intervento statale in campo economico, diminuzione della spesa pubblica, privatizzazione di alcuni servizi, alleggerimento del prelievo fiscale, favorire l’iniziativa privata e nuova disciplina per le attività sindacali. All’inizio il sistema portò notevoli miglioramenti, per poi peggiorare, almeno nel campo dell’occupazione, nel biennio 1980/81.
E mentre in seno al Congresso del Partito Conservatore la linea della cosidetta “lady di ferro” veniva condivisa ed approvata, nel partito laburista si ebbero negative ripercussioni; esso fu al centro di una grave crisi, tanto che il leader Callaghan si dimise, sostituito nell’ottobre 1980 da un esponente della sinistra moderata M. Foot. Nel Congresso Laburista del 1981, oltre alla conferma di Foot, si varò anche un programma in cui si chiedeva il ritiro della Gran Bretagna dalla Comunità Economica Europea, il disarmo atomico unilaterale, la eliminazione delle scuole e degli ospedali privati e la rinazionalizzazione delle società privatizzate.
L’ala destra del partito laburista, a sua volta, operò una scissione e formò un nuovo partito, quello socialdemocratico che si alleò con i liberali. In questi anni si verificarono in Gran Bretagna diverse tensioni sociali, scioperi nei settori industriali ed anche un certo slittamento a sinistra dei sindacati.
Il governo attraversò un periodo di crisi che passò in seconda linea quando nella primavera del 1982 scoppiò la guerra nelle isole Falkland, in lingua spagnola Malvinas. La sovranità su queste isole era rivendicata dall’Argentina, che però dovette cedere di fronte alla superiorità militare inglese e rinunciare alle isole. La figura della signora Thatcher, dopo questa vicenda, condotta con fermezza, ne uscì notevolmente arricchita tanto che nelle successive elezioni del giugno 1983 la premier fu confermata e proseguì nel suo programma.
Poi nel marzo 1984 iniziò uno sciopero dei minatori, che si protrasse per un anno fino al marzo 1985, ed i sindacati subirono una forte sconfitta e non poterono più, per lungo tempo, contrastare la politica della “lady di ferro”.
In politica estera la Gran Bretagna fu sempre più legata agli Stati Uniti. Con il loro presidente Ronald Reagan condivise il dissenso verso l’Unione Sovietica in occasione dell’invasione dell’Afghanistan.
Nel dicembre 1985 fu firmato con gli Stati Uniti un accordo su un programma di ricerca per la difesa strategica spaziale. Nel marzo 1987, dopo un’azione di distensione verso l’Unione Sovietica, si giunse ad un accordo bilaterale fra i due paesi sul piano della difesa militare. Tutti questi successi che, inoltre, avevano portato ad una certa stabilità economica, con diminuzione dell’inflazione e della disoccupazione specialmente nelle zone meridionali della Gran Bretagna, portarono il partito conservatore a giugno 1987 alla sua terza vittoria elettorale,consecutiva.
Ma nella primavera dello stesso anno cominciarono le avvisaglie di una crisi economica, dovuta soprattutto all’aumento del 15% del tasso di sconto ed ai dissidi interni al governo sulla politica monetaria. Si arrivò rapidamente al deterioramento dei rapporti anche fra membri dello stesso partito ed Home, ministro degli esteri, si dimise nel luglio 1989. Poi nella seconda metà del 1990 fu più evidente una vera e propria recessione.
Intanto nel marzo 1989 era avvenuta la rottura delle relazioni diplomatiche con l’Iran a proposito dell’asilo che veniva dato ad uno scrittore iraniano, S. Rushdie, autore dei “Versetti satanici”, ovviamenti lesivi della persona dell’Ayatollah Khomeini, capo dell’Iran.
Nella primavera del 1990 fu adottata una nuova imposta a livello comunale.
Ne nacque un grande malcontento che, unito ad una certa rinata credibilità
nei riguardi di un rinnovato partito laburista, capeggiato da N. Kinnock,
portò alle dimissioni della Thatcher, ed alla sua sostituzione con
J. Major, che assunse subito una situazione politica più morbida
della precedente.
Fra il 1991 ed il 1992 Major procedette a privatizzare il settore elettrico,
quello delle telecomunicazioni e dei trasporti, poi l’abolizione della
tassa comunale ed un aumento dei contributi assistenziali per i lavoratori
dipendenti. Ed alle elezioni politiche dell’aprile 1992 i conservatori
mantennero la maggioranza.
Ma in tutto questo tempo della storia della Gran Bretagna, ed in particolare durante il decennio degli anni novanta, la vera spina nel fianco è stata senza dubbio la situazione dell’Irlanda del Nord. Ed anche qui una netta divisione strategica nelle numerosissime azioni terroristiche è stata evidente. I cattolici hanno sempre indirizzato i loro sanguinosi attentati sul territorio britannico mentre i protestanti hanno continuato a terrorizzare i villaggi cattolici dell’Ulster.
Negli ultimi anni un barlume di speranza si accese per la risoluzione di questa veramente grave situazione, soprattutto per merito delle proposte del segretario inglese per l’Irlanda del Nord, P. Brooke.
Ed intanto Major, all’inizio più morbido e condiscendente premier, piano piano, trovandosi di fronte a reali difficoltà di conduzione, finì per avvicinarsi alla linea dura che era stata della Thatcher. E sempre negli anni novanta la recessione economica ed il blocco del processo di unificazione europea, si tradussero, poco a poco, nel ritiro dal Sistema Monetario Europeo e nel crescendo delle opposizioni ai dettami del Trattato di Maastricht. Questo trattato, tra l’altro, nel capitolo sociale intendeva tutelare i lavoratori di tutta Europa in vista della entrata nell’Unione. Ciò non era sostenuto dagli antieuropeisti che, però, con la paura di un eventuale isolazionismo, con le elezioni europee del 1993 decisero di ratificare il trattato.
Per cercare di rimediare al forte deficit del bilancio dello Stato, Major dispose l’applicazione di una forte imposta sul carburante. Per questo il partito di governo dovette subire difficoltà tanto forti da provocare addirittura un rimpasto. Una grave debacle del governo fu la dichiarazione, dell’ottobre 1993, della chiusura di 31 miniere con il licenziamento di circa 30.000 persone. L’opposizione fu così forte che il governo dovette fare un passo indietro e ridurre il numero delle miniere da chiudere.
Ancora un altro insuccesso si ebbe nel novembre 1993 quando fu annunciato un severo giro di vite nel campo della giustizia contro la criminalità. Fra le varianti proposte figurava l’abolizione del diritto al silenzio dell’accusato, misura già condannata dalla Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite.
E poi, fra scandali, corruzioni, frodi e cattiva amministrazione, la sola nota positiva si ebbe nel giugno 1994 con la riammissione al Commonwealth del Sudafrica finalmente liberato dall’Apartheid.
Al crescente sopraggiungere delle difficoltà e del calo dei consensi fra i conservatori, nel giugno del 1995 Major si dimise.
Arrivò poi l’infausto avvenimento della “mucca pazza” che praticamente bloccò l’intera esportazione della carne bovina, e non solo. E con tutto ciò le elezioni del maggio 1997 assegnarono al partito laburista di Tony Blair la vittoria. Dopo 18 anni i laburisti tornavano al governo.
La prima decisione del governo fu quella di decentrare il potere ed istituire strutture autonome, tanto desiderate, per cui furono realizzati un Parlamento scozzese ed una Assemblea gallese.
Tra il 1997 ed il 1998 ci furono contrapposizioni fra conservatori e laburisti a proposito di talune riforme costituzionali che questi ultimi chiedevano in relazione alla monarchia.
Le vicende, non proprio esemplari, della famiglia reale negli ultimi anni, avevano suggerito ai laburisti la necessità di ridurre i poteri della Corona, specialmente in vista di una futura elezione di Carlo, principe di Galles ed erede al trono, considerato piuttosto fragile. Blair si dichiarò sempre disponibile verso la famiglia reale.
E con l’andar del tempo il premier acquisì sempre più notorietà e stima, specialmente per la continua ininterrotta crescita dell’economia inglese, e la continua discesa della disoccupazione che nel 1998 si era attestata al 6,5%.
Nell’estate del 1998 si portò l’orario di lavoro settimanale a non più di 48 ore, adeguandosi così ai dettami dell’Unione Europea. Però nel dicembre due ministri del governo Blair, accusati di corruzione, dovettero dimettersi e ciò incrinò un po’ la popolarità del premier che in qualche occasione ricevette delle critiche a proposito delle scelte di governo. Così, mentre otteneva ampi consensi di opinione pubblica per il sostegno offerto nel marzo-maggio 1999 nella guerra di Jugoslavia, nel giugno successivo alle elezioni europee Blair dovette registrare una seria sconfitta.
Il problema irlandese, nonostante la dichiarazione di rinuncia della
Gran Bretagna alla sovranità sul territorio, e dell’EIRE all’unione
totale dell’isola, è rimasto irrisolto ed ancora a giugno
1999 si dovette registrare ancora una volta il fermo del processo di pace
e quindi il trasferimento dei poteri da Londra a Belfast è rimasto
inattuato.